Destra di Popolo.net

FEDEZ NON HA OFFESO UN’ISTITUZIONE, MA UN ORGANISMO FRUTTO DELLA SPARTITIZIONE PARTITICA, LE ISTITUZIONI SONO ALTRE: BARACCHINI E FEDELI, FATEVENE UNA RAGIONE

Maggio 26th, 2021 Riccardo Fucile

PRIMA CHIEDONO L’AUDIZIONE DI FEDEZ, POI LA NEGANO E HANNO ANCORA IL CORAGGIO DI DIRE CHE FEDEZ HA OFFESO I CITTADINI: EBBENE NOI , DA CITTADINI, CI SENTIAMO OFFESI DALLA RAI, NON DA FEDEZ

‘Ci siamo già dichiarati disponibili ad accogliere la richiesta di Fedez di venire in Vigilanza’”: queste le parole del leghista Capitanio, componente della Commissione Vigilanza Rai pochi giorni fa.
Argomento la presunta “censura” nei confronti del cantante al concerto del 1 maggio. Censura che poi non c’e’ stata, ma pressione sicuramente sì.
Ma come Fedez annuncia la sua volontà di essere ascoltato dalla Commissione preannunciando nuovi elementi sulla vicenda, ecco il dietrofront della Vigilanza che accetta al massimo “una memoria scritta”.
Oggi la replica di Fedez: “Paura eh! Questi erano quelli del ‘serve un contraddittorio’” e invia una mail con tre emoticon a forma di pagliaccio.
Apriti cielo: il presidente della Vigilanza Rai, Alberto Barachini (noto esponente di Forza Italia) commenta : “La Commissione parlamentare di Vigilanza ha rispettato Fedez, mentre lui non rispetta istituzioni. Sono amareggiato”. Piccolo inciso: se avessero rispettato Fedez non si sarebbero rimangiati la sua audizione.
Ma andiamo avanti. Arriva la nota della commissaria Valeria Fedeli (nota esponente del Pd):  “Fedez è libero di esprimere il suo pensiero e la sua opinione ma irridere e offendere un’istituzione è una mancanza di rispetto non tanto e non solo verso noi commissari e commissarie ma verso le cittadine e i cittadini che le istituzioni rappresentano”.
Eh no, non ci siamo proprio.
Le Istituzioni sono altre: l’Esercito, la Marina, i Carabinieri, la Polizia di Stato, la Magistratura, la Corte Costituzionale, il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio, il Parlamento.
La Rai non è un’istituzione,  come non lo è la Commissione di Vigilanza Rai: non a caso si chiama “commissione”, ovvero un ORGANISMO DI CONTROLLO lottizzato da nomine politiche.
Nessun cittadino ha mai scelto i suoi componenti, noi personalmente non ci sentiamo per nulla rappresentati da chi la compone, tanto per fare un esempio.
E quindi non ci sentiamo per nulla offesi da Fedez.
Ci sentiamo offesi semmai da quell’azienda a cui paghiamo un canone obbligatorio “di fatto” che interviene, direttamente o indirettamente ha poco conto, per fare pressione su un artista in merito a quello che deve o non deve dire.
Per noi ognuno ha diritto di dire quello che gli pare, se commette un reato ne risponde alla Magistratura, non a organismi politici e politicizzati.
E non ci piacciono quelli che prima invitano una persona e poi temendo quello che quello che potrebbe rivelare si rimangiano la parola.
Con o senza emoticon, il giudizio non cambia.
State sereni.

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DAL PONTE MORANDI ALLA FUNIVIA: I FRUTTI AVVELENATI DELLA CULTURA DEL PROFITTO E DELLA IRRESPONSABILITA’

Maggio 26th, 2021 Riccardo Fucile

LA LOGICA SOVRANISTA DEL “LASCIAMOLI LAVORARE, APPALTI LIBERI” PRODUCE MORTI INNOCENTI E MILIONI NELLE TASCHE DEI “PRENDITORI”

La rapidità con cui la procura di Verbania ha disposto i tre fermi fa pensare che in questo caso ci sia la ‘pistola fumante’.
E se le prime ammissioni saranno confermate significa che la tragedia della funivia è stata provocata dalla irresponsabile scelta di tenere aperto un impianto che doveva essere chiuso e messo in sicurezza.
Ma prima della vita veniva la voglia di profitto. Un alibi perfetto che in questo caso come in altri viene giustificato con il bisogno di lavorare e tant’è altri frasi fatte come il non si può morire di fame, i dipendenti che dovrebbero andare a casa…
Da qui – a quanto emerge – la scelta irresponsabile di manomettere l’impianto per impedire che i guasti facessero fermare le cabine. “Andiamo avanti, mica possiamo chiudere adesso che la stagione è appena cominciata…”.
Un tragico parallelo con la cultura del profitto e della faciloneria che ha provocato la strage del ponte Morandi.
Controlli pochi e fatti male, investimenti minimi, la consapevolezza del rischio e la decisione di chiudere non uno ma due occhi facendo finta di ignorare che prima o poi sarebbe accaduto l’inevitabile crollo.
Il tutto mentre in questo paese ogni anno ci sono centinaia tra morti e feriti sul lavoro, molti dei quali causati dal fatti che operai o addetti lavoravano o erano costretti a lavorare senza rispettare le norme di sicurezza o svolgendo mansioni che non avrebbero dovuto svolgere.
La cultura dell’irresponsabilità e del profitto non è così minoritaria nella nostra classe imprenditoriale. I furbi sono tanti, i controlli pochi.
E di fronte a questo scenario le ipotesi che vorrebbero una ulteriore ‘deregulation’, minori controlli nel nome della produttività e della fretta rischiano di diventare di fatto criminali.
Il partito del no ai controlli, del ‘fidiamoci’ e lasciamo lavorare, della flessibilità dietro la quale si nasconde lo sfruttamento deve essere sconfitto.
Altrimenti l’altro ieri ponte Morandi, ieri i morti sul lavoro che vengono raccontati in poche righe sui giornali, oggi la funivia.
E domani?
(da Globalist)

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IL DOLORE DELLA MAMMA DI ALESSANDRO: “MIO FIGLIO E MIA NUORA SONO MORTI PER L’AVIDITA’ DI QUESTI SIGNORI”

Maggio 26th, 2021 Riccardo Fucile

“LA VITA UMANA NON HA PREZZO: IL FRENO BLOCCATO PER NON PERDERE TURISTI? SONO SENZA PAROLE, DOVRANNO PAGARE”

“Il freno bloccato per non perdere turisti, se mio figlio è morto per questo dovranno pagare”. A parlare sulle pagine di Repubblica è la madre di Alessandro Merlo, 29enne tra le vittime della tragedia della funivia del Mottarone insieme alla sua fidanzata Silvia, di 26 anni.
Lo sfogo della donna prosegue:
“La vita delle persone non ha prezzo, quella di mio figlio e di Silvia, ma anche la nostra che ora dobbiamo fare i conti con questa mancanza”
La madre di Alessandro continua parlando della dinamica che ha portato all’incidente:
“Hanno detto qualcosa del freno e della forchetta, io non capisco niente di queste cose tecniche, ma da quello che leggo sembra che i gestori della funivia abbiano fatto una consapevole, dettata da ragioni economiche. Bloccare i freni per non perdere la giornata di turisti, io sono senza parole, è assurdo che si sia fatta comunque andare la funivia pur sapendo che c’erano dei problemi, e questo sulla pelle della gente”.
(da agenzie)

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QUELLE CINQUE LETTERE CHE NESSUN MASCHIO HA PRONUNCIATO SUL CASO AURORA: SCUSA

Maggio 26th, 2021 Riccardo Fucile

DIETRO LA DISCRIMINAZIONE DELLA NAZIONALE CANTANTI UN PAESE MALATO DI SESSISMO, IGNORANZA E PREGIUDIZI

Se è vero che il giudizio su qualcuno non dipende dalla caduta ma dalla rapidità e dall’efficienza con cui è in grado di rimettersi in piedi, la Nazionale Cantanti esce piuttosto malconcia dal caso Aurora Leone.
Se riavvolgiamo un attimo il nastro sull’intero caso, quello che resta impresso sulla pellicola è una fotografia impietosa di un Paese del tutto incapace di riconoscere e, di conseguenza, di affrontare il tema sessismo, e dai tempi di reazione pachidermici nel gestire una crisi.
Sono le ore 22 di ieri quando Aurora dei “The Jackal”, insieme al collega e amico Ciro Priello, denuncia di essere stata fatta alzare dal tavolo, estromessa dalla Partita del cuore e infine cacciata dall’albergo in cui alloggiavano. Tutto questo per una e una sola “colpa” inemendabile agli occhi di gente che sembra uscita direttamente dal 1921: essere donna.
A quel punto, invece di scusarsi e rimediare a un fatto inaudito, la prima e unica reazione della Nazionale Cantanti è un saggio di come non si dovrebbe mai rispondere a un’accusa, specie quando la stessa – come emergerà di lì a poco – è assolutamente fondata: negano tutto, senza limitarsi a rispondere nel merito, ma, persino piccati, passano immediatamente al contrattacco, accusando Aurora di essere, nell’ordine, “arrogante, minacciosa, maleducata e violenta”.
Passano altre tre ore, sono ormai le 9 del mattino, e arrivano le prime crepe nella traballante difesa della Nazionale: Eros Ramazzotti, storico membro del team e uno dei volti più rappresentativi della compagine azzurra, rilancia su Instagram un post della Nazionale cantanti in cui si riconosce che qualcosa è accaduto, che nessun cantante si è accorto praticamente di nulla (come se l’episodio fosse avvenuto in un privée), che c’è stato un comportamento “incauto” – scrive proprio così – da parte di due membri dello staff (la cara vecchia tesi delle “mele marce”, insomma, anche se una di quelle mele è nientemeno che il direttore generale Gianluca Pecchini, non esattamente il primo che passava di lì) e che tutto si può dire di noi ma non che siamo “sessisti, razzisti e omofobi” e via con altre difese non richieste, come se la vittima non fosse Aurora Leone ma i cantanti stessi, nell’ennesima variante del “victim blaming” a cui ormai siamo tristemente abituati.
Passano altre due ore e, solo in seguito alle enormi pressioni mediatiche sul caso, di fronte a critiche che, nel frattempo, montano sempre più forti per una reazione parsa a tutti fragilissima, tardiva e vagamente “paracula”, per dirla alla francese, lo stesso Ramazzotti è costretto a fare un post nel quale – questa volta sì – prende nettamente le distanze dall’accaduto e avverte: “o arrivano le scuse ad Aurora o io non scendo in campo.”
Una posizione che, in verità, aveva già preso personalmente – unico per altro a farlo – Andrea Mariano noto come Andro dei Negramaro, con molta meno eco mediatica e, soprattutto, col peso specifico di uno alla sua prima Partita del cuore. Apprezzabilissimo, da applausi – lui – ma un po’ pochino nel complesso.
Tutto finito qui? Neanche per sogno.
Perché a questo punto scende in campo Enrico Ruggeri, presidente e capitano della Nazionale cantanti. Che, in una goffa, maldestra, irricevibile intervista al Tg4, ribadisce a denti stretti e visibilmente infastidito la sua vicinanza ad Aurora, salvo poi virare bruscamente sul tema della ricerca sul cancro, l’obiettivo stesso della Partita del cuore: proposito serissimo, importante, su cui concentrare risorse ed energie, ma che certo non impedisce di occuparsi contemporaneamente di un tema altrettanto serio e sottovalutato: il sessismo, la misoginia strisciante, i diritti delle donne di cui la Nazionale cantanti si propone addirittura di essere alfiere con tanto di mascherine personalizzate contro la violenza di genere, salvo poi alimentarla e metterla in pratica col più classico dei retaggi retrogradi e maschilisti: “Le donne? Non possono giocare a calcio” Anche solo a scriverlo, fa venire i brividi. Eppure.
Qualche ora dopo ancora, in compenso, arriva quello che in un Paese anche meno decente di questo sarebbe accaduto cinque minuti dopo la denuncia di Aurora: le dimissioni di Gianluca Pecchini. Che si guarda bene anche lui dallo scusarsi, non sia mai.
Pecchini si limita a un timido passo indietro, molto di facciata e pochissimo di sostanza, senza tuttavia rinunciare, nell’attimo in cui spegne la luce, a sollevare da ogni responsabilità tutti gli artisti e i cantanti presenti, in una sorta di assoluzione “urbi et orbi” con cui i maschi sono soliti proteggere se stessi, nell’istintiva consapevolezza che, un giorno, al loro posto, un altro maschio proteggerà loro. Funziona così, no?
Sono le ore 16 di una giornata di ordinaria misoginia, 18 ore dopo il video-denuncia di Aurora Leone, e nessuno in questo lasso di tempo infinito ai tempi dei social ha ancora ufficialmente pronunciato l’unica parola che avesse senso in una situazione del genere: scusa.
Suvvia, non c’è tempo, non c’è spazio per questi dettagli, c’è una partita da giocare, lo spettacolo deve andare avanti, sempre e comunque. Per le scuse ci sarà tempo. Di sessismo, di lotta per i diritti delle donne, se n’è parlato anche troppo.
Anche oggi, come sempre, ce ne occuperemo domani.
(da NextQuotidiano)

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HANNO PAURA DI FEDEZ: LA COMMISSIONE DI VIGILANZA RAI HA DETTO NO ALLA SUA RICHIESTA DI ESSERE ASCOLTATO

Maggio 26th, 2021 Riccardo Fucile

IL RAPPER: “MA NON ERANO QUELLI CHE DICEVANO ‘SERVE UN CONTRADDITTORIO’?” … E POI MANDA ALLA RAI TRE EMOTICON DI PAGLIACCI

“Paura eh? E questi erano quelli del ‘serve un contraddittorio’ “.
Fedez commenta così la decisione della commissione di Vigilanza della Rai di non convocarlo per un’audizione relativamente alle polemiche scaturite dopo il suo discorso contro la Lega e a favore della legge Zan sull’omofobia durante il Concertone del Primo Maggio.
Il rapper, che in quell’occasione ha accusato la Rai di aver tentato di censurare il suo discorso dal palco, questa mattina ha inviato all’azienda una e-mail con tre pagliacci e su Instagram ha commentato la scelta della commissione. Ma Alberto Barachini, presidente della Vigilanza, ha replicato replica: “Noi lo abbiamo rispettato, ma lui non rispetta le istituzioni”.
“Il leghista che ieri ha annunciato la querela della Rai nei miei confronti diceva questo: ‘Ci siamo già dichiarati disponibili ad accogliere la richiesta di Fedez di venire in Vigilanza’”, ricorda il cantante riferendosi alla querela della Lega annunciata dal capogruppo del Carroccio in Vigilianza, Massimiliano Capitanio. Ma “oggi – prosegue Fedez – si rifiutano di ascoltare la mia versione dei fatti in commissione. Ne prendo atto. Non credo ci sia nulla da aggiungere”.
(da agenzie)

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EITAN HA APERTO GLI OCCHI E HA TROVATO IL VISO CONOSCIUTO DELLA ZIA

Maggio 26th, 2021 Riccardo Fucile

SI E’ RISVEGLIATO IL BAMBINO, UNICO SUPERSTITE DELLA TRAGEDIA DEL MOTTARONE

“Eitan ha aperto gli occhi e ha trovato il viso conosciuto della zia. Sono vicini in questo momento”. Notizie positive per il piccolo Eitan, unico sopravvissuto della tragedia del Mottarone.
A darle è il direttore generale della Città della Salute di Torino, Giovanni La Valle: “Il bimbo, ricoverato all’ospedale Regina Margherita, alle 10,45 è stato estubato e ha ripreso per un momento conoscenza. Essendo ancora sedato dai farmaci non è ancora cosciente”.
Accanto a lui ci sono la zia, l’equipe medica della rianimazione e gli psicologi. “La notte è passata bene e conferma la stabilità del bambino – chiariscono -. Nonostante le condizioni critiche abbiamo potuto estubarlo. Aspettiamo che si possa risvegliare nelle prossime ore. È il momento più delicato”.
Il piccolo domenica, dopo l’arrivo in ospedale dal Mottarone, è stato sottoposto a una lunga operazione durata 5 ore. I medici della chirurgia pediatrica dell’ospedale torinese, coordinati dal dottor Fabrizio Gennari, lo hanno portato in sala operatoria per ridurre le fratture.
Dopo aver trascorso le prime due notti stabili ieri mattina è iniziato il lento processo di risveglio. L’equipe di rianimazione del dottor Giorgio Ivani ha iniziato a ridurre la terapia farmacologica e la risposta è stata subito positiva con “colpi di tosse, piccoli movimenti e alcuni momenti di respiro spontaneo”, come avevano già spiegato ieri i medici. Parole che hanno rincuorato tutta l’Italia e non solo che sta pregando per il piccolo.
Rimasto solo perché nella tragedia della funivia hanno perso la vita Amit Biran e Tal Peleg, i genitori del piccolo Eitan, il suo fratellino Tom e i bisnonni Itshak e Barbara Konisky Cohen, in Italia da pochi giorni per stare con i bisnipoti.
Le cinque salme della famiglia israeliana sono partite questa mattina da Verbania e intorno a mezzogiorno arriveranno all’aeroporto di Malpensa, da lì decollerà il volo di Stato per Israele dove saranno celebrati i funerali.
Non ci sono state funzioni a Verbania per la famiglia Biran, ma un piccolo momento di preghiera prima del volo, a cui hanno partecipato alcuni dei parenti, pronti a ripartire con le salme, e i rappresentanti della comunità ebraica di Milano.
“Ci saremo come comunità come stiamo facendo in questi giorni mettendo a disposizione tutto il nostro supporto, emotivo, materiale e legale – spiega Milo Hasbani, presidente della comunità ebraica di Milano -. Non ho ancora sentito la zia e i nonni che ora sono accanto al piccolo Eitan, hanno bisogno di tranquillità per lui. É importante fare chiarezza, la magistratura sta facendo un grande lavoro”.
(da la Repubblica)

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CONFINDUSTRIA SMASCHERATA: “LA NORMA DI ORLANDO SUI LICENZIAMENTI ERA NOTA A TUTTI”

Maggio 26th, 2021 Riccardo Fucile

POI DRAGHI L’HA RISCRITTA SECONDO I DESIDERATA DEGLI INDUSTRIALI… DI FRONTE A QUESTO E AI SUBAPPALTI LIBERI CHE FAVORISCONO LA MAFIA UN PARTITO SERIO AVREBBE DETTO: “BUON PROSEGUIMENTO, CI VEDIAMO ALLE URNE”

Per nulla pago di aver provocato lo stralcio della proroga al 28 agosto del blocco dei licenziamenti dal decreto Sostegni bis, il numero uno di Confindustria, Carlo Bonomi, confermandosi socio di maggioranza del governo dei migliori, riparte all’attacco del ministro del Lavoro, Andrea Orlando. E pretende di dettare le sue condizioni. “Il Paese deve uscire da un periodo di crisi drammatica, una crisi sanitaria, una crisi sociale ed economica, e se non ci sono le fondamenta di un rapporto di lealtà istituzionale sarà molto difficile”, sentenzia.
Nel frattempo il premier Mario Draghi difende il compromesso raggiunto. “La mediazione ha retto, è un miglioramento considerevole sia rispetto all’eliminazione pura e semplice del blocco sia al suo mantenimento tout court. L’intervento è in linea con quanto accade nei paesi Ue: garantire la Cig gratuita anche dopo il primo luglio in cambio dell’impegno di non licenziare. Un’azienda che non vuole chiedere la Cig è libera di licenziare, ma c’è un forte incentivo a non farlo…”.
Tutto ciò – spiega, ribadendo quanto aveva recitato già una nota diffusa da Palazzo Chigi in tarda mattinata – vale solo per industria e edilizia, mentre per i servizi il blocco per tutti, sia che usino o meno la Cig, dura fino a fine ottobre e la Cig è gratuita fino a fine anno.
“Mi pare una mediazione che certamente scontenta quanti avrebbero voluto continuare con il blocco ma non scontenta, almeno così mi pare, quelli che avrebbero voluto sbloccare tutto immediatamente”, ammette il premier. Che conclude con un auspicio: “Spero che sindacati e imprese si ritrovino nella mediazione”.
Peccato che il compromesso, come lui stesso ha riconosciuto, sia gradito solo alle imprese. “Il messaggio che viene dato, avendo ascoltato un po’ troppo Confindustria, è che i problemi si risolverebbero con la libertà di licenziare: un messaggio sbagliato. Noi continueremo a chiedere che ci sia una proroga del blocco”, avverte il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini.
Con l’uscita dal blocco dei licenziamenti “ci sono fonti del governo e Bankitalia che indicano in quasi 577 mila i posti di lavoro a rischio dal primo luglio”, lancia l’sos il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, ribadendo che “la soluzione adottata è assolutamente debole e non riuscirà ad arginare lo tsunami sociale e occupazionale”.
Mentre la Uil propone di prorogare il divieto fino alla fine dell’anno.
Sul tema si spacca il governo. Orlando, a dispetto di quanto sostenuto da Confindustria che ha parlato di imboscata da parte del ministro, continua a difendere la sua norma che prevedeva la proroga al 28 agosto del blocco. Su tale disposizione, dice, c’è stata “una polemica ingiustificata e priva di fondamento. Non voglio cadere nelle polemiche, sono solo preoccupato di dare quanti più strumenti possibili per evitare effetti negativi sui lavoratori. La norma è stata trasmessa nelle forme dovute al Consiglio dei ministri, illustrata in una conferenza stampa. Si tratta di una norma ispirata esclusivamente dal buon senso”.
Tesi confermata dal ministro pentastellato Stefano Patuanelli: “La proposta del ministro Orlando, che ha ben spiegato durante il Consiglio dei ministri le ragioni delle sue scelte, è chiara e condivisibile”.
Con Orlando è schierato tutto il fronte giallorosso dal Pd, ovviamente, al M5S e a Leu. “E’ molto inquietante la decisione del Governo di ritirare una parte della norma anti licenziamenti dal decreto Sostegni, già approvato dal Cdm, in seguito alle pressioni di Confindustria. E’ necessario prorogare il blocco dei licenziamenti per tutti fino ad ottobre”, attacca LeU con Loredana De Petris. Ma Draghi ha deciso.
(da La Notizia)

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BONOMI ORDINA, DRAGHI ESEGUE

Maggio 26th, 2021 Riccardo Fucile

LA CONFINDUSTRIA FA E DISFA SUI LICENZIAMENTI

Carlo Bonomi vive in una sua dimensione parallela, uno dei quegli universi che coesisterebbero con il nostro, ma in cui le vicende sono diverse.
In questo universo distopico lui pensa di essere il ministro del Lavoro e non il Presidente di Confindustria. Ed eccolo lì che si raffigura nel sogno a distruggere quel che resta del già distrutto stato sociale.
Ed allora il fantaministro si immagina a dare libertà di licenziamento immediato, totale e definitivo. Immagina che i capi sindacali gli sventolino le foglie di palma nei caldi giorni d’estate, mentre lui, il faraone di Crema, gongola pacioso suonando l’arpa mentre l’odiata Roma governativa brucia. Deve essersi sentito così, diciamo strano, il presidente di Confindustria quando è partito di intervista a La Stampa di ieri.
Ricordiamo i fatti. Venerdì scorso, all’ultimo consiglio dei Ministri, Andrea Orlando che occupa il dicastero del Lavoro presenta la proposta di far slittare la fine del blocco dei licenziamenti al 28 agosto.
Secondo Bonomi che queste cose le sa, Draghi non sarebbe stato d’accordo per questa birichinata ministeriale e il premier avrebbe espresso il suo disappunto per l’intemerata non concordata del suo ministro. Sabato, Bonomi lo passa di cattivo umore. È agitato. I primi caldi lo straniano ulteriormente, suda, alcune zanzare irriguardose lo mordicchiano impietose.
Qualche gocciolina malvagia di sudore gli cola sugli occhi ed è lì che deve aver perso il controllo. Ratto e lesto chiama il suo giornale giallo, Il Sole 24 Ore, è dà l’ordine di sparare ad alzo zero e così la domenica mattina, mentre i buoni cristiani vanno a messa e gli altri al mare, si legge in prima a caratteri cubitali: “Licenziamenti, l’inganno di Orlando”.
È il segnale che i confindustriali attendevano. “O capitano! Mio capitano!”, scriveva il poeta americano. Tutti intorno al Re di via dell’Astronomia, pronti all’assalto contro i cattivoni, quelli che hanno letto da giovani quel libraccio scritto da un filosofo ebreo con la barbaccia incolta, che, ironia della sorte, si chiamava proprio come il duce astronomo.
E da allora i mugugni e le lamentele dei ricchi industriali hanno scadenzato le agenzie. Ieri si leggevano proclami guerreschi rivolti alle armate di produttori di bulloni, merendine, salse e pelati, pizze e verdure, macchine e carrarmati: “Licenziamenti, intese tradite, così non si fanno le riforme” e poi, “Licenziamenti, calpestate le intese”.
Insomma il popolo dei produttori in arme assediava Palazzo Chigi peggio di un esercito di sciamani no vax incazzati contro il povero Speranza. E a questo punto, Draghi che è uomo liberale, uomo di dollaro e sterlina che fu prima uomo di marco si fa due conti, valuta e soppesa le scelte e le conseguenze e poi agisce cercando di mediare.
Il blocco dei licenziamenti rimane, ma vale solo per chi utilizzerà da primo di luglio la Cassa integrazione ordinaria però poi le aziende potranno non versare le addizionali sulla Cig fino al 31 dicembre. Ma non basta.
Draghi, che fu uomo di euro e marco, promette ancor di più e promette a via dell’Astronomia che a brevissimo rivedrà anche gli ammortizzatori sociali.
Il Partito democratico però non ci sta e difende il suo ministro e lo fa come ai vecchi tempi, quelli del Partito comunista e lo fa con una sorta di centralismo democratico che picchia duro e Letta difende a spada tratta il suo ministro, cose che non si vedevano dai tempi della falce e martello, prima che quello stesso partito abolisse, grazie alla Quinta Colonna Matteo Renzi il baluardo stesso dei lavoratori e cioè l’articolo 18.
Nel contempo Maurizio Landini, capo della Cgil, attacca direttamente: “Licenziamenti, la partita non è chiusa”. E ancora: “Il governo ha ascoltato un po’ troppo Confindustria “ e “i problemi non si risolvono con la libertà di licenziare”.
Mario Draghi capisce improvvisamente che è più facile manovrare con euro e dollari che con questi scalmanati della politica e si ricorda degli insegnamenti dei buoni frati gesuiti dell’Istituto Massimo di Roma, che frequentò da giovinetto e se ne esce democristianamente con una “mediazione in cui spero si ritrovino tutti”.
Ecco, ci mancava il generale Francesco Paolo Figliuolo, che ha un cognome così ecclesiastico, e il quadro sarebbe piaciuto anche a Papa Francesco che dal Vaticano se la ride con questi mattacchioni di italiani che sono capaci di superare pure gli argentini, che di golpe se ne intendono. Ma dopo tutto il Papa perdonerà visto che il “golpe” invocato da Bonomi e attuato – a suo dire – da Orlando è a fin di bene
(da La Notizia)

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LA LEGA S’INVENTA 170 AUDIZIONI PER FERMARE IL DDL ZAN, TRA QUESTI ANCHE PLATINETTE: NORMALE PER CHI DA SECESSIONISTA SI E’ TRAVESTITO DA SOVRANISTA

Maggio 26th, 2021 Riccardo Fucile

UN SISTEMA PER PERDERE ALTRO TEMPO E IMPEDIRE CHE L’ITALIA DIVENTI UN PAESE CIVILE

Il presidente della commissione Giustizia del Senato, Andrea Ostellari della Lega annuncia che saranno “appena” 170 le audizioni che si svolgeranno sul ddl Zan. Una decisione che è nelle prerogative della presidenza. Ma che sembra proprio un modo per perdere altro tempo e non far approvare la legge.
Tra i 170 ammessi all’audizione sul disegno di legge contro l’omotransfobia ci sono giuristi, procuratori, avvocati, esponenti di chiese e di movimenti religiosi. Ma anche qualche outsider. Tra questi Mauro Coruzzi in arte Platinette. Oppure Nino Spirlì, presidente facente funzioni della Calabria.
Per il resto l’elenco è variegato. Per il mondo religioso si va da monsignor Stefano Russo, segretario generale della Cei a Riccardo di Segni dell’Unione delle comunità ebraiche in Italia, da Yassine Baradai, segretario nazionale dell’Unione delle comunità islamiche in Italia ad Alessandro Dini Ciacci, responsabile della chiesa dei mormoni.
Altri previsti nel calendario sono Rossana Dettori della segreteria nazionale della Cgil, Massimo Gandolfini del Family day, Cristina Gramolini di Arcilesbica, l’ex presidente di Arcigay nazionale Aurelio Mancuso, l’ex pm Carlo Nordio.
Per l’Unione nazionale delle donne italiane sono previste la presidente Vittoria Tola e Pina Nuzzo, poi le femministe Monica Sargentini Ricci e Marina Terragni e il filosofo Stefano Zecchi.
Su Twitter il deputato del Pd Filippo Sensi è critico: “Le 170 audizioni disposte da Ostellari sul #ddlzan non sono un approfondimento, sono una provocazione intollerabile. Non amo il muro contro muro, ma qui siamo alla presa in giro”.
Anche Alessandro Zan non si trattiene: “Le 170 audizioni fissate da Ostellari in Commissione Giustizia sono un chiaro tentativo di impedire al #Senato la discussione del #ddlZan, già approvato dalla Camera a larga maggioranza. Non è solo ostruzionismo, ma una evidente forzatura democratica da scongiurare. Ora in Aula”.
All’attacco anche Laura Boldrini: “È chiaro che si tratta di puro boicottaggio. La Lega propone 170 audizioni in Commissione sul ddl Zan solo per allungare i tempi. Una provocazione irricevibile. Ora i gruppi favorevoli si accordino per portare in aula il ddl già approvato alla Camera”.
Si fa sentire anche la M5s Alessandra Maiorino: “Le audizioni richieste sono 170, e quasi tutte di organizzazioni religiose o sedicenti tali. Questo Paese si chiama Italia, e’ un Paese laico e democratico dell’Europa occidentale. Ora basta. Andiamo in aula con l’art. 77. Il Movimento 5 Stelle è pronto”.
(da La Notizia)

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