Destra di Popolo.net

UN PRANZO PRESIDENZIALE: BERLUSCONI E’ CONVINTO, GLI ALLEATI UN PO’ MENO

Dicembre 23rd, 2021 Riccardo Fucile

VERTICE DEL CENTRODESTRA… IL CAV: “GARANTITEMI I VOTRI VOTI, IO TROVO GLI ALTRI”… ALMENO LA MELONI SI E’ PORTATA A CASA UNA CONFEZIONE DI PERE AL VINO ROSSO

“Voi pensate a garantirmi i vostri voti per il Quirinale e io penserò a trovare gli altri che mancano”. Questo è il succo del discorso, al netto delle cautele, che Silvio Berlusconi ha presentato agli alleati al vertice di Villa Grande.
Senza mettere in tavola – tra ravioli burro e salvia, tagliata di filetto e un babà più grande del piatto che lo conteneva – nessun piano B.
Ci si aggiorna subito dopo l’Epifania, e a quel punto si prenderà una decisione. Un paio d’ore passate insieme con Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Ignazio La Russa, i “piccoli” Maurizio Lupi, Giovanni Toti, Lorenzo Cesa, più gli azzurri Antonio Tajani, Sestino Giacomoni e Licia Ronzulli. A cui si sarebbe aggiunto Gianni Letta.
Un convivio in clima decisamente prenatalizio che il leader della Lega (fresco di incontro “cordiale” con Draghi a Palazzo Chigi, a cui ha portato in dono formaggi della Valtellina) ha apprezzato nelle vesti di mediatore.
E che è finito con un comunicato congiunto che sancisce “intesa e sintonia della coalizione“ pronta a governare con “valori comuni, programma condiviso, per unire e non dividere”.
Un vertice, per così dire, interlocutorio. Non lunghissimo. Dove, al netto delle rassicurazioni al padrone di casa, nessuno ha dato reali garanzie agli altri.
I partecipanti sono usciti con la convinzione che “Silvio ci crede”, che la prospettiva di poter diventare il tredicesimo presidente della Repubblica lo ringiovanisce, e che l’auspicio dell’ala forzista che lo vorrebbe kingmaker di Draghi per ora resta un wishful thinking.
Per il resto, cautela a non scoprire troppo le carte (vere) prima che lo facciano gli altri. Anche al di fuori del centrodestra: nelle file di Forza Italia è stato lodato il “no grazie” a Draghi del M5S, un inedito asse che qualcuno fa risalire alle parole al miele usate dal Cavaliere sulle “radici comuni” tra azzurri e grillini.
Meloni è stata l’unica a mettere in campo una richiesta precisa agli alleati, una sorta di “giuramento di Pontida” (se non si concretizzasse l’opzione Silvio): l’impegno di tutti a non percorrere la soluzione del Mattarella Bis sull’onda di un ritorno della pandemia.
Ma anche a evitare di avallare il trasloco del premier al Colle, che la leader di FdI ha caldeggiato finché intravvedeva le urne anticipate ma adesso maneggia con freddezza: “Se Draghi vi chiede il voto che farete?”. Meglio, allora, cercare una figura al di fuori dei soliti circoli. Su questo Meloni ha chiesto una “regia permanente” della coalizione, un modo da confrontarsi in diretta.
Pare però che le rassicurazioni dei conviviali su entrambi i punti siano state molto di prammatica, tra chi annuiva e chi cercava il cameriere con lo sguardo per farsi riempire il bicchiere.
Il che non ha guastato la sintonia, con l’ex ministra della Gioventù talmente golosa delle pere al vino rosso che il cuoco gliene ha preparata una confezione da portare a casa.
Nessuno vuole legarsi le mani, visto che la fase è ancora interamente tattica. Fatto sta che si è arrivati al comunicato congiunto, una mediazione che evita ipotesi di strappi a spese di FdI o dei partiti più piccoli. “E’ stato importante ribadire l’unità della coalizione – spiega Lupi – E la certezza che tutte le scelte saranno condivise. Non ci saranno esclusioni per FdI che sta all’opposizione né per i centristi che hanno numeri parlamentari meno pesanti”.
Ma l’unità messa nero su bianco ha come prima conseguenza dell’ipotesi di elezioni anticipate. “L’obiettivo è andare avanti per affrontare l’emergenza economica e sanitaria” hanno ribadito i forzisti. Anche perché “il governo sta lavorando bene, lo dicono tutti”. E alla deadline 2023 – per la parte nella loro disponibilità – anche Meloni ha dovuto rassegnarsi.
Il 4 gennaio il presidente della Camera Roberto Fico manderà la lettera di convocazione dei grandi elettori, aprendo ufficialmente le danze. L’appuntamento a dopo le Feste, dunque, presuppone che il lavoro dietro le quinte di ambasciatori e pontieri, abbia luogo in gran parte prima.
Il primo a saperlo è Berlusconi: “Abbiamo parlato anche della mia candidatura, il centrodestra sarà unitario, la decisione è rimandata all’inizio dell’anno prossimo”. E per ora, si tiene coperto: come Draghi si è sfilato dal giudicarne l’idoneità o meno come eventuale capo dello Stato, il Cavaliere si smarca dal futuro del premier: “Non posso rispondere sulle intenzioni degli altri”.
(da Huffingtonpost)

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DRAGHI AL QUIRINALE, LA STRADA DIVENTA IN SALITA

Dicembre 23rd, 2021 Riccardo Fucile

TRA PAURA DEL VOTO ANTICIPATO E GELO DEI PARTITI

Non è una discesa, ma forse neanche un percorso pianeggiante. La strada per condurre Mario Draghi al Quirinale rischia di trasformarsi in una salita. Quanto ripida non è al momento dato sapere.
E’ un fatto, però, che dopo le evidenti aperture del premier durante la conferenza di fine anno, la reazione dei partiti è stata gelida.
Per la prima volta, infatti, il capo del governo ha rotto ogni ambiguità, spiegando che lui si considera “un nonno al servizio delle istituzioni” e il suo governo può andare avanti senza di lui, a patto di arrivare a fine legislatura.
Tradotto: Draghi vuole andare al Colle mentre il governo di unità nazionale può continuare con qualcun altro al suo posto.
Da capo dello Stato, poi, l’attuale premier non intende sciogliere le Camere: un messaggio che – nelle intenzioni di Draghi – doveva servire a rassicurare le forze politiche: dalla Lega ai 5 stelle, passando da Forza Italia e il Pd, tutti i partiti (tranne Fratelli d’Italia) sono praticamente atterriti dal rischio di dover tornare alle urne per tutta una serie di motivi.
Dire che il governo deve durare fino al 2023, al di là di chi possa essere il premier, non è una grande rassicurazione. Ecco perché le parole di Draghi hanno prodotto l’effetto opposto: l’opinione diffusa è che togliendo il premier da Palazzo Chigi la data delle elezioni sarebbe più vicina.
Ecco da cosa deriva il gelo dei partiti. Probabilmente, infatti, il premier si sarebbe aspettato un reazione diversa da parte delle forze politiche che dovrebbero eleggerlo al Colle. Per la prima volta in carriera l’ex dirigente generale del Tesoro non dovrà essere scelto per le sue indiscutibili qualità: dovrà essere votato. Riuscire a spuntarla alla lotteria del Quirinale è una cosa molto diversa da essere nominato al vertice di Banca d’Italia, della Bce o persino a capo di un governo di unità nazionale. L’impressione è che l’apertura compiuta ieri dal premier sia stata un po’ troppo netta.
Repubblica e Stampa, i quotidiani degli Elkan solitamente molto affettuosi con Draghi, hanno dato ampio spazio al sentimento d’insofferenza e di fastidio delle forze politiche nei confronti della schiettezza del premier.
Il quotidiano diretto da Massimo Giannini cita un ministro senza nome, secondo il quale Draghi la fa troppo facile: pensare che si possa formare un governo con una maggioranza uguale a quella che sostiene quello attuale come se niente fosse è – nella migliore delle ipotesi – una mancata conoscenza della politica e delle sue fatiche.
Il giornale guidato da Maurizio Molinari, invece, fa dire a un parlamentare del centrodestra questa frase: “Credo che Draghi sottovaluti i pericoli di un voto d’aula, per giunta segreto: senatores boni viri, senatus mala bestia“.
Come dire: occhio ai franchi tiratori. La strada per il Colle può essere non solo ripida, ma pure piena di buche.
D’altra parte già ieri dai partiti erano arrivate note informali che trasudavano un certo scetticismo sull’ipotesi di trasloco del premier al Colle.
Una candidatura subito stoppata da Silvio Berlusconi, che continua a sognare per se stesso il Quirinale, mentre a dare sostanza all’insofferenza del resto del centrodestra ci ha pensato Matteo Salvini: “Un governo che ha ben lavorato deve andare avanti: se togli una casella come Draghi, del diman non vi sarebbe certezza. L’autorevolezza di Draghi come presidente del Consiglio ce l’ha solo Draghi. Altri avrebbero molta più difficoltà”, dice il leader della Lega. Che anche questa volta dice cose simili a quelle di Matteo Renzi.
Ieri Italia viva è stato l’unico partito a non far uscire un comunicato dopo le uscite del premier. Dopo il successo all’elezione di Sergio Mattarella, però, Renzi è convinto di essere un formidabile kingmaker di capi dello Stato. Logico dunque che non veda bene l’ipotesi Draghi, primo caso di presidente kingmaker di se stesso.
Primo sponsor di Draghi, ultimamente Renzi non risparmpi stoccate all’esecutivo. Oggi ha messo in agenda un intervento sulla manovra al Senato per avanzare tutta una sorta di critiche al governo: dal mancato coinvolgimento del Parlamento, al ritardo sulle terze dosi. “Amicus Plato sed magis amica veritas, questo metodo di lavoro svilisce il Parlamento”, dice in un’intervista a Repubblica. In cui ricorda che “sette anni fa la maggioranza parlamentare fu diversa dalla maggioranza presidenziale: il Quirinale fa sempre storia a sè”.
Una sorta di replica a Draghi, che ieri aveva detto di temere “una maggioranza che si spacchi sulla elezione del presidente della Repubblica”. Tradotto: per il premier ci vuole un candidato in grado di prendere i voti dei partiti che sostengno il suo governo, oppure il medesimo governo è a rischio.
Qual è l’unico nome che riesce a mettere insieme Lega e Pd, Forza Italia e 5 stelle? Il suo ovviamente.
Pure i 5 stelle e il Pd, però, già ieri divagavano sull’argomento Quirinale, preferendo concentrarsi “sull’auspicio che la legislatura vada avanti in continuità con l’azione di governo fino al suo termine naturale”. E’ l’unico modo sicuro per arrivare al 2023 e non togliere Draghi da Palazzo Chigi.
(da Huffingtonpost)

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CASO CUCCHI, IL PM CHIEDE LA CONDANNA DI OTTO CARABINIERI

Dicembre 23rd, 2021 Riccardo Fucile

CHIESTI SETTE ANNI PER IL GENERALE CASARSA, DA TRE A CINQUE ANNI PER GLI ALTRI

La Procura di Roma ha chiesto la condanna degli otto carabinieri imputati nel processo sui presunti depistaggi messi in atto dopo la morte di Stefano Cucchi.
Il pm ha sollecitato 7 anni per il generale Alessandro Casarsa, mentre 5 anni e mezzo sono stati sollecitati per Francesco Cavallo.
Cinque anni per Luciano Soligo e per Luca De Cianni, quattro anni per Tiziano Testarmata, per Francesco Di Sano tre anni e tre mesi. Tre anni di carcere per Lorenzo Sabatino e, infine, un anno e un mese per Massimiliano Colombo Labriola.
“Un intero Paese è stato preso in giro per sei anni”, ha detto il pm Giovanni Musarò nella requisitoria al termine della quale ha chiesto la condanna per gli 8 carabinieri imputati nel processo sui presunti depistaggi legati alla morte di Stefano Cucchi, picchiato in caserma dopo l’arresto della notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2009 e deceduto sei giorni dopo all’ospedale Pertini.
Il pm ha evidenziato le “inaccettabili ingerenze” sulle perizie medico legali, le “intimidazioni” esercitate su chi nel corso delle indagini ha detto la verità. Il magistrato ha anche voluto ricordare il giudice Giulia Cavallone, che per prima si è occupata del processo fino alla scomparsa prematura, nell’aprile del 2020. La requisitoria, conclusa oggi, era iniziata nell’udienza del 17 dicembre.
(da agenzie)

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PUGLIA, ARRESTATO IL RESPONSABILE DELLA PROTEZIONE CIVILE PER CORRUZIONE

Dicembre 23rd, 2021 Riccardo Fucile

BLOCCATO MENTRE INTASCAVA UNA BUSTA CON 10.000 EURO

I militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Bari hanno arrestato in flagranza Antonio Mario Lerario, dirigente della Regione Puglia (sezione Strategia e governo dell’offerta e, ad interim, sezione Protezione civile), per il reato di corruzione. L’arresto è avvenuto nell’ambito di indagini in relazione alla sua attività di dirigente della Protezione civile.
Lerario è stato fermato, dopo aver ricevuto, in una busta, la somma di 10mila euro in contanti da parte di un imprenditore che opera nel settore dell’edilizia. Lo stesso imprenditore ha in corso contratti di appalto per la somma di oltre due milioni di euro presso la Protezione civile regionale.
Lerario è ora a disposizione della Procura della Repubblica che procederà alla richiesta di convalida dell’arresto.
Il procedimento è in fase di indagine preliminare e l’arresto attende l’eventuale convalida del gip dopo l’interrogatorio e il confronto con la difesa. Le indagini comunque proseguono.
(da agenzie)

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DRAGHI SVEGLIATI, A MILANO FILE DI SEI ORE PER FARE TAMPONI, PORTALE DI PRENOTAZIONE IN TILT, RAPIDI INTROVABILI, FARMACISTI STREMATI

Dicembre 23rd, 2021 Riccardo Fucile

TAMPONI PRIVATI A 200 EURO; RISULTATI DOPO GIORNI… MOLTI NON LO FANNO E CONTINUANO A CIRCOLARE E INFETTARE

Provo a spiegare cosa sta succedendo in Lombardia, in particolare a Milano, visto che i giornali sembrano piuttosto distratti e che Draghi viene applaudito dai giornalisti altrettanto distratti.
Lo stesso nonno Draghi che pare vivere su Giove e pensa di allargare l’obbligo di tamponi a chi non ha la terza dose. Come no. Glielo spiego io come siamo messi qui con i tamponi, visto che mentre la maggior parte dell’Europa ha giocato d’anticipo con Omicron e fa tamponi gratuitamente, in vari punti di paesi e città, qui la situazione è già implosa mentre Omicron si è appena affacciato. Figuriamoci dopo le feste.
È in atto la tempesta perfetta: fuori dalle farmacie in fila per i tamponi al momento si concentrano: i no vax che devono tamponarsi ogni due giorni per lavorare. I bambini che sono stati in classe con positivi, genitori inclusi. Persone che hanno il sospetto di essere positive perchè sono state in contatto con i numerosi positivi da Omicron. Persone che devono andare a cena con parenti e vogliono un tampone di controllo (illudendosi di poter stare tranquille).
Il risultato sono file enormi, ore di attesa al gelo, persone che non riescono a comprare neppure le medicine.
I farmacisti sono sfiniti, pressati, insultati di persona e al telefono. Dovrebbe essere Natale anche per loro. Alcuni sono crollati.
Poi ci sono le persone che hanno sintomi. Il sistema dei tamponi fai da te si sta rivelando molto fallace. Tantissime persone anche di mia conoscenza avevano febbre e tosse ma al rapido erano negative. Invece erano positive. I tamponi rapidi sono introvabili in farmacia. Chi ha sintomi non può andare a fare il tampone in farmacia. Può andare ai drive in ma c’è chi sta male e non ce la fa, chi non ha la macchina. Inoltre ci sono file che in molti casi bloccano interi isolati (Buzzi e San Paolo per esempio) e si può stare anche 6 ore in attesa.
Si chiama il medico di base che dovrebbe poter prenotare il tampone ma il portale é andato in tilt
Morale: se hai il Covid con febbre e magari principio di polmonite puoi impiegare giorni per fare un molecolare. Si è completamente abbandonati. Vi ricorda qualcosa?
Ats Lombardia è in tilt, non riesce a garantire assistenza ai potenziali positivi, non riesce a segnalare in tempo (o per nulla) gli inizi quarantene e la fine delle quarantene, non c’è tracciamento, i green pass restano validi per tutti i positivi, perfino quelli precedenti.
I privati fanno tamponi a prezzi indecenti, alcuni 200 euro. I laboratori che devono processare i tamponi sono in crisi, i risultati tardano giorni, alcuni vanno persi.
Le scuole sono nella confusione più totale, genitori che brancolano nel buio senza sapere cosa fare (ora hanno chiuso per le vacanze con migliaia di classi già in dad, appena riaprono sarà il delirio visto che ci saranno chissà quanti bambini positivi asintomatici dopo vacanze sulla neve o altrove )
Aggiungo che non è difficile immaginare che in parecchi con sintomi o sospetta positività, tra giovani e meno giovani, anche vista la difficoltà nel fare tamponi, faranno finta di niente. E gireranno da positivi.
Se a questo aggiungiamo tutti gli asintomatici inconsapevoli non rilevati dai rapidi, prevedere una valanga di positivi a breve è un esercizio fin troppo facile. Anzi.
La mia idea è che siamo messi come l’Inghilterra, più o meno, solo che lì i tamponi sono gratis e ti arrivano anche a casa in 24 ore. Sono gratis anche in altri paesi, la Francia è disseminata di punti in cui farli anche per strada, così anche la Germania e via dicendo.
Qui si dorme e se ora il problema è soprattutto il Lombardia poi a seguire Toscana, Roma e Emilia Romagna, presto il problema di allargherà ad altre regioni.
Dunque, cari Draghi e Speranza, occupatevi di chi deve fare tamponi ORA.
Non si muore da soli a casa come nel 2020 ma questo abbandono fa morti lo stesso, visto che i positivi circoleranno con più facilità e che un molecolare con una settimana di ritardo dai primi sintomi può ritardare cure e attenzione.
Organizzatevi con l’esercito, con quello che vi pare ma servono tendoni, gazebo, centri adibiti.
Permettete alle parafarmacie di fare tamponi. Date la priorità a questo, svegliatevi cazzo. Facile fare i fighi quando arrivano i vaccini, adesso caro Draghi ti voglio vedere alle prese con l’emergenza Omicron.
E ti do una notizia: sei già in ritardo.
Selvaggia Lucarelli

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L’APPELLO DEGLI ECONOMISTI PER VACCINARE NEI PAESI POVERI

Dicembre 23rd, 2021 Riccardo Fucile

BASTANO 50 MILIARDI DI DOLLARI

Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus ieri ha comunicato che «quest’anno, nel mondo, oltre 3,5 milioni di persone hanno perso la vita a causa del Covid».
Molti di questi decessi sono stati dovuti «alla condivisione iniqua dei vaccini» tra Paesi ricchi e Paesi poveri del mondo, «costando la vita a molte persone».
E oggi, dalle colonne di la Repubblica, gli economisti Tito Boeri, Roberto Perotti e Antonio Spilimbergo lanciano un appello per accelerare la vaccinazione nei Paesi più poveri perché anche se «se le grandi aree del mondo rimangono poco o per nulla vaccinate, e i Paesi industrializzati possono fare sforzi enormi per contenere il contagio a casa loro, prima o poi in qualche Paese distante migliaia di chilometri emergerà una mutazione capace di “bucare” le difese costruite nei paesi più ricchi». Ed è quello che è successo con la variante Omicron, per esempio. «Nei Paesi avanzati – osservano i tre economisti – il 60 per cento della popolazione è vaccinata, ma lo è solo il 30 per cento nei Paesi a reddito medio e meno del 5 per cento nei Paesi più poveri, addirittura meno del 2 per cento in grandi Paesi come la Nigeria o l’Etiopia».
E dunque, che fare? «I Paesi ricchi potrebbero decidere di spendere e vaccinare i Paesi più poveri per solidarietà. Ma se la solidarietà non basta come motivazione (e sappiamo che non è bastata), dovrebbero farlo semplicemente per interesse egoistico». Boeri, Perotti e Spilimbergo nella consapevolezza che «per quanto spiacevole possa sembrare, interviene un arido calcolo di costi e benefici» per convincere i Paesi industrializzati a investire più energie nella vaccinazione dei Paesi meno abbienti. «Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale (con una previsione fatta a luglio, ben prima dell’apparizione di Omicron), la diffusione di una nuova variante può far arretrare il reddito globale di quasi il 5 per cento, equivalente a una perdita di 4500 miliardi di dollari di cui 1000 miliardi sarebbero persi dai Paesi avanzati», spiegano i tre economisti. «Quanto costerebbe, invece, vaccinare tutto il mondo? Sempre secondo le stime del Fmi vaccinare il 70 per cento della popolazione mondiale entro metà del 2022 e monitorare lo sviluppo di nuove varianti costerebbe meno di 50 miliardi di dollari», proseguono.
E anche se si dovesse trattare di investire il doppio, ossia 100 miliardi di dollari, sarebbe comunque un esborso che rappresenterebbe comunque «un decimo del costo di una recessione causata da una nuova variante nei Paesi avanzati». Insomma, concludono Boeri, Perotti e Spilimbergo, «l’investimento senza dubbio più redditizio ci sta guardando in faccia e stiamo parlando di redditività in meri termini materiali, di Pil. Poi c’è la parte più importante: i danni psicologici di anni di restrizioni, soprattutto per i giovani, i ritardi di apprendimento, le sofferenze e le morti che questo minuscolo investimento eviterebbe in tutte le parti del mondo».
(da agenzie)

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MORTO DI COVID L’EX SENATORE M5S PEPE, ERA UN CONVINTO NO VAX

Dicembre 23rd, 2021 Riccardo Fucile

ERA INTUBATO DA GIORNI… AVEVA DEFINITO IL COVID “UNA RIDICOLA ISTERIA”

Non aveva voluto vaccinarsi e l’aveva spiegato anche ai medici che lo avevano accolto all’ospedale Cotugno di Napoli.
È morto di Covid Bartolomeo Pepe, ex senatore eletto nel 2013 coi 5 Stelle, 59 anni, convinto anti-vaccinista. Da qualche giorno era intubato in gravi condizioni nel reparto di rianimazione del nosocomio campano. Era stato ricoverato sabato scorso per insufficienza respiratoria e gli era stato applicato un casco per la ventilazione. Poi, rapidamente, la situazione si è aggravata fino al decesso.
Pepe, eletto coi 5 Stelle e passato nel 2015 al gruppo di centro-destra Grande Autonomie e Libertà, aveva da sempre espresso posizioni al limite, molto vicine ai complottisti, a partire da quelle che legano autismo e vaccini tanto da portare le sue tesi fino a Montecitorio.
Un anno fa, all’inizio della pandemia, aveva definito il Covid una “ridicola isteria”.
(da agenzie)

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BOLLETTINO COVID: 168 MORTI, 44.595 CASI (RECORD DA INIZIO PANDEMIA)

Dicembre 23rd, 2021 Riccardo Fucile

TASSO POSITIVITA’ AL 4,9%… SALGONO TERAPIE INTENSIVE E RICOVERI

Sono 44.595 i casi di Covid individuati in Italia nelle ultime 24 ore, record assoluto da quando quasi due anni fa è esplosa la pandemia.
Ieri i casi erano stati 36.293. Il precedente record era stato registrato il 13 novembre del 2020, quando i casi individuati furono 40.902.
Il bollettino Covid del Ministero della Salute aggiorna di altri 168 morti in Italia nelle ultime 24 ore.*Sono 901.450 i tamponi molecolari e antigenici per il coronavirus effettuati nelle ultime 24 ore. Ieri erano stati 779.303.
Il tasso di positività è al 4,9%, in lieve aumento rispetto al 4,6% di ieri. Sono 1.023 i pazienti in terapia intensiva in Italia, 13 in più di ieri nel saldo tra entrate e uscite.
Gli ingressi giornalieri sono 93. I ricoverati con sintomi nei reparti ordinari sono 8.722 , ovvero 178 in più rispetto a ieri.
(da agenzie)

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LA STORIA DEL BIMBO DI 18 GIORNI CHIAMATO SOS COME L’ONG CHE GLI HA SALVATO LA VITA NEL MEDITERRANEO

Dicembre 23rd, 2021 Riccardo Fucile

E’ ANCORA IN ATTESA DELL’ASSEGNAZIONE DI UN PORTO SICURO

Al confine delle acque territoriali ci sono circa 800 migranti a bordo di tre navi di salvataggio che attendono di sbarcare: tra loro un bimbo di 18 giorni, che la mamma ha deciso di chiamare “Sos”, come il messaggio internazionale di richiesta di aiuto
Ha appena 18 giorni di vita, si chiama Makybel, ma la madre ha deciso di dargli un secondo nome, “Sos”. Come il messaggio internazionale di aiuto, acronimo di “Save our souls”.
Come il nome della ong che gli ha salvato la vita, “Sos Mediterranée”.
Makybel Sos si trova a bordo della Ocean Viking, la nave di salvataggio dell’organizzazione non governativa di cui porta il nome. E con lui ci sono altre 114 persone.
Se si contano anche i migranti salvati dalla Geo Barents di Medici senza frontiere e dalla Sea-Eye4 dell’omonima ong tedesca, in totale fanno circa 800 persone.
Tutte al limite delle acque territoriali italiane, sotto la Sicilia, in attesa da giorni di un porto sicuro dove sbarcare.
Le tre imbarcazioni hanno inoltrato diverse richiesta a Malta e all’Italia, dopo aver operato soccorsi tra le zone Sar di Libia e Malta.
Fino allo scorso 20 dicembre, al gruppo si era aggiunta anche la Rise Above di Mission Lifeline che quel giorno ha potuto però sbarcare i 66 naufraghi recuperati giorni prima.
Sulle navi umanitarie la situazione si aggrava di giorno in giorno: sono stati effettuati diversi “Medevac”, evacuazioni mediche di migranti in condizioni di salute precarie, messe in atto dalla Guardia costiera italiana.
Alcuni sopravvissuti hanno raccontato le violenze ricevute in Libia: “Abbiamo deciso di scappare – racconta un migrante – e mi hanno sparato a una gamba. Ma molte persone quel giorno sono morte. Ho lasciato tutto e sono partito, Se la Guardia costiera libica fosse arrivata, avevo deciso di buttarmi in acqua e morire, molti altri avevano preso questa stessa decisione”
Una soccorritrice della Geo Bantis dice di aver visto “segni di violenza sulle gambe” e “ustioni da benzina” sui corpi delle persone tratte a bordo. “In Europa si sta per celebrare il Natale – si sfoga Fiona Alihosi, responsabile del team di soccorso della Sea Eye – e queste persone hanno il diritto di sbarcare in sicurezza, adesso”.
(da agenzie)

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