Dicembre 1st, 2021 Riccardo Fucile
PAROLE GROSSE TRA GOLINELLI E INVERNIZZI… I SONDAGGI DICONO CHE L’84% DEGLI ELETTORI DELLA LEGA SI E’ VACCINATO
La doppia anima della Lega su vaccini e green pass, ampiamente avallata dalle capriole di Matteo Salvini, in tempi di quarta ondata mostra crepe profonde.
Più che una polveriera, il Carroccio è una pentola a pressione con il timer settato sull’elezione del Quirinale (e le sorti della residua legislatura) da cui però sfuggono sbuffi di vapore sempre più forti.
I congressi rinviati in extremis alla seconda metà di gennaio, quando il super green pass sarà scaduto (salvo proroghe). Poco prima, la grande assemblea programmatica destinata a blindare la linea battagliera del Capitano anch’essa evaporata venti giorni dopo la convocazione.
Più in piccolo, il consigliere provinciale brianzolo nonché ex sindaco di Lissone Fabio Meroni escluso dalle prossime liste dal segretario provinciale Andrea Villa per aver offeso Liliana Segre che si vaccinava: “Ci ha messo in difficoltà”.
E la richiesta, in queste ore, del commissario della Toscana Mario Lolini che il consigliere provinciale livornese nonché capo degli Eletti Lega Giovani Lorenzo Gasperini si “autosospenda” per aver svillaneggiato in un post chi si vaccina: “Un giovane che lo fa dimostra debolezza e psicologia da servo, contrappasso naturale sarebbe l’esclusione dalla vita sessuale”. Senza passo indietro, ha intimato Lolini “siamo pronti a prendere provvedimenti”.
La faida tra Pro Vax e No (o Boh) Vax è deflagrata anche a Montecitorio, dove si è sfiorata la rissa. E sono volate parolacce.
Tra il giovane deputato e imprenditore agricolo emiliano Guglielmo Golinelli, non da oggi scettico sui vaccini, e il collega bergamasco Cristian Invernizzi, che ha visto il virus azzannare la sua città.
“Basta cazzate – ha urlato Invernizzi, raccogliendo il plauso dei presenti – Per uscire dalla pandemia dobbiamo vaccinarci tutti”. L’intervento dei pacieri ha impedito che il diverbio degenerasse.
Ma l’episodio la dice lunga sui nervi tesi nella Lega: partito che storicamente e ontologicamente – raccontano i parlamentari con più esperienza – soffre di orticaria quando si parla di obblighi, e dove si annida la quota più alta di “ribelli” ai green pass sempre più stringenti.
A partire dai nomi noti come Borghi, Siri, Pillon, Bagnai, Ferrero. Ma contro l’obbligo di vaccino ai sanitari – su cui il partito lasciò libertà di coscienza – si sono espressi 12 senatori (tra cui Arrigoni, Candura Casolati, la Faggi, la Pizzol) e 23 deputati (tra cui Golinelli, Iezzi, Panizzut, Centemero, la Murelli, Coin). Un’ambiguità ben cavalcata dal Salvini di lotta e di governo, come si lamentavano durante Comunali i meloniani poiché gli alleati leghisti disertavano i comizi non sapendo bene che posizione assumere sui provvedimenti governativi
Fatto sta che l’ingranaggio salviniano alla fine si è inceppato. Di fronte al bivio draghiano: o ti adegui alla strategia anti-pandemica o te ne vai. Anzi, ce ne andiamo tutti.
E il leader, più che acquattato, pare congelato in attesa che il futuro si cristallizzi. Lasciando che dopo il varo in consiglio dei ministri del super green pass, premier e mezzo governo ringrazino il suo governatore Fedriga per l’apporto determinante alla causa.
“E’ stato la punta di diamante dell’operazione – gongola Renato Brunetta – Gli do volentieri il copyright della strategia premiale che tiene il Paese aperto”. Un cambio di linea di cui si sono accorti anche i fedelissimi. A partire proprio da Borghi, che derubrica a normale “dinamica interna” il battibecco, un mese fa, con il giorgettiano Raffaele Volpi.
L’ex presidente del Copasir gli ha rimproverato che “se si continua ad andare contro il governo di cui si fa parte non si fa una grande strategia di comunicazione”. Il frontman della lotta agli “obblighi mascherati” ha replicato che lui porta soltanto avanti alcune idee (sottinteso: quelle di Salvini). Non si scompone: “Ma io che c’entro se due deputati litigano tra loro perché su posizioni diverse rispetto alle misure anti-pandemia? Nemmeno c’ero. Va detto che Golinelli ha anticipato l’insorgere della varianti: da allevatore ha visto gli effetti delle vaccinazioni sugli animali. Certo, gli uomini non sono vitelli, però ci ha preso”.
Eppure, anche Borghi ha abbandonato la prima linea delle proteste: non perché abbia cambiato idea (affatto) bensì perché ha capito che quella battaglia è persa in Parlamento (dove a votare contro il green pass l’ultima volta erano in 33) e nel Paese (dove un sondaggio di YouTrend scolpisce il 16% degli elettori leghisti come “renitenti” al vaccino e l’84% come immunizzati, rivelando che i No Vax alla fine non vanno a votare).
Insomma, non è un fuoco che Salvini per il momento intende attizzare.
(da Huffingtonpost)
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Dicembre 1st, 2021 Riccardo Fucile
SI E’ RIAPERTO IL SUQ CON I SALDI
“Amico caro, scegliti il tuo futuro: l’obiettivo deve essere campare come campi ora. Cioè bene”. Non sarà l’Antonio Razzi di turno, ma poco ci manca. Dieci anni dopo l’ormai epico “amico mio, fatte li cazzi tua” in Parlamento tira ancora aria da suq a sentire il racconto di un deputato già 5 Stelle che al Fatto racconta l’inconfessabile: la pattuglia forzista sarebbe all’opera giacché il l’ex Cavaliere non molla l’idea di portare a casa “un risultato eclatante” per il Quirinale e riguadagnarsi fama da stupor mundi.
Ma l’appetito vien mangiando: conquistare il Colle, proprio come aveva promesso un tempo a mamma Rosa, sembra un obiettivo alla portata. Costi quel che costi – va senza dire – pure al rischio di spingere i suoi a farsi avanti per avvicinare le truppe che servono a regalargli ad eterna gloria, la più alta carica, quella di presidente della Repubblica
Come sarebbe successo all’ex grillino che ci ha fatto un bel resoconto: è stato avvicinato con passo felpato perché manca ancora più di un mese, ma il messaggio è arrivato forte è chiaro: “Chiedi quello che vuoi, sono a disposizione. Basta una tua parola” si è sentito dire da un collega di Forza Italia che, par di capire, ha recapitato lo stesso messaggio anche ad altri.
“Pescano tra i peones, i transfughi, i possibili convertiti”. Approfittando subito ché sotto le feste saranno riuniti con le famiglie per ammazzare il capitone e riflettere di futuro incerto sicchè questo potrebbe essere l’ultimo panettone mangiato a Palazzo. Per carità i modi sono stati garbati, nessun prendere o lasciare e toni sapientemente conditi dall’arte di fare ammuina: “Ha promesso senza promettere per conto di Berlusconi lasciando però intendere che la generosità sarebbe degna dei re Magi” racconta il deputato che passa ai dettagli: “Tanto per non girarci attorno, mi ha parlato di soldi, di una mia candidatura più o meno blindata. O di un posticino in una società anche all’estero”.
Ma tali profferte non sarebbero arrivate solo a lui: c’è chi nega di essere stato avvicinato, ma anche chi lo confessa a mezza bocca, per tacere di chi ci spera.
Chi sono quelli che nel segreto del catafalco potrebbero rispondere a tali profferte, sventurati come la monaca di Monza? “Ci sono 290 deputati e senatori usciti dai gruppi parlamentari originari. In tanti mi sono amici” ha detto lo stesso Berlusconi tratteggiando l’identikit di chi non gli sarebbe ostile, del resto ha già fatto partire l’operazione simpatia sostenendo per esempio che il reddito di cittadinanza, bandiera del M5S, in fondo non è stata una misura malaccio, checché ne abbia detto fino all’altro ieri.
Poi ha fatto recapitare un opuscolo autopromozionale, con alcuni suoi interventi sui valori del liberalismo, del cattolicesimo e del garantismo ai parlamentari del Pd. Ma questa è poesia, poi c’è pure la prosa: ai suoi riuniti nel solito gabinetto di guerra avrebbe chiesto di tentare tutto il possibile affinché in un modo o in un altro si compia il miracolo che gli interessa.
E quelli, per tornare al cospetto del Capo con il carniere pieno, avrebbero subito fatto partire una caccia all’uomo. Un senatore ritenuto tra i peones racconta di un emissario forzista che è andato al sodo: “Ora quanto guadagni? Quanto guadagnavi prima di essere eletto?” E ancora. “Devi pensare al tuo futuro. Davvero uscito da qui pensi di tornare alla vita di prima?”.
Altri giurano di non aver ricevuto alcuna offerta, meno che mai sconcia: “Dopo anni qui dentro le distanze si sono ridotte e con qualcuno di Forza Italia siamo pure diventati amici. Sicuramente si tratta di battute: ci sta, mica è la prima volta” spiega un senatore ex pentastellato che nega che si tratti di abboccamenti veri e propri. Ma tanto basta perché qualcun altro ci abbia fatto un pensiero: “Vai a sapere se è uno scherzo oppure no. Io Berlusconi non lo voto manco morto ma su altri non metto la mano sul fuoco”.
Licia Ronzulli, vicepresidente del gruppo Forza Italia al Senato, contattata dal Fatto, replica: “A me il Presidente Berlusconi non ha mai dato indicazioni di questo genere. E mi sento di escludere che lo abbia fatto anche col resto dei vertici del partito, a partire da Antonio Tajani e dai due capigruppo. Anche perché si tratterebbe di corruzione… Se poi, qualche nostro parlamentare abbia deciso di sua sponte di fare una cosa del genere, se ne dovrà assumere la responsabilità”.
Fatto sta che qualche giorno fa a un capannello da cortile alla Camera era tutto un tirarsi di gomito dopo l’annuncio dell’ex pentastellato Gianluca Rospi che ha deciso di lasciare Coraggio Italia per abbracciare la famiglia politica di Forza Italia.
Dopo un incontro a Villa Grande, la nuova residenza-ufficio di B. che pare lo abbia stregato in un colloquio a quattr’occhi. Quando è tornato a Montecitorio dalla dimora zeffirelliana sull’Appia Antica ha spiegato la scelta così: “Non sono mai stato del Movimento 5 Stelle, sono stato candidato su loro richiesta come indipendente”.
E ha detto di aver accettato la candidatura sì, ma in fondo in fondo di essere rimasto un diccì al massimo un liberale. E così quando il M5S si è spostato a sinistra, ha deciso di lasciare per collocarsi su posizioni più prossime a quelle del Partito popolare europeo. Poi si è avvicinato a Coraggio Italia “ma le mie aspettative, senza alcuna polemica, non sono state soddisfatte”. Naturale dunque l’approdo a Forza Italia.
“Sì, vabbè. Pare che a Villa Grande quel giorno davano lo spettacolo A me gli occhi, please. E il Gastone col ciuffo di capelli tirabaci non era di Gigi Proietti ma Berlusconi” dicono gli ex colleghi di Rospi che hanno liquidato la faccenda in maniera più prosaica: “A Berlusconi il taxi di Rospi è costato 100 mila euro”.
Da allora non si parla che di tariffe, anche se l’ex azzurro oggi al Misto Alessandro Sorte mette le mani avanti: “Io Berlusconi lo voterei senza dubbi e penso di poter convincere nel Misto sette o otto deputati a fare altrettanto. Senza chiedere nulla in cambio”. Già, il gruppo Misto dove ci sono diverse componenti e decine di deputati accreditati dei più bassi istinti dai loro colleghi.
A Palazzo si racconta dopo l’addio di Rospi che il gruppo dei totiani sia addirittura in via di disfacimento e che alcuni deputati ora pentiti sarebbero lì lì per lasciare: una tra i sospettati è Fabiola Bologna, altra ex grillina.
Altri pentastellati sono invece confluiti in Alternativa C’è, ma negano di aver ricevuto offerte di sorta dai berluscones: “Siamo folli, ma da questo punto di vista, inavvicinabili. Quanto agli altri fuoriusciti grillini o meno, boh”.
Insomma l’invito sarebbe quello di cercare altrove ma non troppo lontano: il sospetto ricade sui deputati che si ostinano a non iscriversi ad alcuna componente e che avevano lasciato intendere di esser pronti a ingrossare le file di Alternativa, ma che finora se ne sono ben guardati.
Difficile capire perché restino alla finestra: chi parla lo fa per dire non vuole essere associato nemmeno per scherzo a Sergio De Gregorio, un bel dì di qualche anno fa passato armi e bagagli dai dipietristi dell’Italia dei Valori “all’Italia dei disvalori a forza di milioni”. Tre milioni – secondo l’accusa dei pm -, ormai consegnati alla storia e alla cronaca giudiziaria: fu scandalo (e Berlusconi prescritto).
Ma nemmeno tanto, a sentire un deputato campano doc che, a rimembrare l’episodio, rivolge una prece alle anime del Purgatorio: “Ll’anime d’o Priatorio, tre milioni”. “Anime del Purgatorio, tre milioni”. Oggi, pare di capire che le tariffe siano assai più modeste: “Centomila euro sono sei mesi di stipendio per un parlamentare. E io dovrei prostituirmi per così poco sapendo cosa vale il Quirinale per lui? Sette anni da capo dello Stato e pure del Consiglio superiore della magistratura. Amico bello: manco una Olgettina ti è costata così poco. Berlusconi, se vuoi caccia la grana”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Dicembre 1st, 2021 Riccardo Fucile
UNA STORIA CHE NON ESISTE, MESSA IN GIRO DAI NO VAX… IL COMUNE COSTRETTO A INTERVENIRE PER SMENTIRE LA BUFALA
Il modus operandi è sempre lo stesso: si inventano nomi, si trova una fotografia (magari semplicemente cercando su Google), si cerca sulla mappa una località in cui far “pascolare” questa bufala e la si dà in pasto ai social per portare avanti la propaganda anti-vaccinista.
È successo in passato e si ripete anche oggi, con la vicenda – falsa – della bambina morta a Sesto al Reghena (in provincia di Pordenone) dopo aver ricevuto l’immunizzazione anti-Covid. E il piccolo Comune friulano è dovuto intervenire per mettere la parola fine su questa fake news.
«La piccola G****** F***** uccisa dal siero sperimentale. È ufficiale: è si Sesto al Reghena, in provincia di Pordenone, la prima bimba vittima di vaccino. Questo governo assassino deve pagare… e ovviamente i media tacciono. Giù le mani dai bambini».
Questo è quanto compare in una sorta di foto-comunicato – con tanto di immagine di una bambina e nome (che noi abbiamo provveduto a censurare) – dal fronte no vax.
I cliché, come spiega Bufale.net, sono sempre gli stessi: la scelta di un luogo preso a caso sulla mappa dell’Italia, una fotografia scaricata da internet e i toni da terrorismo seguendo i soliti crismi: da «Giù le mani dai bambini» al «siero sperimentale», fino ad arrivare al grande classico che, come un Cinepanettone, si ripropone senza soluzione di continuità: «E ovviamente i media tacciono».
Ebbene sì, questa storia della bambina morta a Sesto al Reghena dopo il vaccino non è stata raccontata da nessun “media”, ma c’è un motivo: perché nessuna bambina è morta in quella cittadina friulana dopo il vaccino.
La replica del Comun
Perché quella bambina non esiste, quel nome non esiste. E il sindaco di Sesto al Reghena è dovuto intervenire per smentire in toto questa vergognosa bufala.
«Questa ignobile “fake news” cita nome, cognome e addirittura la fotografia, di una minore, non iscritta all’Anagrafe della popolazione residente e non conosciuta a questi Uffici. L’Amministrazione comunale che rappresento si dissocia con forza da questa falsa notizia – particolarmente sgradevole, perché riguarda un bambino associato ad uno dei temi più delicati del difficile periodo che tutti stiamo vivendo – e si riserva ogni azione nei confronti degli autori e di chiunque dovesse danneggiare l’immagine del nostro Comune». Ecco perché i media, fino a oggi, non ne hanno parlato.
(da agenzie)
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Dicembre 1st, 2021 Riccardo Fucile
UNA DICHIARAZIONE MAI FATTA E LE PECORE SI ACCODANO
Ci sono storie che non esistono, ma che diventano reali nella vulgata social. E così, cavalcando l’onda della “polemica” sulle sospensione lunga (per delle infinite
vacanze natalizie) dei programmi di Mario Giordano e Paolo Del Debbio su Rete4, c’è chi pensa che un meme condiviso sui social sia la verità. Ed è per questo che oggi si parla a sproposito di Fabio Fazio conduttore di Fuori dal Coro.
Una non-storia che nasce da questa immagine, condivisa centinaia di volte su Twitter da utenti che non sanno distinguere una dichiarazione reale da una falsa.
“Come vi avevo annunciato, Fuori dal Coro viene sospeso per un mese e non sarò più io a condurlo ma Fabio Fazio che passerà a Mediaset. Si sa, chi dice la verità ne paga sempre le conseguenze”. Questo il testo inserito all’interno dell’immagine condivisa centinaia di volte su Twitter, con la firma di Mario Giordano.
Peccato che il giornalista e conduttore del talk show in onda ogni martedì su Rete4 non abbia mai pronunciato quelle parole.
Innanzitutto la prevista (anche se ancora manca la certezza ufficiale) sospensione prolungata non sarebbe di un mese, ma di 50 giorni: dal prossimo martedì 7 dicembre (ultima puntata dell’anno 2021) fino al 25 gennaio.
Stessa sorte toccherebbe anche a “Dritto e Rovescio”, condotto da Paolo del Debbio. Inoltre, Fabio Fazio ha un contratto con la televisione pubblica e resta saldamente al comando di “Che Tempo Che Fa”, in onda ogni domenica su RaiTre.
Eppure in molti stanno credendo a questo meme e pensano che quella frase (con tanto di punteggiatura sbagliata) sia stata scritta realmente o pronunciata da Mario Giordano. E c’è anche chi, nell’enfasi del momento, cerca di trovare un (suo) lato positivo: “Smetteremo di guardare anche quella trasmissione. Fazio ma per carità, l’unica cosa positiva è che non sarà più pagato con i soldi del canone TV”.
Ma Fabio Fazio conduttore Fuori dal Coro è una bufala. Sapevatelo.
(da NextQuotidiano)
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Dicembre 1st, 2021 Riccardo Fucile
“SEI METICCIA, VAI A PARTECIPARE AL CONCORSO AL TUO PAESE”
Non avrebbe vinto per la sua bellezza, ma soltanto perché sarebbe uno “strumento politico” per veicolare un messaggio di inclusione.
Questo secondo alcuni hater che hanno infestato il post Instagram con cui Anna Giulia Fossatelli, 18enne di Terni, ha annunciato di essere in lizza per Miss Italia dopo aver vinto il premio di “Miss sorriso Umbria” domenica scorsa.
“Non avevano un’italiana da premiare?”, “Una scelta politica, in Italia ci sono 35 milioni di donne italiane”, e ancora “Non permetteremo che succeda come in Irlanda che tra tante bellissime irlandesi ha vinto Miss Congo”, sono solo alcuni dei commenti di odio indirizzati alla giovane studentessa del liceo classico che vorrebbe diventare una presentatrice sportiva.
Nonostante sia italianissima, viene messa in dubbio la sua provenienza, forse soltanto perché la sua pelle ha una gradazione che non rientra nei canoni di accettabilità dei retrogradi che la attaccano. “Sei mezza araba”, “Anche se hai un cognome italiano, non lo sei italiana, sei una meticcia”, “Sisi, è la tipica italiana di Turchia”, “Iscriviti al concorso del tuo paese!”. La versione glitterata dello slogan “aiutiamoli a casa loro”, ma non per questo meno razzista.
“Mi sono stati mandati questi messaggi con insulti razzisti – ha spiegato Fossatelli – alludendo al fatto che io non fossi italiana poiché ho la carnagione olivastra. Io sono italianissima, però il fatto che mi ha infastidito è che ragazze magari con origini straniere debbano ricevere questo tipo di messaggi nel 2021, ma purtroppo bisogna fare i conti anche con questa realtà. Ovviamente a me questo episodio non interessa e non condizionerà assolutamente il mio percorso a Miss Italia però è un accaduto spiacevole che, per una ragazza con un carattere più fragile, potrebbe essere molto pericoloso”.
Domenica ha partecipato alle prefinali nazionali a Roma e spera di riuscire a raggiungere il traguardo della finale.
Il sindaco di Terni, Leonardo Latini, ha voluto esprimerle vicinanza: “La città di Terni – ha scritto – si sente orgogliosamente rappresentata da Anna Giulia Fossatelli, alla quale va il mio pieno sostegno per gli insulti ricevuti. Dispiace leggere certi commenti idioti e beceri nei suoi confronti. Ad Anna Giulia e ai suoi genitori va il mio abbraccio e la mia solidarietà”.
Dall’ultima rassegna di Miss Italia arriva fortunatamente anche una storia positiva: la prima concorrente, la romana Giulia Talia, che ha dichiarato apertamente di essere omosessuale.
(da Huffingtonpost)
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Dicembre 1st, 2021 Riccardo Fucile
LA CLIP DELLA SUA APOCALITTICA CANDIDATURA SEMBRA UN CINEGIORNALE DEGLI ANNI ’40… SOVRANISTI DIVISI IN DUE E’ UN VANTAGGIO PER MACRON
Ma davvero quest’omino nervoso che parla a scatto, la voce perennemente stizzita, gli occhi bassi nello sfogliare il testo del suo discorso, apparso ieri dalla penombra di un angolo di una biblioteca da sala d’attesa di un vecchio studio legale, può diventare il presidente della Repubblica francese?
Éric Zemmour, al culmine di una febbrile escalation mediatica sembrata a tratti irresistibile s’è finalmente dichiarato candidato alla corsa presidenziale del prossimo aprile.
L’ha fatto con un discorso alla nazione di dieci minuti, i toni gravi, il destino della storia incombente. C’è da salvare un paese che non riconosce più se stesso, dove i veri francesi vivono da esiliati in casa loro, dov’è in atto un “grand remplacement” umano: arabi e neri stanno invadendo l’Europa, i bianchi sono destinati a diventare minoranza.
La clip della sua apocalittica epifania, per quanto subito diffusa su Youtube, sembrava uscire da un cinegiornale luce degli anni Trenta-Quaranta, la sua immagine studiatamente sovrapponibile a quella del maresciallo Pétain capo della Francia collaborazionista con i nazisti e contemporaneamente a quella del generale De Gaulle capo della Francia che si è ribellata ai nazisti.
Un cortocircuito che solo la confusione di questi anni rende possibile, con la frammentazione digitale del discorso politico contemporaneo che macina tutto, come si vede nelle spettacolari immagini che nella clip zemmouriana si alternano al viso scavato di quest’uomo dalla postura fatale.
La douce France in bianconero, dei sorridenti e giovanili Jean Gabin, Alain Delon, Belmondo e naturalmente Brigitte Bardot. Ma anche Johnny Holliday, Charles Aznavour e persino Georges Brassens.
Zemmour masticava le parole e sembrava dire: ve la ricordate voi nonni? Ve l’hanno raccontata papà e mamma a voi ragazzi? E poi ovviamente, Giovanna d’Arco, Luigi XIV, Napoleone Bonaparte.
Una sintesi emotiva della Francia perduta e simbolica che il novello esplosivo alchimista della politica vuole riportare in vita ad uso dei nostalgici e degli smarriti. Tutta, anche la Francia del Concorde e delle centrali atomiche, esibite sulla colonna sonora del secondo movimento della Settima di Beethoven. Quella che secondo Wagner rappresenta una “apoteosi della danza”.
Ma qual è il ballo che sta muovendo Zemmour? Certo quella dell’imitazione storica. Smaccata, fino alla caricatura.
Diceva De Gaulle nell’appello del 18 giugno 1940: “La Francia attraversa la più terribile crisi della sua storia, la sua indipendenza e la sua anima sono minacciate di distruzione… Ma l’ultima parola non è stata detta”.
Il libro di Zemmour, con il quale ha cominciato la sua cavalcata a settembre, è intitolato “La Francia non ha detto l’ultima parola” e ieri, nell’appello per l’Eliseo, ha scandito il concetto: “Non è più tempo di riformare la Francia ma di salvarla… Non ci lasceremo dominare, sottomettere, conquistare, colonizzare… non ci faremo rimpiazzare”.
Il proclama alla Nazione di Éric Zemmour è però arrivato nel momento peggiore, quando la sua stella ha cominciato a calare nei sondaggi e nella degradazione della sua immagine pubblica.
Il culmine simbolico è arrivato sabato scorso a Marsiglia, dove una donna si è avvicinata alla sua auto e quando lui ha abbassato il finestrino lei gli ha mostrato il dito medio. Lui ha prontamente risposto con un altro dito medio accompagnato da un irato: “…e ben profondo”.
Era successo ben di peggio in questi mesi ma come sempre accade l’aneddoto pecoreccio ha avuto la meglio, per tre giorni non s’è discusso d’altro.
Lui si è scusato per il gesto poco presidenziale al confronto del quale però le famose corna di Giovanni Leone agli studenti che lo contestavano sembrano ora un’innocente mossa da napoletano scaramantico; nel caso di Zemmour quel dito è apparso invece come il segno di un disprezzo elitario.
Gli ultimi tempi dell’iperattivo polemista sono stati costellati da un precipizio di immagine. Sbeffeggiato a Marsiglia, emarginato a Londra il 19 e 20 novembre dove gli è stata negata la sala della Royal Institution, accanto a Westminster, prenotata da settimane e lui è stato dirottato in un modesto hotel Ibis.
Il sindaco Sadiq Khan di origini pakistane lo ha definito persona sgradita, “come tutti quelli che incitando all’odio per il colore della pelle”.
D’altra parte è stato più volte denunciato e anche condannato per incitamento all’odio razziale. Nemmeno il populista Nigel Farage, iniziatore del movimento Brexit, ha voluto vederlo.
Cosa succederà in Francia si capirà meglio sabato prossimo allo Zenith di Parigi dove Zemmour terrà il suo primo grande meeting dopo la candidatura. Sono annunciati sostegni a sorpresa e d’élite,
Le Monde parla oggi anche di figure originarie della gauche intellettuale accanto ad esponenti dell’élite economica, a dispetto del dichiarato populismo del candidato.
Il suo grande sponsor è il finanziere Vincent Bolloré con la sua catena di televisioni e giornali che ne fanno una specie di Murdoch francese.
Quello che è certo è che Zemmour ha diviso il campo dell’estrema destra per quarant’anni dominato dal clan Le Pen (padre e figlia) e anche un po’ quello della destra un tempo gollista che terrà a giorni le sue primarie per designare lo sfidante per l’Eliseo.
Nei sondaggi Marine Le Pen è tornata davanti a Zemmour, ma la strada è ancora lunga e piena di incognite. L’unico che ha già tratto un sicuro vantaggio da questa rissa è Emmanuel Macron.
(da Huffingtonpost)
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Dicembre 1st, 2021 Riccardo Fucile
“GOLIARDIA” E’ UNA PAROLA CHE PER IL CODICE PENALE NON HA VALORE… PER CASI MENO GRAVI PUO’ ESSERE RIDOTTA DI UN TERZO
La “goliardata” di cui ha parlato per discolparsi Andrea Serrani – il 45enne ristoratore residente a Chiaravalle vicino Ancona, dove vive con la compagna e una figlia piccola – non è stata ritenuta tale da Greta Beccaglia, la giornalista di Toscana TV che sabato scorso ha vissuto un pomeriggio da incubo nel dopo partita di Empoli-Fiorentina, beccandosi una pacca sul sedere da parte dell’uomo, oltre ad epiteti e gesti volgari di altri tifosi.
“Mi scuso, ci mancherebbe, voglio incontrarla per scusarmi di persona. È stato uno sbaglio, non sto bene, a casa stiamo passando tutti i dispiaceri possibili del mondo. Uno lavora una vita e poi guardate cosa succede”, ha detto il sostenitore della Fiorentina, recatosi in trasferta al Castellani di Empoli per il derby toscano.
Parole che hanno ulteriormente amareggiato la Beccaglia, che – almeno per il momento – non è intenzionata a perdonare Serrani, individuato rapidamente dalla polizia grazie alle immagini.
E dunque la giornalista ha già denunciato l’uomo, come confermato da lei stessa: “Pensa davvero di non aver fatto nulla di male? Una goliardata, dice. Giustificata dalla rabbia perché la Fiorentina aveva perso? Definire goliardia una molestia significa non aver capito la gravità di un atto – si è sfogata al Corriere della Sera, con voce rotta dalle lacrime – Sono dichiarazioni irricevibili. Mi pare che peggiorino tutto. Scuse? Per adesso non ne so nulla. E comunque io ho fatto la mia denuncia in Questura. Denunciare è importante, e spero che, vedendo me, altre lo facciano”.
L’ipotesi di reato su cui lavorano gli inquirenti è quella di violenza sessuale: articolo 609 bis del Codice Penale.
La legge italiana infatti non prevede il reato di molestie sessuali, bensì quello generico di molestia o disturbo alle persone arrecato per una ragione riprovevole.
Quando tuttavia qualcuno costringe un’altra persona a compiere o subire atti sessuali – intesi non solo come rapporti sessuali completi, ma anche come toccamenti, palpeggiamenti e sfregamenti delle zone erogene, anche se fatti sopra i vestiti e in modo fugace – si integra il reato di violenza sessuale, disciplinato dall’articolo in questione.
Le eventuali intenzioni scherzose del soggetto che ha posto in essere l’atto – da lui invocate come scusanti – non contano rispetto a quello che la vittima percepisce.
Ed in questo caso le parole della giornalista non lasciano alcun dubbio sul suo stato d’animo, sullo shock provato, su quel senso di violazione della propria intimità.
La giurisprudenza in tal senso è molto solida, come attestano diverse sentenze della Corte di Cassazione.
In questa interpretazione, una pacca sul sedere costituisce evidentemente un atto sessuale, né dunque può essere invocato come scusante il presunto tono scherzoso del gesto né l’eventuale breve durata.
Serrani è dunque indagato per violenza sessuale dopo la denuncia di Greta Beccaglia e rischia non poco, visto che ai sensi dell’art. 609 bis c.p. questo reato è punito con la reclusione da 6 a 12 anni. Nei casi di minore gravità la pena può essere ridotta, ma in misura non eccedente i due terzi.
(da Fanpage)
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Dicembre 1st, 2021 Riccardo Fucile
“PREPARIAMOCI AL PEGGIO”
«Fino a due o tre anni fa non lo avrei mai pensato, ma ora è tempo di discutere sull’obbligo vaccinale».
A dirlo è la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen durante la conferenza stampa sull’emergenza Covid tenuta oggi, 1 dicembre.
Dopo la decisione dell’Austria e la dichiarazione del futuro cancelliere di Germania, von der Leyen rompe il tabù dell’obbligo di vaccino mostrandosi per la prima volta favorevole all’idea. La quarta ondata ha oramai invaso l’Europa e la nuova possibile minaccia della variante Omicron porta i vertici a riflettere sulle prossime mosse per arginare il contagio. «Gli scienziati dicono di non saperne abbastanza», ha continuato la presidente riferendosi alla nuova mutazione, «servono due o tre settimane, che in pandemia sono un’eternità. Per questo la raccomandazione è vaccinatevi. Speriamo al meglio, ma prepariamoci al peggio».
(da agenzie)
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Dicembre 1st, 2021 Riccardo Fucile
DOPO UNA GIORNATA DI ANDIRIVIENI CON UN FALDONE DI DENUNCE IN MANO ALLA FINE SI ARRENDE: “IN CINQUE PALAZZI NON E’ STATO POSSIBILE PROTOCOLLARE NULLA”
“L’Onu mandi i caschi blu a Trieste”, aveva chiesto perentoriamente Stefano Puzzer un paio di settimane fa. Il fu leader dei portuali del capoluogo friulano, un Daspo dopo essersi accampato a Roma, piazza del Popolo, per la sua protesta continua contro il green pass e la dittatura sanitaria, rimane fedele al motto che ha contraddistinto “le giornate di Trieste”: “La gente come noi non molla mai”. E Puzzer non ha mollato per davvero, ieri ha dato un seguito concreto alla richiesta di un contingente internazionale che venga schierato nella sua Trieste a fare non si sa bene cosa. Un paio di amici, una macchina, e via verso Ginevra, direzione Palazzo delle Nazioni, una delle principali sedi Onu nel mondo.
“Come promesso siamo qui alle Nazioni Unite”, spiegava con capelli bagnati e k-way d’ordinanza inquadrandosi davanti al palazzo ginevrino. “Porteremo le nostre denunce per i fatti di Trieste e per il Daspo che ho ricevuto a Roma, abbiamo portato i documenti e tutte le foto, adesso entriamo dentro”.
Seguono diverse ore senza notizie. Quando Puzzer si ripalesa non c’è più il plumbeo grigio mattutino della Svizzera, registra un video dal confine con la Francia. È notte, ha l’aria stremata, è seduto in macchina su una piazzola di sosta. Il girato viene spedito ad amici no-vax e no-pass, inizia a rimbalzare sulle chat di Telegram, qualcuno lo posta anche su Facebook.
“Siamo arrivati all’Onu, siamo andati nell’ufficio dove avevamo l’accredito. È iniziato un circo, un giro di cinque palazzi dove ci dicevano ogni volta di dover andare per protocollare le carte”.
Insomma la scena è questa: Puzzer con un faldone in mano contenente istanze per la sua battaglia no-pass chiede di depositare una denuncia – immaginiamo contro il governo e istituzioni pubbliche varie – di fronte a funzionari allibiti che non sanno che pesci pigliare e che lo rimbalzano da un ufficio all’altro non sapendo bene come dirgli che quel che sta facendo ha poco senso.
Dopo una giornata di andirivieni Puzzer si arrende: “In cinque palazzi non è stato possibile protocollare nulla, ma per fortuna abbiamo le prove che le mail le avevamo mandate”.
“Ho capito quel che non ho mai voluto credere, è stato uno schiaffo: questa organizzazione è una scatola vuota, non si preoccupa di questi problemi”, si rammarica l’ex portuale. Ma, ovviamente, non molla mai: “Io e la mia famiglia non lo faremo, spero anche voi”.
La riflessione prosegue e si conclude con una riflessione storico-filosofica: “Ho visto la statua di Gandji fuori dall’Onu. Credo che se lui potesse lo porterebbe via da lì, non accetterebbe di essere il simbolo di una scatola vuota”.
Peccato non poterglielo chiedere.
(da Huffingtonpost)
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