Luglio 14th, 2020 Riccardo Fucile
ENTRA CASSA DEPOSITI E PRESTITI, POI ASPI QUOTATA IN BORSA E ATLANTIA RIDIMENSIONATA
Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha lavorato tutto il giorno per mettere a punto la proposta. In contatto costante con i Benetton e con i vertici di Atlantia, la società che controllano e che a sua volta gli garantisce il controllo di Autostrade. L’ultima proposta. Quella che può salvare i Benetton dalla cacciata e il Governo dal rischio di un risarcimento da 23 miliardi.
Quella che sarà portata sul tavolo del Consiglio dei ministri notturno in alternativa alla soluzione della revoca spinta dai 5 stelle.
La proposta, di cui Huffpost è venuta a conoscenza da due fonti di primissimo livello che hanno lavorato alla mediazione, dice così: la Cassa depositi e prestiti entra dentro Autostrade e la quota dei Benetton si diluisce.
Poi Autostrade viene tirata fuori dal perimetro di Atlantia e quotata in Borsa. Mettendo una grossa fetta sul mercato e avendo dentro lo Stato è evidente che Autostrade non sarà più la società dei Benetton. Ma allo stesso tempo i Benetton possono dire di aver evitato l’allontanamento coatto.
L’impianto deve essere ancora dettagliato, ma quello che conta è che tiene insieme le esigenze delle due controparti. L’idea non è nuova.
Già a ottobre del 2018, a pochi mesi dal crollo del viadotto sul Polcevera, era stata messa in conto in maniera riservata. Ma poi non se fece nulla.
Ora rispunta fuori e potrebbe risultare decisiva.
Il primo step è l’ingresso della Cassa depositi e prestiti dentro Autostrade. Attraverso un aumento di capitale. In pratica Cdp mette i soldi dentro la società , che così si valorizza, e così si procede al ricalcolo delle quote.
Quella di Atlantia passa dall′88% a una quota di minoranza e scendono anche le quote degli altri soci che minoranza lo sono già oggi.
A quel punto Autostrade viene scorporata da Atlantia e una grossa fetta (quella che non è in mano a Cdp) viene messa sul mercato.
Lo schema con cui si arriva sui mercati è a due teste, cioè con due soci di riferimento: uno pubblico, appunto Cdp, e l’altro legato alla galassia degli attuali azionisti che non possono essere defenestrati.
Una volta arrivati sul mercato saranno i singoli azionisti, finiti in minoranza, a decidere che fare e cioè se comprare o vendere le azioni.
Ovviamente potrà farlo anche Cdp, che così potrebbe crescere come peso. E ovviamente possono farlo tutte le società e i fondi che sono interessati a far parte della nuova Autostrade.
Così i Benetton sono ridimensionati, ma non vengono cacciati a pedate per citare l’espressione utilizzata da alcuni esponenti del Movimento 5 stelle.
Il Governo avrebbe chiesto ad Atlantia di formulare la nuova proposta e di presentarla ufficialmente in linea con i tempi del Consiglio dei ministri. Ma Gualtieri la anticiperà comunque agli ministri nel corso della riunione anche se non dovesse arrivare il foglio di carta con questa nuova prospettiva.
Anche perchè il punto massimo che si può raggiungere ora è decidere di continuare a trattare, lasciando aperta la porta alla soluzione di mediazione.
I dettagli hanno bisogno di un lungo lavoro, che le fonti fissano in almeno “alcuni mesi”. Ma quello che conta è decidere se lasciare la porta aperta oppure chiuderla. E questa decisione spetta solo al Governo.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 14th, 2020 Riccardo Fucile
L’IMMAGINE E’ UN VECCHIO FOTOMONTAGGIO E LA VERSIONE ORIGINALE MOSTRA UN RAGAZZO BIANCO… MA I DELINQUENTI RAZZISTI FANNO GIRARE LA BUFALA PER ISTIGARE ALL’ODIO RAZZIALE E RELIGIOSO
La magia del web: un utente condivide una foto, gli dà una descrizione (falsa) e ottiene quasi 300 condivisioni e una valanga di commenti indignati che credono alla narrazione bufalesca.
Ne abbiamo viste tante, soprattutto negli ultimi tempi. Ora abbiamo davanti ai nostri occhi un’ennesima fake news — che ha come unico obiettivo quello di incitare all’odio razziale e religioso — sul caso del ragazzo nigeriano urina su crocifisso a Torino. Ovviamente non è così.
Su Facebook questa immagine è stata pubblicata da un utente che l’ha ritagliata — per renderla più veritiera agli occhi del suo folto pubblico — non mostrandola a corpo intero e rimuovendo il volto della persona ‘protagonista’ di questa foto.
Per capire la portata bufalesca di questa immagine occorre fare una rapida ricerca sul web dove si trova la foto completa — e non artatamente tagliata per accusare il presunto nigeriano urina su crocifisso a Torino — che mostra una realtà ben diversa.
Anzi, due realtà ben diverse. Ecco l’immagine originale.
Immagine di dubbio gusto, certo, che era già stata analizzata nel mese di maggio dal sito Analfabetifunzionali.it. Insomma, un fake che non è nuovo ma che è tornato in auge negli ultimi giorni, con tantissime condivisioni.
Inoltre, l’immagine non è una fotografia, ma un fotomontaggio. Si capisce da come la figura del ‘protagonista’ (le virgolette sono d’obbligo dato che non è certo che il ragazzo in questione fosse a conoscenza dell’uso a mo’ di meme che ne è stato fatto di quel suo gesto) sia stata scontornata e posta all’interno di una chiesa.
Quindi nessun ragazzo nigeriano urina su crocifisso a Torino. Ma in molti, come spesso capita, ci hanno creduto e si sono indignati.
(da agenzie)
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Luglio 14th, 2020 Riccardo Fucile
IL LEGHISTA: “VOLEVO SOLO FOTOCOPIARLI”… MA A CASA SUA HANNO TROVATO 700 FOTOCOPIE RELATIVE A TESTI CONSULTATI DA BORGHEZIO E I CUI ORIGINALI SONO SPARITI
Per comprendere la paradossale vicenda che ha colpito l’ex eurodeputato leghista Mario Borghezio bisogna andare indietro di circa un anno.
Nel corso del 2019, era stato segnalato da una documentarista dell’archivio di Stato di Torino perchè sorpreso a far uscire dall’edificio dei libri che non potevano in alcun modo varcare la soglia d’ingresso. Da quel singolo episodio è partita una indagine della procura, coordinata dal pm Francesco Pelosi.
La tesi del politico del Carroccio, oggi come allora, è stata quella che all’epoca dei fatti Borghezio voleva soltanto fotocopiare dei volumi che riguardavano il periodo della seconda guerra mondiale, che trattavano l’argomento del fascismo e dei campi di concentramento nazisti.
Tuttavia, il nucleo Tutela patrimonio culturale dei Carabinieri, ha rilevato come alcuni libri che sono stati consultati in passato da Borghezio non risultino più al loro posto all’interno dell’archivio di Stato.
Libri che sarebbero passati effettivamente dalle mani di Borghezio: in casa sua, infatti, sono state ritrovate oltre 700 fotocopie relative a quel materiale.
Oggi, l’ex eurodeputato della Lega si era presentato spontaneamente in procura per rilasciare alcune dichiarazioni. Ha ammesso di aver portato via dall’archivio alcuni libri, ma che voleva soltanto fotocopiarli per uso personale. I carabinieri e la procura continuano però a indagare.
L’ex parlamentare leghista è un cultore degli archivi. Nel corso della sua carriera politica ha arricchito costantemente la propria collezione, acquistando anche diversi libri antichi dalle botteghe e dalle bancarelle di antiquariato.
L’episodio dell’archivio di Stato di Torino, tuttavia, resta ancora da chiarire. Quando quest’ultima vicenda è uscita fuori per la prima volta, il quotidiano La Stampa aveva cercato di fare una stima del valore dell’intero gruppo di libri e documenti consultati dall’ex europarlamentare leghista: complessivamente, i libri consultati avrebbero avuto un valore vicino ai 100mila euro.
Ovviamente, a mancare all’appello sono soltanto alcuni testi: la procura dovrà cercare di capire che fine abbiano fatto
(da agenzie)
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Luglio 14th, 2020 Riccardo Fucile
SE IL M5S NON VUOLE ARRETRAMENTI, AL PD LA REVOCA APPARE INATTUABILE, MA ENTRAMBI CONCORDI SU UNA COSA: ORA TOCCA A CONTE USCIRNE
Attendere, prego. Dicono tutti che ora la decisione spetta a Giuseppe Conte, che però una decisione non l’ha presa e la cerca nella collegialità del Consiglio dei ministri.
“Il premier nell’intervista al Fatto ha parlato di revoca della concessione ai Benetton, ora vediamo cosa fa”, fanno trapelare diversi esponenti dem, che giudicano quella del presidente del Consiglio una mossa affrettata oltrechè impraticabile.
Tanto che alcuni sono rimasti sbalorditi, convinti che alla revoca non si arriverà perchè è impraticabile: “Chissà come riuscirà a venir fuori da questo groviglio. Se un presidente del Consiglio dice una cosa così forte deve essere capace di portarla avanti”.
Nello stesso tempo il Pd però non ha una posizione univoca, di certo, ed è questo l’unico collante, non vuol far cadere il Governo sul dossier Autostrade.
Anche perchè sostengono che la partita in realtà sia tutta tra Conte e Luigi Di Maio. È la loro resa dei conti.
Di fatto i dem sono pronti ad accodarsi in nome di “una visione giuridica”. In sostanza non voglio rischiare di risultare impopolari rispetto a chi sta chiedendo di mandare via i Benetton per un senso di giustizia nei confronti delle vittime del ponte Morandi.
Due fatti oggi hanno cambiato il corso delle cose. In mattinata era trapelata l’ipotesi che i Benetton potessero far scendere le loro quote di partecipazione in Atlantia, ma poi nulla di fatto.
Ma soprattutto a sconvolgere l’ordine delle cose è stata la lettera datata 13 marzo che il ministro Paola De Micheli ha inviato a Giuseppe Conte nel marzo scorso in cui mette nero su bianco il parere dell’Avvocatura dello Stato in cui viene precisato che togliere la concessione ai Benetton può costare 23 miliardi.
Per questo i dem, che più volte hanno cambiato idea e che fra le tante hanno sempre mantenuto un profilo negoziale con l’azienda, ora tirano un respiro di sollievo.
Dal canto suo anche il Movimento 5 Stelle attende di vedere “quanto Conte sarà coerente con ciò che ha detto fino a ieri mattina”.
In fondo il premier ha detto le parole che i 5 stelle volevano sentirsi dire, ma non è scontato che adesso possa mantenerle. “Il Movimento non può accettare i Benetton dentro la società ”, è il presupposto con i grillini entrano in Consiglio dei ministri: “Il commissariamento deve essere funzionale a far uscire i Benetton dalla società e non a perdere altro tempo”.
Nella sede del Nazareno la revoca della concessione autostradale sembra essere un’ipotesi ormai stroncata. L’azzeramento delle quote dei Benetton appare molto difficile.
E l’unica strada praticabile dovrebbe essere il commissariamento, ma per poterlo fare è necessario che lo Stato entri nella società . Dunque, ben che vada, questa sera in Consiglio dei ministri non si può far altro che avviare la discussione e l’iter. Tutto ciò toglierebbe le castagne dal fuoco a un Pd spaccato al suo interno sulla posizione da assumere ed eviterebbe una conta in Cdm.
Dall’interno del partito viene rimproverato a Zingaretti di essersi appiattito sulle posizioni del Movimento 5 stelle quando ha condiviso le parole di Conte contro Autostrade: “Ha avuto paura di assumere una posizione impopolare e si è voluto smarcare dall’idea che il Pd fosse il partito dei Benetton”.
La revoca però, ragionano i dem, sarebbe una slavina per lo Stato che andrebbe incontro a penali colossali. Anche Conte è molto più soft sull’argomento, cerca sponde nella sua squadra di Governo, ma per molti ministri si è esposto troppo, ora tocca a lui.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 14th, 2020 Riccardo Fucile
PREOCCUPAZIONE E INCREDULITA’ SUL DOSSIER AUTOSTRADE, SUL COLLE SI RESPIRA UNA CERTA INQUIETUDINE
Messaggi ne sono stati consegnati parecchi. E, con essi, suggerimenti, consigli, anche quando non richiesti. Anzi, nelle forme più riservate possibile, ultimamente si sono intensificati.
Perchè, di questi tempi, funziona così. Se a Sergio Mattarella venisse mai in mente di fare un’uscita pubblica su questo o quel tema dando un “titolo”, come si dice in gergo, rischierebbe di produrre l’effetto opposto in un’epoca in cui la comunicazione è sostitutiva della politica e un po’ tutti i leader populisti, dal premier giù pe’ li rami, sono piuttosto gelosi del centro della scena.
Però, al Quirinale non sono mancati e non mancano i modi per far sì che il famoso messaggio in bottiglia arrivi sulla sponda di Palazzo Chigi.
Da quelle parti non c’è solo Rocco Casalino, ma funzionari, capi delle segreteria, capi di gabinetto che hanno un’antica consuetudine istituzionale con Ugo Zampetti, la cui sapienza è un patrimonio della Repubblica, capace di ottenere ascolto anche col mutare delle stagioni politiche.
È chiaro il tentativo posto in essere di una discreta moral suasion, indirizzare senza intervenire, con la fatica di chi, sempre più spesso, percepisce, in un continuo accavallarsi di nodi che non si sciolgono, che l’inquilino di palazzo Chigi è disposto ad ascoltare, ma fino a un certo punto.
Chi ha una certa consuetudine col Colle ha registrato, complice anche la vicenda di Autostrade, un sentimento di crescente preoccupazione di Mattarella, ai limiti dell’incredulità per come la questione è gestita: l’uscita moralistica del premier, senza un’adeguata preparazione politica, il rischio di un contenzioso decennale che può costare alle casse dello Stato diversi miliardi, il problema del futuro dei settemila dipendenti e i potenziali danni per i risparmiatori.
Raccontare la “preoccupazione” del Quirinale può sembrare quasi una formula di rito, perchè chi vigila è preoccupato per definizione, soprattutto in tempi come questi.
Però la sensazione è che ci sia qualcosa di più. Per la prima volta si percepisce una certa inquietudine lassù, come se gli sforzi di collaborazione istituzionale non siano sufficienti a ricomporre un quadro che appare sempre più sfilacciato.
Nonostante l’impegno a puntellare, c’è il rischio che non basti, accompagnato quasi dalla sensazione di una certa inutilità nell’averlo fatto.
Certo, c’è Autostrade, ma poi ci sarà l’Ilva e Alitalia, o il Mes o il Recovery plan ancora da scrivere, insomma una sommatoria di problemi che si accavallano e un Governo che non ha più la presa sulle cose.
Perchè la verità è che finora Salvini ha retto il Governo, inteso come minaccia che incarnava, rappresentando un collante più forte di qualsiasi eccesso, sgrammaticatura, sbavatura. Adesso però il problema è più grande di Salvini e riguarda lo sfilacciamento del quadro proprio nel momento in cui sarebbero necessari coesione e determinazione.
Il discorso sul voto, come evidente fuor di propaganda, non c’è, perchè è impensabile che si possa celebrare proprio nei mesi cruciali della finanziaria e del negoziato sui fondi europei.
Però, può sembrare un paradosso, ma non lo è, proprio la mancanza di un’alternativa, sia essa politica sia elettorale, è un’aggravante, non un’attenuante dell’inquietudine quirinalizia.
Perchè il rischio di uno sfaldamento del Governo è innegabile e, con esso, l’eventualità che proprio Mattarella possa trovarsi in una situazione difficilmente gestibile, se la situazione dovesse imporre scelte che preferirebbe non compiere.
Scelte più facili a dirsi che a farsi, intese come soluzioni di emergenza in un Parlamento dove anche un salvatore della patria come Mario Draghi rischierebbe di trovarsi in balia delle logiche bizzarre degli attuali partiti con un programma di emergenza che, magari, mette in discussione quota cento o rimodula il reddito di cittadinanza.
È tutto qui il punto. Perchè, in caso di un loro fallimento, i partiti in definitiva possono dire che “la palla passa nelle mani del capo dello Stato”.
Il capo dello Stato, al contrario, non può passarla a nessuno. È solo davanti a una crisi che deve risolvere, senza alternative.
E torniamo così ai messaggi, ai suggerimenti, ai consigli senza clamore, all’alternativa che non c’è sperando che l’alternativa non sia il fragore della realtà .
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 14th, 2020 Riccardo Fucile
ORA TENTA DI CAVALCARE PURE GLI UNTORI MENTRE DECINE DI ITALIANI CONTINUANO OGNI GIORNO A MORIRE DI COVID-19
Si vede che l’algoritmo gli ha consigliato di cavalcare la pancia negazionista del paese.
E gli ha consigliato di dire cose pericolosissime. Perchè sappiamo che negli Stati Uniti e nel Brasile il cattivo esempio di Trump e Bolsonaro ha aggravato i problemi.
“Smettetela di spaventare gli italiani, di tenerli chiusi in casa. Gli italiani vogliono vivere, lavorare, amare e sperare senza distanziamento sociale”.
Lo ha detto Matteo Salvini concludendo in aula al Senato il suo intervento dopo le comunicazioni del ministro Speranza. Il leader della Lega aveva sottolineato in precedenza che “l’emergenza Covid è finita, lo dicono i numeri”
Vada a dirlo a Bergamo, a Codogno e a tutte quelle terre leghiste dove stanno ancora piangendo i morti e i disastri di Fontana e Gallera.
(da Globalist)
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Luglio 14th, 2020 Riccardo Fucile
FORZA ITALIA SI ASTIENE “IN SEGNO DI APERTURA”
Il Ddl Zan sull’omofobia ha superato il primo step del suo iter di approvazione. Primo passo di un percorso ancora lungo. La Commissione Giustizia della Camera ha infatti adottato il testo base, su cui i gruppi presenteranno gli emendamenti.
Se erano scontati i voti a favore della maggioranza e quelli contrari di Lega e Fdi, ha suscitato qualche sorpresa l’astensione di Forza Italia, che non ha partecipato al voto «in segno di apertura».
Apertura che, però, sarebbe subordinata a determinate condizioni, tra le quali una potatura del testo che manterrebbe quindi solo la parte di contrasto alla violenza di genere, eliminando gli articoli riguardanti la sensibilizzazione con l’istituzione di una Giornata nazionale contro l’omofobia (il 17 maggio).
Per la presentazione degli emendamenti ci sarà tempo fino alle 11:00 di giovedì prossimo. Tempi stretti dunque, che potrebbero anche consentire un approdo del testo in aula per la settimana prossima.
«In commissione giustizia alla Camera abbiamo appena adottato il testo unificato del ddl contro l’omotransfobia e la misoginia, con voto favorevole di tutta la maggioranza, frutto del lavoro di sintesi di questi mesi tra tutte le sensibilità politiche — ha commentato il deputato del Pd, e relatore del testo, Alessandro Zan -. Considero positiva anche l’astensione dal voto di Forza Italia, segnale di dialogo e apertura verso un provvedimento di civiltà . Ma soprattutto è un passo importante per arrivare all’approvazione alla Camera in tempi rapidi. Il Parlamento ha recepito la necessità e l’urgenza di approvare la legge in tempi rapidi».
Confermata l’impostazione del testo, secondo il quale a essere perseguiti sono solo gli atti di violenza, o l’istigazione a commettere atti di discriminazione o di violenza «fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere».
Viene esclusa invece la «propaganda», ipotesi che faceva temere all’episcopato processi contro chi esclude ad esempio la step child adoption o è contro il matrimonio gay.
Com’era intuibile il gesto di «apertura» di Forza Italia non è passato inosservato, e la galassia degli oppositori al Ddl Zan ha subito reagito prendendo di mira il partito di Silvio Berlusconi. «La scelta di Forza Italia di non partecipare al voto sull’adozione del testo base del ddl Zan come ‘segno di apertura’ è un grave gesto di rottura della compattezza delle opposizioni sul tema. Meraviglia davvero che decenni di storia liberale di Forza Italia e i principi stessi di Silvio Berlusconi vengano traditi concedendo aperture su un testo di legge che la Conferenza Episcopale Italiana ha definito foriero di una deriva liberticida», ha affermato Mario Adinolfi, presidente nazionale del Popolo della Famiglia.
Duro l’attacco che arriva da Pro Vita e Famiglia onlus: «Fa specie che un partito liberale come Forza Italia si presti ad agevolare questa nuova dittatura», hanno dichiarato Toni Brandi e Jacopo Coghe, presidente e vicepresidente dell’associazione, che ha annunciato una manifestazione davanti Montecitorio giovedì alle 17:00.
Per una volta che Forza Italia ha fatto una scelta liberale era normale che arrivassero le critiche che integralisti cattolici e dei sovranisti.
(da agenzie)
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Luglio 14th, 2020 Riccardo Fucile
IL 90% SONO RIMASTE INUTILIZZATE NEGLI SCATOLONI, INDAGA LA GUARDIA DI FINANZA… SI TRATTA DI 18 MILIONI DI MASCHERINE
Vi ricordate le mascherine pannolino di Regione Lombardia? Nel pieno dell’emergenza ne erano stati acquistati 18 milioni di pezzi, pagati dalla Regione la bellezza di 8 milioni di euro.
Soldi dei lombardi, come ci tengono spesso a sottolineare da quelle parti. Ma alla fine il 90% delle Fippi “made in Lombardia” sono rimaste negli scatoloni, perchè praticamente nessuno ha deciso di utilizzarle in quanto «troppo scomode da indossare».
Le mascherine-pannolino di Regione Lombardia erano state oggetto di un esposto dei Cobas che aveva portato all’apertura di un’inchiesta per frode.
La Guardia di finanza che sta lavorando al fascicolo aperto a maggio dai pm Mauro Clerici e Giordano Baggio ha scoperto che il novanta per cento di tutte quelle mascherine di tessuto non tessuto (tnt) sono rimaste negli scatoloni e praticamente nessuno ha deciso di utilizzarle perchè troppo scomode da indossare.
Spiega oggi Repubblica Milano:
La Regione aveva acquistato in totale 18 milioni di pezzi pagandoli 8 milioni di euro (45 centesimi ciascuna), nell’ambito di una delle molte operazioni di approvvigionamento gestite da Aria, la centrale acquisti del Pirellone. Durante i mesi più duri dell’emergenza sembravano essere una valida soluzione, al punto che era stato interpellato anche il Politecnico affinchè valutasse la qualità delle mascherine-pannolino: ne era nato un braccio di ferro tra Regione e Istituto superiore della sanità – una delle molte tensioni sorte in quel periodo – sulla tempistica per avere le autorizzazioni, visto che l’ateneo ne aveva certificato la qualità e mancava solo un ultimo step da Roma. Il lungo iter per l’approvazione infatti prevedeva due passaggi diversi: prima i test fatti dal Politecnico che valutavano l’effettiva efficacia protettiva del tessuto, poi un secondo controllo per la certificazione. Dopo l’agognato via libera dell’Iss che autorizzava la distribuzione – arrivata solo il 4 aprile, dopo diversi giorni di pressanti richieste – le mascherine-pannolino sono rimaste però praticamente inutilizzate.
Tra le strutture che avevano ricevuto gli scatoloni senza quasi utilizzare le mascherine, anche l’Ospedale di Busto Arsizio e il Niguarda.
Dalla vicenda, al contrario di quanto ipotizzato nell’esposto, non sembrano per ora emergere rilievi di carattere penale. Ma la Corte dei Conti potrebbe essere al più presto interessata alla questione.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 14th, 2020 Riccardo Fucile
ERA STATO L’ULTIMO A SCENDERE DALLA DIAMOND PRINCESS, LA NAVE DA CROCIERA BLOCCATA PER DUE SETTIMANE IN QUARANTENA CON 3700 PASSEGGERI AL LARGO DI YOKOHAMA
“Io l’anti-Schettino? Se c’era bisogno di un recupero d’immagine spero sia servito, ma non trovo opportuno il paragone tra il sottoscritto e altre persone”.
Lo ha detto il capitano Gennaro Arma, commentando l’onorificenza di Commendatore al Merito della Repubblica Italiana che gli è stata consegnata oggi dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Arma era stato l’ultimo a scendere dalla Diamond Princess, la nave da crociera bloccata per due settimane in quarantena con oltre 3700 passeggeri al largo della baia di Yokohama a causa dell’emergenza coronavirus. Nessun paragone quindi con l’altro comandante campano, Francesco Schettino (nato a Castellammare di Stabia), condannato per il naufragio della Concordia.
Il comandante napoletano Gennaro Arma, originario di Meta di Sorrento, da 21 anni è al servizio della compagnia di navigazione statunitense di proprietà della Carnival Corporation
“Io spero quanto prima di tornare a bordo di una nave. Sono rimasto in contatto con alcuni membri dell’equipaggio e con alcuni passeggeri. Mi sento una persona normale che ha fatto il proprio dovere in una situazione difficile, come tanti altri. E’ stata una sorpresa questa onorificenza ed e’ un onore, il presidente Mattarella mi ha fatto in complimenti per la gestione dell’emergenza. Abbiamo fatto anche parallelismi su quanto successo in Italia”, ha detto semplicemente Arma commentando l’onorificenza ricevuta da Mattarella.
(da agenzie)
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