Luglio 27th, 2020 Riccardo Fucile
DALL’INTERVENTO DEL LEGHISTA A DIMARTEDI SULLA MASCHERINA, I CREATIVI DELLA MARCA DI BIRRA HANNO COSTRUITO UNO SPOT SATIRICO GENIALE
Quell’intervento di Salvini a Dimartedì che ormai è entrato nella storia, quando ha chiesto se potesse o meno levare la mascherina per fare un selfie con una signora, è stato ripreso per uno spot di Ceres.
Se all’inizio del video possono esserci dubbi, mano a mano che passano i secondi diventa evidente: oltre al riferimento a quell’ormai famoso «Ah, non posso?» non mancano nemmeno le ciliege per riprendere la questione nata mentre Salvini mangiava le ciliegie durante un discorso di Zaia su alcuni neonati morti.
La pubblicità Ceres su Salvini chiama in causa il leader leghista e le sue gaffe senza dubbio alcuno, come fa notare Bufale.net, considerato che già la voce fuori campo parla con una cadenza e un’intonazione simile a quella di Matteo Salvini.
Il gioco di parole è sulle nuove qualità di birra Ceres, che sono moltiplicate. C’è anche il richiamo alla battuta di Floris, ripresa proprio per come è stata detta durante la trasmissione di La 7. In basso a destra nel video compare anche la scritta in piccolo: «Voce imitata».
Se qualcuno dovesse avere dubbi e non cogliere ancora la citazione arriva anche l’elemento visivo in aiuto.
Durante tutto il dialogo fuori campo, infatti, si vede un braccio vestito con un’elegante giacca da uomo che prende le ciliegie da un cestino proprio, come Matteo Salvini ha fatto durante il discorso di Zaia.
In seguito al suo gesto si erano scatenate una serie di polemiche sulla sua sensibilità , con il leader del Carroccio che — come è solito fare — ha voluto strumentalizzare una semplice accusa di insensibilità e di inadeguatezza di un gesto in un attacco a chi si fa le canne.
La pubblicità della Ceres, ad ogni modo, evidenzia la capacità di chi si occupa della comunicazione del marchio di birra nel creare spot creativi e assolutamente attuali sfruttando fenomeni del momento.
(da Giornalettismo)
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Luglio 27th, 2020 Riccardo Fucile
NON SOLO FONTANA, LA STORIA DEL CARROCCIO E’ CONTRASSEGNATA DA AVVENTURE FINANZIARIE ESTEROFILE
Prima i caraibici, gli svizzeri, i tanzaniani, gli albanesi. Gli extra-comunitari, insomma.
Ma non soltanto: prima anche i ciprioti e i croati, che fanno parte dell’Unione Europea. Tutti, insomma, prima degli italiani. I soldi, però, non i voti.
Perchè passano gli anni ma non la vocazione glocal della Lega: si guadagna (bene) in patria, si spende, si investe o almeno si deposita, all’estero.
In principio, negli anni Novanta, fu l’idea del villaggio vacanze sulle coste dell’Istria croata. Doveva chiamarsi Skipper e diventare “il paradiso dei leghisti” con tanto di golf, piscine, centro benessere, e ovviamente tanti prati verdi.
A lanciarsi nell’avventura fu una società del Padovano supportata dai militanti padani e amministrata, tra gli altri, da Umberto Bossi, sua moglie, Eduard Ballaman, l’allora tesoriere Maurizio Balocchi.
Finì con un fallimento, una bad bank che incorporò i debiti, costi lievitati e uno strascico quasi ventennale condito da inchiesta per bancarotta fraudolenta.
Giro di valzer in tesoreria, approda Francesco Belsito, ma il senso della Lega per gli investimenti all’estero non scema. Anzi, conquista continenti.
Quattro milioni e mezzo di euro che partono per un fondo in Tanzania. Punta di un iceberg di presunte operazioni finanziarie da capogiro, tutte rigorosamente offshore in giro tra l’Africa e la Cipro amata dagli oligarchi russi, tra assegni e mazzette di dollari australiani.
Bonifici e triangolazioni rimasti in gran parte oscuri. I pm indagano sull’ipotesi di rimborsi “gonfiati” tra il 2008 e il 2010, e spunta la cartellina rossa di Belsito con un’intestazione che precorre i titoli delle serie Netflix: “The Family”.
Dentro, tra le spese targate Bossi & dintorni, si trova di tutto: lingotti d’oro, undici preziosi diamanti finiti poi nel caveau di un broker internazionale. Ma la Lega di spesa è più solidale di quella di governo, e non dimentica di sostenere il Vecchio Continente: 77mila euro versati all’Università Kriistal di Tirana dove i figli del Senatùr hanno ottenuto un diploma di primo livello in gestione aziendale.
E’ l’epoca indimenticata delle “ramazze” di Bobo Maroni e poi del partito “parte lesa” di Matteo Salvini.
Delle lunghe indagini per truffa e appropriazione indebita che impegnano le Procure di Milano, Napoli, Reggio Calabria. Delle casse sempre più vuote e dei militanti sempre più perplessi.
Fino all’ormai famoso sequestro disposto dalla magistratura sui conti leghisti per cercare 49 milioni di euro sfumati chissà dove. “Queste cose non succedono in uno Stato di diritto — protesta Bossi — Ma neanche in Turchia”. A dimostrazione che esterofili sì, fessi no.
Adesso, nel camici-gate lombardo, irrompe come un fulmine a ciel sereno un conto in Svizzera da cinque milioni, a sua volta generato dallo scudo fiscale su capitali detenuti alle Bahamas.
C’è tutto: i paradisi fiscali e, volendo, gli svizzeri che discriminano i frontalieri italiani al grido di “prima i ticinesi”. Follow the money, dice qualsiasi investigatore.
Nel caso della Lega bisogna specificare: oltre confine.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 27th, 2020 Riccardo Fucile
“IL PEGGIO NON E’ AFFATTO PASSATO, L’ETA DEI CONTAGIATI E’ SCESA SOTTO I 40 ANNI”
La campagna elettorale in vista del voto Regionale in Veneto (il 20 e il 21 settembre) sembra essere superflua: Luca Zaia è avanti (di tantissimo) in qualunque sondaggio e corre per la riconferma da parte dei suoi cittadini.
Per questo motivo, probabilmente, il leghista non ha bisogno di lanciare appelli controversi in una fase di emergenza che, come lui stesso ha confermato, è tutt’altro che finita.
E non si parla della ‘minaccia straniera’ tanto in voga sui profili social di Salvini, ma di un pericolo che abbiamo già all’interno dei nostri confini. Insomma, Zaia prova a far capire a Salvini come il peggio non sia del tutto passato, come dimostrano i focolai in Veneto.
Questa volte non c’erano ciliegie a distrarre il segretario della Lega, ma una conferenza stampa di oltre 40 minuti in cui Luca Zaia parla dei focolai in Veneto attivi e chiede che non sia abbassata la guardia: si parla dei dpcm del governo da rispettare, delle ordinanze regionali, del distanziamento sociale e dell’uso della mascherina.
Insomma, una narrazione che sembra essere ben diversa rispetto a quella che — da qualche settimana — fa Matteo Salvini nei comizi e sui social.
«Oggi abbiamo 38 focolai esistenti, 19 autoctoni, casalinghi e 19 importati. Non bisogna abbassare la guardia. Il virus non se n’è andato, dà segnali diversi dal punto di vista clinico. È fondamentale rispettare le indicazioni date dal Dpcm e dalle nostre ordinanze».
Insomma, l’emergenza sanitaria non è superata e dipende in buona parte dai focolai autoctoni. Eppure il suo segretario, anche oggi in Senato, continua a cantare seguendo uno spartito opposto. Insomma, Zaia non ha bisogno di raccogliere altri consensi e la sua narrazione sembra essere molto più vicina alla realtà : meno elettorale e più veritiera.
Zaia è tornato a fare il punto della situazione nella regione, tra le più colpite dall’emergenza Coronavirus in Italia, durante una conferenza stampa. “Non bisogna abbassare la guardia, lo abbiamo sempre detto, è una battaglia, il virus non se ne è andato, dà segnali diversi dal punto di vista clinico rispetto allo scorso inverno, è fondamentale l’uso della mascherina nei locali e in assembramenti, igienizzazione delle mani. I focolai hanno subito una decelerazione, poi hanno ripreso a crescere, molti importati dall’estero. E noi individuiamo subito i focolai e ricostruiamo i contatti in modo estremamente preciso, la squadra lavora bene. Il nostro piano di Sanità Pubblica fa tamponi, tiene tutto sotto controllo. Siamo riusciti in 5 mesi a fare un tampone ogni 5 abitanti”. Nel corso dell’intervento, è stato spiegato che “oggi il 70% dei positivi sono asintomatici. L’età dei positivi si è abbassata: ora sono i 40enni che si ammalano”.
(da agenzie)
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Luglio 27th, 2020 Riccardo Fucile
“INADEGUATI E PERICOLOSI, NESSUNO DEGLI INTERVENUTI HA TITOLO SCIENTIFICO PER DARE UN’OPINIONE CORRETTA”
“Penso che tutto quello che e stato detto non abbia alcuna base dal punto di vista scientifico: è un messaggio inadeguato, quello che viene lanciato, con elementi di evidente pericolosità ”. Massimo Galli, professore Ordinario di Malattie Infettive all’Università degli Studi di Milano e past president della Società italiana di Malattie Infettive (Simit), stigmatizza le posizioni espresse in occasione dell’incontro ‘Covid-19 in Italia, tra informazione scienza e diritti’, alla presenza tra gli altri del leader della Lega Matteo Salvini, Vittorio Sgarbi e il tenore Andrea Bocelli.
Affermazioni “inadeguate”, rileva Galli, soprattutto perchè “nessuno di coloro che si sono espressi ha titolo per dare una opinione di tipo scientifico” sull’attuale andamento dell’epidemia.
Al contrario, avverte, “alla gente bisogna dire chiaramente, ad esempio, che in Israele stanno per richiudere tutto dopo aver riaperto e in Catalogna ci sono problemi enormi. E che anche noi in Italia abbiamo avuto vari focolai nelle ultime settimane che ci indicano che il virus c’è ancora”.
Tutto questo, afferma l’esperto, “implica la necessità di avere le debite precauzioni per poter continuare a tenere tutto aperto. Le misure anti-contagio, dalla mascherina al distanziamento alle misure igieniche, vanno ribadite”.
Perchè quello che ”è abbastanza chiaro è che questo virus non si abolisce per decreto,. Il virus – afferma – è ancora tra noi”.
Quanto ad una eventuale seconda ondata pandemica, “non sappiamo se ci sarà una vera seconda ondata. Mi auguro che saremo abbastanza capaci di riconoscere la presenza dell’infezione tanto da contenere gli eventuali nuovi focolai , perchè così non avremo una vera seconda ondata”.
Tuttavia, conclude Galli, “nelle prossime settimane e mesi bisognerà mantenere tutte le precauzioni indicate, almeno finchè non avremo un segnale molto chiaro di assenza di nuovi casi. Sulla base dei dati scientifici, non posso che consigliare cautela e precauzioni”.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 27th, 2020 Riccardo Fucile
PERCHE’ UN CITTADINO DEVE PAGARE 400 EURO DI MULTA (1.000 IN CAMPANIA) SE NON INDOSSA LA MASCHERINA E SALVINI PUO’ FARE I CAZZI CHE VUOLE, METTENDO A RISCHIO IL PERSONALE DEL SENATO?
Matteo Salvini pensa che il negazionismo potrebbe essere la svolta per riconquistare i consensi perduti. E si gioca il tutto per tutto, rifiutandosi di indossare la mascherina in Senato, commettendo quindi un reato.
Al convegno dei negazionsti del Covid, sia lui che il professor Paolo Becchi sono stati avvicinati dai commessi che li hanno invitati a indossare la mascherina, ma Salvini non sente ragioni: “Non ce l’ho e non la metto”.
Qualcuno gli fornisce una mascherina tricolore, ma questa viene prontamente riposta in tasca dallo stesso Salvini, che nel frattempo viene chiamato al microfono da Armando Siri, ‘moderatore’ dell’incontro.
Pochi giorni fa, entrando sempre a Palazzo Madama, il leader leghista era stato fermato dai commessi: “Onorevole, non ha la mascherina”, lui rispondeva pronto: “Vero, me la sono dimenticata”, “non si preoccupi, venga che gliela diamo noi”
Negli scorsi giorni, nelle tappe dei vari tour elettorali, dalla Campania, alla Toscana, non era passata inosservata l’assenza di mascherina sul volto del capo della Lega, una ‘scelta’ ribadita anche oggi in Senato.
Ormai Salvini non ha più la sua mascherina, neanche al collo, e non si ritrae, nelle piazze, da selfie e abbracci ‘senza protezione’
Niente mascherina neanche il 16 luglio scorso, in piazza Montecitorio, durante una manifestazione per la famiglia. Salvini, incurante degli appelli dell’organizzatore Jacopo Coghe, pochi passi più in là , si faceva selfie ravvicinati con i tanti che glielo chiedevano, non evitando il contatto fisico con i suoi fan
Poi lanciando il tour campano, il giorno dopo, da Sorrento, neanche l’ombra della mascherina. Con lui Edoardo Rixi, altri dirigenti locali del Carroccio, il deputato, Gianluca Cantalamessa. Nessuno di loro la indossava.
Poco dopo, visitando il campo rom a Giugliano, stessa scena.
Oggi ha concluso dicendo che comunicare ai cittadini i dati sul coronavirus quotidianamente sarebbe «terrorismo mediatico»
Quindi uno che ha la tessera di giornalista invita alla censura come nei regimi dittatoriali.
Una sola osservazione: il regolamento delle Camere e le norme vigenti stabiliscono l’obbligo della mascherina all’interno del Palazzo Madama e di Montecitorio.
Il diniego di indossarla comporta il divieto di entrare e la sanzione prevista, come vale per i comuni mortali. Una riunione con più persone senza mascherina in un luogo interno al Palazzo va impedita. Questo dovevano fare i questori e i funzionari. Chi vuole mettere a repentaglio la salure degli altri si riunisca a casa propria o al reparto psichiatria del più vicino ospedale.
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Luglio 27th, 2020 Riccardo Fucile
L’EDITORIALE DEL “MESSAGGERO”: “PER FAVORIRE GLI INTERESSI DI IMPRENDITORI DEL NORD, LA REGIONE HA TARDATO A CHIUDERE, A SCAPITO DELLA SALUTE DI TUTTI E DELL’ECONOMIA NAZIONALE”
Il caso dei camici forniti alla Lombardia dalla ditta del cognato e della moglie del governatore Attilio Fontana è solo l’ultimo anello di una catena di errori e inadeguatezze che la Regione più colpita d’Italia dal Coronavirus ha dovuto affrontare in questi difficili mesi.
Stamattina, Fontana si è presentato davanti al Consiglio regionale per dire la sua sull’inchiesta che lo vede coinvolto, insieme al cognato Andrea Dini, con l’accusa di frode in pubbliche forniture e ha parlato di “polemiche sterili e inutili” sulla sua persona.
Eppure, dalle indagini per il Pio Albergo Trivulzio e tutte le altre Rsa colpite fortemente dai contagi fino alle accuse per la mancata chiusura della Val Seriana, l’impressione è che una parte del Nord non abbia saputo affrontare con perizia e prontezza l’emergenza Covid-19.
E’ di questo avviso anche l’editorialista del Messaggero Mario Ajello, che sul quotidiano stamattina in edicola ha criticato fortemente l’amministrazione lombarda e le conseguenze che certe decisioni hanno comportato su tutti i cittadini.
“Durante l’emergenza più dura — scrive Ajello — la Lombardia ha danneggiato il Pil dell’intero Paese, spingendo per un lockdown totale e intanto dal vertice del Pirellone, secondo l’accusa, si pilotavano appalti per lucrare sulle disgrazie degli italiani”.
Il giornalista critica “l’egoismo settentrionalista” che “per favorire gli interessi degli imprenditori, ha ritardato la chiusura della regione lombarda, non bloccando in tempo la fuoriuscita dell’infezione” e spiega che Fontana si è fatto “interprete di una impostazione anti-nazionale e di una manovra di autotutela economica a dispetto di tutto, a cominciare dalla salute dei cittadini”.
“Il sistema Lombardia — conclude Ajello — ha franato da tutte le parti. E la slavina appena abbattutasi sul presidente leghista vale come triste corollario di una storia cominciata male e che si trascina di peggio in peggio. Ma ciò che più deve allarmare è che certo Nord continui a chiedere più autogoverno e, in particolare, una riduzione dei trasferimenti territoriali verso la Capitale e verso il resto del Paese. Una dimostrazione insieme di irresponsabilità e di intollerabile arroganza”.
(da agenzie)
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Luglio 27th, 2020 Riccardo Fucile
COSI’ SI COINVOLGE IL PARLAMENTO NELLA DEFINIZIONE DEI PROGETTI
Renato Brunetta presidente di una delle due commissioni monocamerali che si occuperanno della gestione delle risorse provenienti dal Recovery Fund.
Sarebbe questo l’orientamento del premier Giuseppe Conte nella delicata partita sull’utilizzo dei (tanti) fondi elargiti dall’Europa.
A riportarlo è un retroscena di Repubblica a firma di Tommaso Ciriaco. Si tratterebbe di una mossa finalizzata a coinvolgere il parlamento nella definizione dei progetti di spesa e, soprattutto, a lanciare un ulteriore segnale all’ala più dialogante dell’opposizione, ovvero Forza Italia.
Nei giorni scorsi si è infiammato il dibattito sul miglior assetto possibile da mettere in campo per una gestione corretta e inclusiva dei soldi del Recovery Fund.
Dopo le polemiche alimentate dall’opposizione su un eccessivo “leaderismo” di Conte nella fase emergenziale della pandemia, con uno scarso coinvolgimento del parlamento e l’uso massiccio dei dpcm, e in vista della quasi certa proroga dello stato di emergenza fino al 31 ottobre, il premier era chiamato a un gesto conciliante. E proprio le due commissioni monocamerali potrebbero rappresentare il ramoscello d’ulivo teso da Conte alle opposizioni.
Una mossa che però, allo stesso tempo, ha un risvolto utilitaristico non secondario. Forza Italia è stato infatti il partito che dall’inizio del dibattito ha spinto maggiormente per l’opzione parlamentare sul Recovery Fund.
Mettere Renato Brunetta, berlusconiano di ferro, alla guida di una delle due commissioni significa rafforzare il dialogo della maggioranza con gli azzurri.
Il tutto in vista di un passaggio cruciale: questa settimana il parlamento è infatti chiamato a votare sullo scostamento di bilancio: è in bilico, al momento, proprio la posizione di Forza Italia.
Sebbene Berlusconi abbia chiarito di non voler andare in soccorso del governo giallorosso, molti esponenti del suo partito la vedono diversamente e vorrebbero rafforzare la posizione “responsabile” e istituzionale di FI.
In ogni caso, l’eventuale istituzione delle commissioni parlamentari sul Recovery Fund, e l’eventuale presidenza di Brunetta, non scalfiranno le prerogative dell’esecutivo sulla gestione dei soldi provenienti dall’Europa.
A stilare i progetti di spesa sarà infatti un comitato interministerlia composto dal premier, dai ministri di Economia, Esteri e Affari Europei e da quelli competenti sul singolo progetto in discussione.
Come riporta Repubblica, “al comitato interministeriale parteciperanno Antonio De Caro, che guida l’Anci, Stefano Bonaccini per le Regioni e il presidente delle Province. Ma potrebbe non bastare. Per questo, nel governo si ipotizza anche il varo di un comitato parallelo, gestito da Palazzo Chigi, costitito dai tecnici delegati dai ministri e, soprattutto, allargato agli enti locali”.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 27th, 2020 Riccardo Fucile
LAMORGESE CONFERMA INVIO NAVE PER OSPITARE QUARANTENA A BORDO ED EVITARE CHE QUACUNO FOMENTI ODIO A TERRA… PREVISTO ANCHE INVIO DI MILITARI
Governo pronto a mandare i militari in Sicilia.
“A breve verrà inviato personale militare dell’operazione Strade sicure”. Lo ha detto la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, che ha avuto un colloquio telefonico con il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci. Il governatore le ha manifestato “tutte le sue preoccupazioni per la situazione in atto dovuta alla pressione migratoria che grava sull’isola”.
Sono intanto quasi tutti i cento i migranti che si erano allontanati dalla struttura di Porto Empedocle questa mattina. La ministra ha assicurato che “nell’hotspot di Lampedusa e nell’hub di Porto empedocle, sono stati intensificati i trasferimenti dei migranti verso altre strutture e che, entro la giornata di domani, verrà completato lo spostamento di circa 520 migranti”.
(da agenzie)
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Luglio 27th, 2020 Riccardo Fucile
INTERVISTA ALL’ETOLOGO ENRICO ALLEVA: “SIAMO NOI A DOVERCI RICORDARE COME SI CONVIVE CON GLI ORSI”
“Papillon ha una fortissima motivazione a tornare libero perchè sa di potercela fare. Per questo non mi stupisce che sia evaso una seconda volta. Il dibattito, più che su come limitare questa sua maestria e plasticità comportamentale, dovrebbe concentrarsi su come recuperare quei pilastri di tolleranza che regolavano la convivenza tra uomini e orsi generazioni addietro, nell’Italia contadina. E soprattutto non dobbiamo dimenticare che se abbiamo rivoluto gli orsi nelle montagne del Trentino è stato per tutelare un ecosistema il cui equilibrio dovrebbe starci a cuore”.
Enrico Alleva, etologo e accademico dei Lincei, presidente della Federazione italiana scienze della natura e dell’ambiente, non vuole partecipare alla tifoseria da stadio che rumoreggia attorno alla vicenda di M49, in arte Papillon, l’orso evaso per la seconda volta dal Centro faunistico del Casteller.
A lui interessa che gli umani capiscano che è ora di tornare a scuola dai nostri nonni, smettendoci di sentirci padroni del mondo.
Professor Alleva, Papillon è evaso di nuovo: questa volta ha divelto la rete di protezione che lo teneva rinchiuso. Il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, ha assicurato che verrà localizzato presto perchè provvisto di radio-collare. Il ministro Costa chiede che non venga rinchiuso e assolutamente non abbattuto; la Coldiretti chiede di garantire la sicurezza di cittadini e stalle. La stupisce questa evoluzione?
“Non è facile prevedere tecnicamente la maestria e la plasticità comportamentale di animali selvatici tutto sommato poco noti, anche perchè elusivi, come sono gli orsi. Non mi stupisce più di tanto che Papillon, avendo una fortissima motivazione a tornare libero (cosa che non succede negli animali nei giardini zoologici e nei bioparchi), sia in qualche modo riuscito a farcela. In generale, il problema di gestire questi animali detti problematici è legato a quanto poco le popolazioni locali conoscono della storia naturale e dell’etologia di queste specie (è un discorso che vale per l’orso come per il lupo e tanti altri animali)”.
Cosa ci insegna la tenace voglia di libertà di Papillon?
“Sulla fuga posso dire che un animale che già una volta è riuscito a escogitare un sistema per scappare, certamente sarà molto motivato a tentare tantissime strategie. Un animale abituato a stare in gabbia ovviamente non conosce questa possibilità , quindi utilizzare i sistemi messi a punto in tanti anni nei giardini zoologici non è l’approccio giusto. Questi sono animali che hanno una prestanza fisica diversa rispetto a quelli cresciuti in cattività , magari presi da piccoli, un po’ rachitici, o già vecchi”.
Nelle ultime settimane sono stati segnalati diversi incontri ravvicinati, tra cui un’aggressione. Si denunciano attacchi a malve e a bivacchi di esemplari in cerca di cibo. Come è possibile la convivenza tra umani e orsi?
“La gestione di questi animali più problematici non è semplice; probabilmente ci sarebbe bisogno di un monitoraggio continuo. Di sicuro è necessario uno sforzo per ri-alfabetizzare le popolazioni locali della specie umana. Se l’Italia rurale – quella del Fascismo e della Seconda Guerra Mondiale, per non parlare di ancora prima — si basava su una cultura contadina per cui il contatto con queste specie era tradizionale e veniva raccontato fin da bambini, le generazioni di oggi non hanno idea di quali sono i pilastri della reciproca tolleranza tra uomini e orsi. Oggi il cittadino metropolitano non ha più questa continuità di antropologia culturale, e quindi si spaventa, ha reazioni qualche volta troppo intrusive, è troppo curioso, vuole fare foto e video… Non mi sento di fare una anamnesi degli incontri riportati di recente, anche perchè i racconti sono sempre pittoreschi e menzogneri, soprattutto nelle enfatizzazioni dei media. Comunque diciamo che il lupo di Cappuccetto Rosso non c’è più, il concetto di paura ancestrale fa parte di una cultura delle favole che non si incontra più con la tradizione rurale, e quindi perde d’impatto”.
Ma cosa fare in caso di incontro con un orso? Quali comportamenti sono assolutamente da evitare?
“C’è una regola fondamentale: quando un essere della specie Homo sapiens incontra un orso o un lupo chi ha più paura non è Homo sapiens perchè l’uomo è un vero pericolo per quelle specie. Quindi il nostro problema è che abbiamo davanti un animale spaventato e quindi potenzialmente irritabile. Occorre – suggerisce Alleva – trattarlo in modo che non pensi che lo stiamo per aggredire, perchè nella sua mente l’uomo è un predatore. Poi se ci sono i cuccioli ovviamente non bisogna mettersi tra la mamma e i cuccioli ma questo ormai è una banalità . Ma soprattutto se ci si accorge che un orso prende troppa confidenza con i cassonetti dei rifiuti bisogna segnalarlo alle autorità e su questo c’è un’attività della Federazione italiana scienze della natura e dell’ambiente nei confronti delle stesse autorità ”.
Il comportamento umano, insomma, è da considerarsi in molti casi il principale indiziato…
“L’umanità è diventata sempre più ricca, affluente e sprecona. Per questi animali la crescente e massiccia produzione di immondizia diventa un richiamo, un’attrattiva. Questo discorso vale soprattutto per quegli esemplari particolarmente curiosi ed esplorativi dotati di un basso livello di neofobia, come diciamo noi etologi. Sono animali che mostrano poca paura per le novità e con i quali gli incontri, soprattutto in presenza di disattenzioni umane, rischiano di farsi più frequenti. Come sanno bene nelle zone abituate a gestire gli orsi — ad esempio nel parco di Yellowstone, Yoghi e Bubu insegnano — quando gli animali tendono a diventare troppo poco spaventati e ad accorciare le distanze, quella è la fase in cui intervenire prima che succeda qualcosa. Lì ad esempio c’è una cultura in cui ti insegnano cosa attrae un orso, dall’odore del dentifricio all’effluvio delle provviste del campeggiatore, e si impongono regole molto ferree, come l’istituzione di zone in cui, nelle stagioni riproduttive, i turisti non hanno accesso o hanno accesso limitato”.
Crede che da noi gli esperti non siano tenuti nella giusta considerazione?
“Bisognerebbe ascoltare di più gli esperti competenti. Può succedere che ci siano degli attriti tra gli amministrazioni locali e i tecnici. Da presidente della Federazione Italiana Scienze della Natura e dell’Ambiente, devo dire che se chi governa i territori tenesse in maggiore considerazione gli esperti, molti problemi sarebbero risolvibili.
Auspico che si possa usare questo momento di contrasto anche per diffondere una cultura. Ci si scorda che alcuni grossi mammiferi si sono spostati in Italia quando c’è stata la guerra in Jugoslavia, e hanno capito che il rischio di finire in un campo minato era molto elevato. Spesso ci si dimentica delle ragioni che spingono gli animali a spostarsi. Le attività umane, in maniera diretta o indiretta, hanno sempre un ruolo”.
Il progetto di ripopolamento dell’orso in Trentino sta avendo successo, è considerato un modello a livello europeo. Vuole sottolineare il perchè?
“Purtroppo l’Europa ha delle nazioni come la Romania o la stessa Francia o la Svizzera dove le organizzazioni che si occupano di pastorizia sono molto ascoltate, mentre l’impegno ad esempio del Wwf in Italia ha promosso una tradizione di zoofilia e militanza per la biodiversità . E’ un punto importante perchè se una specie passa il confine, cosa che normalmente fa, rischia di sentirsi molto protetta da una parte e dunque di fidarsi eccessivamente di quelle popolazioni lì, mentre sa che dall’altra parte farebbe una pessima fine. Non va mai scordato che questi predatori sono dei regolatori molto importanti delle popolazioni di prede. I botanici o chi si occupa del naturale rinnovarsi dei boschi sa che alcune specie di caprioli o di cervi divorano in maniera sistematica tutti gli alberi giovani, impedendo al bosco di rinnovarsi visto che anche gli alberi muoiono di vecchiaia. Non sono specie che stanno lì solo perchè ci piace l’idea che siano lì, a farsi avvistare dal turista col binocolo: sono elementi chiave di regolazione degli ecosistemi, senza i quali poi si verificano degli squilibri. Fanno parte della storia naturale delle zone in cui sono tornati”.
Cosa si sente di dire a chi chiede la reclusione o addirittura l’abbattimento di questi animali?
“Generalmente queste specie, se sono governate con un minimo di saggezza, non danno grandi problemi. I casi più fastidiosi possono essere prevenuti, anche se non al 100%. Cedere alle soluzioni apparentemente più semplici non è mai una buona idea. Prendiamo un branco di lupi: se si abbattono alcuni esemplari, è possibile che il branco, indebolito, sia più propenso a prendere di mira le pecore. La Federazione italiana scienze della natura e dell’ambiente, con le sue Società di Botanica, Etologia e di Ecologia, è a disposizione degli amministratori locali proprio per fornire quei consigli tecnici che poi diventano una sorta di ventaglio di opzioni per decidere. La natura è interconnessa, dobbiamo rimparare le sue leggi fondamentali”.
(da “Huffingtonpost”)
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