Luglio 7th, 2020 Riccardo Fucile
DECRETO SEMPLIFICAZIONI SENZA ACCORDO, VOTO SULLE MISSIONI ALL’ESTERO SENZA NUMERI, DECRETO RILANCIO CHE TORNA IN COMMISSIONE… NON C’E’ UN SOLO ATTO DEL GOVERNO CHE SIA CERTO
Un decreto semplificazioni, presentato come epocale, “clamoroso”, roba di cui “vantarsi” approvato “salvo intese” col favor delle tenebre, dopo ore in cui si consuma, usiamo il termine più adatto, più di una franca e schietta litigata al consiglio dei ministri.
Il voto sul rifinanziamento delle missioni all’estero, col favor del tramonto, che passa “senza intesa” di maggioranza sulla Libia. Con un elemento politico di prima grandezza. Che non è solo la lontananza dalla maggioranza assoluta a palazzo Madama su un dossier cruciale come l’immigrazione: dei 16 senatori di maggioranza che si esprimono contro, fa parte, oltre ai dissidenti del Pd e a diversi ex Cinque Stelle approdati al gruppo misto, un’intera forza politica di maggioranza, Leu. Quella che, per intenderci, esprime Roberto Speranza, uno dei ministri più pesanti e popolari del governo.
E ancora: il decreto rilancio, altro provvedimento presentato con una certa enfasi al momento dell’annuncio, che torna in commissione e non si sa quando sarà posto il voto di fiducia, ipotizzato, prima del contrordine, per la giornata di ieri.
Anche in questo caso per mancanza di intese, perchè mancano 100 milioni di copertura e perchè non è stato sciolto il nodo delle concessioni alle spiagge private.
È il governo “salvo intese” che annuncia sempre “salvo attese” partenze, ripartenze, scatti che non arrivano, come una macchina il cui motore gira ormai a vuoto.
E intanto Bankitalia, Ocse e Commissione europea, nei rispettivi report, certificano la drammaticità della crisi in atto: il Pil peggio del previsto, la disoccupazione che esploderà in autunno penalizzando soprattutto i più giovani.
Di “clamoroso”, l’aggettivo usato dal premier per presentare un decreto che non si sa quando approderà in Aula, c’è la totale assenza di un solo atto di governo che abbia in requisiti della certezza.
Sul compendio di buone intenzioni ai limiti del velleitarismo di una rivoluzione affidata alle slide già si addensano le perplessità dei due soci di maggioranza.
I Cinque stelle che lamentano le modalità dei controlli antimafia, le soglie per gli appalti, la formulazione dell’abuso d’ufficio e del danno erariale senza colpa grave.
Financo il paziente ministro dell’Economia, nel corso della lunga notte ha perso le staffe di fronte all’attribuzione di una mole smisurata di poteri al Cipe, il luogo dei veti e degli appetiti, per soddisfare Fraccaro e l’ansia da centralizzazione di potere del premier. Perchè, da che mondo è mondo, semplificare vuole dire decentrare, non accentrare compiti immani, dagli interventi infrastrutturali fino allo strapotere sui commissari. Commissari il cui numero è stato ridotto solo dopo lunga tenzone con i ministri del Pd: “Ma l’avete mai percorsa la Napoli-Bari — è sbottato Provenzano — dove i tratti commissariati vanno più a rilento di quelli non commissariati?”.
Quello che si è consumata nella notte di lunedì è una battaglia di fondo, non su dettagli. Una deregulation alla Berlusconi, pensando alle slide dal lato del premier.
Un argine in nome delle regole, il Pd.
Il risultato, finita la bombastica e interminabile conferenza stampa del premier, tesa a mostrare all’Europa come carica una pistola che spara a salve, è una sintesi politica tutta da trovare, perchè fuori dal gergo del Palazzo “salvo intese” significa, tradotto per i comuni mortali, “senza intese”.
Che è poi lo stesso problema della Libia: un governo come un Re nudo, quando la realtà strappa i panni del fragile velo della comunicazione: “Sono otto mesi — ha dichiarato in Aula Loredana De Petris, capogruppo di Leu — che poniamo il problema della Libia, del memorandum da discutere. Prima fate finta di niente, poi ci chiedete disciplina di maggioranza?”.
Al di là di come la si pensi sulla guardia costiera libica il dato è squadernato: non c’è una maggioranza sulla Libia, intesa come disciplina e vincolo politico prima ancora che numerico, (e alla Camera i numeri saranno ancora più eclatanti) perchè non c’è una strategia sull’immigrazione: dalla Libia ai decreti sicurezza, il vero elemento di continuità tra il Conte 1 e il Conte 2, in attesa della prossima riunione in settimana già annunciata come l’ennesima fumata nera, proprio nel momento in cui l’emergenza rende urgente la regolarizzazione dei flussi migratori coniugando salute e principi di solidarietà .
Quanto possa durare così è il tema di questa fase, che si consuma anch’esso nell’attesa dell’autunno elettorale del 20 settembre e dell’autunno sociale, previsto da tutti, unanimemente, come devastante, senza che nessuno abbia la forza, il coraggio, la capacità di anticipare gli eventi senza esserne travolto.
Si chiama, banalmente, crisi. Perchè il declino del paese, quello, non attende e non si rinvia.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 7th, 2020 Riccardo Fucile
14 DEFEZIONI IN SENATO TRA LEU, BONINO, TRE PD, DE FALCO, MANTERO … I RENZIANI MEDIANO E STRAPPANO UN IMPEGNO A RIVEDERE IL MEMORANDUM CON LA LIBIA, ARIA FRITTA
Non c’è pace per la maggioranza di governo divisa tra le sue anime e appesa alla croce dei numeri. Chiuso un fronte, se ne apre un altro. Alta tensione per tutto il giorno sul rifinanziamento delle missioni internazionali, tra cui la Libia, che a metà pomeriggio — tra incontri, conciliaboli e riunioni – è approdato nell’aula del Senato.
Partito sotto pessimi auspici, finito meglio: via libera su tutte le missioni per il 2020, escluso il punto dolente della “formazione e addestramento” dei militari della guardia costiera libica.
Sulla “scheda 22” la maggioranza perde pezzi: si ferma a quota 142 con 14 defezioni, 12 di maggioranza e due di opposizione, lontana dalla maggioranza assoluta, e perde per strada Leu. Però respira: non va sotto, non ha bisogno della stampella del centrodestra.
Alla fine i no sono 3 in casa Pd (Verducci, D’Arienzo, Valente), 6 Leu (De Petris, Grasso, Errani, La Forgia più Ruotolo e Nugnes), il grillino Mantero, poi De Bonis e De Falco, Martelli ed Emma Bonino.
Il fatto è che del pacchetto faceva parte, appunto, il rinnovo dell’accordo con la guardia costiera libica. Un punto dolente — quello delle navi di migranti intercettate al largo delle coste sahariane con i passeggeri riportati nei centri di detenzione, dove il rispetto dei diritti umani è una chimera e si spengono le luci degli osservatori internazionali e delle Ong.
Un punto che rischia fino all’ultimo di provocare un terremoto politico. E di scatenare, sull’esecutivo, la tempesta perfetta. Oppure, lo spauracchio dell’aiuto del centrodestra — da FdI, Lega e Fi il sì alle missioni è netto. Un’alternativa peggiore dell’altra.
Poche ore prima, la relazione sullo stesso tema è passata quasi all’unanimità in commissione Esteri e Difesa di Montecitorio con l’astensione di Laura Boldrini e dei renziani.
Spiega Gennaro Migliore di Italia Viva: “Siamo totalmente d’accordo con le missioni internazionali, compresa quella in Libia, ma non possiamo dare soldi alla loro guardia costiera. Non possiamo ignorare le tante denunce a loro carico”.
Per tutto il giorno si rincorrono le voci sui malumori intorno al “pacchetto libico”.
Leu preannuncia la richiesta di votare il testo per parti separate. Lo chiedono nell’emiciclo Loredana De Petris, rammentando “le torture e le violenze contro le donne” ed Emma Bonino.
Il pallottoliere lievita fino a 16 possibili defezioni. Si spacchetta il testo in due risoluzioni: una sulle cinque nuove missioni e una sulla proroga di quelle vecchie — Libia compresa — su cui si accendono i riflettori.
In aula Francesco Verducci motiva il suo no: “Finanziare la guardia costiera libica nuoce alla reputazione e all’autorevolezza dell’Italia”.
Emma Bonino è appassionata: “Non costringetemi a lasciare l’aula per non votare tutto insieme, ci sono missioni che sostengo. Ma “mare sicuro” è un’espressione macabra. Non esiste la guardia costiera libica, esistono le milizie. Serve un reset dei nostri rapporti con la Libia”.
La mediazione si profila sotto forma di un ordine del giorno dei renziani, messo a punto da Laura Garavini, che impegna il governo a modificare il memorandum con le autorità libiche del 2017 “nella direzione del rispetto dei diritti umani e della maggiore presenza delle organizzazioni internazionali” anche nei centri di accoglienza dei migranti. Insomma, una potenziale via d’uscita dall’impasse. Passa, ma non compatta Leu.
Finisce a sera. La maggioranza dopo aver traballato resta in piedi.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 7th, 2020 Riccardo Fucile
ACQUISTATI ANCHE DA BANCA GENERALI…. TITOLI GARANTITI DA AZIENDE DI FACCIATA LEGATE ALLA CRIMINALITA’
Sul mercato internazionale sono finiti bond con in pancia crediti di ‘ndrangheta. A svelarlo è il Financial Times, che ha ricostruito i passaggi che hanno portato alla costruzione del prodotto finanziario, le cui obbligazioni, del valore di oltre un miliardo, sono state messe in vendita tra il 2015 e il 2019.
A confezionare il bond, secondo quanto rivela il noto quotidiano finanziario, sarebbe stata una banca di investimenti svizzera, che in seguito lo ha venduto in blocco a Generali. Un’operazione garantita dalla società di consulenza internazionale Ernst&Young, ma che non ha impedito a società legate ai clan di Lamezia di inoculare crediti vantati nei confronti di enti pubblici, venduti a società terze per fare cassa. Un’operazione di riciclaggio evoluta transitata anche sulle borse mondiali.
Banca Generali ha fatto sapere che si trattava di una cartolarizzazione da un miliardo di euro, basata sul factoring, ossia fatture scontate da aziende pagate dalla pubblica amministrazione che vendono alle banche le loro fatture a prezzo ridotto per avere subito i soldi, di cui una “note” da 400 mila euro era stata emessa da un’azienda che poi è risultata indagata per ‘ndrangheta.
Il prodotto era stato confezionato da Cfe e Banca Generali. La Banca, che lo ha comprato e poi rivenduto ai suoi clienti, sostiene di non avere alcuna possibilità di sapere quali “notes” singole ci fossero nel pacchetto. Fonti della Banca sottolineano anche che nessun cliente ha subito alcuna perdita.
(da agenzie)
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Luglio 7th, 2020 Riccardo Fucile
“QUADRO INDIZIARIO INCONSISTENTE E ELEMENTI CONGETTURALI O PRESUNTIVI”… “PRASSI SUPERFICIALI MA NESSUNA APPROPRIAZIONE DI DENARO PER FINI PERSONALI”
Il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria ha rigettato l’appello proposto dalla Procura di Locri contro l’ordinanza emessa dal gip con la quale è stata respinta la richiesta di misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di Mimmo Lucano: le motivazioni sono “quadro indiziario inconsistente e elementi congetturali o presuntivi”.
“La gestione poco trasparente da parte del Comune di Riace e degli enti attuatori delle risorse pubbliche finanziate per i progetti di accoglienza dei migranti — annotano i magistrati reggini – conferma l’esistenza di prassi improntate alla superficialità e alla negligenza, ma non consente, allo stato, di ritenere suffragata la sussistenza dell’addebito associativo, in assenza della prova del perseguimento di vantaggi patrimoniali privatistici o dell’appropriazione di somme di denaro da parte dei singoli protagonisti della vicenda”.
(da agenzie)
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Luglio 7th, 2020 Riccardo Fucile
CASALEGGIO ISOLATO NEL M5S E SCARICATO DA GRILLO… DIBBA CHE DICE CHE “ALLEARSI CON IL PD VORREBBE DIRE TRADIRE LA NOSTRA STORIA” DOV’ERA QUANDO IL M5S SI ALLEAVA CON I RAZZISTI?
La Via Crucis dell’Erede. Davide Casaleggio arriva a Roma furioso, ma nello stesso tempo sa di essere debole.
La prima tappa è a Palazzo Chigi per parlare con il premier Giuseppe Conte, il quale però quasi tutti i giorni sente Beppe Grillo, che a sua volta ha interrotto da tempo le comunicazioni con il figlio del co-fondatore.
La geografia M5s sta mutando e Casaleggio prova a dimostrare che al timone c’è ancora lui, portando a Conte quello che è il testamento identitario lasciato da Gianroberto Casaleggio per M5s: democrazia diretta, beni comuni e soprattutto niente alleanze.
Conte lo riceve. Parlano per un paio d’ore. I rapporti di forza sono platealmente mutati e infatti è stato Davide Casaleggio a chiedere un incontro all’ex avvocato del popolo.
I due fino ad ora non avevano mai parlato faccia a faccia così a lungo. Ma il figlio del co-fondatore è in una fase di estrema difficoltà . Quasi tutti nei gruppi parlamentari gli hanno voltato le spalle e lo dimostra il fatto che molti pentastellati non stiano più versando da mesi il contributo alla piattaforma Rousseau.
Ma quello che temono di più è l’azione destabilizzatrice che sta facendo l’Erede sul Movimento in questa fase: “Vuole rompere con il Pd”, dicono molti di loro. E in questo — aggiungono — si sente figlio di suo padre, che la sinistra storica non l’ha mai potuta sopportare. Ma proprio perchè debole, il figlio del co-fondatore prova a riprendersi il Movimento che negli ultimi tempi gli è sfuggito di mano. Mentre domani incontra Luigi Di Maio, per capire bene da che parte sta.
Casaleggio inizia il suo cammino, non privo di insidie, chiedendo un incontro al premier, ufficialmente per parlare del piano che porta il nome del padre, Gianroberto, ma il discorso finisce inevitabilmente anche sulle elezioni regionali. Il presidente del Consiglio nei giorni scorsi aveva espresso la necessità di un’alleanza Pd-M5s anche sui territori, parole che non sono andate giù a Casaleggio che a differenza di Grillo, il quale con Conte è in ottimi rapporti, ritiene che i grillini debbano correre da soli alle elezioni regionali di settembre. Oggi Conte ha in parte corretto il tiro, chiarendo che non ha intenzione di interferire sulle regionali ma che spera che si dia continuità al progetto di governo anche a livello locale.
La sera prima dell’incontro con Conte, l’Erede ha cenato in un locale di Testaccio con i pochi fedelissimi che gli rimangano, Alessandro Di Battista, Enrica Sabatini e Pietro Dettori. Anche qui, ufficialmente, si è parlato dell’associazione Rousseau e dell’evento web “Villaggio Rousseau” in programma il 25 e 26 luglio. Ma nella tavolata, insieme a due birre e alle pizze, ha dominato lo sfogo di Di Battista, come raccontano alcuni parlamentari che in questi giorni stanno parlando con l’ex deputato super combat e molto preoccupato della “deriva governista di M5s”. Dibba si è lamentato: “Conte si sta facendo la sua partita, che non è quella del Movimento. Alle elezioni regionali non possiamo andare con il Pd. Significherebbe negare tutta la nostra storia, i territori si rivoltano contro di noi. Conte non può decidere tutto quello che ci riguarda”.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 7th, 2020 Riccardo Fucile
“IL MODELLO GENOVA NON E’ ESPORTABILE, SI BASA SU UNA RICOSTRUZIONE DEL PRE-ESISTENTE E NON E’ FINANZIATO DAL TESORO, MODELLO INAPPLICABILE ALTROVE”
Professor Sabino Cassese, il Decreto Semplificazioni ha avuto il via libera al termine dell’ennesimo consiglio dei ministri notturno con la formula “salvo intese”. E’ il bicchiere mezzo pieno o piuttosto una scatola vuota, una bandierina che il premier vuole giocarsi nel giro di incontri europei che comincia oggi?
Si è fatto il meno possibile, sul maggior numero di materie, e quel poco è stato fatto male. Se si fossero messe insieme le proposte maturate a Palazzo Vidoni in questi anni si sarebbe fatto meglio. Il decreto legge Semplificazioni è poi divenuto una nuova norma omnibus, su cui sono saliti tutti, per approfittare della decretazione d’urgenza. Se si rispettassero le leggi, ciò non dovrebbe essere possibile, perchè i contenuti dei decreti legge non possono essere così eterogenei.
Nel merito cosa ne pensa? Il “modello Genova” è davvero esportabile su larga scala? Si sbloccheranno magicamente decine di grandi opere in un Paese paralizzato? L’Italia infine si sbrurocratizzerà ?
Non si sburocratizza con un provvedimento di 96 pagine, 48 articoli, approvato tra le 23 della notte e le 4.10 del mattino. Il modello Genova non è esportabile perchè riguarda la ricostruzione di un’opera già esistente e perchè quell’opera non è stata finanziata con risorse provenienti dal Tesoro.
Fissare dei paletti sia all’affidamento diretto che alle gare a chiamata serve a evitare opacità e possibili infiltrazioni della criminalità organizzata, oltre che a rispettare i criteri europei. Lei stesso come giudice costituzionale aveva paventato questo pericolo. Sono soglie condivisibili quelle scelte dal governo?
Le modifiche al codice dei contratti valgono fino al luglio 2021. Saranno poca cosa. Più che corruzione e mafia deve preoccupare l’inerzia prodotta dai controlli preventivi e dalla previsione di troppe responsabilità con sanzioni sproporzionate per le amministrazioni.
Il ricorso seriale alla figura dei commissari è una soluzione o un altro modo di non decidere nulla e rinviare il problema?
I commissari sono organi straordinari. La procedura per scegliere le opere e i commissari sarà lunga. Gli interventi straordinari rallentano quelli ordinari. Quindi, nel complesso il ricorso a procedure e organi straordinari non serve a semplificare. L’esempio della Cassa del mezzogiorno, nella seconda parte della sua vita, dovrebbe insegnare qualcosa.
Cosa succederà in concreto? Dovremo aspettare i singoli dpcm e dunque lo scaricarsi di tutte le tensioni interne alla maggioranza?
Non sono un vate. Ma posso immaginare che i risultati, in termini di accelerazione dell’azione pubblica saranno molto limitati
Resta il nodo dell’abuso d’ufficio. Lei che posizione ha?
Come dimostrato dai maggiori penalisti, le figure di reato poco precise si prestano ad abusi. Le strade sono due. Abolizione, oppure sostituzione con figure di reato ben definite
Ilva, Alitalia, Mes, sessione di Bilancio, Autostrade. Anche questo decreto “salvo intese” arriva con due mesi di ritardo sulla tabella di marcia. L’Italia è sospesa sull’abisso della crisi economica eppure tutto sembra cristallizzato nell’inerzia. Quale sortilegio imprigiona questo governo?
I rinvii sono prodotti da molti fattori concomitanti. Una classe di governo con scarsa esperienza e poca competenza. Il M5S animato da furori ideologici transeunti (chi ricorda la democrazia diretta?). Cultura politica a cui sono estranee le politiche. Inesperienza amministrativa. Rifiuto del dialogo.
Le stime della Commissione Ue vedono il Pil italiano come il peggiore dell’eurozona nel 2020, Bankitalia lancia l’allarme sul dramma delle famiglie, la politica indugia sul ricorso al Mes. Quale scenario prevede per l’Italia di Conte il Temporeggiatore?
Non faccio l’indovino, ma so che gli annunci non possono sostituire i progetti, e che con gli annunci si creano aspettative che vengono deluse dalle mancate realizzazioni. Donde, delusioni e nuovi rivolgimenti
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 7th, 2020 Riccardo Fucile
QUESTO IL COSTO PAGATO DALLA REGIONE CON SOLDI PUBBLICI PER LO SPOT DI MUCCINO CON RAUL BOVA E ROCIO MORALES … TEMA DELL’OPERA GLI AGRUMI, LE CLEMENTINE, IL BERGAMOTTO, LE ARANCE E I LIMONI
Jole Santelli è arrivata quarta nel sondaggio sui governatori più amati dell’Istituto Noto pubblicato dal Sole 24 Ore. E forse la sua popolarità è dovuta a scelte azzeccatissime come quella di aver chiamato Gabriele Muccino, Raul Bova e la compagna di quest’ultimo, Rocào Muà±oz Morales, per girare uno spot per la Calabria.
Con una storia tutta da raccontare, dice oggi Il Fatto Quotidiano:
E inizia con un mega piano da 11 milioni che la giunta regionale ha messo in piedi per rifare il trucco alla Calabria. Del piano si sa poco, molto, invece, si sa di come verranno spesi i primi 1,7 milioni per la realizzazione di un micro film di otto minuti diviso in quattro parti di due, che vedrà come protagonista Bova e signora.
Basta sfogliare i decreti per capirne di più. I funzionari mettono nero su bianco, quasi a futura memoria, che l’idea “nasce su sollecitazione della Presidente”, che sceglie Muccino. Il regista, poi, propone la casa di produzione, la “Viola film”. Si tratta di una società che negli ultimi tre anni ha avuto un significativo sviluppo, passando da un valore della produzione di 21.500 euro nel 2017 ai 9 milioni del 2019.
La “Viola” ha sede a Roma, ma la maggioranza del suo capitale sociale (50 mila euro), è in mani tedesche, con l’80 % della Ndf. Secondo le indiscrezioni, Muccino incasserebbe 200 mila euro, 300 mila andranno a Bova
Tema dell’opera gli agrumi, le clementine, il bergamotto, le arance, i limoni. Soggetto semplice ed “emozionale”. Un calabrese, Raoul Bova (“icona indiscussa di sensualità ”, si legge nei documenti ufficiali della Regione) che porta in giro per la sua terra la sua nuova fiamma spagnola, la Morales, sempre dai documenti ufficiali, “bellissima attrice, modella e ballerina, nonchè compagna di Raoul Bova anche nella vita”. Amore, sole e soldi pubblici.
L’arrivo di Muccino e della società italo-tedesca provoca più di una protesta nella terra di registi come Gianni Amelio e Mimmo Calopresti, e di un attore come Marcello Fonte, vincitore dell’Oscar europeo per Dogman.
Naturalmente la presidente Santelli fa spallucce. Raoul Bova piace ai suoi assessori, soprattutto a Sergio De Caprio, l’ex “capitano Ultimo” assessore “mascherato” all’Ambiente. Fu proprio Bova a portarlo sul piccolo schermo in una fiction tv. La “colonizzazione” continua, c’è da nominare il nuovo presidente della Film Commission. La Santelli un nome lo ha già tirato fuori, si tratta di Gianni Minoli, 75 anni, giornalista tv di lunghissimo corso, da direttore di Rai3 realizzò la prima fiction italiana, Un posto al sole.
E in Calabra i posti (pubblici) e il sole non mancano
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 7th, 2020 Riccardo Fucile
LETTERA DI UN CITTADINO AL MINISTRO: “RIENTRARE NEI CRITERI E’ PIU’ DIFFICILE CHE PASSARE DALLA CRUNA DI UN AGO”
Onorevole Ministra Bellanova,
martedì ho accompagnato Mahmood (nome di fantasia) che abita vicino a casa mia e l’Italiano lo mastica ancora poco, alla Coldiretti di Saluzzo. La Coldiretti è il più grande sindacato agricolo italiano e a Saluzzo ha una sezione a cui sono iscritte poco meno di diecimila persone: una sede grande, dove si assistono gli agricoltori nelle pratiche.
Ci sono andato perchè Mahmood vuole fare la regolarizzazione secondo lo schema varato (lacrime comprese) da lei.
È giunto in Italia da alcuni anni: aveva un permesso umanitario che, come lo ha informato la Commissione competente di Torino a mezzo raccomandata (una lunga lettera con caratteri corpo 6 in Italiano giuridico) non può essere rinnovato perchè egli non ha dimostrato di essere perseguitato nel proprio Paese e quest’ultimo non è un teatro di guerra. Dunque, è partito il conto alla rovescia dei 60 giorni per proporre ricorso oppure per provare con il suo schema di regolarizzazione.
E quindi, eccoci qui.
Il funzionario appura che Mahmood risiede nel mio comune da due anni (ha avuto alloggio dal proprio datore di lavoro), ha lavorato continuativamente dal 2018 e dal 2019 ha un contratto a tempo determinato annuale.
Ha la carta di identità del mio comune, il certificato di residenza e ovviamente il contratto per l’anno in corso.
Perfetto: l’esito è che può procedere con la regolarizzazione e immagino lei sappia bene cosa significa, ma magari gli altri Italiani no.
Significa che con l’aiuto del patronato della Coldiretti dovrà semplicemente riempire un modulo (che per pompa è stato chiamato “kit” di regolarizzazione), quindi versare 130 euro alla posta e spedirlo a Roma. Con la ricevuta in tasca sarà regolare per 6 mesi.
Avete capito bene: casa, lavoro contrattualizzato in agricoltura da due anni, residenza nello stesso luogo negli ultimi due anni sono la condizione per essere regolari per sei mesi. Naturalmente, previo esborso di 130 euro, che per un lavoratore come lui sono tantissimi soldi.
Così ci dice il sindacato e sebbene abbia sentito che forse con il suo contratto potrebbe avere (sempre a mezzo “kit”) una regolarizzazione più lunga, comunque il balzello rimarrebbe e comunque, per chi non è madre lingua, quello che riferisce il patronato. È la legge.
Sono un po’ demoralizzato, ma lieto che comunque qualcosa si possa fare, mi aspetto di potere tradurre per il mio amico le domande a cui dovrà rispondere e quindi firmare. Ma niente: l’impiegata cui hanno passato la pratica, gentilissima, mi informa che è la prima pratica di questo tipo e quindi deve chiedere delucidazioni alla Posta.
Resto di sasso.
Il 30 giugno, con la procedura del suo decreto approvata da oltre un mese, il mio amico è il primo che la richiede a Saluzzo, vale a dire l’epicentro della raccolta del frutta piemontese, dove si stima che ogni anno lavorino 12mila persone, per oltre un terzo di origine africana, in crescita anno dopo anno.
Ripenso alle condizioni che nel caso di Mahmood si sono verificate (casa, residenza, contratti di lavoro) e al costo di venti euro al mese che gli dicono essere il prezzo per essere regolare in Italia. Mi sembra di vivere una riedizione tragica della fatidica domanda di Eccebombo, con protagonista lei, signora Ministra: mi si nota di più se metto a punto una procedura di regolarizzazione più stretta della cruna dell’ago in cui dovrebbe passare una gomena o se faccio semplicemente finta di niente e lascio che migliaia di lavoratori restino nel limbo giuridico?
Mi permetta una riflessione.
Non ci vuole molto a comprendere che rendere difficile la residenza regolare di chi lavora in Italia non ha come primo effetto il ritorno nel Paese di provenienza di questi lavoratori. E ciò per due ragioni.
In primo luogo perchè un reddito da lavoro in Italia, ancorchè sommerso, rappresenta una speranza rilevante per la sua famiglia nel Paese d’origine: più resisterà e meglio sarà per tutti i suoi cari. Il prendere atto di non essere gradito da chi approva le norme in questo Paese e quindi decidere di tornare ai propri luoghi non fa parte degli atteggiamenti che risulterebbero comprensibili in patria.
In secondo luogo, perchè c’è, in questo Paese che rende la vita difficile a chi vuole lavorarci regolarmente sebbene non ne sia cittadino, una drammatica e costantemente crescente carenza di manodopera in alcuni ambiti, fra cui spicca l’agricoltura.
Il nostro settore primario è invecchiato e le sue risorse umane si sono assottigliate: per certe produzioni (frutticole, viticole, orticole e zootecniche) il fabbisogno di braccia da tempo non è soddisfatto da nostri concittadini.
Queste due condizioni contemporanee (bisogno dei singoli lavoratori — fabbisogno del settore economico primario) permette di qualificare in modo preciso l’esito dell’attuale quadro normativo rispetto ai lavoratori stranieri in Italia.
Esso è (con)causa di creazione e mantenimento di sacche di sfruttamento e di illegalità , che poggiano sulla precarietà giuridica come la più efficace delle minacce.
Non c’è possibilità di richiedere paghe giuste e dignità per chi deve nascondersi alla legge.
Ecco perchè la vieta retorica nazionalista, che alimenta l’odio espresso di alcuni e si giova della pavidità dimostrata anche dal Governo che ha varato il suo modello di sanatoria, signora Ministra, è la migliore alleata dei caporali e dei padroni senza scrupoli.
E mi sembra che così, le sue lacrime acquistino un nuovo e più amaro significato.
(da “La Repubblica”)
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Luglio 7th, 2020 Riccardo Fucile
BULLIZZATO PERCHE’ GAY ERA SALITO SU UN PALAZZO PER BUTTARSI GIU’, I CARABINIERI ACCORRONO IN TEMPO… E POI I SOVRANISTI DICONO CHE NON SONO NECESSARIE LEGGI CONTRO L’OMOFOBIA
Ha inviato un messaggio all’amica, annunciando la sua intenzione di farla finita per sempre. E smettere così di ascoltare la pioggia di insulti omofobi con cui qualcuno lo bullizzava. Poi si è arrampicato sull’impalcatura alta 12 metri di uno stabile ancora in costruzione per lanciarsi nel vuoto.
E se non fosse stato per il tempestivo intervento dei carabinieri della compagnia di Sesto San Giovanni forse questa storia avrebbe avuto purtroppo un finale differente. Invece i miltari dell’Arma lo hanno salvato.
È successo nella serata di lunedì 6 luglio quando un giovane di 24 anni stava per buttarsi nel vuoto dall’impalcatura di un cantiere di via Mazzini. Tutto è accaduto intorno alle 20.40 quando il ragazzo, classe 1996, si è arrampicato sull’impalcatura con l’intenzione di farla finita.
Poco prima di tutto ciò, però, ha mandato un ultimo messaggio a un’amica che appena lo ha letto ha chiamato il 112. I carabinieri della centrale operativa di Sesto San Giovanni hanno subito localizzato il cellulare del giovane e inviato sul posto una pattuglia.
Appena arrivati in via Mazzini i militari si sono arrampicati sulla struttura cercando di parlare al giovane. Poi, approfittando di una piccola distrazione, sono riusciti a metterlo in salvo. Il 24enne, successivamente, è stato trasportato al pronto soccorso dell’ospedale civile di Sesto San Giovanni per accertamenti.
(da agenzie)
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