Dicembre 27th, 2021 Riccardo Fucile
MANCANO ALL’APPELLO 52 VOTI
Il tempo stringe e il sogno di Silvio Berlusconi di diventare presidente della Repubblica si fa sempre più concreto (o per i detrattori, sempre più lontano).
La corsa al Quirinale entrerà nel vivo a gennaio – ormai manca pochissimo – ma il numero uno di Forza Italia è già con la calcolatrice in mano per capire quanti voti gli mancano per salire al Colle.
Al momento il centrodestra, che dice di voler votare compatto il Capo dello Stato, può contare su 452 voti mentre il centrosinistra su 436.
Per spuntarla bisognerà superare la soglia di 504 voti. Dunque mancherebbero all’appello ancora 52 voti.
Non pochi, in realtà, anche se Berlusconi sembra essere convinto di poterli pescare anche fuori dal recinto del centrodestra, facendo convergere addirittura 150 grandi elettori che sono estranei alla sua coalizione.
E i franchi tiratori? Nessun problema a quel punto non avrebbero alcun rilievo secondo il Cavaliere. A giurargli fedeltà sono anzitutto Salvini e Meloni, seguiti da Toti e ovviamente da Tajani e Ronzulli. Meloni lo ha fatto pubblicamente parlando della necessità di un presidente della Repubblica «patriota» e facendo proprio il nome di Silvio Berlusconi. Anche perché, al di là delle simpatie personali, tutti sanno che se il centrodestra si spacca in occasione del voto del presidente della Repubblica, la coalizione rischia di frantumarsi.
«Senza Berlusconi il centrodestra non c’è più», per usare parole di Enrico Letta. Ma è anche vero che l’elezione a Capo dello Stato di Berlusconi porterebbe quasi sicuramente alle dimissioni dell’esecutivo. Lo scontro, dunque, è aperto ma a parlare sono e saranno i numeri.
Cosa sta succedend
Il collegio dei “grandi elettori” – dunque del Parlamento che si riunirà in seduta comune per eleggere il Capo dello Stato – è formato da 1.009 membri: 630 deputati, 315 senatori, 6 senatori a vita e 58 delegati regionali (che sono quelli che potrebbero fare la differenza, sono 3 per regione, tranne la Valle d’Aosta che ne esprime solo uno).
Al momento, però, i componenti sono 1.006, tre in meno: resta vacante il seggio del nuovo sindaco di Roma, Roberto Gualtieri (si voterà il 16 gennaio 2022) mentre al Senato risultano ancora vacanti due seggi. È verosimile che alla fine i grandi elettori saranno 1.007.
Il presidente della Repubblica, visto il ruolo delicato e di unità che riveste, deve essere letto con una maggioranza qualificata dei due terzi dell’assembra, ovvero 671 grandi elettori. Solo dalla quarta votazione è sufficiente la maggioranza assoluta, in questo caso 504 voti.
Ed è qui che Berlusconi potrebbe entrare in scena. La strategia del centrodestra potrebbe essere questa: scheda bianca per le prime tre votazioni – tanto è impossibile raggiungere un risultato prima – salvo poi sfoderare il proprio nome, il proprio “cavallo di battaglia”.
I voti su cui Berlusconi può contare sono, dunque, 452 tra Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia contro i 436 di Pd, Movimento Cinque Stelle (che ha espresso uno no secco al Cavaliere, nonostante l’apertura al reddito di cittadinanza) e Leu.
I “no” che gelano il Cavalier
A questi bisognerà aggiungere i voti del gruppo Misto e dei delegati regionali che, in parte, restano un’incognita e su cui si giocherà la vera partita del Quirinale. Berlusconi, dunque, punta a convincere anche quei grandi elettori che temono di non essere rieletti nel caso in cui si dovesse andare a elezioni anticipate.
Perché, se tornasse in campo l’ipotesi Draghi al Quirinale, potrebbe aprirsi una crisi di governo con un ritorno immediato alle urne.
Un timore sia per alcuni esponenti del gruppo Misto sia per alcuni grillini che, visto che il voto è segreto, potrebbero appoggiare il leader di Forza Italia. Eppure iniziano a emergere anche “generali” del centrodestra che iniziano a lasciare da solo il loro storico “capitano”: è il caso del Senatur Umberto Bossi che, in un’intervista a La Stampa, sostiene che il prossimo Capo dello Stato potrebbe essere Casini. «Ricordiamoci sempre che il presidente della Repubblica è anche il capo dei magistrati. E i magistrati sappiamo che rapporto hanno con Berlusconi», ha spiegato. Da qui la profezia (che farà infuriare il Cavaliere): «Volete sapere come andrà a finire? Dovrebbe farcela Casini».
Più duro, invece, Giuliano Urbani, uno dei pionieri di Forza Italia, ex ministro dei governi Berlusconi secondo cui il Cavaliere è un candidato «divisivo»: «In questo momento storico al Paese serve una presidenza che unisce, non che divide. Come è stata quella di Mattarella. Berlusconi sarà capace di cambiare pelle? Ma soprattutto, gli altri lo accetteranno?», ha detto a Repubblica.
Si sfila anche il partito guidato da Matteo Renzi: «Serve un presidente della Repubblica che abbia un ampio consenso in Parlamento. E Berlusconi non ha queste caratteristiche», ha detto il coordinatore nazionale di Italia Viva, Ettore Rosato ad Affaritaliani.it.
La strategia del centrodestr
Il centrodestra, insomma, sta facendo credere che al momento non esistano piani alternativi a Berlusconi presidente. Ma la verità potrebbe essere un’altra. Nessuno – come scrive Antonio Polito sul Corriere della Sera – controlla i propri gruppi, tranne Meloni che inizia a fiutare anche un possibile e futuro posto da premier. Quindi, nessuno si fida di nessuno e intanto di piani B non si parla, nemmeno all’ultimo pranzo del centrodestra dove «tutti guardavano nel piatto per evitare l’imbarazzo della situazione».
L’unica a prendere parola è stata la leader di Fratelli d’Italia che ha chiesto alla colazione di esprimere compatta il no a un Mattarella bis o a un Draghi al Quirinale senza, però, sciogliere le Camere.
A questo si aggiunga la richiesta di votare scheda bianca nelle prime tre votazioni «così da impedire ogni possibile accordo preventivo». Eppure, se l’ipotesi Berlusconi dovesse sfumare, potrebbe essere proprio lui a dire di sì a Draghi Capo dello Stato evitando, dunque, che a scegliere il presidente sia ancora una volta il centrosinistra, magari coi voti dei centristi.
Nel frattempo, però, Berlusconi prova a compattare il centrodestra e si prepara – con dichiarazioni non più urlate, con toni sempre pacati, con appoggi incondizionati agli alleati come è successo per il ddl Zan e addirittura senza la spilletta di Forza Italia nel messaggio di auguri di Natale – a diventare (spera lui) il prossimo presidente della Repubblica.
(da agenzie)
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Dicembre 27th, 2021 Riccardo Fucile
“LEGA SALVINI PREMIER? PREMIER DI CHE?“
«Venite, adoremus! Venite, adoremus! Venite, adoremus Dominum». Nella chiesa di San Vittore a Buguggiate, un paesone alle porte di Varese, sta cominciando la messa di Natale delle 19. Dalla porta della navata di destra fa il suo ingresso il senatore Umberto Bossi.
Seduto sulla sedia a rotelle, con la mascherina anti Covid che gli copre bocca e naso e gli immancabili occhiali da vista a goccia, il Senatur si accomoda in prima fila, proprio di fronte al presepe e alla copia dell’icona della Natività di Andrej Rublëv. Con lui ci sono il suo autista tuttofare, l’amico e compagno di scorribande politiche di una vita Giuseppe Leoni e un paio di storici militanti con la spilletta dell’Alberto da Giussano dorata appuntata sul bavero della giacca.
«Sto così così – fa segno inclinando più volte la mano destra a chi si informa sulle sue condizioni di salute -. Da quindici giorni il mal di schiena non mi dà tregua». Non è un caso che Bossi, 80 anni, acciaccato e molto restio a uscire durante l’inverno, si sia allontanato da casa proprio per venire qui.
Certo, il Senatur è da sempre legato alle tradizioni cattoliche e, come dimostra il biglietto d’auguri con l’abbazia di Pontida innevata spedito quest’ anno, con l’avanzare dell’età il suo sentimento religioso si è irrobustito. Ma in realtà lo muove anche il desiderio di condividere il giorno di Natale con il parroco don Cesare Zuccato.
«Don Cesare», come lo chiama affettuosamente il fondatore della Lega, va spesso a trovarlo nella villetta di Gemonio e a volte lo confessa anche. Un’amicizia che risale agli anni in cui il sacerdote esercitava il suo ministero a Marcallo con Casone, il comune di cui era sindaco l’attuale ministro del Turismo (e da sempre uomo dei conti del Carroccio) Massimo Garavaglia, e che si è rafforzata con il trasferimento del prete nel Varesotto. I due si piacciono.
Del resto anche lo stile del don è molto bossiano: orgogliosamente politically incorrect. Durante l’omelia, per dire, don Cesare se la prende con «quelle preghiere per la pace del mondo che innervosiscono un po’ e intanto i cannoni continuano a sparare. Cominciamo a chiedere la grazia della pace interiore per noi stessi. Solo così potremo diventare portatori di pace».
Bossi si fa passare il foglietto della messa per seguire con attenzione tutta la celebrazione. Dopo la benedizione, mentre il coro canta le ultime strofe di «Tu scendi dalle stelle» che il Senatur ascolta quasi commosso battendo il ritmo con il pugno chiuso, c’è il tempo per scambiare due parole con i conoscenti. Nonostante il dolore alla schiena si rende comunque disponibile a scattare un paio di fotografie e a rispondere a chi gli chiede notizie sulla situazione politica e sull’imminente elezione del successore di Mattarella.
Anche Bossi, rieletto in Senato nel 2018, dovrebbe partecipare alle votazioni nonostante le recenti schermaglie con il partito che non gli paga più hotel e autista quando scende nella Capitale. «Non ho ascoltato tutta la conferenza stampa di Draghi dell’altro giorno – racconta a chi lo avvicina -. Uno di questi giorni vedrò Giancarlo (Giorgetti, ndr) che mi darà gli ultimi aggiornamenti. Draghi sta governando abbastanza bene ma se davvero vuole arrivare al Colle deve stare attento soprattutto alla sinistra.
A sceglierlo come presidente del Consiglio è stato anche Berlusconi che ha preferito lui, un banchiere centrale, a un banchiere d’affari. Magari la sinistra all’ultimo lo taglia».
Sull’ipotesi Berlusconi al Quirinale si limita invece a un ragionamento che mina alla base qualunque calcolo fatto con il pallottoliere: «Ricordiamoci sempre che il Presidente della Repubblica è anche il capo dei magistrati. E i magistrati sappiamo che rapporto hanno con Berlusconi». Fuori dalla chiesa i suoi fedelissimi si lamentano in dialetto sull’attuale gestione del partito.
«La “Lega Salvini premier”? Su gnanca se l’è. La tessera l’anno scorso me l’han mandada, ma io mica l’avevo chiesta. Hanno abolito le sezioni e hanno fatto un grande casino e basta. Chi parla più di federalismo? Salvini premier? Ma premier de cus’ è?».
Una signora riconosce «il Capo» e quasi lo abbraccia: «Dai che prima o poi la Padania la facciamo davvero». Il Senatur accenna un sorriso. Di nuovo si torna a parlare di Quirinale. «Giorgetti candidato al Colle? Ma no, ma no – esclude categoricamente Bossi -. Non è proprio il tipo. Non è uno che vuole mettersi in vista». Prima di salire sul pick up blu che lo riporterà a Gemonio c’è giusto il tempo per un’ultima profezia natalizia: «Volete sapere come andrà a finire? Dovrebbe farcela Casini».
(da la Stampa)
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Dicembre 27th, 2021 Riccardo Fucile
ANNEGATO NEL MAR EGEO INSIEME AD ALTRI VENTISEI MIGRANTI… L’IPOCRISIA DEL CRISTIANISSIMO OCCIDENTE
Era diretto in Italia, non a Betlemme.
Era su un gommone malmesso senza giubbotto di salvataggio, non al caldo di una capanna tra il bue e l’asinello
Non è nato la notte di Natale, ma è morto annegato nelle acque gelide del Mar Egeo
Era un bambino, un neonato. E se n’è andato assieme ad altre ventisei persone, tra cui forse anche i suoi genitori
Ok, ora che lo avete – che lo abbiamo – letto, possiamo tornare a festeggiare il Natale insieme ai nostri cari, al caldo delle nostre case, tra regali e cibo a volontà.
E possiamo pure tornare a lamentarci del Covid, della quarantena, della nostra normalità violata
Possiamo far finta che non sia successo niente, e dimenticarci di quel bambino e della sua vita spezzata alla ricerca della sopravvivenza.
Possiamo far finta, ma in quel bambino c’è lo spirito di tutti i Natali, passati presenti e futuri, e tutta la nostra ipocrisia, e tutta la nostra falsa coscienza.
Perché quel bambino veniva da terre che abbiamo abbandonato al loro destino
Perché si sarebbe salvato se non avessimo delegato la sua salvezza a trafficanti senza scrupoli, o a dittatori spietati che paghiamo fiori di miliardi l’anno per fare i carcerieri dei disperati, in Turchia come in Libia.
Perché parlare di corridoi umanitari, nel cristianissimo e civilissimo occidente sembra essere la peggior bestemmia.
Perché lo sappiamo benissimo, nel cristianissimo e civilissimo occidente, che la sola parola “accogliere” fa perdere le elezioni a qualunque politico la pronunci.
Quando andremo a messa coi nostri vestiti migliori, quando spezzeremo il nostro pane migliore e berremo il migliore tra i vini, quando ci scambieremo regali costosi, almeno ricordiamoci di quel bambino, anche solo per un secondo.
E ricordiamoci che è lui che paga il prezzo del nostro benessere.
Che è con lui che abbiamo deciso di non condividere quel che abbiamo.
(da Fanpage)
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Dicembre 27th, 2021 Riccardo Fucile
L’EX CAMPIONE DEL MONDO DI PUGILATO ERA VACCINATO: “QUATTRO NO VAX IN CAMERA CON ME, TOGLIEVANO IL POSTO AD ALTRI“
Il nemico è scappato, è vinto, è battuto: Maurizio Stecca è guarito dal Covid e la sua gioia non ha cifra per essere descritta.
Il 58enne ex campione di pugilato si è scontrato contro un avversario che ha mostrato il suo volto più cattivo, sotto forma di aggressione violentissima al corpo del romagnolo.
Dopo la fase iniziale della malattia trascorsa a casa, ad un certo punto l’aggravarsi dei sintomi ha costretto l’ex medaglia d’oro olimpica a Los Angeles ’84 e campione del mondo dei pesi piuma, al ricovero nell’ospedale di Treviso.
Dalla maschera d’ossigeno Stecca è passato al rimedio estremo dell’intubazione in terapia intensiva, ultima arma a disposizione dei medici per cercare di far arrivare ossigeno ai polmoni attaccati in maniera feroce dal Covid. Ed alla fine – come ha scritto su Facebook nel giorno di Natale – ha vinto il match della sua vita, dopo 14 giorni di ricovero.
“Il peggio è passato – racconta sollevato al Corriere della Sera – Non ho più il Covid, sono fuori pericolo e lavoro per recuperare la respirazione. Ogni giorno mi abbassano l’ossigeno e mi tolgono un’altra flebo. Non distinguo ancora i sapori, ma ho ricominciato a mangiare. Non so ancora quando potrò tornare a casa, ma non ho fretta. Se è necessario che mi tengano in ospedale per delle cure particolari resterò, ma vorrei tornare a casa il prima possibile per liberare il posto per chi ne ha più bisogno di me”.
Il più piccolo del fratelli Stecca descrive l’inferno da dove è ritornato: “È stato orribile, l’esperienza più brutta della mia vita. Mi hanno intubato e addormentato per quattro giorni. Chi non vive sulla propria pelle quelle cure che ti tengono attaccato alla vita non può capire cosa sia davvero il Covid. Ringrazio i reparti ospedalieri e gli infermieri, che mi chiamano sempre Maurizio”.
L’ex pugile – che era vaccinato con due dosi e stava per avere la terza – manda un messaggio a tutti, sulla scorta della sua tremenda esperienza. Vaccinarsi è più che mai un dovere verso gli altri, oltre che il modo migliore di proteggere se stessi: “La gente deve capire che nonostante la vita sia fatta di scelte personali non si può mettere a rischio gli altri. Ad assistere me, un solo paziente, c’erano otto infermieri. I quattro no-vax in camera con me stavano occupando il posto di qualcun altro. Le nostre scelte contano”.
(da Fanpage)
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Dicembre 27th, 2021 Riccardo Fucile
IL VACCINO HA CAMBIATO IL CORSO DELLA PANDEMIA
Era il 27 dicembre di un anno fa quando a Claudia Alivernini, infermiera ventinovenne dello Spallanzani di Roma venne inoculata la prima dose di vaccino contro il Covid in Italia.
Sono passati dodici mesi, e se è vero che i vaccini non hanno fatto finire la pandemia, come molti speravano, è vero anche che hanno cambiato drasticamente il corso degli eventi, portandoci fuori dall’orrore delle prime due terribili ondate, quelle della primavera e dell’autunno 2020.
Già solo prendendo il 27 dicembre come data spartiacque, possiamo contare 1200 morti al mese in meno, per ogni singolo mese del 2021. Un mese dopo appena, il 27 gennaio, e i morti in meno sono già 2300, rispetto alla media dei mesi antecedenti al 27 di dicembre.
Fino ad arrivare all’ultimo mese, in cui i decessi da Covid si sono letteralmente dimezzati rispetto alla fase pre-vaccini della pandemia.
Un calcolo del fisico Giorgio Sestili, pubblicato in esclusiva per Fanpage.it, ha stimato in circa 120mila le morti evitate grazie ai vaccini in Italia. Che diventano più di mezzo milione, lo dice l’organizzazione mondiale della Sanità, se prendiamo in esame tutta Europa. Di fatto, le vite salvate dal vaccino in dodici mesi sono quasi pari al numero di tutte le persone morte in quasi due anni di pandemia.
Vi sembra poco? Non dimenticate qualche altro dettaglio non proprio insignificante. Che quasi la metà degli attuali decessi per Covid-19 si situa tra quel 10% di italiani che non si è ancora vaccinato.
E che se ciascuno di loro si fosse vaccinato avremmo salvato almeno il doppio di quelle 120mila vite.
Tenete anche conto che per ogni posto che un vaccinato contagiato occupa in ospedale, ce ne sono dieci occupati da persone non vaccinate. Che se fossimo tutti vaccinati avremmo molti più letti e molto più personale medico a disposizione per persone affette da altre malattie che col Covid non c’entrano nulla. E già che ci siete, tenete pure conto che i vaccini sono stati messi a disposizione gratuitamente alla stessa popolazione che nel 2020 aveva dovuto pagare un prezzo altissimo alla pandemia, fatto di mesi di scuole ed esercizi commerciali chiusi, di coprifuoco, di socialità negata.
Tutte cose, giova ricordarlo per i mesi a venire, che non sono alternative ai vaccini, soprattutto nel momento in cui una variante è in grado di diffondersi rapidamente anche tra la popolazione vaccinata. Ma che grazie ai vaccini non rappresentano l’unica arma a disposizione per combattere la pandemia.
Non a caso, nel giro degli ultimi dodici mesi, siamo riusciti a invertire la rotta della nostra economia. Che nel 2020 era precipitata di 8,9 punti percentuali, e che nel 2021 è risalita del 6,3%.
Questo, per l’appunto, perché grazie ai vaccini non è stato più necessario chiudere tutto per evitare la diffusione del virus. E se oggi si parla di vaccino obbligatorio o di lockdown per i soli non vaccinati non è per sadismo o per malanimo nei confronti di chi li rifiuta o ne ha paura. È perché è solo quando saremo tutti vaccinati che potremo dire di esserne usciti davvero. Quasi dimenticavamo: tutti vuol dire tutti, anche in Africa e nei Paesi in cui oggi, per mille motivi, la campagna vaccinale non procede spedita come da noi. È questo l’obiettivo che dobbiamo porci per l’anno a venire. Per poterci dire, tra dodici mesi, finalmente liberi.
(da Fanpage)
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Dicembre 27th, 2021 Riccardo Fucile
CARTABELLOTTA: “CI VUOLE BUONSENSO“
“Al netto dei dati di ieri che ci hanno riportato poco più di 25 mila contagi ma a fronte di molti meno tamponi effettuati, nelle ultime settimane abbiamo visto che i casi giornalieri sono passati da 15 mila a ridosso dell’Immacolata a circa 37 mila al giorno a Natale. La variante Omicron è molto più presente di quanto non dicano i dati delle flash survey effettuate dall’Iss. È una variante talmente contagiosa che nel momento in cui si stabilisce la reale presenza la stessa variante si è ulteriormente diffusa”. È quanto ha detto a Radio Cusano Campus il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta.
La buona notizia, sottolinea, “è che a fronte dell’incremento così importante dei contagi l’impatto sugli ospedali è percentualmente modesto. Le persone ricoverate in area medica sono l’1,8% dei quasi 520 mila attualmente positivi. Lo 0,21% è in terapia intensiva per un totale di 1081 casi”.
Cartabellotta avverte di prepararsi ad “essere pronti a vedere crescere ancora la curva dei contagi”. “La cosa certa – ha aggiunto il numero uno di Gimbe – è che più persone si vaccineranno anche con la terza e minore sarà l’impatto sugli ospedali. Dovremmo considerare il periodo della pandemia come ‘prima del vaccino’ e ‘dopo il vaccino’. Gli impatti sugli ospedali, grazie ai vaccini, sono nettamente più bassi rispetto al passato”.
Cartabellotta torna a chiedere una revisione delle quarantene e l’obbligo vaccinale: “Omicron è una variante molta contagiosa. Ogni positivo può aver avuto, di media, dai 5 ai 10 contatti. Se dovessimo avere un milione di positivi vuol dire che potrebbero esserci dai 5 ai 10 milioni di contatti da mandare in quarantena e questo non è possibile”.
“Chi ha fatto il vaccino con la terza dose – ha aggiunto il numero uno di Gimbe – è più difficile si contagi e quindi bisognerebbe rivedere le regole per questa categoria. La persona vaccinata anche con terza dose deve vedere la sua quarantena ridotta visto, come detto, che l’impatto sugli ospedali non è ancora così preoccupante”.
“Dobbiamo entrare in una gestione sanitaria, economica e sociale della pandemia. Ad esempio – ha aggiunto Cartabellotta – sono un fautore della mascherina Ffp2 nei locali al chiuso, quella chirurgica può considerarsi ormai un rimedio ‘omeopatico’, protegge molto poco. L’obbligo di mascherina all’aperto ha più una funzione di tipo sociale. Ci vuole buonsenso. Sono anche un fautore dell’obbligo vaccinale. Basta parlare di prime, seconde e terze dosi. Bisogna che il vaccino diventi una misura di sanità pubblica che andrà somministrato periodicamente. Del resto il vaccino, nonostante il virus circoli, permette di non affollare gli ospedali”.
(da agenzie)
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Dicembre 27th, 2021 Riccardo Fucile
E’ STATA SOTTOPOSTA A CESAREO PER SALVARE IL SUO BAMBINO
Era al settimo mese di gravidanza e non si era vaccinata: adesso lotta tra la vita e la morte in terapia intensiva.
Una donna di Carrara è stata sottoposta a un parto con cesareo per salvare il suo bimbo nato prematuro ma ora in gravi condizioni.
Nei giorni scorsi la donna ha avuto i primi sintomi Covid: raffreddore, tosse insistente, febbre e infine l’impossibilità di respirare. Da qui il ricorso al medico e la corsa in ospedale con l’ambulanza del 118.
Al pronto soccorso del Nuovo ospedale Apuane di Massa si sono subito accorti che non sarebbe bastato un semplice ricovero. Così è stato deciso di trasferire la donna al reparto di ginecologia e ostetricia dell’ospedale della Versilia, dove un’equipe specializzata ha preso in consegna il delicato caso.
Viste le gravi condizioni e la polmonite bilaterale in corso, racconta “La Nazione”, è stato deciso immediatamente il parto cesareo. Così il bambino al settimo mese, nato malato di Covid, è stato tolto dal grembo della madre e messo in incubatrice. La donna è stata invece intubata e ricoverata in terapia intensiva.
Problematiche le condizioni del neonato per le difficoltà a essere intubato e per le complicanze nel trattare un malato di Covid di così piccole dimensioni e in così tenera età. Si è tentata anche la via del casco per poter consentire al piccino una forma di respirazione. Così il bambino, racconta sempre “La Nazione”, ha intrapreso una lotta fra la vita e la morte seguito da uno staff medico di prim’ordine che cerca di aiutarlo nella sopravvivenza. Un caso quanto mai delicato dal momento che il bambino nato prematuro era già malato di Covid.
Adesso i sanitari del Versilia stanno seguendo ogni protocollo per salvare madre e bambino.
(da agenzie)
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Dicembre 27th, 2021 Riccardo Fucile
MENO 79MILA RICOVERI E MENO 9MILA TERAPIE INTENSIVE
Un anno di vaccinazioni anti-Covid ha evitato in Italia oltre 22mila morti, più di 79mila ricoveri in ospedale e oltre 9mila in terapia intensiva.
A fare il punto a un anno dal V-Day del 27 dicembre 2020 è il ministero della Salute, che in un tweet ringrazia chi ha aderito alla campagna di immunizzazione.
“Il vaccino – sottolinea – rimane lo strumento migliore di difesa dal virus e la terza dose è una priorità contro le varianti”.
Nel dettaglio – riporta il ministero – in 12 mesi ammonta a 108.385.663 il totale somministrazioni di vaccino Covid-19. Le persone che hanno completato il ciclo vaccinale primario (2 dosi) sono in tutto 46.217.395, pari all′85,57% della popolazione over 12.
Complessivamente hanno fatto il richiamo 17.193.238 italiani, pari al 54,46% della popolazione potenzialmente oggetto di dose addizionale o booster.
(da agenzie)
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Dicembre 27th, 2021 Riccardo Fucile
NON CI SONO RAGIONI EGUALMENTE VALIDE TRA CHI SI VACCINA E CHI NO
I giornali sono odiati dai no vax perché raccontano storie che i no vax non vogliono ascoltare.
Per esempio, le notti dei giorni di festa (per tutti gli altri) al lavoro dei medici delle terapie intensive che vengono insultati dai no vax lì finiti per la loro ostinazione, presunta libertaria.
I primi rispondono al giuramento di Ippocrate e assolvono al loro dovere, i secondi invece non vogliono venir meno al giurin giurello fatto su qualche social negando qualsiasi evidenza di questi ultimi due anni, dagli oltre 136 mila morti per Covid alle bare di Bergamo, anche se poi negli ospedali pagati in larghissima misura dai mentecatti che si sono vaccinati, ci vanno (qualcuno ci muore), e pretendono di essere curati, ma alle loro condizioni.
Grazie anche a maldestre posizioni filosofiche è diventato mainstream ragionare sul Covid in termini di libertà non libertà. Per cui il no vax più illuminato rivendica la libera scelta (quello meno illuminato parla di terrorismo di Stato apertamente, il più illuminato ci arriva poco dopo).
Invece, è arrivato il momento di dire che non ci sono due posizioni ugualmente valide, scegliere di vaccinarsi o non farlo.
No, la ragione (non solo quella scientifica) sta da una sola parte.
Se oggi non ci fossero 48.335.947 persone con almeno una dose (a cui vanno aggiunti i guariti da, al massimo, 6 mesi) ci sarebbe una catastrofe umanitaria, sociale, economica nel nostro Paese (e c’è, infatti, nei Paesi dove i vaccini non sono ancora arrivati, anche per omissioni della parte più ricca del mondo).
Il principio è molto semplice: più vaccinati abbiamo, meno terreno fertile ha il virus di attecchire. Se incontra quattro vaccinati, deperisce. Ma se resta il 10% della popolazione, poco meno di 6 milioni di persone, senza copertura, per paura e ottusità, il virus, qualsiasi variante, continuerà a rubarci l’esistenza. Lo capiscono anche i bambini, ma meno molti genitori.
Le obiezioni le conosciamo. Bene, se fa male, se non è sperimentato, se ce lo hanno imposto le big pharma, Draghi, la finanza e qualche altro mascalzone di cui è pieno il mondo moriremo tutti tra uno o due anni; se non lo avessimo fatto il vaccino avremmo avuto la stessa sorte anche in minor tempo.
Ma, siccome, le sciocchezze sui vaccini sono in campo da molto tempo prima del Covid, restano sciocchezze anche in questo caso. Con la differenza che, esattamente un anno dopo dal primo vaccino somministrato, non siamo più in lockdown, si muore di meno e i vaccinati non vanno in terapia intensiva, ci vanno i non vaccinati.
Anche questo è un dato elementare. E’ vero, in due anni che balliamo sotto i colpi del Covid forse i governi Conte-due e quello di Draghi avrebbero potuto fare qualcosa di più importante per rafforzare il sistema sanitario nazionale. Ma non è questa ragione sufficiente per occupare le terapie intensive solo per aver rifiutato il vaccino. O lo Stato è o non è.
Il no vax, naturalmente è articolato al suo interno. Chi ha paura, chi non crede affatto che ci sia il Covid, chi ha paura e può permettersi lo splendido isolamento in attesa che passi la bufera: perlopiù persone ricche o che lavorano per sé o che sin qui non si sono trovate nella necessità di avere un green pass per vivere in comunità (tralasciando quelli che hanno alimentato il traffico di falsi green pass, falsi vaccini, falsi in generale).
Come la metti la metti, una scelta egoistica ed egocentrica, a fronte di oltre 48 milioni di stupidi che hanno fatto il loro dovere, senza ritenere di aver messo il cervello all’ammasso.
Ci sarebbe da capire anche come mai nel periodo che va dal 25 novembre al 9 dicembre (subito dopo l’annuncio del governo che senza green pass non si poteva più andare nemmeno in trattoria, per esempio) ci sono state d’incanto cinquecentomila prime dosi.
Come mai questo pentimento di così tanti incalliti no vax fino a quel momento? E perché non hanno raccontato agli altri come sono andate le cose dopo la punturina, che non hanno percepito l’inoculazione di 5g o di fantomatiche scie chimiche, tanto per restare alle principali stupidaggini lette in questi mesi? E che addirittura sono restati vivi? E così tutti gli altri che hanno continuato a farla, sta prima dose?
Non basterebbe un articolo per mettere in fila le sciocchezze diffuse a piene mani dall’ideologia no vax, anche se chiamarla ideologia è troppo nobile, diciamo ignoranza (oltre al pericoloso uso fatto di questa massa da manovra, che si sente felice per aver conquistato un presunto diritto di cittadinanza sul web, da forze politiche eversive).
L’ultimo stadio è: Draghi non impone l’obbligo vaccinale perché in realtà l’emergenza non c’è. Ecco, continuate a nutrirvi con queste baggianate. Ma l’emergenza c’è e sta arrivando rapidamente proprio dritta dritta a riguardare i no vax. La Germania insegna: dopo aver imposto il lockdown ai non vaccinati c’è stato un rapido crollo dei contagi, stessa cosa in Austria. Misure più drastiche arriveranno, per i non vaccinati. E non si agiti la Costituzione (si è già profanata abbastanza la storia con i riferimenti ad Hitler e alla Shoah).
La Costituzione sta dalla parte di chi, in democrazia, persegue in emergenza il bene pubblico, ed ha il dovere di farlo. I contagi aumentano con la variante Omicron, ma i vaccinati restano asintomatici, perlopiù hanno un raffreddore e sono generalmente contagiati dai non vaccinati. Se dovesse arrivare, infine, il lockdown per i non vaccinati punterebbe a bloccare questa catena. O anche l’obbligo vaccinale, accuratamente evitato fino a questo momento.
Nessuno si illude che sia finita vaccinandosi, ma non vaccinandosi non finirà mai.
(da Huffingtonpost)
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