Dicembre 11th, 2021 Riccardo Fucile
PER GLI SMEMORATI
Dopo aver ascoltato Giuseppe Conte dire che “Silvio Berlusconi ha anche fatto molte cose buone” ho preso carta e penna per redigerne un elenco.
Sarà perché comincio ad avere dei vuoti di memoria, ma me ne sono venute in mente solo tre: la patente a punti, il divieto di fumo nei locali pubblici e la legge contro la prostituzione minorile che, per un paradosso della storia, ha fatto temere proprio al leader di Forza Italia una condanna.
Ovvio, ve ne sono di certo delle altre. Solo che se ci penso mi sfilano davanti agli occhi norme come la sostanziale cancellazione del falso in bilancio; la legge ex-Cirielli con il dimezzamento dei termini di prescrizione; il lodo Alfano che rendeva il presidente del Consiglio un cittadino diverso dagli altri; il lodo Maccanico-Schifani (idem come sopra); il decreto salva-ladri per bloccare nel 1994 le indagini di Mani Pulite; la riforma delle rogatorie ideata per azzerare i risultati delle inchieste all’estero (le sue); la legge Cirami per tentare di far trasferire i (suoi) processi in base alle legittima suspicione; la legge Frattini in base alla quale non vi è conflitto d’interessi se chi va al governo è solo “mero proprietario” di un’azienda senza ricoprire cariche sociali.
A rendere invece ai miei occhi Berlusconi unfit (inadatto) a fare il presidente della Repubblica è soprattutto mia figlia Olga.
Sapete come vanno certe cose: quando hai un figlio cerchi di trasmettergli qualche principio. Cose semplici, del tipo: le tasse anche se non piacciono vanno sempre pagate; la mafia va combattuta perché la violenza va sempre rigettata; alla corruzione e alle bustarelle si dice di no perché sono il contrario della giustizia e del merito.
Per questo, vista la sua condanna per frode fiscale, quella del suo braccio destro Marcello Dell’Utri per concorso esterno in Cosa Nostra e quella del suo braccio sinistro, Cesare Previti, per corruzione dei giudici, mi chiedo cosa direi a mia figlia se davvero Berlusconi salisse al Colle per rappresentare “l’unità della nazione”.
Me lo chiedo e lo chiedo a Giuseppe Conte che nei suoi interventi si limita a spiegare che a causa del “macroscopico conflitto d’interessi” il suo movimento non voterà per lui.
Ma lo domando anche agli altri leader di partito: a partire da Giorgia Meloni che ha messo Paolo Borsellino nel pantheon di Fratelli d’Italia e della sedicente destra.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Dicembre 11th, 2021 Riccardo Fucile
LA VOLETE LISCIA, GASATA O FERRARELLE?
Leggiamo su La Stampa che “Letta apre il dialogo con Meloni per eleggere Draghi presidente”.
Leggiamo su Repubblica che alla festa di Fratelli d’Italia il segretario del Partito democratico avrebbe detto l’esatto contrario: “Senza Draghi maggioranza a rischio”. Per carità, lo sappiamo che il nostro è un ingrato mestiere, ma qualcuno deve pur farlo. Soprattutto quando il nome del prossimo inquilino del Colle è “un indovinello, avvolto in un mistero all’interno di un enigma” (come diceva Winston Churchill a proposito dell’ex Unione Sovietica).In attesa che il nebbione si diradi, proviamo a riordinare le poche e confuse idee sull’argomento.
Primo: continuare a chiedersi se Draghi voglia salire al Colle o se preferisca restare a Palazzo Chigi è abbastanza ridicolo.
Meglio risiedere in un condominio sgarrupato o meglio in un hotel a sette stelle? Meglio farsi logorare giorno dopo giorno da mille problemi e da una coalizione rissosa, o meglio garantirsi per sette anni uno scettro inviolabile?
Meglio avere a che fare continuamente con Matteo Salvini, o meglio anche no? Assodato che nessuna persona sana di mente al mondo rinuncerebbe a farsi eleggere presidente della Repubblica solo perché glielo chiede il Financial Times, arriviamo al secondo quesito.
Ovvero: quando e con quali modalità Draghi esternerà i suoi propositi? Interrogativo totalmente insensato, per non dire peggio, ma che rispecchia un altro titolone di qualche giorno fa. Che attribuiva ai partiti della maggioranza una geniale pretesa del tipo: Draghi ci dica cosa vuole fare.
Se dunque appare abbastanza improbabile che l’incarnazione del silenzio di tomba come forma suprema di comunicazione si lasci sfuggire una sillaba sull’argomento, ciò non esclude affatto (anzi!) che il personale addetto sia impegnato alla bisogna (ventre a terra, per dirla come Toto su Funiciello) in intenso e fattivo lavorio.
Che, tuttavia, potrebbe avere un esito soltanto: elezione di Draghi alla prima chiama del Parlamento, con la più larga maggioranza e servita su un piatto d’argento (infine, tra il Foglio che lo vuole assolutamente al Quirinale e il gruppo Gedi che lo vuole assolutamente a Palazzo Chigi, noi scegliamo Ferrarelle).
(da Il Fatto Quotidiano)
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Dicembre 11th, 2021 Riccardo Fucile
I VERI NUMERI DELLA MANOVRA; ECCO DEGLI ESEMPI
Il grosso della stampa e Governo stanno cercando di mettere su con la favola che la nuova Irpef premierebbe le fasce più fragili e il ceto medio.
Con la riduzione delle aliquote prevista dalla riforma Draghi – da cinque a quattro – si interviene sui redditi di tutti i contribuenti, anche quelli più ricchi.
Col risultato che avranno più benefici coloro che hanno redditi elevati e molto elevati. Se si abbassa la seconda aliquota (da 27 a 25%) non significa che ciò riguardi solo ed esclusivamente chi guadagna tra 15.001 euro e 28.000.
Se il mio reddito è 50.000 euro i miei primi 15mila euro saranno tassati al 23%, dai 15.001 a 28.000 al 25% (ora al 27%) e la parte restante al 35% (ora al 38%), con il risultato di circa 740 euro di tasse in meno da pagare.
Altro esempio: un operaio meccanico o un impiegato dei servizi con reddito di 26.000 euro vedrà tassata la prima parte di reddito al 23% e il resto (11mila) a 25% (anche qui, anziché 27%) ottenendo un vantaggio fiscale molto inferiore, circa 45 euro l’anno.
I redditi dei lavoratori dipendenti fino a 35.000 euro sono i più penalizzati anche perché l’abbassamento dell’aliquota si compensa con l’effetto delle nuove detrazioni. E così a 35mila euro il beneficio fiscale si traduce in 88 euro l’anno mentre 5mila euro più avanti si tocca la vetta dello sconto fiscale più alto, ovvero 945 euro.
Idem per i pensionati: a 35mila euro lo sconto è di 299 euro a fronte dei 758 che si risparmiano a quota 50mila.
Peccato che l’85% dei lavoratori dipendenti sia compreso entro la soglia dei 35mila euro, mentre entro la stessa soglia sia compreso l’87% dei pensionati. Altro che a beneficiare sia il ceto medio.
Se guardiamo alla media dei redditi dichiarati abbiamo la seguente situazione: lavoratori dipendenti 21.060 euro lordi annui; pensionati 18.290 euro lordi annui; totale dei contribuenti Irpef 21.800 euro lordi annui.
Nell’incontro con i sindacati del 2 dicembre il Governo ha sostenuto che il 47% dei 7 miliardi destinati al taglio dell’Irpef andranno ai redditi più bassi. Niente di più falso. Oltre tre miliardi sarebbero destinati a ridurre l’aliquota dal 27 al 25%, operazione che riguarda appunto tutti i contribuenti. Il Governo ha messo l’accento sull’innalzamento della no tax area. In realtà per i lavoratori dipendenti è invariata a 8174 euro (aumenta solo l’intervallo di applicazione).
Per i pensionati aumenta di 326 euro e arriva a 8500 euro. Per gli autonomi aumenta di 700 euro arrivando a 5500. Come falso risulta il mito secondo cui l’intervento sul fisco sostenga le donne e i più giovani. L’ultimo dato utile ci dice che oltre il 60% dei giovani fino a 34 anni di età e il 64% delle donne si collocano sotto i 25.000 di reddito.
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2021 Riccardo Fucile
IL GLOBAL CITIZEN FORUM
Matteo Renzi volerà negli Emirati Arabi per una conferenza di lusso ed esclusiva. Dopo i viaggi alla volta di Riad alla corte di Mohammed bin Salman e a Dubai, domani e lunedì il senatore di Italia Viva parteciperà al Global Citizen Forum, evento organizzato da una profit canadese dal 12 al 16 dicembre a Ras-al-Khaimah.
Il programma degli interventi è riservato, ma il Fatto Quotidiano ha riportato che il costo del biglietto d’ingresso è di 1.300 dollari.
Nella lista dei partecipanti visibile sul sito dell’evento compaiono anche l’attrice Eva Longoria, i dj Afrojack e Steve Aoki, l’ex ministro delle finanze egiziano Youssef Boutros-Ghali, il presidente della Colombia Ivàn Duque Marquez, la top model Shanina Shaik, il cantante Wyclef Jean e altri personaggi di spicco del jet set internazionale.
Per partecipare al panel esclusivo, riporta ancora il Fatto, Renzi avrebbe rinunciato a due incontri chiave in vista dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica: avrebbe dovuto vedere il segretario della Lega Matteo Salvini e, a inizio settimana, il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti. Tutto sarebbe stato rinviato per prendere parte all’evento esclusivo “Il futuro in movimento” (“The future in motion”).
Ma i viaggi di Renzi nella penisola araba ormai non sono più una novità: da quasi un anno a questa parte l’ex primo ministro è un habitué dell’area.
Risale a gennaio 2021 il viaggio del senatore di Rignano in Arabia Saudita, organizzato nei giorni in cui in Italia si apriva la crisi del governo Conte bis, per partecipare alla “Davos del deserto” della Future Investment Initiative (Fii), organismo controllato dalla famiglia reale saudita di cui l’ex premier siede nel board. Il leader di Italia Viva è tornato in Arabia anche a ottobre scorso, nel giorno del voto in Senato sul Ddl Zan, sempre per tenere fede ai suoi impegni di conferenziere e quindi partecipare a un panel del fondo saudita. A novembre 2021, subito dopo la convention politica annuale della Leopolda di Firenze, Renzi si trovava negli Emirati Arabi, a Dubai, per un evento dedicato al “governo del futuro” a pochi passi dai padiglioni di Expo 2020. Era a Dubai anche a marzo 2021, in viaggio insieme all’amico e presidente di Toscana Aeroporti Marco Carrai.
(da TPI)
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Dicembre 11th, 2021 Riccardo Fucile
LO SCENARIO OMICRON PEGGIORE
Omicron potrebbe causare “nello scenario peggiore” fino a 75.000 morti in Inghilterra entro la fine di aprile se non saranno adottate nuove restrizioni, oltre al Piano B appena scattato. Lo sottolineano nuovi dati della London School of Hygiene&Tropical Medicine che indicano una previsione tra le 25 mila e le 75 mila vittime nei prossimi 5 mesi.
Nello scenario più ottimistico – scrive il Guardian riportando i dati – “si prevede un’ondata che potrebbe portare a oltre 2.000 ricoveri al giorno e 24.700 decessi da dicembre al 30 aprile 2022. Nel peggiore fino a 74.800 morti. Il team sottolinea quindi la necessità di nuove strette.
Gli esperti della London School of Hygiene & Tropical Medicine, che fanno parte anche dello Scientific Pandemic Influenza Group on Modeling (SPI-M) e dello Scientific Advisory Group for Emergencies (Sage), hanno utilizzato dati sperimentali per esaminare la potenziale trasmissibilità di Omicron e l’impatto sul Paese in vista del nuovo anno. Anche nello scenario più ottimistico (bassa fuga immunitaria di Omicron dai vaccini e alta efficacia dei booster), si prevede – riporta il Guardian – un’ondata di infezioni che potrebbe portare ad un totale di 175.000 ricoveri ospedalieri e 24.700 decessi tra il primo dicembre di quest’anno e fine aprile 2022.
Questo se non vengono implementate ulteriori misure di controllo oltre all’attuale Piano B introdotto dal governo in Inghilterra: secondo il team indossare la maschera, lavorare da casa e le terze dosi potrebbe infatti non essere sufficiente.
Lo scenario più pessimista preso in esame dagli esperti (elevata fuga immunitaria dai vaccini e minore efficacia dei richiami) prevede un’ondata di infezioni che rischia di portare a un picco di ricoveri ospedalieri circa il doppio di quello registrato a gennaio 2021, senza ulteriori misure di controllo
E, secondo lo studio, potrebbe causare 492.000 ricoveri ospedalieri e 74.800 decessi entro aprile prossimo.
Nonostante le incertezze su Omicron “queste prime proiezioni aiutano a guidare la nostra comprensione dei potenziali futuri in una situazione in rapida evoluzione”, ha sottolineato Rosanna Barnard, che ha co-diretto la ricerca, precisando che “il nostro scenario più pessimistico suggerisce che potremmo dover sopportare restrizioni più rigorose per garantire che il servizio sanitario nazionale non sia sopraffatto: è fondamentale che i responsabili delle decisioni considerino il più ampio impatto sociale di queste misure, non solo l’epidemiologia”.
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2021 Riccardo Fucile
UNA CORSA IMPAZZITA
Il Quirinale è come il giro d’Italia, e siamo ancora lontani dalla tappa finale.
È per questo che chi si rivolge a un esperto di ciclismo, e di Draghi, come Giancarlo Giorgetti, si sente ripetere: “Chi vince non è mai chi tira la voltata… ma chi per ora sta dentro al gruppo”. E in quel “per ora” c’è il senso dell’attesa per quel che, prima o poi, farà o dirà Mario Draghi, che dalla corsa, come evidente, non si è sottratto né quando è stato tirato in causa direttamente né quando lo hanno sottratto gli altri, sia i suoi umorali partner di governo sia quagli ambienti, come il Financial Times, cui pure è sensibile.
E se, già in pieno governo gialloverde, la Cassandra leghista ne previde l’ineluttabile arrivo a palazzo Chigi sei mesi prima, per logica e chissà se per informazioni a disposizione, stavolta è convinta (la Cassandra) che Draghi darà un colpo sul pedale una volta approvata manovra vissuta da molti, nei Palazzi, come l’ultimo vero atto politico di questo governo. E a quel punto la corsa entrerà nel vivo.
Perché c’è poco da fare: in un sistema politico impazzito, il premier, in questo momento, può essere l’unico king maker di se stesso al Colle, prospettando un patto politico ai partiti, o l’unico king maker di un altro inquilino, confermando per sé le ragioni che lo hanno portato a palazzo Chigi.
Il resto rientra nel novero delle ipotesi di contorno, che da sempre accompagnano ogni sport nazionale perché, come va dicendo Dario Franceschini, “normalmente c’è il dibattito politico, ora che non c’è il dibattito politico c’è questo divertimento collettivo del Quirinale, iniziato già da due mesi”.
C’è però che il divertimento collettivo degli effetti li ha già prodotti, quantomeno a livello di clima, perché, in poche settimane si è passati da un coro verso il De Gaulle italiano a un coro di segno contrario, con tutta la maggioranza che sembra volere il premier lì dove è, segno di corridori non in grado di gestire una corsa ordinata.
E nel frattempo la gara è iniziata e qualcuno già ha indossato la maglia rosa, come Silvio Berlusconi, il cui telefono è tornato ad essere il terminale di chiamate da pare di alleati e amici che, fino a qualche tempo fa, avevano remore anche a farsi fotografare con lui.
Si sa, che la corte è piena di malelingue. E in parecchi lo hanno messo in guardia dalla sincerità della Meloni che “sulla manovra ha fatto l’accordo con Franco, sul Quirinale con Draghi, sulle elezioni con Letta”.
Però, sarà perché è tornato a sentire Ignazio La Russa un giorno sì un alto no, sarà perché è tornato ad Atreju come ai vecchi tempi, ma il Cavaliere è convinto che alla fine il sostegno lo avrà. Dall’una (la Meloni) e dall’altro (Salvini), cui ha promesso (a entrambi) l’incarico, se il centrodestra vincerà le elezioni, di formare un governo. Anche se l’altro l’ha messo in guardia dall’una ripetendogli più volte, ciò che ha spiegato in modo ancor più velenoso di fronte al tiramisù di Natale con i suoi parlamentari: “Lei giocherà ad accoltellare qualunque candidato proponiamo noi, non voterà mai Berlusconi”.
È così convinto, il Cavaliere, che pure Gianni Letta, ha sentito su di sé l’ombra del sospetto, dovuta ad un iper-attivismo relazionale perché non c’è evento che non lo veda in prima fila, dal salone del mobile alla giornata nazionale sulla montagna. E, nel corso di una riunione, ha voluto chiarire coram populo: “Sia chiaro, io non sono interessato, ma lavoro per Silvio Berlusconi”.
E se è vero che, a corsa iniziata, non si può ragionare come se si stesse ai nastri di partenza, di uguale alla prima tappa c’è il principale elemento di forza di Draghi.
Che i frequentatori di palazzo Chigi riassumono in una semplice domanda: “Può esistere una maggioranza sul Quirinale diversa dalla maggioranza di governo senza questo abbia conseguenze sul governo?”.
Domanda che ha come risposta un “no”, e l’indicazione su chi sia l’unico a poterla tenere assieme. Però il tempo e le tappe logorano anche i migliori. E c’è un motivo se qualcuno, come il professor Giavazzi ha smesso di fare, con qualche amico, le battute che si concedeva qualche tempo fa quando, se gli si chiedeva qualcosa per febbraio, rispondeva che la questione avrebbe riguardato un altro governo.
Da un po’, anche a palazzo Chigi, si respira maggiore prudenza. Perché, dopo che sono filtrati i nomi di Franco, Colao e Cartabia per un governo Draghi senza Draghi che assicuri la legislatura col premier al Colle, la risposta dei partiti, sincera o tattica, è stata “resta lì”.
E si capisce perché, almeno formalmente nessuno a destra per ora vuole formalmente rompere con Berlusconi, se proprio si è fissato a fare un giro al quarto scrutinio: finché c’è sullo sfondo l’ipotesi che si possa andare al voto, è fondamentale tenere una parvenza di coalizione, quella sì “un campo largo”.
A palazzo Chigi dunque tengono l’assunto di fondo, ma la politica pedala, anche se in direzione scomposta. E questo fa sì che Draghi, almeno al momento, non è più la prima opzione, ma l’opzione che torna buona bruciate le altre. E deve calibrare bene il momento della volata, per non finire risucchiato dal gruppo e dal gorgo. Anche a costo di accelerare per ultimo, non avendolo fatto per primo.
(da Huffingtonpost)
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Dicembre 11th, 2021 Riccardo Fucile
COSE CHE POSSONO SUCCEDERE IN ITALIA
Tornano in azienda dopo la cassa integrazione, ma l’azienda non c’è più. Scomparsa insieme agli effetti personali delle lavoratrici dell’azienda Tessile 2.0 di Martina Franca, Taranto.
«Dopo aver deciso di recuperare i propri effetti personali dai propri armadietti, si recano presso la sede dell’azienda tessile e all’interno trovano alcuni operai edili impegnati in lavori, ma non trovano né i macchinari dell’azienda né l’azienda stessa. Nemmeno gli operai all’interno sanno cosa sia accaduto».
L’episodio viene reso noto da Giordano Fumarola, segretario generale della Filctem Cgil Taranto.
«Le lavoratrici, in cassa integrazione covid fino a dicembre, avanzavano già delle mensilità non pagate – aggiunge – e tutte le tredicesime e ora scoprono che l’azienda a cui sono legate da contratto di lavoro non c’è più. Sparita. Senza alcuna comunicazione».
Per il sindacalista si tratta di un «grande paradosso del settore che ha le sue difficoltà, acuite con la pandemia. Questo però non giustifica in alcun modo che un’azienda decida di dismettere non solo la produzione – osserva il segretario della Filctem – ma proprio la struttura dell’impresa e soprattutto non comunicarlo ai lavoratori. Siamo consapevoli delle difficoltà del settore, ma questo non giustifica questo tipo di comportamenti. Con le lavoratrici, con le quali è già avviato un percorso di vertenzialità sindacale, il sindacato ha sporto regolare denuncia nei confronti dell’impresa».
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2021 Riccardo Fucile
COME DOVEVA FUNZIONARE IL GOLPE DEL 6 GENNAIO
Esisteva un piano dettagliato per un colpo di Stato negli Stati Uniti che circolava fino a pochi giorni prima dell’assalto a Capitol Hill il 6 gennaio 2021.
Un giorno prima dell’attacco, l’ex capo dello staff di Donald Trump, Mark Meadows, ha ricevuto via email una presentazione in Powerpoint di 38 pagine consegnata ora alla commissione del Congresso che indaga sulle vicende del 6 gennaio.
Il piano sarebbe stato redatto da un ex colonnello texano dell’esercito e prevedeva che Trump avrebbe dovuto mantenere il potere, sulla base di una serie di notizie infondate, tra cui il fatto che: «i cinesi hanno sistematicamente ottenuto il controllo sul nostro sistema elettorale», in almeno otto Stati.
La presentazione era intitolata Election fraudo, foreign interference & option for 6 Jan e prevedeva che innanzitutto i senatori e i membri del Congresso venissero avvertiti dell’interferenza straniera nel voto che aveva portato alla vittoria di Biden. A quel punto Trump avrebbe dovuto dichiarare l’emergenza nazionale e annullare l’intera votazione che si era svolta con il voto elettronico.
A quel punto, la presentazione sarebbe servita al presidente per chiedere al Congresso di trovare un rimedio costituzionalmente accettabile.
Nel piano erano indicate anche tre opzioni che il vicepresidente Mike Pence avrebbe dovuto scegliere per forzare la conferma di Trump alla Casa Bianca, sfruttando il fatto che Pence il 6 gennaio avrebbe dovuto presiedere l’aula di Capitol Hill nella seduta congiunta per la certificazione del voto.
Le opzioni prevedevano che fossero dichiarate vincitrici solo le liste a favore di Trump negli Stati chiave, o che venissero respinte le liste a sostegno di Biden, o che venisse ritardata la certificazione dei voti in attesa del riconteggio delle sole schede cartacee.
L’ultima opzione, ricorda il Guardian, richiama la soluzione sollevata dai collaboratori più stretti di Trump il 4 e 5 gennaio guidati dagli avvocati Rudy Giuliani e John Eastman, oltre che dallo stratega dell’ex presidente, Steve Bannon.
(da Open)
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Dicembre 11th, 2021 Riccardo Fucile
FIGURA SOVRANISTA DI MERDA: FU PROPOSTO DA SALVINI, MINISTRO DEGLI INTERNI, NEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DEL 30 APRILE 2019
Partiamo da un assunto: Michele Di Bari non è accusato di nulla e non risulta indagato.
Agli arresti domiciliari – con l’accusa di caporalato in Puglia – è finita la moglie del prefetto, Rosalba Livrerio Bisceglia che ora dovrà difendersi davanti ai magistrati.
Nel mirino dell’inchiesta, dunque, c’è la coniuge di un uomo che lavora all’interno del Viminale e che ricopre il ruolo di capo dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno.
Questo ha portato partiti come Fratelli d’Italia (in primis) e Lega a chiedere all’attuale Ministra Lamorgese di riferire in Parlamento, mentre alcuni rappresentanti dei suddetti partiti già sventolano la bandiera della richiesta di dimissioni.
Un polverone, quello politico, che fonda le sue basi sul nulla.
Abbiamo già spiegato i motivi per cui Michele Di Bari – che, tra l’altro, si è anche già dimesso dal suo incarico – non abbia nulla a che vedere con Luciana Lamorgese.
Ma a questa vicenda si aggiunge un nuovo tassello che mette in evidenza l’incoerenza della Lega e di Fratelli d’Italia nelle loro assurde richieste.
Perché quel prefetto ha ricevuto l’incarico di capo del dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Viminale – udite udite – alla fine di aprile del 2019.
Facciamo un breve passo indietro.
Prima del Papeete, infatti, l’esecutivo era guidato dalla prima esperienza (poi bissata dopo la crisi con una nuova maggioranza) di Giuseppe Conte. L’allora Presidente del Consiglio era sostenuto dal MoVimento 5 Stelle e dalla Lega.
Il Ministro dell’Interno, all’epoca, era proprio il segretario del Carroccio – che ricopriva anche l’incarico di vicepremier insieme a Luigi Di Maio, come nella più classica poltrona per due – che rimase in carica fino al termine dell’estate, quando dopo lo “schiaffo del Papeete” ci fu quell’acceso confronto in Aula nel giorno del voto di sfiducia al capo del governo Conte.
Una nomina arrivata il 30 aprile del 2019, con l’incarico di capo dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno iniziato pochi giorni dopo.
E quel nome fu proposto in Consiglio dei Ministri proprio da Matteo Salvini, capo del Viminale.
Insomma, ricordando come Michele Di Bari non sia accusato assolutamente di nulla (e le colpe delle mogli non possono ricadere sui nemici), forse la Lega dovrebbe guardare nel proprio specchio prima di puntare il dito e scoprire ancora una volta – come accaduto per il caso dell’attentatore di Cannes – che la propaganda non può insistere su argomenti seri. Come in questo caso.
(da NextQuotidiano)
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