Destra di Popolo.net

NIENTE RIMPASTO NEL GOVERNO, DRAGHI MAI COSI’ FORTE

Gennaio 30th, 2022 Riccardo Fucile

ORA IL PREMIER PUO’ IGNORARE IL CHIASSO DEI PARTITI

Con i partiti usciti sconfitti dal voto del Quirinale e i leader indeboliti alle prese con le crisi interne, il premier prepara una nuova fase del governo con meno compromessi e una riforma approvata a settimana
La conferma di Sergio Mattarella al Quirinale per un nuovo settennato spiana per Mario Draghi la strada di un ultimo anno drasticamente diverso da quello appena concluso.
Lo scenario che emerge da buona parte dei retroscena sui quotidiani dopo sei giorni burrasca sul voto quirinalizio è che il timone del governo ora non è mai stato così saldamente nelle mani dell’ex governatore della Bce. Anzi, c’è chi si spinge a scrivere che ora inizia il vero governo Draghi, che c’è un prima e dopo, dove il dopo prevede dodici mesi di decisionismo e pragmatismo, come scrive Repubblica.
Addio quindi ai compromessi al ribasso con i partiti, usciti dalla settimana di voto per il Quirinale ammaccati se non spaccati tra loro e al loro interno.
L’anticipo di come sarà il film del governo per il prossimo anno lo ha dato l’uscita di Giancarlo Giorgetti, partito con la minaccia delle dimissioni da ministro dello Sviluppo, poi rimodulata dopo un faccia a faccia con Matteo Salvini in una richiesta di confronto con il premier per un cambio: «nel codice di comportamento tra gli alleati di maggioranza». E Giorgetti lo fa citando non a caso: «i provvedimenti che ci aspettano nel prossimo anno, i problemi sono seri e gravi».
La richiesta di un incontro tra i vertici leghisti e il premier non ha trovato alcuna resistenza. Consapevole com’è il capo del governo che la permanenza di Mattarella al Quirinale vale per lui un cappello di protezione che di fatto nessuno nella maggioranza può togliergli.
Ed è con questi presupposti che Draghi sarebbe intenzionato ad aprire una “fase 2” nell’azione di governo e tirare dritto su una serie di riforme che finora i partiti sono riusciti a tenere in frigo.
In agenda tornano a strettissimo giro temi caldi come le concessioni demaniali, dopo mesi di resistenze da parte di Forza Italia, Lega e Pd alle assegnazioni con gare pubbliche. C’è la mina della liberalizzazione delle licenze degli ambulanti, contro cui finora si sono sempre impuntati soprattutto i leghisti in maggioranza.
Senza tralasciare poi la riforma del catasto, più e più volte rinviata anche in questo governo, e che ora non dovrebbe più avere ostacoli.
E infine, non ultima, la riforma delle Pensioni e la revisione del sistema alla base del Reddito di cittadinanza: temi carissimi a Lega e M5s e su cui il premier non sarebbe più disposto a temporeggiare per evitare strappi.
Dai partiti non mancheranno minacce di veti e appelli di rimpasto, così come già sta avvenendo in queste ore. Ma nessuno sarebbe disposto ad andare fino in fondo, non con la prospettiva concreta che un addio di Draghi da palazzo Chigi riporterebbe i titoli di Stato nella tempesta dei mercati in pochissimo tempo.
Senza dimenticare la minaccia trapelata proprio pochi giorni fa da Bruxelles di rinunciare a qualche pezzo dei miliardi del Pnrr. Tutti disastri di cui qualcuno dovrà poi rendere conto agli elettori alle prossime Politiche, e tra questi non ci sarà di certo l’attuale premier.
(da Open)

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MELONI RIPUDIA SALVINI: “NON E’ MIO ALLEATO“

Gennaio 30th, 2022 Riccardo Fucile

CENTRODESTRA, LA DEBACLE SUL QUIRINALE APRE LA RESA DEI CONTI… CARFAGNA ATTACCA TUTTI E DUE

Matteo Salvini rivendica le sue mosse. Silvio Berlusconi ricompatta una Forza Italia divisa, ma non un’alleanza di centrodestra che, secondo Giorgia Meloni, non c’è più. Dopo la rielezione di Sergio Mattarella, la coalizione si lecca le ferite, tra sospetti e incomprensioni che rischiano di dare il la alla resa dei conti tra i tre leader.
«In questo momento non siamo alleati. Mi sembra che abbiano preferito l’alleanza col centrosinistra, sia per Draghi sia per Mattarella», attacca la leader di Fratelli d’Italia in una intervista al Corriere della Sera.
La giravolta di Salvini
La scelta di Salvini di appoggiare il Mattarella non va giù a Meloni. «No. Non l’ho capita, la trovo incomprensibile», dice la presidente di Fdi. «Ho scoperto dalle agenzie che [Salvini] avrebbe votato Mattarella. L’unica ipotesi alla quale tutti i leader del centrodestra avevano detto no con apparente convinzione».
Per Salvini, ora, la prima sfida sarà quella di fare accettare ai militanti leghisti quella retromarcia che lo ha visto passare dalla rivendicazione per il «primo presidente» di centrodestra al sostegno al capo dello Stato uscente. «Difficile fare il maker se rimetti lo stesso King…», lo punge Meloni.
Una leadership in bilico
I malumori nella Lega, e nel centrodestra, montano. Gianni Fava, l’ultimo ad avere sfidato Salvini a un congresso, si domanda se «abbia ancora un senso il nome “Lega per Salvini premier”». E anche i voti leghisti che sarebbero andati a Carlo Nordio, candidato di Fratelli d’Italia che ieri ha ottenuto 27 preferenze “di troppo”, sono un segnale che non passa inosservato.
La coalizione è frantumata, e il pensiero che non debba più essere Salvini a tirarne le fila circola tra molti. Il centrodestra «va ricostruito», attacca Meloni. «Milioni di elettori lo chiedono. Inizio dal mio partito, percepisco la solitudine di tanta gente che non ha compreso, che non voleva finisse così».
Carfagna contro Meloni e Salvini
Nel muro contro muro tra Salvini e Meloni, Mara Carfagna rimprovera l’uno e l’altra: «Non so se questa coalizione è finita», dichiara la ministra per il Sud (Forza Italia) a La Repubblica. «È finita l’illusione di governarla dettando la linea politica sui social e confrontandosi più con i follower che con dirigenti e parlamentari». «In questi giorni – dice Carfagna – abbiamo vissuto l’esito della gara per la leadership fra Salvini e Meloni, una competizione che disintegra il centrodestra».
(da Open)

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TERREMOTO NEL M5S, TORNA L’OMBRA DELLA SCISSIONE

Gennaio 30th, 2022 Riccardo Fucile

TRA DI MAIO E CONTE ADESSO E’ GUERRA APERTA

«Credo che nel Movimento 5 stelle serva aprire una riflessione politica interna». Le parole pronunciate da Luigi Di Maio nella serata di ieri, 29 gennaio, a meno di un’ora dalla rielezione di Sergio Mattarella, sono un messaggio chiarissimo a Giuseppe Conte.
«Alcune leadership hanno fallito», ha attaccato il ministro degli Esteri. «Per fortuna questo stallo l’hanno risolto il Parlamento grazie anche al contributo del presidente del consiglio Mario Draghi». La tensione all’interno del Movimento 5 stelle è elevata. «Ci sarà un necessario chiarimento», assicura Conte. E quel chiarimento potrebbe avere conseguenze imprevedibili, dalla messa in discussione della leadership dell’ex premier fino a una scissione.
I sospetti su Conte e lo scontro su Belloni
Conte ha provato a intestarsi la rielezione di Mattarella, sostenendo che quel nome «è stato fatto crescere nella nostra comunità giorno per giorno», e ha affermato di aver condotto le trattative «con serenità, sapendo che c’era questa opzione sul tavolo». Parole arrivate sull’onda di accuse e sospetti interni al Movimento 5 stelle: «Non ho mai fatto trattative sottobanco», ha detto Conte replicando a quanti insinuavano che avesse tramato con Matteo Salvini alle spalle degli alleati “progressisti” per fare cadere il governo e andare alle elezioni.
La faglia tra il Movimento di Conte e quello di Di Maio si allarga sempre di più, e i veleni di questa settimana di votazioni potrebbero avere allontanato i due schieramenti interni in maniera irreparabile, complice anche lo scontro sul nome di Elisabetta Belloni, elogiata anche su Twitter da Grillo.
Gli scenari all’orizzonte sono molteplici. Conte e lo stesso Di Maio rischiano di finire sul banco degli imputati per la gestione della partita quirinalizia. C’è chi chiede di “commissariare” l’operato del presidente, chi ipotizza un Di Maio leader del partito con Conte super ministro, riferisce Repubblica.
L’ex premier però sembra intenzionato ad andare fino in fondo, a costo di uno strappo definitivo. E poi, dice al quotidiano una fonte interna al partito, «ricordiamo che fuori dai 5 Stelle c’è Alessandro Di Battista, e con lui il presidente ha un buon rapporto. Senza Di Maio e con “Dibba”, ci sarebbe una svolta: un Movimento più radicale che non si fa stritolare dai riti di palazzo».
(da Open)

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RICCIARDI, IL VICE DI CONTE: “ORA DI MAIO DEVE RENDERE CONTO DI ALCUNI PASSAGGI”

Gennaio 30th, 2022 Riccardo Fucile

“CI SONO GRUPPI CHE VOGLIONO FARE POLITICA DENTRO I PALAZZI”

“Ora Di Maio deve rendere conto a M5s di alcuni passaggi”. A dirlo in un’intervista a Repubblica è Riccardo Ricciardi, vicepresidente del Movimento Cinque Stelle. All’indomani della rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale il vice di Giuseppe Conte precisa che il Movimento “ha provato con le altre forze a proporre un alto profilo super partes. Ma Mattarella è sempre stato sul tavolo e abbiamo contribuito a farlo crescere di voto in voto con una chiara regia” spiegando che gli obiettivi erano due “l’alto profilo al Colle e la stabilità, che sono stati ottenuti”.
A chi, a proposito delle divisioni interne di cui si parla in queste ore, gli domanda “quanti M5S ci sono? Se ne sono visti almeno tre, uno dei quali fa riferimento a Di Maio”, Ricciardi replica: “Il Movimento è uno e Conte ha una legittimazione forte degli iscritti, se poi ci sono gruppi che ritengono di fare politica dentro i palazzi questo non rappresenta il vero M5S”.
Il vicepresidente del M5s specifica dunque che “sicuramente c’è una piccola minoranza con i quali dovremo chiarire alcuni passaggi”. “Occorre un chiarimento politico, vogliamo capire le motivazioni che hanno fatto emergere comportamenti non lineari”, aggiunge.
“Su questo allora è d’accordo con Di Maio che chiede una ‘riflessione politica interna’”, viene fatto presente a Ricciardi e lui: “Anche lui dovrà rendere conto al Movimento di alcuni passaggi”.
Il prossimo obiettivo, dice il videpresidente pentastellato, è il proporzionale: “Ritieniamo che corrisponda di più alla fase politica, abbiamo proposto il Brescellum con sbarramento al 5, speriamo venga messo presto in discussione”.
(da agenzie)

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IL BUSINESS DEI NO VAX CHE GUADAGNANO MILIONI PER DIFFONDERE BUGIE E SOSPETTI SUI VACCINI

Gennaio 30th, 2022 Riccardo Fucile

GIRO DI AFFARI DI 36 MILIONI DI DOLLARI DIVISO TRA 22 AZIENDE E 12 INDIVIDUI

Joseph Mercola è un osteopata 67enne della Florida che ha trovato il modo di diventare milionario: spargere bugie, sospetti e terrore sui vaccini contro il Covid, negare la gravità della pandemia, incitare i suoi concittadini (ma anche diverse migliaia di persone in tutto il mondo) a non obbedire alle misure di protezione, a partire dall’uso delle mascherine.
Mercola sparge le sue teorie online, viaggiando da una piattaforma all’altra con articoli, video, grafiche, sapientemente confezionati per la condivisione.
Secondo il New York Times, Mercola è il disinformatore principe di internet, e anche uno dei più profittevoli. Il suo nome figura in cima alla lista di una “sporca dozzina” di disinformatori professionali individuati dal centro di ricerca britannico Centre for Countering Digital Hate che in un recente rapporto ha fatto i conti in tasca sia ai professionisti del profitto No Vax, che alle piattaforme che questa propoganda ospitano e amplificano: un giro d’affari totale di circa 36 milioni di dollari l’anno diviso tra 22 aziende appartenenti a 12 individui.
Con i suoi oltre 4 milioni di follower tra Facebook, Instagram, Youtube e Twitter e una pagina a pagamento per abbonati sul sito di autopubblicazione Substack da decine di migliaia di sottoscrittori, Mercola ha costruito un impero che impiega 159 dipendenti dagli Usa alle Filippine e che, secondo il CCDH, da quando è iniziata la pandemia ha guadagnato oltre 7 milioni di dollari. Guadagna in pubblicità, abbonamenti, e dalla vendita di integratori alimentari “miracolosi” per la cura contro il Covid. Qualcosa di simile a quel che hanno tentato di fare in questi mesi in Italia anche emuli “naturisti”, con discreto successo.
Chi invece fa affari sulla paura sono altri personaggi della lista dei “12 disinformatori d’oro”.
E ‘il caso del pupillo complottista della dinastia Kennedy, Robert F. jr, con il suo gruppo antivaccinista Children’s Health Defence, o di Del Bigtree, fondatore dell’ICAN, l’Informed Consent Action Network, entrambi focalizzati sul reclutamento e l’indottrinamento di genitori preoccupati per la sicurezza e l’efficacia dei vaccini. Da quando Facebook e Youtube li hanno “scaricati”, cancellando in parte loro pagine dopo aver raccolto evidenze sulla falsità dei contenuti, sia Kennedy che Bigtree hanno fatto ricorso legale contro le piattaforme, sostenendo di aver avuto perdite economiche dalla mancata esposizione sulle piattaforme social. Viceversa, secondo l’analisi del CCDH, anche le piattaforme guadagnano molto dall’industria No Vax: un seguito stimato di oltre 60 milioni di persone nel mondo può voler dire – secondo le metriche delle stesse piattaforme – un ricavo di oltre un miliardo di dollari.
I piccoli imperi dell’antiscienza danno lavoro a migliaia di persone e producono guadagni certi ai loro dirigenti: si va dai 255mila dollari annui di ricompensa a Kennedy per il suo ruolo alla guida dell’associazione di difesa dei bambini, ai 232mila di Bigtree alla guida di Ican.
Da dove arrivano i soldi? Donazioni, in primo luogo, e poi promozioni spesso incrociate all’interno della stessa galassia: un personaggio di spicco del mondo No Vax pubblicizzerà il mio video, o il mio integratore miracolo, in modo tracciabile per poter essere retribuito in base ai profitti derivati dalla promozione stessa. Paradossalmente, molti di questi gruppi hanno beneficiato anche degli aiuti di Stato concessi dalle amministrazioni Trump e Biden alle imprese in difficoltà a causa del Covid: con la motivazione che sarebbero stati a rischio centinaia di posti di lavoro, solo Mercola ha intascato dallo Stato oltre 600mila dollari.
Ma quando si parla di disinformazione online, non è solo a Facebook o Youtube che bisogna guardare.
Molti di questi principi del complottismo No Vax si stanno trasferendo in massa su altre piattaforme, dove i contenuti vengono consumati “on demand”. Ha fatto discutere la polemica sollevata contro Spotify dal cantautore americano Neil Young, che ha chiesto la rimozione di tutte le sue canzoni dalla piattaforma perché non poteva condividere lo stesso “palcoscenico” con un podcast complottista e antiscientifico come il “Joe Rogan Experience” di Joe Rogan.
Ed è anche il caso di Substack, il sito di autopubblicazione per abbonati su cui, sempre secondo i dati dei ricercatori britannici di CCDH, cinque newsletter di altrettanti leader No Vax da sole hanno generato 2,5 milioni di dollari in un anno. Una di queste è naturalmente quella di Mercola, che figura al tredicesimo posto tra le newsletter più pagate della piattaforma, secondo i dati dell’Institute for Strategic Dialogue di Londra. Oltre un milione di dollari l’anno per post come quello del 9 gennaio scorso, dal titolo: “Sono morti più bambini per i vaccini che per il Covid”.
(da La Repubblica)

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“SALVARE VITE UMANE E’ UN DOVERE“: ARCHIVIATA L’INCHIESTA CONTRO LA MARE JONIO

Gennaio 30th, 2022 Riccardo Fucile

ACCOLTA LA RICHIESTA DEL PM

Era il mese di maggio del 2019 quando la nave Mare Jonio della ong Mediterranea Saving Humans soccorse in mare diverse persone (tra cui anche minori) partiti dalle coste Nord Africane e provenienti da Ciad, Bangladesh, Sudan, Camerun, Mali, Costa d’Avorio, Nigeria e Burkina Faso.
Lo sbarco in Italia, in Sicilia, il 9 maggio. Poi l’apertura di un’indagine nei confronti dell’armatore della nave di soccorso Beppe Caccia e il comandante Massimiliano Napolitano. Oggi, quasi mille giorni dopo, quell’inchiesta è stata ufficialmente archiviata.
La gip del Tribunale di Agrigento, Micaela Raimondo, ha accolto – dunque le richieste dei procuratori della Repubblica Salvatore Vella e Cecilia Baravelli.
E le motivazioni sono molto chiare e cancellano tutti quei proclami fatti da una parte dei sovranisti italiani nei confronti delle navi delle Ong che affrontano il Mediterraneo per soccorrere tutte quelle persone in balia delle onde, spesso in su imbarcazioni di fortuna o gommoni in avaria.
Un’indagine con un capo di imputazione ben preciso nei confronti di Massimiliano Napolitano, Beppe Caccia e l’intero equipaggio della nave Mare Jonio della ong Mediterranea Saving Humans: “Favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina”.
Ma nulla di quanto contestato è stato giudicato meritevole di un procedimento giudiziario. La gip di Agrigento, firmato l’ordine di archiviazione, ha sottolineato un aspetto preciso: la nave della ong ha agito “in stato di necessità e nell’adempimento del dovere di salvataggio, previsto dal diritto nazionale e internazionale”.
Salvare vite umane, dunque, è un dovere.
E a chi ha contestato la scelta di approdare in un porto italiano anziché dirigersi verso la vicina costa libica (a circa 35 miglia nautiche a nord di Zuara, dove vennero soccorsi quegli esseri umani in balia del Mediterraneo) la gip dà una risposta definitiva: non si può “considerare la Libia un place of safety”, visto che “alcune migliaia di richiedenti asilo, migranti e rifugiati versano in detenzione arbitraria, sottoposti a torture e a trattamenti inumani e degradanti, in violazione dei loro diritti umani”.
(da agenzie)

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LA STAMPA ESTERA SALVA SOLO MATTARELLA: “ITALIA RESTA INGOVERNABILE“

Gennaio 30th, 2022 Riccardo Fucile

“TEATRO DELL’ASSURDO FINO ALL’ULTIMO SACRIFICIO DI UN VERO UOMO DI STATO“

Sergio Mattarella viene (ri)eletto alla presidenza della Repubblica italiana con 759 voti e la stampa estera rilancia la notizia su tutte le principali homepage delle testate internazionali. Sergio Mattarella rieletto presidente dell’Italia tra profonde divisioni, titola il Guardian.
Tutti i giornali parlano di stabilità sottolineando i giorni di divisioni tra forze politiche che hanno portato al risultato del capo dello Stato che accetta di rimanere, come sottolineato nel suo discorso, «nell’interesse della nazione». *
E non dimenticando l’età di Mattarella, 80 anni, e le sue 15 dichiarazioni di necessità di suo ritiro. «Non voleva un nuovo mandato ma è stato convinto a restare», si legge. Ha accettato per «senso di responsabilità», nota la Bbc che pone l’accento sul voto «spesso teso». Per il Financial Times solo il presidente uscente può permettere al «fragile governo Draghi» di sopravvivere.
Emmanuel Macron è stato tra i primi, ieri sera, a inviare le sue felicitazioni per l’esito della votazione: secondo Le Monde era in gioco «l’interesse della nazione». «Sarebbe stato meglio continuare il gioco al massacro o prendere atto dello stallo e cercare una via di uscita anche a costo di una leggera stortatura alla logica istituzionale?», si chiede il quotidiano francese con ironia. «Ci è voluto un venerdì disastroso perché i leader delle principali forze politiche si arrendessero all’evidenza e chiedessero al presidente uscente di restare al Quirinale». E Le Figaro sottolinea come il voto «permetterà di assicurare la stabilità del tandem Mattarella-Draghi che gestisce da un anno il risanamento del Paese».
Per il New York Times Mattarella è il «guardrail» della «oscillante» democrazia nostrana e così “si preserva lo status quo”. Il Capo dello Stato ha guidato il paese in «sette anni caotici in cui l’Italia ha oscillato da sinistra a destra, rappresentando un guardrail della democrazia italiana».
Il Washington Post definisce il rieletto presidente «riluttante», e cita la foto degli scatoloni e del trasloco pronto dal Quirinale postata nei giorni scorsi dal portavoce di Mattarella, Giovanni Grasso, su Twitter. L’Italia «sceglie di mantenere gli stessi leader, evitando il caos politico. La frammentata classe politica italiana rielegge Sergio Mattarella come capo dello stato e mantiene Mario Draghi come capo del governo dopo una settimana di disordine», nota il Wall Street Journal.
Spietato il commento della testata tedesca Spiegel, che parla di «teatro dell’assurdo». Il settimanale di Amburgo tifava, come da più parti in Germania, per Mario Draghi al Colle più alto. «Per giorni hanno giocato d’azzardo e litigato. Ma ora tutto è rimasto come prima, con Sergio Mattarella, si legge. Al primo ministro Mario Draghi non è stato permesso di diventare capo di stato». «I partiti non hanno trovato soluzioni all’abisso istituzionale», scrivono in Spagna su El Paìs. «Non sono riusciti ad accordarsi e si sono rassegnati a lasciare tutto immutato fino alle prossime elezioni», aggiunge El Mundo che parla dell’«ultimo sacrificio di un uomo di Stato».
Mattarella continuerà «alla guida di un Paese ingovernabile», titola poi un editoriale del quotidiano spagnolo controllato dal gruppo Rcs. «Il sacrificio dell’anziano presidente presuppone, di rimbalzo, che tutto continui come prima nella politica italiana, compreso il governo di concertazione di Mario Draghi». Ora il risultato darà, in teoria, «qualche mese di stabilità al Paese». Ma «non nasconde il nuovo grande fallimento della politica» e anzi «rivela in tutta la sua crudezza quanto il suo sistema istituzionale ormai superato e atrofizzato non sia più utile». Perché il nostro paese soffre «da molti decenni di ingovernabilità cronica».
El Confidencial collega la notizia alla questione della crisi in Ucraina: il «basso profilo» sul piano diplomatico e il ruolo dell’industria italiana lasciano al paese «il suo posto tra i vip globali» in contesti in cui – è la critica – «il governo spagnolo non è riuscito a sedersi».
«Il primo ministro Mario Draghi e i partiti di governo hanno chiesto a Mattarella di rimanere per rompere una settimana di stallo politico politico», si legge sulla testata online Politico.Eu. Sergio Mattarella, «80 anni, avrebbe voluto lasciare il suo ruolo ma i leader politici non sono riusciti a trovare un accordo sul successore», dice l’Irish Times.
Dalla Russia Kommersant pure ricorda che Mattarella «avrebbe dovuto lasciare il suo incarico il 3 febbraio, ma, a causa delle possibili conseguenze per la stabilità politica del Paese, ha accettato di candidarsi per un secondo mandato dopo che i partiti della coalizione gli hanno chiesto di riconsiderare la sua decisione».
Infine in Cina: secondo il South China morning post il presidente della Repubblica «ha accettato dopo che i partiti non sono riusciti a trovare un candidato alternativo reciprocamente accettabile in una settimana di voto difficile in Parlamento».
Anche qui il focus è sull’immobilismo e il caos della politica italiana. Per la Cgtn, canale in inglese del network statale Cctv, il nome di Mattarella è venuto a galla «al termine di una settimana tesa in cui i due principali blocchi – centrosinistra e centrodestra – non sono riusciti a concordare una diversa soluzione comune». E ha rappresentato la soluzione di fronte alle «profonde fratture all’interno di entrambe le coalizioni». Xinhua, agenzia di Stato cinese, ricorda come, dopo un breve confronto con Draghi, Mattarella si sia reso disponibile per un secondo settennato, permettendo anche al presidente del Consiglio di proseguire con il lavoro del suo esecutivo.
(da Open)

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