Giugno 1st, 2022 Riccardo Fucile
È PARTITA LA RUSSIFICAZIONE A FORZA DEGLI ORFANI E DEI MINORI STRAPPATI AI LORO GENITORI, OBBLIGANDOLI A UN GIURAMENTO DI ADESIONE E FEDELTÀ AL REGIME CHE HA DISTRUTTO LE LORO FAMIGLIE: UN DECRETO DI MOSCA AUTORIZZA QUESTE “ADOZIONI”
Il sacco dell’Ucraina muove ogni giorno un passo più in là. Dopo il grano del Donbass e l’acciaio di Mariupol, inizia ufficialmente anche il grande furto dei bambini. Vladimir Putin ha già conquistato ampie aree dell’Est e del Sud del Paese e non sta perdendo tempo nel confiscare quanto l’Ucraina possiede di più prezioso o di quanto alla Russia manca più drammaticamente.
Di questi giorni sono le informazioni sui trasporti di metallo verso Rostov-sul-Don attraverso il Mar d’Azov o di quelli di cereali dalle città sotto il tallone di Mosca.
Ieri però il dittatore del Cremlino ha messo la sua firma sulla decisione forse più sfrontata: un «ukaze» (editto) per fare bottino di guerra anche dell’infanzia della nazione aggredita.
L’obiettivo è russificare a forza gli orfani e i minori strappati ai loro genitori in Ucraina, obbligarli a un giuramento di adesione e fedeltà al regime che ha distrutto le loro famiglie, dar loro nuove madri e padri schierati con l’esercito che sta oggi devastando le loro terre.
L’intenzione dell’ukaze di Putin è fare dei piccoli ucraini senza più genitori – migliaia di loro nelle regioni sottomesse – giovani russi che in futuro potranno unirsi all’esercito di Mosca. Anche per questo l’invasore porta via tutto ciò che può, finché può, mentre ancora la guerra infuria.
L’editto del dittatore reca la data di ieri, 30 maggio 2022, sull’intestazione con l’aquila imperiale a due teste incoronate attorno all’effigie di San Giorgio a cavallo. La simbologia è bizantina e zarista.
La sostanza del documento è invece quanto di più vicino alle guerre di conquista degli anni ’30 del Novecento si possa pensare: l’umanità soggiogata – quella nei primi anni di vita, ancora plasmabile psicologicamente – diventa un tesoro da assicurare alla Russia.
Formalmente la misura è un emendamento a un decreto del 2019, volto a stabilire procedure semplici e rapide e trasformare in cittadini russi migliaia di minori ucraini che la guerra ha separato dai genitori o reso orfani.
Non importa che siano già profughi in Russia. Sono soggetti al provvedimento e dunque russificabili con effetto immediato i bambini residenti nelle autoproclamate repubbliche putiniane di Donetsk e Lugansk, ma anche – elemento nuovo – quelli delle regioni di Zaporizhzhia e Kherson al sud.
Quanto a Mariupol, non è nominata ma si considera compresa nel territorio di Donetsk. È straordinario come la russificazione possa avvenire, in base all’ukaze di Putin, prescindendo dalla volontà o dall’orientamento di coloro che ne sono oggetto.
«Hanno il diritto di presentare domanda» di cittadinanza per i bambini – si legge – anche «i capi delle organizzazioni di accoglienza per orfani o minori non accompagnati» o i «capi di istituzioni educative», oltre a «tutori» e «guardiani» dei piccoli.
In altri termini entità ormai sotto il controllo di Mosca nelle città occupate – scuole, orfanatrofi, centri medici o centro sociali – possono decidere sulla futura nazionalità dei loro assistiti.
Il passo successivo potrà essere poi l’adozione da parte di una famiglia in Russia stessa, come previsto dal «Commissariato per la protezione dei bambini» del Cremlino (vedi Corriere del 24 maggio). Un passaggio nei formulari per la domanda di cittadinanza, allegati all’ukaze, rivela del resto i fini di Putin.
Il richiedente deve firmare una dichiarazione: «Mi impegno a essere fedele alla Russia, a compiere scrupolosamente il mio dovere civico e a sostenere i miei obblighi in accordo con la Costituzione e le leggi della Federazione russa».
In altri termini, nei piccoli ucraini da russificare a forza il Cremlino vede già dei futuri soldati. Ed è un aspetto che rivela in realtà quanto dura la guerra sia stata fin qui anche per la Russia: chi conosce il sistema putiniano dall’interno sottolinea come il dittatore cerchi così una compensazione per le decine di migliaia di giovani russi che lui stesso ha mandato a morire in Ucraina.
I più giovani diventano bottino di guerra proprio per essere mandati a uccidere o farsi uccidere in guerre immaginate da pochi anziani chiusi da decenni nelle mura Cremlino.
(da Corriere della Sera)
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Giugno 1st, 2022 Riccardo Fucile
ENNESIMA FIGURA DI MERDA DEL CAPITONE… I RUSSI SI SONO PURE FREGATI LA NAVE CARGO TZREVNA DELL’ARMATORE ITALIANO COSULICH
“Bene, le armi più potenti sono dialogo e diplomazia, l’impegno per la
Pace vale più di qualsiasi critica» scrive il leader della Lega Matteo Salvini in un tweet pubblicato nella serata del 31 maggio 2022, condividendo lo screenshot di un articolo del Corriere della Sera dal titolo «Mosca: “Partita dal porto di Mariupol la prima nave merci“».
Un tweet che fa seguito alle denunce da parte degli ucraini, i quali accusano la Russia di aver rubato le merci caricate proprio su quella nave.
Non solo, in giornata è arrivata la denuncia da parte di Augusto Cosulich, amministratore delegato del gruppo Fratelli Cosulich, per la probabile “nazionalizzazione” forzata del cargo Tzarevna da parte dei russi a Mariupol.
L’annuncio della partenza della nave è stato diffuso dal leader della autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk, Denis Pusilin, attraverso un post e un video pubblicati nel suo canale Telegram
Il direttore del porto di Mariupol, Igor Barsky, ha accusato i russi di rubare i prodotti metallurgici rimasti fermi a causa dell’invasione, un totale di circa 200 mila tonnellate di metalli per un valore di oltre 170 milioni di dollari, in gran parte di proprietà della società Metinvest (Azovstal) e destinati per l’esportazione in Italia e altri Paesi. La nave salpata da Mariupol, in questo caso, è diretta in Russia.
In un comunicato stampa della Metinvest, pubblicato sul sito istituzionale il 27 aprile 2022, veniva denunciato il rischio che i prodotti venissero rubati dagli occupanti, materiali destinati a Paesi come Spagna, Italia, Belgio, Grecia, Portogallo e Turchia, per essere poi inviati nei porti di Rostov, Taganrog, Novorossijsk, Tuapse e Sebastopoli.
La nave russa RM 3 salpata il 31 maggio 2022, festeggiata da Matteo Salvini, è diretta proprio a Rostov.
Considerando i dati forniti da Marin Traffic, la nave era partita il 26 maggio 2022 dal porto di Rostov, con destinazione Mariupol. Secondo i media russi, la nave avrebbe il compito di recuperare i metalli in base a un accordo siglato prima dell’inizio dell’invasione.
Il direttore del porto Igor Barsky, citato in un articolo di Radio Svoboda, afferma che i prodotti sarebbero di proprietà di Metinvest e che la società non avrebbe mai dato l’autorizzazione di caricarli a bordo della nave russa.
La mattina del 31 maggio 2022, Denis Pusilin aveva dichiarato che parte delle imbarcazioni del porto di Mariupol saranno rinominate e passeranno sotto la giurisdizione della Repubblica autoproclamata, affinché quest’ultima ottenga la sua personale flotta mercantile.
Tra le navi ci potrebbe essere anche il cargo Tzarevna del gruppo Fratelli Cosulich.
(da agenzie)
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Giugno 1st, 2022 Riccardo Fucile
IL CAPO DEI SERVIZI SEGRETI: “IN MOMENTI DELICATI COME QUESTO, I LEADER POLITICI DEVONO USARE TRASPARENZA”
«Salvini in Russia? Simili iniziative non spettano ai leader di partito ma ai leader di governo».
Così il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla Sicurezza (e quindi ai servizi segreti) Franco Gabrielli ha commentato l’annunciata “missione di pace” a Mosca del segretario della Lega Matteo Salvini.
Da settimane l’iniziativa autonoma del leader continua a creare polemiche. Poche ore fa erano stati gli esponenti del Pd Borghi e Quartapelle a diffondere una nota ufficiale definendo Salvini a Mosca «come uno degli scenari inquietanti e più pericolosi per il buon nome dell’Italia». L’invito rivolto al capo partito era stato anche quello di rendere conto alle Camere e al presidente del Consiglio «delle motivazioni e della natura di un’iniziativa simile».
A commentare la questione durante il vertice europeo di Bruxelles è stato poi lo stesso premier italiano Mario Draghi: «Il governo non si fa spostare da queste cose», ha detto.
Ora è Gabrielli a ribadire le parole del capo dell’esecutivo: «Penso che la considerazione più efficace sia stata resa dal presidente del Consiglio. Tutto è possibile, purché si faccia nella massima trasparenza e nel rispetto dei ruoli, che tutti devono mantenere soprattutto in momenti complicati come quello che stiamo vivendo».
Sull’idea di trasparenza Gabrielli aggiunge: «Mi aspetto che venga rispettata soprattutto dai leader di formazioni politiche che reggono il governo».
(da agenzie)
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Giugno 1st, 2022 Riccardo Fucile
ODDIO, FATEGLI MAGARI VEDERE IL VIDEO DI QUANDO E’ SCAPPATO A GAMBE LEVATE A BOLOGNA QUALCHE ANNO FA
Lo aveva detto in precedenza e lo ha ribadito anche nel corso dalla sua
ultima apparizione sugli schermi di Rai 3, ospite immancabile del martedì sera di “CartaBianca”.
Mentre si è alzato un coro unanime di critica nei confronti dell’iniziativa (privata, personale e tenendo all’oscuro il governo) di Matteo Salvini in merito a quel viaggio (ora sospeso) in direzione Mosca, Alessandro Orsini torna a esaltare la figura politica del leader della Lega.
Lo definisce “coraggioso”, in perfetta linea con il suo pensiero su quel che sta accadendo dallo scorso 24 febbraio in Ucraina.
Il tema della trasmissione condotta da Bianca Berlinguer, ovviamente, era quello di Matteo Salvini, i suoi incontri (multipli) con l’ambasciatore russo a Roma Sergej Razov e il suo nuovo “consulente” Antonio Capuano.
E mentre il quotidiano Domani stava mandando in stampa la notizia con la conferma dell”avvocato ex deputato di Forza Italia sulla genesi di quel viaggio (che per il momento non si farà) verso Mosca, il professore di Sociologia si sperticava in complimenti nei confronti del leghista:
“Condivido la posizione di Salvini, sono dalla parte di Salvini. È un leader politico coraggioso che sta mettendo in discussione l’asse Johnson-Biden, è assolutamente contrario alla linea Biden-Johnson e sta cercando di fare politica. Ammiro le persone, come Salvini e Giuseppe Conte, che cercano di fare politica e si muovono. Salvini ci sta facendo capire che se proseguiamo su questa strada tra 20 anni l’Europa sarà un disastro”.
Per il professore di sociologia, dunque, tutto è stato fatto correttamente e le mosse del segretario della Lega sono da stimare e non da condannare. Poi, inoltre, rifiuta di affibbiare l’etichetta di “putiniano” a Salvini.
Niente riferimenti ai precedenti viaggi in Russia per stringere la mano a Putin. Nessun accenno a quelle magliette usate a sproposito al Parlamento Europeo e quelle dichiarazioni sullo scambio di “due Mattarella per un Putin“.
E qui si potrebbe chiudere il sipario dell’ennesimo teatro dell’assurdo.
(da agenzie)
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Giugno 1st, 2022 Riccardo Fucile
IL PRIMO CANALE DELLA TV DEI CRIMINALI RUSSI CONTINUA A DIFFONDERE BUFALE ANCHE SUL VAIOLO DELLE SCIMMIE
Non possono raccontare la verità perché ci sono leggi stringenti che li obbligano a ripetere – a mo’ di pappagallo – le veline fatte uscire dal Cremlino.
Non possono utilizzare la parola “guerra” per parlare di quella che è una guerra in Ucraina e contro il popolo ucraino.
La tv russa, però, ha il potere di mistificare la realtà, utilizzare argomenti omofobi e cercare clamorose arrampicate sugli specchi per difendere il loro Paese da accuse che sono confermate dai fatti.
Fino a oggi era stata fatto negando massacri confermati (come quello di Bucha), ma adesso il limite è stato travalicato tirando in ballo il vaiolo delle scimmie, gli omosessuali e i Paesi che hanno inviato armi a Kyiv per difendersi dall’invasione russa.
Il (non) dibattito parte con la voce del conduttore giornalista Popov che lancia la prima accusa che, in realtà, era stata già smentita fin dai giorni successivi alle prime notizie della diffusione del vaiolo delle scimmie:
“Parliamo del vaiolo delle scimmie. Quasi tutti quelli che si ammalano sono ammalati in occidente sono persone dall’orientamento sessuale non tradizionale, diciamo così. Non deve sorprendere che la colpa della trasmissione è principalmente dei rappresentanti della comunità LGBT”.
Poi prende la parola, con fare sarcastico e con un sorriso, la collega in studio, la giornalista Olga Skabeeva che rincara la dose: “Che coincidenza eh. O forse non è affatto una coincidenza. Fateci caso: i Paesi in cui gli omosessuali si sono presi il vaiolo delle scimmie sono gli stessi che mandano armi al regime di Kyiv. È strano, non vi pare?”
La coincidenza non esiste, perché – ancora una volta – la televisione russa propina narrazioni false ai suoi telespettatori.
Perché il vaiolo delle scimmie non è legato alle persone omosessuali come confermato dagli organi di informazione sanitaria. Nazionali e mondiali. Ma se il Cremlino ordina, i (non) giornalisti russi eseguono.
E il pubblico, non avendo fonti alternative, crede a queste narrazioni.
(da NextQuotidiano)
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Giugno 1st, 2022 Riccardo Fucile
LA BRUTTA FIGURA DI DIBBA, RIVOLUZIONARIO DELLA DOMENICA
Posizioni che viaggiano su due binari paralleli che non si incontreranno
mai, neanche all’infinito.
Da una parte Alessandro Di Battista, dall’altra Debora Serracchiani (del Partito Democratico).
Negli studi di “Di Martedì” è andato in scena un acceso scontro dialettico tra i due, ovviamente parlando delle posizioni evidentemente divergenti sulla guerra in Ucraina. Ma, soprattutto, sull’approccio critico nei confronti di Vladimir Putin e delle sue azioni.
Poi il colpo di teatro quando la deputata del PD ha ricordato all’ex parlamentare M5S quella sua partecipazione al congresso (era il 2017) di Russia Unita.
“La Russia sta obiettivamente subendo le sanzioni”, esordisce Debora Serracchiani. Una posizioni che provoca la risposta dell’ex pentastellato: “Lei se ne assumerà le responsabilità davanti alla storia”. Assist perfetto per la deputata del PD che passa al contrattacco: “Io e lei abbiamo posizioni diverse. Sa perché? Perché nel 2017 quando lei è andato al congresso di Russia Unita (il partito di Putin, ndr) e poi è tornato qui per depositare una proposta di legge per chiedere all’Italia di uscire dalla Nato, io e lei siamo su due posizioni completamente diverse. Quindi, qual è la sua strategia quando difende la Russia in questo modo? Qual è la sua strategia quando dice che le sanzioni non servono? Qual è la sua strategia quando dice che gli ucraini si devono arrendere e viva la Russia? Perché lei ha anche detto che le istituzioni europee sono naziste. Se partiamo da questi presupposti, io e lei siamo distantissimi”.
Poi Serracchiani spiega che la strategia del governo (e del suo partito, il PD) siano: le sanzioni, gli aiuti militari, umanitari, la protezione umanitaria, la trattativa e la diplomazia.
(da agenzie)
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Giugno 1st, 2022 Riccardo Fucile
IL MINISTRO, DOPO AVER SOTTOLINEATO CHE “BISOGNA MUOVERSI DI CONCERTO COL GOVERNO”, METTE IL LEADER LEGHISTA ALLE STRETTE: “SARANNO GLI ELETTORI A DECIDERE SE SIAMO BRAVI”
Siamo quasi al se c’è un altro più bravo di me si faccia avanti. Insomma Salvini è stanco degli smarcamenti di Giorgetti. Non è un tipo che conosce l’ira, ma è deluso rispetto a tanti amici che dubitano e barcollano, dando l’immagine di un partito diviso.
«Noi siamo uniti ma da fuori ci vogliono dividere», è la posizione del leader ma anche lui capisce che stavolta i distinguo sulla sua linea, a proposito del viaggio a Mosca, sono tanti e vedono in Giorgetti e in Zaia – i superbig del partito, affezionati a stabilità governativa e concretezza politica – due interpreti di questa distinzione rispetto a come si sta muovendo – «sconclusionatamente», dicono un po’ tutti nella Lega – il segretario.
Il ministro Giorgetti, draghiano doc, dopo aver sottolineato riguardo alla missione in Russia che «bisogna muoversi di concerto col governo», ieri ha negato l’esistenza di dissidi interni al partito. Però ha aggiunto: «Saranno gli elettori a decidere se siamo bravi».
Ovvero: «La situazione del mio partito è quella che decideranno gli elettori. Abbiamo le nostre idee, facciamo le cose assumendocene le responsabilità e poi in democrazia sono gli elettori che decidono se siamo bravi o no. Ovviamente noi pensiamo di essere i più bravi del mondo, ma sono appunto gli elettori che decidono».
Traduzione: se le Comunali del 12 giugno, praticamente adesso, dovessero andare male verrà meno un cardine del leghismo di questi anni: quello dell’intoccabilità di Salvini. finora l’effetto della crescita dal 4 per cento al 30 delle Europee, che ha funzionato come clausola di salvaguardia del segretario, ha blindato Matteo, ma adesso sembra non bastare più questo scudo.
Anche perché, si fa notare anche tra i fedelissimi del leader, l’isolamento – vuoi per la cattiveria degli avversari e vuoi per gli errori del capo – si sta facendo totale.
E non c’è leadership che possa reggere senza avere interlocutori politici. Il gelo con cui Draghi ha commentato l’affaire viaggio in Russia, anche se il premier non ha voluto troppo calcare la mano ma è come se lo avesse fatto anche perché «Draghi ne ha piene le scatole» dei partiti che fanno le bizze (copyright Giorgetti), non poteva non essere notato sul Carroccio e con notevole preoccupazione.
«Salvini a Mosca? La nostra posizione non cambia, è europeista e atlantista», ha detto il premier. E poi la staffilata: «Al Copasir ho detto, a proposito di eventuali relazioni internazionali di esponenti della maggioranza di governo, che vanno bene. Ma l’importante è che siano rapporti trasparenti».
Una legnata. Sottile ma potente.
Che però non ferma il putinismo salviniano. Matteo, mentre il suo consulente Capuano sta per finire davanti al Copasir, scrive: «Bene, le armi più potenti sono dialogo e diplomazia, l’impegno per la pace vale più di qualsiasi critica».
E lo scrive postando un articolo del Corriere della Sera dal titolo: «Mosca: partita dal porto di Mariupol la prima nave merci».
Quando l’ultima di Salvini arriva alle orecchie, e nei video, di Palazzo Chigi, provoca sconcerto. Nella Lega c’è chi dice: «Ma è uscito di senno?». E il Pd naturalmente ci va a nozze.
Filippo Sensi: «Non avevo ancora visto il leader di una forza di governo esaltare la razzia russa, dopo il martirio a Mariupol. Ci siamo arrivati. Qui non si tratta solo di una verifica di maggioranza, qui si tratta di un danno alla postura internazionale dell’Italia. Sulla pelle dell’Ucraina».
Perfino in Forza Italia le prese di distanza dal segretario leghista si sprecano. Quando parla Tajani è come se parlasse Berlusconi – il quale riservatamente comunque tende a dire che si sta esagerando contro Matteo – il numero due di Forza Italia osserva: «Salvini? Le iniziative in politica internazionale vanno concordate con il governo». La linea azzurra, almeno ufficialmente («Siamo sicuri che nel rapporto Salvini-Capuano non c’entri il Cavaliere?», insinua Mario Borghezio che conosce la Lega e il centrodestra da sempre), è la linea Draghi e non la linea Matteo. Il quale, come ha fatto intendere Giorgetti, è atteso al varco.
Nel Sud per il Carroccio andrà male il 12 giugno, ma se alle Comunali al Nord – occhio ad Alessandria, Cuneo, Como, Verona, Padova – la Meloni batte la Lega, il famoso partito leninista-padanista chiederà tremendamente il conto al segretario. Per non parlare del flop assicurato del referendum sulla giustizia su cui Salvini ha investito troppo.
(da il Messaggero)
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Giugno 1st, 2022 Riccardo Fucile
OLTRE ALLA CENA DELLO SCORSO PRIMO MARZO, CI SONO STATI ALTRI TRE FACCIA A FACCIA TRA METÀ MARZO E LA TERZA SETTIMANA DI MAGGIO… RAZOV PARLA A SALVINI COME TOTO’ CON PEPPINO: “LA PARTITA SI GIOCA A MOSCA. TE LA SENTI?”
Matteo Salvini e il suo misterioso consulente per la politica estera
Antonio Capuano hanno incontrato ben quattro volte l’ambasciatore russo in Italia Sergej Razov. Oltre alla cena dello scorso primo marzo di cui Domani ha dato conto ieri, ci sono stati altri tre incontri, tra metà marzo e la terza settimana di maggio, confermati sia da ambienti vicini al leghista sia dalla diplomazia di Mosca.
Palazzo Chigi ribadisce «assoluto sconcerto» per l’attivismo del capo di uno dei partiti chiave della maggioranza («è gravissimo, Salvini non ci ha avvertito di nessuna delle sue visite da Razov», dicono gli staff di Mario Draghi e del ministro degli Esteri Luigi Di Maio).
Domani ha sentito al telefono – di nuovo – Capuano. L’avvocato di Frattaminore in provincia di Napoli, un tempo deputato di Forza Italia oggi legale di ambasciate, aveva smentito di aver partecipato ad incontri con l’ambasciatore russo.
Dopo aver letto l’articolo che dava anche conto delle conferme della portavoce dell’ambasciata della Federazione russa, ha deciso però di parlare e ammettere che tra lui, Salvini e Razov ci sono stati alcuni incontri e un fitto scambio di opinioni sulla guerra in Ucraina intorno al piano di pace in salsa leghista «di cui anche Mosca era a conoscenza».
IL PIANO
Una strategia iniziata mesi fa che si sarebbe dovuta concludere con il viaggio del numero uno del Carroccio in Russia, in veste di mediatore di una tregua.
«Questa iniziativa prende corpo dopo l’intervento di Salvini in Senato il 19 maggio», dice a Domani Capuano. Quel giorno Salvini aveva chiesto a Draghi di impegnarsi non solo nell’«invio delle armi», ma anche in una maggiore attività «per il dialogo e la cessazione delle ostilità». Salvini anticipa alcuni punti del piano cui stava lavorando con Capuano e i russi: «Presidente, le faccio tre proposte concrete. Primo, chieda alla Russia di sbloccare l’export di grano. Sono certo le arriverà una risposta positiva. Poi provi a chiedere a Mosca di ritirare candidatura di Mosca per l’Expo 2030 e di appoggiare quella di Odessa (a scapito di Roma, ndr), potrebbe avere anche qui una risposta positiva. Infine proponga un cessate il fuoco di 48 ore con Germania, Italia, Francia e Santa sede garanti dell’avvio di negoziati di pace. Sono convinto che verrà ascoltato con attenzione». Quando a sinistra qualcuno protesta, Salvini replica: «Non mi ha chiamato Putin stanotte come pensa qualcuno».
Secondo Capuano, uno degli incontri segreti in ambasciata sarebbe successivo proprio all’intervento in Senato. «Abbiamo parlato con Razov del piano presentato in aula. Ai russi questa cosa gli stava bene, e ci dicono: “Ma perché non la fa proprio l’Italia questa proposta? Salvini ha detto: Ci posso provare, ma voglio il cessate il fuoco”, e così ha fatto una proposta più articolata: il tavolo con i garanti, la neutralità…I giorni successivi Razov ha mostrato disponibilità, però ci ha detto che il cessate il fuoco si decide a Mosca, bisognava andare lì».
Dall’ambasciata russa confermano gli appuntamenti con Salvini ma ci tengono a segnalare come «Capuano non è un nostro collaboratore, ma un consulente di Salvini».
Anche dalla Lega non commentano le dichiarazioni fatte dall’avvocato a Domani che esplicitano come il viaggio di Salvini a Mosca – poi saltato – sia stato suggerito da Razov in persona.
Lo staff del Capitano spiega solo che «il capo ha sempre e solo chiesto all’ambasciatore la fine delle ostilità», e che palazzo Chigi non può mettere becco sulle attività di un leader di partito.
ZITTI E MOSCA
Capuano, avvocato con interessi in Kuwait e amico di diplomatici mediorientali, dice di non ricordarsi il numero esatto di incontri con Razov («quattro mi sembrano tanti»), però è certo che durante l’ultimo avvenuto «dopo il 19 maggio, Razov ha detto a Salvini: “La partita si gioca a Mosca. Te la senti? Lo sai che ti esporrai a critiche”. La disponibilità di Razov c’era, ma ne doveva parlare con Mosca. Mosca dunque sapeva dell’incontro tra Razov e Salvini e credeva in questa soluzione».
Il consulente del leader aggiunge che «a Mosca avremmo parlato con chi doveva decidere. Lì avremmo dovuto fare due incontri, più un terzo che dipendeva dal senatore Salvini». Persone vicino al dossier dubitano che Salvini sarebbe riuscito a incontrare Putin in persona, ma il Copasir potrebbe chiederlo presto ai protagonisti dell’affaire: ieri il comitato parlamentare sui servizi segreti ha annunciato l’apertura di un’inchiesta ufficiale.
(da EditorialeDomani)
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Giugno 1st, 2022 Riccardo Fucile
LA VERSIONE DI CAPUANO, CONSIGLIERE DI SALVINI…GLI INCONTRI CON L’AMBASCIATORE RUSSO DIVENTANO BEN QUATTRO, ALL’INSAPUTA DI DRAGHI
Dopo una serie di no comment di fronte alle evidenze raccolte (anche da fonti ufficiali, come quelle dell’ambasciata russa), Antonio Capuano “vuota il sacco” e ha raccontato per filo e per segno tutti gli incontri tra il leader della Lega e Sergej Razov, fin dai primi giorni della guerra in Ucraina.
I due (anzi, i tre) si sono incontrati almeno quattro volte. In nessuna di queste occasioni – e per questo il Copasir sta indagando – il Presidente del Consiglio Mario Draghi è stato avvisato di questi colloqui. E c’è di più: il viaggio di Salvini in Russia (sospeso) era stato organizzato proprio su richiesta dell’ambasciatore russo.
Il quotidiano Domani, il primo ad aver raccontato – citando fonti dirette e concrete – degli incontri segreti tra il segretario della Lega e l’ambasciatore russo a Roma, è riuscito a contattare e ottenere risposte (dopo i silenzi di ieri) Antonio Capuano che ha deciso di spiegare la genesi dell’idea di quel viaggio di Salvini in Russia
“Abbiamo parlato con Razov del piano presentato in aula (dopo l’informativa di Draghi al Senato del 19 maggio, ndr). Ai russi questa cosa gli stava bene, e ci dicono: ‘Ma perché non la fa proprio l’Italia questa proposta? Salvini ha detto: Ci posso provare, ma voglio il cessate il fuoco’, e così ha fatto una proposta più articolata: il tavolo con i garanti, la neutralità… Razov ha detto: ‘Tosto, è forte’. I giorni successivi Razov ha mostrato disponibilità, però ci ha detto che il cessate il fuoco si decide a Mosca, bisognava andare lì”.
Una sorta di “obbedisco”, come un novello Giuseppe Garibaldi a Teano davanti al generale La Marmora. Perché dopo quella richiesta, sono iniziati i preparativi per quel viaggio. Poi, però, qualcuno – e come rivela La Repubblica, la fonte potrebbe essere proprio interna al Carroccio – ha fatto uscire allo scoperto il piano di viaggio del segretario della Lega. Da lì il polverone: dalle reazioni di praticamente tutti, alla fuoriuscita di quella figura misteriosa (fino a qualche giorno fa) di Antonio Capuano. Fino alla cancellazione di quel progetto di viaggio in direzione Mosca.
E proprio l’avvocato di Frattaminore, con un passato a Montecitorio con Forza Italia, ha confermato il tutto anche al Corriere della Sera, dicendo anche di essere pronto a raccontare tutto al Copasir che ha aperto un’inchiesta. Il legale – che l’ambasciata russa ha “identificato” come consulente di Salvini – ha dichiarato: “Il segretario della Lega ha spiegato il suo progetto in quattro punti, dall’altra parte è arrivata un’apertura di credito”.
L’interlocutore – di tutti quei 4 incontri, il primo a pochi giorni dall’inizio della guerra e l’ultimo lo scorso 19 maggio – era proprio Sergej Razov, quell’ambasciatore russo a Roma che nel corso delle settimane ha attaccato l’Italia con veemenza.
Il tutto mentre si incontrava con il leader della Lega. Il tutto mentre chiedeva a Salvini di recarsi n Russia. Il tutto all’insaputa del governo, di Mario Draghi e anche di molti suoi colleghi di partito.
(da NextQuotidiano)
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