Dicembre 28th, 2021 Riccardo Fucile
RECORD ANCHE IN PORTOGALLO:.. UK OFFRE, DANIMARCA TASSO PIU’ ALTO
Fino a due o tre volte più contagiosa della variante Delta, ma meno grave, almeno stando agli studi più recenti condotti dall’Imperial College di Londra e dall’Università di Edimburgo, Omicron dilaga in Europa. E riesce a eludere i vaccini, infettando anche persone immunizzate.
I primi giorni dopo le feste di Natale registrano casi record in molti paesi di Europa, come la Francia con 180.000 contagi nelle ultime 24 ore e l’Inghilterra che ne ha quasi 130mila. Anche il Portogallo riporta infezioni da record, nonostante nonostante un’alta percentuale di popolazione vaccinata, e l’Italia, che ha raggiunto i 78mila casi giornalieri, mai così tanti dall’inizio della pandemia.
La Scandinavia è tra le regioni europee che sta affrontando una rapida ascesa dei contagi. La Danimarca registra infatti il più alto tasso di infezioni al mondo: su 100 mila abitanti in 1.612 sono positivi al Covid. E la Finlandia, dopo una riunione-lampo del governo, ha deciso di correre ai ripari vietando, salvo alcune eccezioni, ai non vaccinati di entrare nel Paese.
Francia
La Francia ha riportato un record di 179.807 nuovi casi nelle ultime 24 ore, di gran lunga il numero più alto dall’inizio della pandemia. Il precedente record di 104.611 era stato stabilito sabato.
Il paese ha annunciato nuove misure anti Covid nel tentativo di arginare l’impennata di infezioni. Dal 3 gennaio 2022, lavorare da casa sarà obbligatorio per almeno tre giorni a settimana per coloro che possono farlo, mentre i raduni pubblici saranno limitati a 2.000 persone al chiuso, e a 5.000 all’aperto.
Inghilterra
Il Regno Unito ha riportato un record di 129.471 nuovi casi, all’indomani delle parole del primo ministro Boris Johnson che ha dichiarato di non prevedere nuove restrizioni per limitare la diffusione del virus.
Questa cifra è la più alta mai registrata, e in crescita rispetto ai 98.515 casi riportati ieri. Il precedente record di infezioni giornaliere era di 122.186 il 24 dicembre 2021.
I dati non sono completi perché non includono le cifre per la Scozia e l’Irlanda del Nord a causa delle differenze nelle pratiche di segnalazione durante le vacanze di Natale. I 12.378 casi riportati per il Galles includono dati che normalmente sarebbero stati riportati nei giorni precedenti. Quindi è probabile che le cifre reali siano più alte.
Danimarca
La Danimarca ha il più alto tasso di infezione da Covid al mondo, con 1.612 casi ogni 100.000 persone. Il paese di 5,8 milioni di persone ha riportato un nuovo record lunedì per le infezioni giornaliere e ora ha la più alta incidenza mai registrata. I nuovi casi giornalieri per la prima volta sono stati 16.164, sui 130.686 test PCR, dando un tasso di positività del 12,4%.
Dalla scorsa settimana, la variante Omicron è la forma dominante del virus nel paese. La Danimarca, stando ai numeri di Our World in Data è anche tra i paesi che effettua più test per residente.
Portogallo
Il Portogallo ha riportato un record di 17.172 nuovi casi nelle ultime 24 ore, battendo il precedente massimo di 16.432 casi che era stato registrato alla fine di gennaio del 2021.
Con circa l′87% dei suoi 10 milioni di abitanti vaccinati e quasi 2,4 milioni di persone che hanno ricevuto la terza dose, il Portogallo ha uno dei tassi di vaccinazione Covid più alti del mondo. Nonostante questo i dati ufficiali mostrano che la variante Omicron rappresenta il 61,5% di tutti i nuovi casi nel paese.
Spagna
Alimentati dalla variante Omicron i casi in Spagna sono aumentati in modo vertiginoso nell’ultimo mese, spingendo l’incidenza nazionale di 14 giorni a un record di 1.206 casi per 100.000 persone lunedì, un aumento di cinque volte dall’inizio di dicembre.
Aggiornando i dati relativi al Covid dopo una pausa di quattro giorni, le autorità sanitarie del Paese hanno riferito lunedì sera di 214.619 nuovi casi e 120 decessi da giovedì.
Il governo ha reintrodotto un mandato per le mascherine all’aperto la scorsa settimana, ma finora non ha tentato di reimporre restrizioni nazionali più severe. Tuttavia, le amministrazioni regionali, che sono responsabili dell’attuazione della propria politica sanitaria, hanno introdotto misure che vanno da un coprifuoco notturno in Catalogna a limiti sugli incontri sociali e sugli orari di apertura dei bar.
Grecia
La Grecia ha riportato un nuovo record giornaliero di 21.657 casi di Covid oggi, più del doppio del giorno prima, che era già un record, di 9.284 casi di lunedì. A sua volta quella cifra era più del doppio di quella di domenica, 4.036.
(da Huffingtonpost)
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Dicembre 28th, 2021 Riccardo Fucile
NUOVO RECORD IN LOMBARDIA: 28.795 CASI
Una valanga ampiamente attesa. Cifre inedite per l’Italia nel contagio da Covid.
Torna a salire il numero di tamponi superando quota un milione, dopo il fisiologico calo di Natale, e si tornano ad inanellare record sul numero dei positvi.
Oggi la curva si impenna e raggiunge cifra 78.313 contagi (202 morti, tasso al 7,6%): un numero mai raggiunto prima. In molte regioni, come ad esempio Lombardia (28.795), Piemonte (7.933,) Veneto (7.403 contagi) e Campania (7.100), si è registrato un vero e proprio boom nella diffusione del virus, con cifre record dall’inizio della pandemia.
Numeri, comunque, destinati a salire ulteriormente nelle prossime settimane: per metà gennaio la previsione è quota centomila contagiati.
Cifre, però, che potrebbero restituire una fotografia parziale sulla reale situazione, alla luce del fatto che in diversi territori è saltato il sistema di tracciamento per difficoltà anche legate ai tamponi.
Sui test, dopo l’enorme richiesta dei giorni scorsi, c’è il rischio che possano cominciare a scarseggiare e sulla mancanza di reagenti è già allarme.
Per il presidente del Veneto, Luca Zaia, “c’è un dubbio che possano finire i reagenti e anche i tamponi” mentre per i medici di Roma “bisogna aumentare gli approvvigionamenti”.
Nella sola Toscana sono circa 600 le persone al minuto che accedono al portale per la prenotazione del test. In Lombardia, dopo le criticità dei giorni scorsi, si stanno allestendo nuovi punti tampone: da giovedì prossimo, sarà attivo un nuovo centro test massivo a Gallarate, in provincia di Varese.
Un quadro allarmante e non è escluso che dal ministero della Salute possa arrivare un forte richiamo alla circolare dell′8 gennaio 2020, dove veniva specificato, che con un’alta incidenza, la positività al Covid può essere certificata anche dai test antigenici, i cosiddetti tamponi rapidi. Questo provvedimento – utile ad evitare il sovraccarico dei laboratori e a fronteggiare la carenza di reagenti – non è infatti applicato in diverse regioni.
Secondo una stima di Federfarma Servizi la richiesta di test fai da te per l’autodiagnosi è aumentata in modo esponenziale: circa 10 mila quelli venduti al giorno.
Oltre ai tamponi è in netto aumento anche la richiesta di mascherine Ffp2, obbligatorie con le ultime disposizione anche sui bus: allo studio infatti ci sarebbe l’ipotesi di prezzi calmierati.
Se i numeri dei contagi crescono rischiano anche le terapie intensive entrate in zona critica e ad oggi sono 1.145 i pazienti ricoverati. La percentuale di occupazione si attesa intorno al 12% ma in alcune realtà il quadro è in peggioramento. Parametri che potrebbero presto portare alcune regioni al cambio di colore dal 3 gennaio: Lazio, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte rischiano di finire in giallo, la Liguria -ammette lo stesso governatore Toti- ha numeri da zona arancione.
La campagna di vaccinazione, infine, sembra proseguire sui target prefissati. Ieri sono state somministrate 521.329 dosi, di cui 435.629 booster. Per potenziare le somministrazioni e arginare l’avanzata di Omicron le Regioni, considerato saltato il tracciamento, chiedono di impegnare nelle somministrazioni il personale destinato al tracing.
Una nuova svolta per i vaccini ci sarà tra gennaio e febbraio con l’arrivo in Italia di 1,5 milioni di dosi di Novavax, un vaccino di tipo tradizionale che potrebbe convincere anche gli scettici e abbattere lo zoccolo duro degli oltre 5 milioni senza ancora una dose.
(da agenzie)
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Dicembre 28th, 2021 Riccardo Fucile
FECCIA CHE MERITA DI ESSERE SIGILLATA IN CASA
Aggredito a testate perché la fornitura di test antigenici era terminata: è successo la sera della Viglia di Natale a un farmacista di Ripa, frazione di Perugia, colpito da un cliente che voleva acquistare alcune confezioni di tamponi auto-diagnostici ormai esauriti.
L’aggressione è avvenuta mentre il professionista stava eseguendo alcuni tamponi rapidi in un locale separato a persone che avevano prenotato il test: di fronte al rifiuto di vendergli il prodotto desiderato, il cliente ha dato in escandescenze e ha colpito la vittima con una testata al volto.
L’uomo è stato accompagnato al pronto soccorso, dove il personale medico gli ha curato la ferita riportata allo zigomo. I suoi colleghi hanno invece allertato i carabinieri.
Ad esacerbare gli animi le sempre crescenti difficoltà a reperire tamponi mentre il Paese è investito dalla quarta ondata: sono 14.000 le farmacie della rete che offrono la somministrazione di test antigenici, processando mediamente 500mila tamponi al giorno. “Un contributo decisivo, numeri alla mano, al tracciamento dei contagi e un supporto indispensabile alla ripresa delle attività sociali ed economiche del Paese” per il segretario nazionale di Federfarma, Roberto Tobia.
“Un’altra intollerabile aggressione a un farmacista”, ha sottolineato in una nota la Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani, che ha rivolto un appello alle autorità “perché intensifichino l’opera di sorveglianza e prevenzione di gesti violenti e sconsiderati ai danni dei farmacisti e delle farmacie impegnati, in condizioni sempre più difficili, nell’opera di screening e vaccinazione contro il Sars-CoV2”.
“Ancora alla vigilia di Natale – si legge ancora nel comunicato – il collega Ramon Rustici è stato aggredito fisicamente, durante l’esecuzione dei tamponi, da un individuo infuriato per la mancanza nella farmacia di autotest Covid, da tempo irreperibili in buona parte del territorio nazionale. Al collega Rustici va la solidarietà del comitato centrale della Federazione e di tutti i farmacisti italiani”.
(da NetQuotidiano)
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Dicembre 28th, 2021 Riccardo Fucile
I DUE GIOVANI TRATTENUTI IN BAGNO PER MOLTE ORE PRIMA DI ESSERE TRASFERITI IN UN OSTELLO
Avevano deciso di trascorrere le feste di Natale in Finlandia, ma al ritorno in aeroporto ad Helsinki sono risultati positivi al tampone e sono stati messi in quarantena in un bagno.
Due ragazzi di 20 e 23 anni di Napoli, Fabio e Valentina, sono finalmente stati spostati in un ostello dopo quasi un giorno trascorso in condizioni difficili.
Ora “hanno una stanza con bagno ed angolo cottura”, racconta a Fanpage la madre di Fabio: erano pronti a salire sull’aereo per tornare a casa, invece dovranno restare nella struttura per dieci giorni.
I primi momenti dopo il tampone fatto alle 3 di notte di ieri sono stati i più difficili: in seguito all’esito positivo, sono stati barricati in un bagno chiuso con una paratia, dopo un’ora hanno avuto una bottiglietta d’acqua e quasi all’alba due sedie.
In mattinata gli sono stati portati dei biscotti e una busta con dei viveri. Le autorità locali gli hanno riferito che si stava facendo tardi perché c’erano molti rientri per Natale e molti casi positivi.
“Mio figlio esausto si è addormentato sul piano del lavabo”, aveva denunciato la madre. “Trovo assurda questa vicenda – aveva detto –. Capisco le precauzioni anti-contagio, ma perché devono essere chiusi in bagno? Il numero di emergenza della Farnesina peraltro squilla a vuoto da ore”.
Erano partiti il 20 dicembre, un regalo di laurea dei parenti prenotato su un corridoio covid free. Poi il tampone rapido – dal costo di 150 euro l’uno – per rispettare le norme per il rientro in Italia. Potrebbero essere rimasti contagiati nell’hotel in cui hanno alloggiato, visto che i pranzi erano serviti a buffet. Nessuno dei due ha sintomi, ma le autorità italiane hanno assicurato nelle prossime ore l’assistenza con un medico che parla italiano.
(da NetQuotidiano)
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Dicembre 28th, 2021 Riccardo Fucile
A ROMA 140 EURO PER AVERE IL RISULTATO IN 4 ORE
Tamponi molecolari a 140 euro a Roma. Questo accade in alcune strutture private della capitale, che per aver garantito il risultato in poche ore chiedono il doppio del prezzo normale.
È il caso ad esempio di un centro di analisi nel centro della capitale, a due passi da Piazza Fiume, dove chi arriva per fare il test si trova davanti la possibilità di scegliere: pagare per avere subito il risultato, evidentemente scavalcando qualcun altro.
Ma non è l’unica struttura ad adottare questa politica. Un prezzo quello proposto che molte persone, in questo periodo in cui i contagi sono aumentati in modo considerevole, e fare un molecolare è diventato difficile, decidono di pagare per tutelare la salute propria e quella della loro famiglia.
Nel caso in cui si opti per il molecolare da 60 euro, invece, i risultati sono garantiti entro le 18 del giorno successivo. E in questo periodo di caos tamponi e aumento dei contagi c’è chi preferisce avere il risultato con certezza in poco tempo.
Negli ultimi giorni, con la diffusione della variante Omicron, sono aumentati i casi di coronavirus nel Lazio. La variante più contagiosa ha fatto schizzare in alto i contagi, che il 25 dicembre nella regione hanno superato quota 4mila a fronte di 100.000 test.
File lunghissime si sono registrate in questi giorni davanti le farmacie, con i vari slot prenotati e l’impossibilità per molti di riuscire a prenotare un tampone anche rapido, andato sold out in moltissimi laboratori e farmacie così che in diversi si sono rivolti ai centri privati per un più costoso molecolare. I tamponi molecolari sono inoltre necessari per certificare l’avvenuta negativizzazione, e per confermare in caso di positività il risultato del tampone rapido. In più molti con sintomi febbrili decidono di fare direttamente il test molecolare che, privatamente, ha un prezzo già significativo di per sé.
Al momento è molto difficile prenotare i test molecolari a Roma, anche per chi è positivo al coronavirus e ha un’impegnativa del medico curante. I drive in delle Asl (che ricordiamo sono gratuiti) lavorano a pieno ritmo ma sono intasati, con file lunghissime e ore di attesa. C’è chi per effettuare un test è dovuto andare fino a Civitavecchia o Frosinone, facendo ore di viaggio nonostante la positività.
(da Fanpage)
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Dicembre 28th, 2021 Riccardo Fucile
CI SI CHIEDE QUANDO MAI SIA INIZIATO
Il tecnico se ne va. Meno di un mese fa ci spiegava che avevamo bisogno di formare nuove figure professionali per cavalcare il nuovo millennio, e aggiungeva che bisognava smettere di studiare le guerre puniche a scuola.
Oggi il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani annuncia che se ne vuole andare dal governo. E lo spiega con un’altra frase da antologia: «Abbiamo centrato gli obiettivi posti da Draghi prima del compimento dell’anno. Ora c’è un problema di implementazione. E questa fase non ha bisogno di uno con il mio profilo». Cult.
Dunque lui, Cingolani, ritiene di avere già compiuto la missione, impostando il lavoro. Adesso basta che arrivi qualcuno in grado di gestire “l’implementazione“ delle poderose riforme messe in campo (quali?) in materia energetica e ambientale, e tutto si risolverà da se.
Farà sicuramente discutere questa frase che il ministro ha pronunciato in un’intervista a Staffetta Quotidiana, una testata di settore specializzata sui temi dell’energia e della sostenibilità, che fra l’altro lo aveva appena incoronato uomo dell’anno.
Ma nulla da fare: Cingolani spiazza, e non solo perché la sua sembra una parafrasi in lingua manageriale della celebre battuta di Gloria Swanson in “Viale del tramonto” di Billie Wilder: “Io sono ancora grande. È il cinema che è diventato piccolo per me”.
Farà discutere – la frase shock del ministro – perché sembra che il discorso di fine anno di Mario Draghi abbia innescato nella sua squadra degli effetti emulativi che il presidente del Consiglio non aveva previsto. Ma che sono inevitabili.
Se infatti il premier tecnico che doveva salvare il Paese, può sostenere di non essere più indispensabile “una volta impostato il lavoro”, non è normale che anche gli altri tecnici posano subire la stessa tentazione?
Ecco perché non è casuale che il ragionamento con cui Cingolani ha dichiarato compiuta la sua missione ed esaurito somigli così tanto a quello di Draghi.
Tuttavia, nel caso del ministro della Transizione ecologica è anche lecito chiedersi quale sia il lavoro così felicemente impostato “da implementare”.
Le bollette, dopo i picchi di questa estate, hanno sfiorato qualsiasi record, senza che nessuno nel suo ministero abbia mostrato capacità previsionale o di intervento tempestivo.
L’Italia è costretta a considerare la riattivazione delle centrali a carbone. L’esplosione del costo dell’energia sta terremotando l’industria.
Di quali mirabolanti risultati parla il ministro? Forse, di fronte a queste obiettive difficoltà, il fisico-manager arruolato da Leonardo un po’ rimpiange i bei tempi in cui faceva il dirigente di azienda (con retribuzioni di mercato, non certo i 4mila euro al mese da ministro) e non aveva il fiato dell’opinione pubblica sul collo. Così, dopo le parole di Draghi sul «mandato realizzato» e sul governo che «può andare avanti chiunque lo guidi» anche lui si sarà fatto i suoi conti.
Secondo Cingolani, i compiti assegnati dal presidente del Consiglio erano sostanzialmente tre, e nell’intervista a Staffetta lì riassume così: «Scrivere il Pnrr, o almeno contribuire pesantemente visto che la transizione ecologica è centrale per il successo del piano, per la sua approvazione, per il suo finanziamento e per la bella figura dell’Italia».
Questa missione, spiega il ministro, «credo sia andata bene. So come scrivere un programma tecnico e ho un’esperienza manageriale che mi è stata molto utile».
Poi il secondo obiettivo: costruire una nuova struttura ministeriale. Anche in questo caso, assicura Cingolani «la capacità organizzativa e manageriale è stata utile. Quando sono arrivato il ministero aveva un bilancio annuale di 1,2-1,3 miliardi, quasi tutte spese fisse. Oggi, e per i prossimi 5 anni, il bilancio è da 16-17 miliardi. Siamo diventati più simili a una società quotata».
Terzo bersaglio raggiunto: le semplificazioni. «Abbiamo fatto tutto da febbraio a dicembre», osserva, «si poteva essere più veloci, ma come risultato non è male».
Non c’è bisogno di fare i modesti. Perché subito dopo, nell’intervista, Cingolani ci ricorda sommessamente di aver portato a casa il G20 («un successo globale che ci è stato riconosciuto in tutto il mondo») e la Cop26. Un vero e proprio miracolo. E dire che non c’è ne eravamo accorti.
Forse il ministro, nel tratteggiare il suo idilliaco bilancio, non ha prestato attenzione a quello che, proprio ieri, spiegavano in un appello disperato la principali associazioni imprenditoriali italiane: “Stiamo fronteggiando il più drammatico aumento dei costi delle commodity energetiche della storia”, denunciano le associazioni. E subito dopo chiedono: “Serve un intervento urgente del governo”.
Nel fare questo le imprese ricordano alcuni numeri che danno il senso della tempesta tariffaria in atto: “Il costo dell’elettricità sul mercato è salito del 280% dal gennaio 2021 e del 650% dal gennaio 2020, mentre il costo del gas naturale ha toccato solo una settimana fa il suo record storico, con una corsa del 670% negli ultimi dodici mesi”.
Il fatto che nell’ultima settimana il prezzo del gas sul mercato europeo sia sceso di oltre il 40% non tranquillizza gli imprenditori, “perché gli analisti prevedono un ritorno a livelli più vicini alla fase pre-covid solo a inizio del 2023”.
Non è un caso che l’allarme sia stato lanciato ieri: fra due giorni verranno annunciate le nuove tariffe di luce e gas da parte dell’Authority per il primo trimestre dell’anno, dove si prevedono aumenti tra il 40 e il 50% solo in minima parte “sterilizzati” dai 3,8 miliardi già stanziati dal governo.
Le imprese manifatturiere sostengono che gli aiuti sono stati, per ora, rivolti soprattutto «agli utenti domestici, mentre ora occorrono interventi immediati per le imprese, per mitigare gli effetti devastanti del costo impazzito del gas naturale”.
A firmare l’appello ieri, erano un gruppo di imprenditori autoconvocati, che si sono sono dati apputtamento, simbolicamente presso la fonderia di Torbole, in provincia di Brescia. Tra i sottoscrittori c’erano i rappresentanti di Anfia (filiera dell’industria automobilistica), di Assocarta, di Confidustria ceramica, di Assovetro e Assomet (metalli non ferrosi), oltre ad Assofond, padrona di casa.
Un conglomerato di imprese che oggi dà lavoro a 350mila persone, il doppio con l’indotto, per 88 miliardi di valore aggiunto e 55% di export. E l’ultimo paradosso è questo: si tratta di aziende che sono tutte in piena produzione, proprio quelle che stanno trainando il rilancio del nostro prodotto interno lordo.
Ma evidentemente, dopo i grandi successi del ministro manager, per risolvere problemini di questa portata, dopotutto, può bastare solo un buon “implementatore”.
(da TPI)
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Dicembre 28th, 2021 Riccardo Fucile
DOPO I COMMERCIALISTI DELLA LEGA TOCCA A BARACHETTI: CINQUE ANNI PER PECULATO
Altra condanna nel caso Lombardia Film Commission. Alla luce dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Milano sulla vendita di un capannone di Cormano, nel milanese, alla fondazione Lfc, partecipata dalla Regione, con cui sarebbero stati drenati 800mila euro di fondi pubblici, è stato condannato a cinque anni di reclusione Francesco Barachetti, elettricista di Casnigo, in provincia di Bergamo.
Secondo gli inquirenti, la compravendita dell’immobile in provincia di Milano sarebbe stata gonfiata e nell’operazione sono coinvolte l’immobiliare Andromeda, la fondazione Lombardia Film Commission e alcune società ritenute vicine alla Lega.
Il prezzo di vendita del capannone, in base alle indagini svolte dalla Guardia di finanza, sarebbe stato portato ad 800mila euro mentre il suo valore reale era di circa 400mila. E per l’acquisto sarebbero stati usati fondi pubblici erogati dalla Pirellone alla stessa Fondazione.
Gli inquirenti ritengono che ad architettare l’operazione sarebbe stato il commercialista milanese Michele Scillieri, presso lo studio dove è stato registrato e domiciliato il movimento “Lega per Salvini premier”.
A collaborare con Scillieri sarebbero poi stati Alberto Di Rubba, ex presidente della Fondazione ed ex revisore dei conti del gruppo della Lega alla Camera, e Andrea Manzoni, altro professionista di fiducia del Carroccio.
Un’indagine che è andata a intrecciarsi con quella della Procura di Genova sulla scomparsa dei 49 milioni di euro della Lega di cui si sono perse le tracce e oggetto della truffa ai danni dello Stato.
Per il caso Film Commission hanno quindi già patteggiato la pena il presunto prestanome Luca Sostegni e il commercialista Scillieri, mentre sono stati condannati rispettivamente a 5 anni di reclusione e 4 anni e 4 mesi Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni (leggi l’articolo). Ora la condanna anche di Barachetti.
Il Tribunale di Milano ha ritenuto l’elettricista colpevole sia di peculato che di emissione di false fatture, revocando però per lui gli arresti domiciliari essendo “venute meno le esigenze cautelari”.
Sarebbe stato Barachetti, secondo gli investigatori del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza, coordinati dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco e dal sostituto Stefano Civardi, “il principale artefice di una complessa architettura contrattuale” che, con l’incremento dei costi di ristrutturazione, avrebbe gonfiato fino ad 800mila euro il prezzo del capannone venduto alla Lombardia film commission.
Il pm Civardi, nella sua requisitoria, ha definito l’imputato un uomo di fiducia di Di Rubba e un imprenditore “del mondo della Lega”, da cui avrebbe incassato circa 2,3 milioni di euro negli ultimi anni per lavori.
“Non è semplicemente un riciclatore – ha affermato il magistrato – è un imprenditore che da subito si è messo a disposizione per assicurare il ritorno dei soldi a Manzoni e Di Rubba”, attraverso una delle sue società.
(da La Notizia)
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Dicembre 28th, 2021 Riccardo Fucile
NONOSTANTE L’AGENZIA SANITARIA BRASILIANA L’ABBIA RACCOMANDATO PER LA FASCIA D’ETA’ 5-11 ANNI
«Non farò vaccinare mia figlia». È la dichiarazione del presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, che ha detto alla stampa: «Mia figlia ha 11 anni. La somministrazione dei vaccini ai bambini è in una fase iniziale, il mondo ha ancora dei dubbi e non ci sono morti tra i bambini che giustificano un vaccino d’emergenza».
La vaccinazione anti-Covid-19 per i minori tra i 5 e gli 11 anni è un tema controverso in Brasile, dove i sostenitori del presidente si sono fermamente opposti, anche se la maggioranza della popolazione si è pronunciato a sostegno dei vaccini.
Il 16 dicembre scorso l’Agenzia nazionale di vigilanza sanitaria del Brasile (Anvisa) ha approvato l’uso del vaccino anti-Covid sviluppato dall’industria farmaceutica statunitense Pfizer sui bambini in questa fascia d’età. Già da ottobre, come riportato da Reuters, i dipendenti dell’Agenzia hanno riferito di aver ricevuto diverse minacce di morte in merito alla questione
Quando si è arrivati all’approvazione finale, Bolsonaro ha sollevato polemiche dicendo che voleva rendere pubblici i nomi dei funzionari che avevano votato a favore.
«L’identità di coloro che sono coinvolti nell’analisi tecnica non porta con sé alcun interesse», ha risposto Anvisa, aggiungendo che la richiesta «istiga i cittadini a una reazione, un metodo apertamente fascista e i cui risultati possono essere tragici e violenti, mettendo a rischio la vita e l’integrità fisica dei dipendenti dell’Agenzia». Da ultimo il giudice della Corte suprema del Brasile ha inviato alla Procura generale della Repubblica una richiesta di indagine nei confronti di Bolsonaro per minacce.
Il 23 dicembre, il ministro della Salute, Marcelo Queiroga, ha provocato ulteriori polemiche, affermando che il numero di decessi per Covid-19 tra i bambini non giustificava l’autorizzazione alle somministrazioni.
In seguito ha affermato che i vaccini per i bambini richiederebbero una prescrizione medica, cosa che i segretari della sanità di stato hanno immediatamente contraddetto. «Sulla base delle prove scientifiche disponibili, il vaccino se somministrato in due dosi a bambini di età compresa tra 5 e 11 anni, può essere efficace nel prevenire malattie o condizioni gravi e potenzialmente fatali che possono essere causate dal virus», ha dichiarato il direttore generale dei medicinali di Anvisa, Gustavo Mendes. «Non ci sono segnalazioni di eventi avversi gravi, preoccupazioni o segnalazioni relative a casi molto gravi o mortalità dovuta alla vaccinazione».
Nel frattempo, Queiroga ha dato il via a una consultazione pubblica, aperta fino al 2 gennaio, per raccogliere le posizioni della società civile in merito alla vaccinazione contro il Covid-19 per i bambini in questa fascia d’età. I contributi dovranno essere inviati tramite l’indirizzo elettronico del ministero della Salute.
(da agenzie)
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Dicembre 28th, 2021 Riccardo Fucile
DOVE GOVERNANO I SOVRANISTI ADDIO LIBERTA’
Memorial, la storica Ong russa che opera in difesa dei diritti umani, è costretta a chiudere.
È stato deciso oggi, 28 dicembre, dalla Corte suprema russa, che ha ordinato la chiusura dell’organizzazione ai sensi della controversa legislazione sugli «agenti stranieri», che bolla le organizzazioni che ricevono fondi dall’estero e le loro azioni come contrari agli interessi della Russia.
§Come riportato dal Guardian, nella sua sentenza il giudice ha nominato «ripetute» e «consistenti» violazioni della legge russa.
Una posizione che Memorial ha definito politicamente motivata. La decisione è arrivata il giorno dopo la condanna a 15 anni di carcere del presidente storico dell’associazione, Yuri Dmitriev, famoso per le sue scoperte sulle vittime dello stalinismo. Un colpo durissimo per l’associazione, che è nata alla fine degli anni ’80 per documentare le repressioni politiche condotte dall’apparato dell’Unione Sovietica, creando un database delle vittime del Grande Terrore e dei gulag.
Tra i suoi attivisti, Memorial ha annoverato anche il premio Nobel per la pace, Andrei Sakharov.
L’autorità giudiziaria russa ha descritto l’organizzazione come un’arma geopolitica usata dai governi stranieri per impedire ai russi moderni di provare orgoglio per i risultati raggiunti dall’Unione Sovietica.
(da agenzie)
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