Destra di Popolo.net

ROTONDI, DEMOCRISTIANO ARGUTO: “TANTI VOGLIONO IL CENTRO MA PER COMANDARE LORO”

Dicembre 5th, 2021 Riccardo Fucile

“UN CANTIERE DI CENTRO NON ESISTE”

Gianfranco Rotondi, di Forza Italia, commenta la ‘corsa al centro’ di vari protagonisti della politica, dichiarando che “in politica quando nasce una voce le ipotesi sono due, o sono in corso delle manovre o c’è una esigenza. Io posso solo dire che non sono in corso manovre serie”.
“Un cantiere di centro non è aperto da nessuna parte. Ci sono tanti politici che cercano il centro, ma per loro il centro è un posto dove comandano loro, preferibilmente da soli, e quindi non si incontreranno mai”, spiega il deputato democristiano.
Secondo Rotondi, “se non ci sono manovre serie vuol dire probabilmente che c’è una esigenza nella opinione pubblica, c’è nostalgia non tanto del centro quanto della politica mite e non urlata. Lo dimostra il successo delle presentazioni del mio libro ‘La variante Dc’, dove la gente viene perchè si parla di politica. Non c’è nostalgia della Dc ma di una stagione in cui la politica contava”.
È possibile che questa attenzione per il centro nasca dalle manovre per l’imminente scelta del presidente della Repubblica? “Non credo. Il Quirinale è il centro del palazzo, chi ha un pò di voti si accomoda al divanetto per mercanteggiare. Ma questa non è la politica”, replica Rotondi.
Su cosa, allora, si potrebbe incontrare chi in politica si definisce di centro? “Un modo c’è, dandoci un tema -dice Rotondi – Stabiliamo se abbiamo ancora qualcosa da dire. Un tempo raccontavamo l’anti comunismo, e oggi? Oggi il tema, forse, ce lo suggeriscono il Pontefice e la pandemia”.
Rotondi spiega ancora: “La pandemia ha cancellato dall’agenda i migranti, la pressione fiscale e tutte le cose di cui parlavamo prima, e oggi la gente ci chiede sicurezza e salute. Ma c’è l’agenda del Papa, quella dell’enciclica ‘Laudato sì’, l’ecologia umanitaria. Forse una forza di spirito cristiano dovrebbe partire da lì”.
(da agenxie)

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“L’EUROPA SCHIERI I MILITARI AI CONFINI CON L’UCRAINA”

Dicembre 5th, 2021 Riccardo Fucile

L’ANALISI DI SILVESTRI (IAI): “PER PUTIN SIAMO IL VENTRE MOLLE”

Vladimir Putin sta ammassando decine di migliaia di soldati al confine con l’Ucraina con in mente un preciso obiettivo: approfittare delle divisioni europee da una posizione di forza e riscuotere la posta in gioco al tavolo negoziale.
È l’abc della guerra ibrida. Un conflitto a bassa intensità – che non diventa mai veramente ‘caldo’ – giocato su molteplici fronti: la crisi dei migranti tra Bielorussia e Polonia; il sostegno al separatismo serbo in Bosnia Erzegovina e a quello filorusso in Transnistria e nel Donbass; la carta del gas da giocare, in piena crisi energetica, nei rapporti con Germania ed Europa.
“Il presidente russo è un abile giocatore di scacchi. Non è chiaro quale sia il suo obiettivo” dice l’ex presidente dell’Istituto Affari Internazionali Stefano Silvestri. “Forse sta solo cercando di intimidire e dividere gli europei giocando sulle loro debolezze”.
Gli obiettivi di questa strategia possono essere anche altri: “L’annessione alla Federazione del Donbass, come successo con la Crimea nel 2014. Oppure l’invasione dell’intero territorio ucraino. Nulla è sicuro. L’unica cosa certa è che noi europei dobbiamo mostrarci uniti e reagire insieme. Da subito”.
L’allarme è scattato in tutta la sua gravità quando due dei più prestigiosi quotidiani occidentali, gli americani del Washington Post e i tedeschi della Bild, hanno pubblicato informazioni raccolte dall’intelligence a stelle e strisce che mostrano importanti movimenti di truppe lungo l’intero confine tra Ucraina e Russia. E non si tratta solo di analisi e supposizioni.
Alcune foto satellitari mostrano chiaramente come diversi reparti dell’esercito russo siano già pronti a marciare sul vicino. Secondo il Post, i piani russi prevedono un’offensiva militare, forte di 175 mila unità, da scatenare per l’inizio del 2022”. In concomitanza con le olimpiadi invernali di Pechino.
Una coincidenza inquietante: durante le precedenti olimpiadi tenutesi nella capitale cinese – quelle estive del 2008 – Putin aveva approfittato di un’opinione pubblica internazionale distratta per fare la guerra a Sud, nel Caucaso, contro la vicina Georgia, colpevole di essersi riallineata troppo agli interessi occidentali con l’allora presidente Saak’ashvili. All’epoca Mosca, dopo una guerra lampo, si assicurò il controllo di alcuni territori della vicina repubblica: Abcasia e Ossezia del Sud.
Facendo i dovuti distinguo, tredici anni dopo stiamo vivendo un déjà vu poco più a Nord. I russi si sono già annessi la Crimea nel 2014.
Primo e finora unico caso di cambiamento degli assetti territoriali in Europa dal 1945 ad oggi. Ora, per la stampa statunitense e tedesca, Putin starebbe solo aspettando le nuove olimpiadi per invadere l’Ucraina.
Avvalendosi dell’alleato bielorusso Lukashenko, le armate russe occuperanno la capitale Kiev da Nord. Mentre nel Meridione, lungo le coste del Mar Nero, la Crimea fungerebbe da trampolino di lancio per occupare Odessa e aprirsi un corridoio per la Transnistria, regione ribelle filo-russa della Moldova.
In altre parole: non è detto che la guerra torni ‘di moda’ nel nostro continente. Ma il rischio c’è. E a giudicare dai movimenti russi, è un’eventualità che va tenuta in considerazione.
“Non so se i media stiano esagerando la minaccia. Però quelle truppe esistono: 80-90 mila soldati sono già stati schierati” spiega in un colloquio con HuffPost Stefano Silvestri, ex sottosegretario alla Difesa e presidente dello IAI dal 2001 al 2013.
“La situazione è tesa. Ed è aggravata dalle parallele crisi in Bielorussia e Bosnia. Penso che Putin voglia mettere in difficoltà l’Europa occidentale, perché la ritiene il ‘ventre molle’ nell’attuale momento storico che stiamo vivendo”.
L’Unione Europea paga un’integrazione mai completata fino in fondo, soprattutto se guardiamo a difesa e politica estera. “Certo, se Putin volesse invece, più semplicemente, annettere il Donbass e così spezzare in due l’Ucraina mi sembrerebbe una manovra molto ambigua: favorirebbe l’entrata di ciò che resta di Kiev nella Nato. Facendo così spostare le frontiere dell’Alleanza Atlantica ancora più a Est”. E rendendo, di fatto, ancora più vulnerabili i russi. In pratica, un clamoroso autogol di Mosca.
“Per Putin, una delle opzioni più realistiche potrebbe essere un cambio di regime a Kiev”. Dai tempi delle rivolte di Euromaidan, infatti, nel gennaio 2014, i russi non hanno più un governo amico in Ucraina.
All’epoca, il presidente filo-russo Viktor Janokovyč fu costretto a fuggire sotto la pressione di 200.000 manifestanti europeisti riuniti nella capitale. Un durissimo colpo per gli interessi russi nell’Est Europa. Anche perché l’Ucraina non è un semplice vicino.
Secondo la narrazione imperiale-zarista è la terra natale del popolo russo. L’origine mitica della Madre Russia. Per questo Mosca la ‘rivuole indietro’. Riportare l’Ucraina sotto la propria ala protettrice: se non proprio a livello formale – come è stato fino al Natale 1991, quando crollò l’Unione Sovietica, e il ‘granaio’ ucraino ottenne l’indipendenza – almeno da un punto di vista politico.
In realtà, va ricordato, non è la prima volta che quest’anno i russi si fanno minacciosi ad Est. In primavera alcune migliaia di soldati furono mandate al confine con il Donbass. Usa e Ue avevano reagito, a parole, con asprezza.
E così si organizzò il vertice estivo tra Biden e Putin a Ginevra. Non è un caso che i due leader si incontreranno, sebbene virtualmente, anche questa volta, martedì 7 dicembre. “Il Cremlino potrebbe chiedere garanzie che la Nato non si allargherà ancora. Ma si tratta di promesse che non possono essere prese in considerazione dalla Casa Bianca” ipotizza Silvestri. “Sono pessimista sulla riuscita di questo vertice. Non significa che scoppierà per forza un conflitto, ma per il momento le posizioni mi sembrano distanti”.
Intanto, si fa sentire l’assenza di una posizione forte a livello europeo. “L’UE non dovrebbero attendere le mosse degli Stati Uniti. Dovremmo reagire subito, con un appoggio deciso a Kiev. In quanto europei e non come Nato. Di modo da chiarire ai russi che noi ci siamo. E non ci facciamo intimidire dalle loro provocazioni”. In cosa potrebbe consistere la reazione europea? “Potremmo mobilitare le forze militari degli stati europei e schierarle ai nostri confini con l’Ucraina occidentale. Non per difendere l’Ucraina, ma per difendere i confini europei. E soprattutto dare un segnale di forza a Mosca. Una presa di posizione necessaria. Perché se l’Europa non dovesse reagire all’intimidazione russa, rischiamo di convincere Putin che il suo calcolo funziona: che dopo la Crimea può prendersi l’Ucraina. Poi la Georgia. E così via. Il tutto senza che i governi europei muovano un dito”.
Certo, questo scenario potrebbe essere realistico se nel Vecchio Continente non ci fosse l’ombrello protettivo della Nato. E quindi degli Stati Uniti.
La minaccia cinese è una priorità nell’agenda politica di Washington. Gli americani potrebbero lasciar perdere l’Europa orientale per concentrarsi sull’indo-pacifico. “Il riallineamento strategico americano verso l’Asia orientale è ormai ineluttabile” chiarisce Silvestri. “Già oggi notiamo una minore sensibilità degli Stati Uniti verso il teatro mediorientale, fino a dieci anni fa ritenuto centrale nella loro politica estera. Ma l’Europa, per l’America, è un’altra cosa”.
Ma siamo sicuri che da Oltreoceano siano disposti a ‘morire per Kiev’? “Non credo che ci sia qualcuno realmente disponibile a far morire propri militari per difendere la sovranità della lontana Ucraina.
Ma nessuno era pronto a morire per Sarajevo, quando nel 1914 assassinarono l’arciduca Francesco Ferdinando. Ma poi scoppiò la Prima guerra mondiale e tutte le potenze intervennero. Oggi, come un secolo fa, la situazione potrebbe sfuggire di mano”.
(da Huffingtonpost)

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IL DEPUTATO REPUBBLICANO SEGUACE DI TRUMP CHE A NATALE PREFERISCE MITRA E PROIETTILI INVECE CHE AIUTARE I BISOGNOSI

Dicembre 5th, 2021 Riccardo Fucile

LA FOTO DI FAMIGLIA CON SETTE IMBECILLI ARMATI CHE CHIEDONO DIRETTAMENTE A SANTA CLAUS: “PORTA LE MUNIZIONI”

Un imbecille e reazionario come tanti repubblicani che hanno perso il senso del limite e amano le armi più degli esseri umani.
Un ‘cristiano’ seguace di Trump e dell’estrema destra che per Natale mostra di preferite mitra e pistole invece che impegnarsi per la solidarietà e l’aiuto ai più poveri.
E’ un Buon Natale con il mitra spianato quello che augura, con tutta la famiglia seduta sul sofà davanti all’albero addobbato, il deputato repubblicano del Kentucky Thomas Massie ai suoi elettori su Twitter. Con una raccomandazione direttamente a Santa Claus: “Porta le munizioni”.
Ed è scoppiata la bufera politica, dal momento che il tweet arriva all’indomani dell’ultima strage delle armi in Michigan, ad opera di un 15enne che ha ucciso quattro studenti in una scuola superiore.
Tra i primi a commentare il post Fred Guttenberg, attivista contro la violenza armata, che ha postato una foto di sua figlia di 14 anni che è stata uccisa durante la sparatoria alla scuola Parkland del 2018 in Florida, insieme all’immagine della sua lapide.
“Dato che condividiamo le foto di famiglia, ecco le mie – ha scritto Guttenberg. – Una è l’ultima foto che ho scattato a Jaime, l’altra è dove è sepolta a causa della sparatoria alla scuola di Parkland”. Concludendo: “Anche l’assassino della scuola del Michigan e la sua famiglia erano soliti scattare foto come le tue”.
(da Globalit)

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MIGRANTE CURDA INCINTA MUORE DI STENTI AL CONFINE DELLA POLONIA, SOCCORSA TROPPO TARDI

Dicembre 5th, 2021 Riccardo Fucile

L’ORGANIZZAZIONE UMANITARIA CATTOLICA CHE CERCA DI FORNIRE ASSISTENZA RIVELA LA SUA STORIA

Nessun aiuto ai migranti, ingresso vietato a giornalisti e media indipendenti ma in compenso via libera per la caccia al cinghiale in quei boschi nonostante ci possano essere in giro anche disperati.
Ora un’altra storia tristissima mostra quando sia ingiusto e orribile quello che accade al confine della ‘civile’ Unione Europea.
Da giorni il bambino che portava in grembo non si muoveva più: troppo faticoso per una donna incinta al sesto mese trascorrere settimane nei boschi, senza cibo e acqua sufficienti e il freddo pungente di questa stagione.
Quando i medici dell’ospedale di Hajnowka, nel nord-est della Polonia, l’hanno soccorsa, l’11 novembre scorso, Avin Irfan Zahr gridava di dolore e la sua temperatura era di 27 gradi. I sanitari le hanno fatto un cesareo d’urgenza e hanno tentato di salvarla dalla setticemia, ma venerdì 3 dicembre si è spenta anche lei.
A raccontare la sua storia è Fundacja Dalog, un’organizzazione umanitaria cattolica che da settembre lavora per fornire assistenza ai migranti bloccati al confine tra Polonia e Bielorussia. Oltre 300 le persone assistite finora.
Come riporta la Fondazione stessa sui suoi canali social, Avin Irfan Zahr aveva 38 anni ed era arrivata ai primi di novembre col marito Murad e i cinque figli in Bielorussia dal Kurdistan iracheno, come centinaia di altri profughi che dall’estate scorsa hanno raggiunto Minsk per tentare poi di ottenere l’asilo in un vicino paese dell’Unione europea.
Per giorni la famiglia ha vissuto nei boschi al confine bielorusso, poi i sette erano riusciti a entrare nel lato polacco. Qui, dopo quattro giorni e notti trascorse tra gelo e stenti, la donna ha iniziato a stare molto male. Quando finalmente i volontari di Fundacja l’hanno raggiunta, l’hanno subito portata nel più vicino ospedale e qui i sanitari hanno potuto constatare che il feto era morto da almeno 20 giorni.
Mentre Avin Irfan Zahr lottava tra la vita e la morte, il suo bambino veniva sepolto in un cimitero musulmano polacco, a Buhoniky. Il marito Murad e i figli sono stati portati nel più vicino campo per migranti e solo dopo qualche giorno hanno potuto fare visita alla piccola tomba, sperando che almeno Avin si salvasse. Ma è andata diversamente.
A fine novembre, sui social Fundacja scriveva: “Murad è un eroe, ha una forza incredibile. Sa perfettamente prendersi cura dei figli più piccoli confortando quelli più grandi, che si rendono conto del pericolo in cui si trova la mamma e temono per la sua sopravvivenza”.
Diverse persone hanno già perso la vita nella crisi umanitaria al confine tra Bielorussia e Polonia. Varsavia ha vietato l’accesso all’area a giornalisti, ong e personale delle Agenzie delle Nazioni Unite e pertanto su questo lato del confine non esistono stime certe del fenomeno. Solo i volontari riportano notizie dei decessi, in quanto ne vengono a conoscenza direttamente o perché informati dai migranti.
(da agenzie)

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IL NATALE DEI SOVRANISTI: BRANDISCONO LA CROCE COME UN MANGANELLO E AL POSTO DEL CUORE HANNO UN PROIETTILE

Dicembre 5th, 2021 Riccardo Fucile

L’ESEMPIO DEI SOVRANISTI TRADIZIONALISTI POLACCHI

In Natale si avvicina e con il Natale aumentano i ragli degli xenofobi che usano il crocifisso come un manganello per discriminare il prossimo e usare la festività dei cristiani per legittimare le loro fanfaluche sovraniste del Natale messo a rischio da orde di barbari, atei e uomini neri (riferito al colore della pelle) che vorrebbero impedire alle nostre famiglie di andare a messa, fare il presepe, mangiare il panettone e giocare a tombola.
Parlano di Natale, di croci e di tradizione ma mettendo sono i piedi quello che proprio la Chiesa – e in ultimo Papa Francesco – ha detto a proposito dello spirito di Natale: “L’amore di Gesù, “disarmato e disarmante ci ricorda che il tempo che abbiamo non serve a piangerci addosso, ma a consolare le lacrime di chi soffre. Dio prende dimora vicino a noi, povero e bisognoso, per dirci che servendo i poveri ameremo Lui”
E ancora: “Il Figlio di Dio è nato scartato per dirci che ogni scartato è figlio di Dio. È venuto al mondo come viene al mondo un bimbo, debole e fragile, perché noi possiamo accogliere con tenerezza le nostre fragilità”.
Poi ci sono i sedicenti cristiani che andavano sfacciatamente dicendo che l’anti-cristiano “Prima gli italiani” era in realtà una applicazione dell’ama il prossimo tuo, là dove il prossimo non era l’altro (ossia il principio dell’altruismo) ma solo chi ti sta accanto. Quindi amiamo i nostri parenti, amici, vicini di pianerottolo ma non gli ultimi e gli stranieri. Che se ne stiano al freddo e al gelo.
Per sostenere tesi così ignobili ci voleva e ci vuole tanta sfacciataggine che nemmeno l’anti-Cristo – semmai esistesse – potrebbe avere.
Così capita che in Polonia, nazione nella quale il razzismo e l’antisemitismo viaggia attraverso volgari figuri che innalzano la croce, mentre c’è una situazione di emergenza e il governo ha interdetto alla stampa e alle Ong un’are di confine per l’affare rifugiati venga autorizzata la caccia ai cinghiali.
Ossia in una landa piena di disperati, anziché portare loro aiuto si dà il via libera a cacciatori armati di doppietta o altro ad andare a sparare, a rischio di colpire qualche innocente. Prima la caccia, la solidarietà può aspettare.
Il cinismo di questa scelta si commenta da solo, come si commenta da solo il ‘cristianesimo’ che traspare da questi atteggiamenti. Ma perché sorprenderci? Anche il Ku-Klux-Klan mette in mostra le croci.
E i sovranisti d’Europa dimostrano di non essere da meno: parlano di vangelo, di presepe, di Gesù ma al posto del cuore hanno un proiettile.
(da agenzie)

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SALVINI E’ IL NUOVO SUPERCIUK: TOGLIERE AI POVERI PER NON TASSARE I RICCHI

Dicembre 5th, 2021 Riccardo Fucile

LA LEGA SI E’ OPPOSTA AL PRELIEVO DI VENTI EURO AL MESE PER CHI NE GUADAGNA SEIMILA AL MESE

Vi ricordate Superciuk, detto anche la Minaccia alcolica, personaggio creato da Max Bunker per la serie a fumetti Alan Ford disegnata da Magnus?
Superciuk era noto perché rubava ai poveri per dare ai ricchi.
La Lega di Salvini si è allineata su questa posizione: ossia non far pagare ai ricchi il contributo di solidarietà per tenere basso il costo delle bollette di luce e gas, ma prendere quei soldi dal reddito di cittadinanz
E allora perché non prendere quei soldi dagli evasori fiscali seriali? Da quelli che non fatturano o fanno false fatture, da quelli che usano il contante per pagare i nero?
Eh no, quelli no. Superciuk appunto.
(da agenzie)

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LE CARTELLE ESATTORIALI SPACCANO UN GRUPPO GIA’ DIVISO TRA CHI DELEGITTIMA CONTE E CHI ATTACCA DI MAIO

Dicembre 5th, 2021 Riccardo Fucile

RISCHIO DIASPORA PER LE RESTITUZIONI E SI TEMONO I FRANCHI (MOROSI) TIRATORI NEL VOTO AL COLLE

La settimana che attende Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 stelle, si annuncia infuocata.
Domani, lunedì 6 dicembre, arriveranno via mail le formazioni degli ipotetici direttivi dei candidati a capogruppo della Camera: presidente, vicepresidente, tesoriere e tre segretari. Al Senato, l’ha spuntata Mariolina Castellone, ribaltando i pronostici che vedevano favorito Ettore Licheri, fedelissimo di Conte.
Poi, sempre nei prossimi sette giorni, si dovrebbero decidere alcuni ruoli chiave nella galassia di comitati che rendono complicatissimo l’organigramma pentastellato. Il malcontento già serpeggiava tra chi non ha un posto nell’intricata struttura del Movimento o incarichi parlamentari.
Poi, con l’invio delle mail firmate Claudio Cominardi – il tesoriere grillino -, in cui si chiedono le quote mensili di 2.500 euro non versate dai parlamentari morosi – tutto dettagliato in un file Excel che sembra una cartella esattoriale – alcuni parlamentari 5 stelle sono esplosi.
La diaspora grillina
La settimana infuocata di Conte, in realtà, è iniziata già oggi, con le indiscrezioni comparse sui giornali che annunciano un altro esodo di deputati e senatori dal gruppo pentastellato.
Da un lato – quello contiano – viene fatto trapelare che si tratta di una questione meramente economica: tra i parlamentari c’è chi ha decine di migliaia di euro di arretrati da restituire al Movimento.
Dall’altro lato, invece, si imputa alla leadership di Conte – considerata debole – la mancanza di prospettive e di futuro politico.
Due linee di interpretazione che si intersecano, in verità, in più punti: perché restare nel gruppo dei 5 stelle se non si crede nel successo del Movimento alle prossime elezioni?
Perché restituire le ultime entrate da parlamentare se non ci sono chance di essere rieletti, a maggior ragione se resta il vincolo dei due mandati?
Considerazioni che portano a fare delle stime sul numero di deputati e senatori pronti a lasciare la barca grillina. Con l’avvento del governo Draghi, ai 5 stelle sono rimasti 159 deputati e 74 senatori: il gruppo più numeroso, ma anche quello che ha subito più fuoriuscite da inizio legislatura, partita con 226 deputati e 112 senatori.
Il Corriere scrive che sono 20 i deputati e 5 i senatori «che starebbero meditando l’addio al gruppo del M5s». A Open risulta che questa diaspora non ci sarà. Per il momento.
Ma resta il problema della scarsa compattezza di un gruppo di parlamentari che sarà decisivo nelle vesti di Grandi elettori per il Quirinale: è lì che i nodi della presidenza contiana potrebbero emergere sotto forma di franchi tiratori.
Un gruppo stimato in circa 40 parlamentari – è la media tra i contiani che dicono 30 e i dimaiani che dicono 50 – riconosce come suo leader Luigi Di Maio. Tra di loro, con un vezzeggiativo che sa di deminutio capitis, chiamano il presidente «Peppe Conte». Ma gli sfottò sono reciproci: per i contiani, il ministro degli Esteri è Giggino ‘a nommena, per la presunta abilità nel piazzare i suoi uomini nei posti che contano. Giggino ‘o core d’oro, più recentemente: il nomignolo è circolato nelle chat degli uomini di Conte dopo che il capo della Farnesina ha fatto assumere l’ex portavoce della sindaca Raggi, Teodoro Fulgione, al comitato Expo del ministero degli Esteri. Circa 90 mila euro annui di stipendio.
Il problema delle restituzioni
La pretesa delle restituzioni non fa che alimentare la delusione per una rivoluzione contiana che non si è ancora manifestata. Gli sgambetti di una e dell’altra parte, invece, sono evidenti. Nell’ultimo Consiglio dei ministri, mentre si discuteva sulla proposta del contributo di solidarietà, i grillini davano in pasto alle agenzie indicazioni opposte: i contiani dicevano che il Movimento era favorevole al prelievo sui redditi maggiori a 75mila euro – come confermato nell’intervista a La Stampa da Stefano Patuanelli -, i dimaiani invece parlavano di scetticismo dei 5 stelle sulla proposta.
Basterà attendere domani, con la consegna delle liste dei direttivi per la corsa a capogruppo alla Camera, per capire se sussistono ancora le condizioni per ricompattare le due fazioni. Davide Crippa, capogruppo uscente e intenzionato a ricandidarsi, non dovrebbe inserire nella sua squadra – come vicepresidente – Vittoria Baldino, candidata contiana per il ruolo, ma con poche chance di essere eletta che da settimane cerca di costruire una squadra per sfidare il capogruppo uscente. All’accordo, come ricordano le sue origini, il Movimento sembra continuare a preferire lo scontro.
(da Open)

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NO VAX SI PENTE DOPO GIORNI DI RICOVERO: “E’ MOLTO PIU’ SPAVENTOSO IL COVID DEL VACCINO”

Dicembre 5th, 2021 Riccardo Fucile

“SE IL VACCINO PUO’ EVITARE TUTTO QUESTO, E’ GIUSTO FARLO”

È successo di nuovo. Una delle ancora troppe persone senza vaccino in Italia ha rischiato la vita a causa del Covid e, dopo giorni di ricovero con il casco dell’ossigeno si è pentita delle sue posizioni no-vax. Si tratta di Rossana Fusco, donna milanese di origini siciliane e pugliesi di 48 anni, mamma di una bambina di 10.
La donna intervistata da La Repubblica, ha spiegato che aveva “molta paura del vaccino, per questo non lo avevo fatto. Poi, però, mi sono ammalata. E ho capito davvero che potevo morire e lasciare da sola mia figlia. Per questo, ora che ne sono uscita, non posso che dire che il Covid è molto, molto più spaventoso del vaccino. Ma a marzo, quando saranno trascorsi sei mesi dalla guarigione, lo farò: prendere il Covid, trascorrere dieci giorni con il casco per l’ossigeno e temere per la mia vita, mi hanno fatto cambiare idea”
Le ragioni del suo comportamento sono, come ha affermato, da ricercare nella paura del vaccino.
“Ne ho ancora paura: sono sempre stata una persona molto ansiosa, soprattutto per quanto riguarda le questioni di salute. E fare questo vaccino, sviluppato in così poco tempo, mi ha lasciato perplessa sin dall’inizio. Tutto quello che poi è successo con le somministrazioni di AstraZeneca la scorsa primavera, e la possibilità di avere una reazione avversa, certo non ha contribuito a rassicurarmi. Ero spaventata, e lo sono ancora oggi. Però trascorrere dieci giorni in una stanza da sola, al Niguarda nel reparto di Malattie infettive, mi ha fatto cambiare idea. La verità è che anche se la pandemia da Covid è iniziata da quasi due anni, molti di noi lo considerano ancora qualcosa di lontano: succede agli altri, non a me. E quindi non c’è bisogno di fare il vaccino: non è vero, io l’ho capito sulla mia pelle”, ha aggiunto.
Ma la paura del vaccino è stata sostituita da una paura più grande: “Potevo davvero morire e lasciare da sola mia figlia: quando sono arrivata in ospedale ero positiva già da una settimana. Era lo scorso settembre, io mio marito e mia figlia probabilmente ci siamo contagiati in vacanza nel Sud Italia. Stare attenti e portare la mascherina non ci ha messo al riparo dal virus. La prima a infettarsi è stata la mia bambina, poi è toccato a me e mio marito. Io, dopo giorni di febbre a 39.5 che non scendeva nemmeno con la Tachipirina, ho iniziato a sentire le dita delle mani intorpidite. È stato un campanello d’allarme: ho chiamato il 118, mi hanno portato al pronto soccorso del Niguarda”.
“Mi hanno ricoverato subito: polmonite da Covid, polmoni compromessi al 30 per cento. Senza alcuna patologia pregressa. Mi hanno messo subito il casco e mi hanno detto che bisognava aspettare quattro giorni: se non miglioravo, si sarebbe dovuto vedere cosa fare. Per fortuna, sono migliorata”, ha raccontato la donna riguardo quei 10 giorni passati al Niguarda di Milano.
Poi l’appello a chi ancora non si è vaccinato: “Il Covid è una malattia insidiosa, puoi rimanere asintomatico o avere pochi sintomi. O puoi ritrovarti, in poche ore, in grave pericolo, come è successo a me. Se il vaccino può evitare tutto questo, è giusto farlo: appena possibile lo farò”.
(da agenzie)

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VARESE, FERMATI DUE GIOVANI PER LE VIOLENZE SESSUALI A DUE RAGAZZE SUL TRENO E IN STAZIONE

Dicembre 5th, 2021 Riccardo Fucile

UNO E’ ITALIANO, L’ALTRO NORDAFRICANO, HANNO AGITO INSIEME

Due ragazzi sono stati fermati per violenza sessuale. Sono accusati di aver aggredito venerdì sera due ventenni, una a bordo di un treno della linea Milano-Varese e l’altra in stazione a Vedano Olona, provincia di Varese.
Il decreto di fermo è stato emesso dalla procura di Varese. Gli indagati sono due giovani, un italiano e un nordafricano.
Le aggressioni sessuali sono avvenute intorno alle 22 di venerdì 3 dicembre. Su un treno della linea Milano-Varese una ragazza di 22 anni è stata avvicinata da due ragazzi ed è stata violentata.
Sul posto sono intervenuti gli agenti della Polfer e della Squadra Mobile di Varese, ma i due stupratori erano già riusciti a scappare.
A pochi minuti di distanza è arrivata la notizia di un’altra aggressione sessuale, questa volta all’interno della stazione di Vedano Odona. La vittima è un’altra 22enne, che è stata avvicinata dagli stessi due ragazzi, ma questa volta la giovane è riuscita a salvarsi e a scappare in tempo.
I due giovani fermati oggi sono indagati per entrambe le violenze sessuali, dato che le indagini e gli accertamenti effettuati nella giornata di ieri e nella mattinata di oggi hanno fornito indizi sufficienti per iscrivere i presunti aggressioni sul registro degli indagati.
Dopo l’aggressione sessuale e la tentata violenza, le due vittime sono state accompagnate in ospedale per accertamenti. Fondamentali per le indagini sono stati gli identikit forniti dalle ragazze, che hanno dovuto ricordare il volto dei loro aggressori. Questo, però, ha consentito ai poliziotti di individuare i due responsabili.
(da agenzie)

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