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IL CENTRODESTRA CONFERMA UNA MINORE CAPACITÀ DI MOBILITARE IL PROPRIO ELETTORATO NEI BALLOTTAGGI

Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile

GLI ELETTORI SOVRANISTI SONO DEI VERI MILITANTI, GUAI A PERDERE UNA DOMENICA PER L’IDEALE: PRIMA L’ITALIA? NO, “PRIMA LA VACANZA”

Il centrodestra, anche a queste elezioni amministrative, ha confermato una minore capacità di mobilitare il proprio elettorato.
E questa dinamica, specie nella contrapposizione secca dei ballottaggi, ha favorito l’ampia affermazione dei candidati sindaci del centrosinistra. Specie al secondo turno, infatti, l’astensionismo ha coinvolto molti più sostenitori di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia; mentre il Pd, con o senza M5S, ha dimostrato di avere candidati più attrattivi.
È la fotografia scattata dall’Istituto Cattaneo, analizzando i flussi elettorali.
In 3 delle 4 città considerate in questa analisi (Monza, Parma, Alessandria e Catanzaro), il candidato di centrodestra ha visto diminuire i suoi voti (in valore assoluto).
«Lo stesso fenomeno si verifica anche altrove, come a Sesto San Giovanni, dove pure il centrodestra ha vinto, o a Piacenza, dove il centrosinistra ha incrementato il vantaggio che già aveva – sottolineano i ricercatori del Cattaneo -: ciò rende plausibile l’ipotesi che la causa sia da ricercare non solo in dinamiche di tipo locale ma nasca anche da ragioni nazionali», che spingono l’elettorato di centrodestra a disertare le urne in occasione di competizioni considerate meno rilevanti.
Mettendo a confronto i flussi tra macro-aree politiche dalle elezioni europee del 2019 ai ballottaggi odierni, l’analisi rileva che «l’elettorato di centrodestra subisce perdite verso il non-voto più consistenti di quelle del centrosinistra; una parte notevole di chi nel 2019 aveva votato M5S si disperde nel non-voto; i passaggi di campo da centrodestra a un candidato di centrosinistra (o viceversa) sono abbastanza limitati (e perlopiù equivalenti) nelle città del Nord (Alessandria, Monza, Parma), mentre sono molto consistenti in quella del Sud (Catanzaro)».
«A Monza – sostiene ancora il Cattaneo – l’affluenza è calata di circa dieci punti percentuali (dal 46,6% al 36,8%). Tra primo e secondo turno si sono inoltre ribaltate le gerarchie tra i candidati del centrodestra e del centrosinistra.
Al primo turno era in testa Allevi (centrodestra). Al ballottaggio ha invece vinto Pilotto (centrosinistra). In due settimane, mentre Pilotto ha leggermente incrementato il suo pacchetto di voti (da 17.767 a 18.307), Allevi ha perso per strada più di 3.000 voti (da 20.891 a 17.445)». Il secondo turno di Alessandria presenta le medesime dinamiche di Monza. Simile è stato il calo dell’affluenza (da 46,7 a 37,1%).
Anche ad Alessandria il candidato di centrodestra (che era sindaco uscente) ha perso un po’ di voti rispetto al primo turno: due settimane fa avevano votato per Cuttica di Revigliasco 13.805 alessandrini, ieri lo hanno fatto 12.225. Al contrario, il candidato di centrosinistra ha incrementato il proprio bacino elettorale, passando da 13.214 a 14.590. Anche nel Comune piemontese, come a Monza, si è dunque verificato un ribaltamento di situazione rispetto al primo turno.
A Parma la vittoria netta di Guerra ha ribadito e ampliato quanto emerso dalle urne due settimane fa. Il calo dell’affluenza è stato piuttosto forte (oltre 12 punti percentuali, dal 51,8% al 39,2%). Rispetto al primo turno, entrambi i candidati (Guerra e Vignali) incrementano i propri voti (il primo passa da 32.567 a 37.319, il secondo da 15.666 a 19.062).
(da agenzie)

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ARRIVERÀ ALL’UCRAINA, GIÀ AI PRIMI DI LUGLIO, IL SISTEMA NASAMS, MISSILI TERRA-ARIA A MEDIO E LUNGO RAGGIO

Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile

OLTRE A QUESTO, ARRIVERANNO MUNIZIONI PER I 100 HOWITZER M777 E RADAR HI-TECH… LA NATO PORTA LA SUA FORZA DI REAZIONE RAPIDA DA 40 A 300 MILA UOMINI

Il sostegno del G7 all’Ucraina continuerà fino a quando sarà necessario, “as long as it takes”, si legge nel comunicato che i Grandi hanno diffuso dopo aver dialogato al Castello di Elmau con Zelensky collegato in videoconferenza, e si articolerà lungo tre direzioni: la consegna di armamenti ad hoc; nuove sanzioni; e il tetto sul prezzo dell’energia. Partita complessa quest’ ultima, come ha spiegato in un botta e risposta con i giornalisti Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza nazionale Usa: «È un metodo nuovo, serio ma complesso, e per questo serve il lavoro di tecnici e la collaborazione fra più ministeri». […]
Sulle armi Washington […] ha anticipato le richieste di Zelensky che ha incalzato i leader dicendo di voler “chiudere la guerra entro l’anno”. Il presidente ucraino nel suo intervento he chiesto l’invio di batterie anti-missile ricordando l’attacco su Kiev di domenica.
Arriverà già ai primi di luglio il sistema Nasams (National Advanced Surfaced to Air Missile Systems), missili terra-aria a medio e lungo raggio. Sono 12 i Paesi che li posseggono, gli Usa li acquisteranno in Norvegia e li gireranno a Kiev.
Oltre a questo, arriveranno munizioni per i 100 howitzer M777 e radar hi-tech. Sullivan ha evidenziato che le armi che giungeranno a Kiev “sono tagliate su misura per le esigenze” attuali. Il Pentagono ha notato un aumento dei raid missilistici, nel solo weekend ne sono stati contati 60.
La questione militare e della sicurezza sarà al centro del summit della Nato che domani si apre a Madrid. Anticipando i temi, ieri Stoltenberg ha sottolineato che «la prima minaccia è tornata a essere la Russia». Per far fronte a questa, la forza di reazione rapida passerà da 40mila effettivi a 300mila, e verrà potenziato il fianco orientale con brigate nei Baltici e in Polonia.
Prima di volare a Madrid (Biden avrà un bilaterale con il premier Sanchez) i Grandi chiuderanno la tre giorni di Elmau Schloss non prima di aver messo a fuoco un altro tema, il nucleare iraniano.
Ci sarà un incontro fra Biden, Macron, Scholz e Johnson, ovvero i Paesi protagonisti dell’intesa del 2015 (insieme a Russia e Cina) con Teheran. Washington ha espressamente detto di voler tornare a quell’accordo e il Qatar si è offerto di mediare un incontro fra inviati Usa e iraniani.
Uno dei punti di dissidio fra i leader è il rapporto con Putin. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha detto che «le relazioni con la Russia non torneranno quelle di prima», ma è la stessa Germania – affiancata dalla leadership della Ue – a considerare la partecipazione al G20 indonesiano dell’autunno dove Putin ha confermato la sua presenza. Gli americani hanno già in messo in atto in altri consessi il boicottaggio dinanzi alla presenza di inviati russi. E Biden non ha escluso di non andare a Bali se ci sarà Putin. Ma lì, fra 20 capi di Stato di ogni parte del mondo, il capo del Cremlino non sarà così isolato.
(da agenzie)

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CHI SARÀ MAI IL O LA VICEPRESIDENTE DEL M5S CHE GETTA FANGO E VELENO SU GRILLO?

Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile

SENZA DEROGA AL LIMITE DEL DOPPIO MANDATO, IN TANTI SONO PRONTI A SALTARE SUL CARRO DI LUIGI DI MAIO

“Solita stanza: la 302, quella con il salottino”. Beppe Grillo è arrivato all’hotel Forum. Da qui per anni, che sembravano eterni, ha deciso le sorti del governo e della capitale d’Italia.
Questa volta è diverso, però. Dalla sua finestra si sovrappongono i fasti imperiali dell’Urbe e le rovine del M5s. Sotto un sole giaguaro, solita ressa di telecamere e fotografi in debito di ossigeno. Passano i taxi. Capiscono chi è arrivato. Partono maledizioni: “A’ nfame”.
E pensare che i tassisti furono grandi elettori grillini. Il garante al Forum fa tre incontri: Giuseppe Conte (per il no al terzo mandato), Domenico De Masi (per massimi sistemi) e il tesoriere Claudio Cominardi (per il suo contratto di consulenza, che balla). Grillo è arrivato a Roma con il treno. Si fermerà per due, massimo tre notti.
Ai suoi amici del Forum ha detto: “Vedrete, ci saranno sorprese, ci riprenderemo”. Chissà se ci crede sul serio. C’è questo piccolo particolare della scissione capitanata da Luigi Di Maio, ex prodotto d’eccellenza della casa madre pentastellata. Mentre Grillo e Conte si parlano e pranzano insieme – l’ex premier se ne andrà da un’uscita secondaria per non farsi fotografare – arrivano sul cellulare notizie da Di Maio.
In Campania, tre consiglieri regionali su sei del M5s sono passati a “Insieme per il futuro”. Scelta simile in Abruzzo, dove la capogruppo ed ex candidata alla presidenza della regione Sara Marcozzi ha salutato la vecchia compagnia. Ma questi ormai sono dettagli, che dalle parti del M5s mettono in conto.
Così come nuove uscite parlamentari verso Luigi Di Maio (chissà che farà Alfonso Bonafede, per esempio, da giorni non fa che lamentarsi di Conte anche con i commessi della Camera). E comunque Grillo sta qui perché deve mettere in sicurezza il suo contratto di consulenza da 300 mila euro e per capire con Conte il da farsi.
Dall’incontro con l’ex premier spunta l’ipotesi che potrebbe esserci una deroga per i parlamentari arrivati al secondo mandato. Ma solo per il dieci per cento di loro. Bonus dieci per cento. Da rapidi calcoli ne sono rimasti poco meno di cinquanta e dunque i salvati potrebbero essere cinque: Taverna, Crimi, Fico.
Con una ressa bestiale per gli ultimi due posti: ci sono i ministri D’Incà e Dadone, Sibilia, i malmostosi Bonafede e Fraccaro, gli ex Toninelli e Grillo e una valanga di volti storici che salvo miracoli saranno fuori.
Uno per tutti: Carlo Sibilia. Scatta l’ora del panico generale. Si fanno conti che non tornano mai.
De Masi invece dirà a Grillo che al M5s converrebbe uscire dal governo per rappresentare i dodici milioni di poveri che andranno incontro a un autunno lacrime e sangue.
Uscita da sinistra, nel segno di Jean-Luc Mélenchon. Nel M5s si parla solo del secondo mandato e della possibilità di ritornare alla Camera o in Senato.
A dire il vero anche Conte vorrebbe dare una scossa: cambiare tutto. Anche il simbolo del M5s, magari con il suo nome nello stemma da barrare. Di Maio ha lasciato una casa che sembra andrà in fiamme. Tutti contro tutti. Grillo è atteso nel pomeriggio a Montecitorio per vedere in faccia i componenti nelle singole commissioni.
C’è chi mastica amaro tra i vicepresidenti del M5s: “E’ indagato per traffico d’influenze e vede gli eletti senza dirigenza: non è opportuno, è un errore strategico e politico”.
Sono sfoghi che la nuova guardia contiana si lascia sfuggire in un momento convulso. Ci sarà qualche vicepresidente così coraggioso in grado di dirglielo in faccia?
Alle 16 Roma viene avvolta da una nube tossica: esplodono 50 bombole di Gpl in periferia. Un odore acre che punge occhi e naso arriva fino in centro. La cappa di afa diventa una roba chimica. Nel cortile della Camera cadono coriandoli di cenere. E’ arrivato Grillo.
Un’ala del Palazzo si blocca: paralizzata. I commessi fanno passare solo i parlamentari. Scene già viste, ormai ridicole. L’idea della micro deroga per una cinquina di valorosi, al massimo una settina (tipo ultimo Premio Strega) va in frantumi. Il garante dice ai parlamentari che non vuole toccare la regola del secondo mandato, l’unica specificità di un partito che dal 2018 ha emendato se stesso una decina di volte.
Grillo ribadisce anche che il sostegno al governo Draghi non è in discussione, e pazienza se passerà un “caz… di inceneritore” a Roma. Grillo promette agli esclusi un futuro da prof nella scuola del M5s.
Molti a rischio si guardano negli occhi e si urlano a vicenda: “Cosaaaaa?”. Bisognerà aspettare il voto online. Intanto, spunta Di Maio. Azzimato, nodo perfetto della cravatta: “Le amministrative dimostrano che chi piccona il governo paga un prezzo”. La nube tossica si è spostata dal centro. Ma aleggia ancora sul M5s.
(da “il Foglio”)

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SALVINI PROVA A SALVARE LA PELLE: DOPO LA DISFATTA ALLE AMMINISTRATIVE, IL “CAPITONE” TENTA DI OFFRIRE UN RAMOSCELLO D’ULIVO AI “GOVERNISTI” ZAIA-FEDRIGA-GIORGETTI

Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile

LI VUOLE INSERIRE IN UN UFFICIO POLITICO CHE PRENDA IN MANO LA GESTIONE DELLA LEGA. COSÌ, SE PRENDE SCHIAFFONI ANCHE ALLE POLITICHE DEL 2023, LA RESPONSABILITÀ SARÀ CONDIVISA, E NESSUNO POTRÀ CHIEDERE (SOLO) LA SUA TESTA

Un cammino condiviso, al posto di una marcia solitaria: Matteo Salvini riemerge dalla macerie delle amministrative con l’idea di offrire un patto ai colonnelli. Con il proposito di allargare la gestione della Lega ai cosiddetti “governisti”, ai presidenti di Regione Luca Zaia e Massimiliano Fedriga, oltre che al ministro Giancarlo Giorgetti, che del partito è già vicesegretario: tutti dentro un ufficio politico che dovrebbe spingere sino alle Politiche un Carroccio in crisi di consensi.
La proposta era già trapelata, prima delle amministrative, ma adesso il numero uno di via Bellerio è pronto a formalizzarla. Certo è che ieri, con i risultati dei ballottaggi appena cristallizzati, Salvini ha convocato per lunedì prossimo a Milano un vertice dei dirigenti leghisti.
L’ufficio politico allargato ai “governisti” consentirebbe a questi ultimi, sempre più insofferenti nei confronti della linea del leader, di poter contribuire alla direzione di marcia. E, perché no, di dire la propria quando si parlerà di collegi e candidature.
Dall’altra parte, Salvini mira a contenere così il dissenso, e a costringere gli oppositori interni a una condivisione delle scelte future. Fra le quali potrebbe esserci proprio quella sulla permanenza nel governo.
Per inciso: l’opzione di un ufficio politico allargato ai governatori è da tempo caldeggiato da un altro big della Lega come Lorenzo Fontana, vicesegretario con delega alla politica estera rimasto estraneo alle iniziative salviniane a favore della pace, e non ostili alla Russia di Putin. Una su tutte: il mancato viaggio a Mosca.
L’insuccesso elettorale di questo turno di amministrative ha reso più pressante l’esigenza di intervenire. Non c’è solo il caso Verona a pesare.
Quel che più colpisce Zaia, come molti altri leghisti della prima ora, è il numero delle sconfitte nei medi centri del Nord, da Cuneo ad Alessandria, da Como a Monza, fino a Piacenza e Parma. E il fatto che il partito abbia perso identità, pagando dazio alle aspirazioni nazionali di Salvini, senza guadagnare consenso.
Anzi, attestandosi su cifre inferiori al 10 per cento su tutto il territorio. La rovinosa caduta di Catanzaro, su cui i leghisti puntavano molto (al punto che il segretario aveva accettato il no del candidato di centrodestra Valerio Donato a una sua visita in Calabria), è stata l’emblema di una conquista del Meridione rimasta a metà.
Salvini ha cercato già ieri di lanciare un segnale di unità interna, andando a incontrare assieme a Giorgetti il governatore lombardo Attilio Fontana, e ponendo le basi per una (ancora non scontata) ricandidatura del presidente uscente. ma ora il segretario intende andare oltre, con un’apertura più marcata verso altre aree del partito.
Il tutto mentre non cessa il fastidio per le mosse di Giorgia Meloni, vissuta da Salvini come da molti della sua corte come responsabile dei rovesci di domenica.
“La leader di Fdi – dice un senatore della Lega eletto in Lombardia – ha pensato a far crescere la sua lista non esitando ad avallare spaccature dolorose e a compromettere la vittoria dei candidati sindaci della coalizione. Con un solo obiettivo: fare un dispetto a Salvini”.
Vero o non vero, questa tornata elettorale consegna un paradosso: una coalizione a traino meloniano-salviniano ha vinto soprattutto dove non si sono presentati candidati di Fdi e Lega: Roberto Lagalla a Palermo e Marco Bucci a Genova sono i casi più visibili. Particolare ben chiaro ai moderati in rivolta, che chiedono più spazio.
E a cui ieri ha dato voce Silvio Berlusconi, nel video in cui ha sostanzialmente trattato come due giovani bizzosi i suoi alleati, sottolineando che molti elettori sono andati via proprio a causa dei dissidi degli ultimi mesi.
Di più, nel prendersi la responsabilità di convocare al più presto un vertice con Meloni e Salvini, il Cavaliere ha rivestito i panni del manager calcistico: “Giorgia e Matteo? Non basta un vertice. Me li porto in ritiro almeno un paio di giorni”. L’effetto Monza continua, per l’ex premier. Che vede la sua squadra perdere i gradi di favorita.
(da La Repubblica)

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PUTIN PENSA CHE SIAMO FESSI: IL MINISTERO DELLA DIFESA RUSSO NEGA DI AVER BOMBARDATO IL CENTRO COMMERCIALE DI KREMENCHUK, IN UCRAINA

Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile

LA VERITÀ È CHE COLPIRE OBIETTIVI CIVILI È UNA STRATEGIA PRECISA DI “MAD VLAD” PER INTIMIDIRE KIEV E L’OCCIDENTE … QUANDO DIVENTERANNO OBIETTIVI I CENTRI COMMERCIALI DI MOSCA QUALCUNO CAMBIERA’ IDEA

Mosca ha colpito con un attacco missilistico un centro commerciale a Kremenchuk, nella regione di Poltava. La città, sulle sponde del fiume Dnipro, fa parte dell’Ucraina centrale e non ha alcun valore militare.
Il centro commerciale era pieno di cittadini, non ospitava strutture militari o depositi di armi, l’unico obiettivo era prendere di mira i circa mille civili al suo interno.
L’edificio era molto frequentato, si trova nelle vicinanze della stazione ferroviaria, ed è improbabile considerare l’attacco un errore: due missili, forse due K-22 sparati da un bombardiere Tu-22M3 vivino Kursk, hanno colpito l’edificio e anche se l’obiettivo, come ritengono alcuni analisti, fosse la stazione, la natura dell’attacco rimane deliberata. Un crimine. Il personale sanitario e i vigili del fuoco di Kremenchuk hanno chiesto aiuto alle località vicine per i soccorsi.
La città, che è sede di una delle più grandi raffinerie di petrolio dell’Ucraina ed è stata colpita altre volte durante la guerra, si è ritrovata a far fronte a quello che potrebbe essere il bombardamento con più morti e feriti dall’inizio della guerra. Durante il fine settimana la Russia ha lanciato oltre sessanta attacchi missilistici contro località lontane dalla prima linea del Donbas, colpendo edifici residenziali a Kyiv e nella città portuale di Odessa.
Nonostante la Russia abbia dichiarato già a marzo che il suo obiettivo è “liberare” il Donbas, spara i suoi colpi contro tutto il territorio dell’Ucraina, sta combattendo una guerra senza regole e senza confini seguendo il copione degli stati terroristi.
Dall’altra parte, invece, gli ucraini le regole le hanno eccome: hanno ricevuto i lanciarazzi Himars dietro alla promessa fatta agli americani di non colpire il territorio russo, e la paura che le armi occidentali vengano usate dentro ai confini di Mosca è ancora un deterrente per l’invio di nuovi aiuti.
Kyiv combatte contro una nazione che continua a utilizzare la strategia del panico contro i civili, che fa annunci inaffidabili e che non soltanto combatte la sua guerra contro l’Ucraina ma utilizza il paese anche per fare guerra alle potenze occidentali: mentre il presidente americano Joe Biden era a Varsavia a fine marzo, la Russia ha bombardato vicino al confine polacco; quando il segretario delle Nazioni Unite António Guterres era a Kyiv, Mosca ha preso di mira la capitale ucraina; e anche gli attacchi del fine settimana sono stati interpretati come segnali di Vladimir Putin contro i leader occidentali che stanno preparando il grande vertice Nato a Madrid che potrebbe cambiare la strategia dell’Alleanza atlantica.
Non si tratta di errori, colpire gli edifici residenziali è una strategia del Cremlino, non rispettare le regole di guerra fa parte del suo modo di combattere, colpire un centro commerciale è un atto per intimidire e abbattere il morale e il crimine di Kremenchuk non è stato il primo di questo genere: l’8 aprile un razzo russo è caduto su una stazione ferroviaria di Kramatorsk, piena di profughi in fuga dal Donbas e anche allora non si trattò di un errore ma di un piano. Il terrore è parte della strategia di guerra di Mosca e ora che Putin ha deciso di cambiare la leadership militare, la situazione potrebbe soltanto peggiorare.
Non sarà più il generale Aleksander Dvornikov a coordinare le operazioni militari nel Donbas, ma il presidente russo ha confermato una nuova struttura di comando, una triade composta da Gennady Zhidko, comandante delle forze russe; Aleksander Lapin, comandante del raggruppamento centrale e Sergei Surovikin, comandante del raggruppamento meridionale.
I tre ambiscono a diventare capo di stato maggiore e Surovikin finora sembra avere più possibilità degli altri. Il capo del Cremlino ha trasformato le nomine in una gara tra generali che per dimostrare di meritare cariche più alte potrebbero aumentare le brutalità in guerra.
(da il Foglio)

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PUTIN SI STA PORTANDO VIA IL GRANO UCRAINO A BORDO DI NAVI E CAMION DIRETTI A MOSCA, AGGRAVANDO COSÌ LA CRISI ALIMENTARE GLOBALE E L’OCCIDENTE STA A GUARDARE

Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile

LE INCHIESTE DI BBC E CNN LO INCHIODANO, GRAZIE A UNA RICOSTRUZIONE PRECISA DEGLI SPOSTAMENTI RESA POSSIBILE DAI DATI DEI GPS E DELLE IMMAGINI SATELLITARI

L’atroce invasione dell’Ucraina sta avendo gravissime ripercussioni sulla disponibilità di cereali nel mondo. E adesso nuove prove dimostrano che la Russia ruba il grano ucraino e aggrava la crisi.
Da tempo Mosca è accusata di usare il grano come arma politica e di aver bloccato i porti ucraini sul Mar Nero per ostacolare le esportazioni da parte di Kiev. E di impossessarsi illegalmente di grandi quantità di grano ucraino: un’imputazione che sembra confermata da una nuova inchiesta della Bbc basata su Gps e immagini satellitari.
La tv britannica afferma di essere riuscita a ricostruire il tragitto di due camion ritenuti carichi di grano ucraino rubato. I dati mostrano che i due mezzi hanno prima viaggiato verso la Crimea – la penisola sul Mar Nero annessa nel 2014 con un’invasione militare, violando il diritto internazionale – e poi hanno proseguito fino in Russia.
Stando ai Gps entrambi gli autocarri si sono fermati a Oktyabrske, in Crimea, nei pressi di un deposito vicino a una linea ferroviaria dalla quale il grano può essere portato in Russia o nei porti crimeani.
Un deposito sul quale svetta un’enorme “Z”: il famigerato simbolo dell’aggressione contro l’Ucraina. Mosca nega di rubare il grano, ma le immagini satellitari della Bbc sembrano indicare il contrario.
Le immagini fanno vedere file di veicoli a Chonhar e Armiansk, due punti di ingresso in Crimea. Inoltre a Dzhankoi, sempre in Crimea, i satelliti mostrano camion in attesa su una strada nei pressi di un deposito di grano e vicino a una stazione ferroviaria collegata ai porti di Sebastopoli e Kerch, «da dove – riporta la Bbc – i prodotti possono essere portati in Russia o all’estero».
Non si tratta di accuse nuove. Alcune settimane fa, il New York Times aveva scritto che a metà maggio gli Usa avevano inviato un avviso a 14 Paesi, la maggior parte dei quali in Africa, avvertendo che delle navi mercantili russe stavano salpando cariche di quello che Washington ritiene «grano ucraino rubato».
Mentre alcuni giorni fa la Reuters riportava che, secondo la società di immagini satellitari Maxar, navi russe avevano trasportato in Siria grano ucraino: le immagini mostrerebbero due navi che venivano caricate di grano nel porto di Sebastopoli a maggio e, giorni dopo, le stesse navi attraccate in Siria con i portelli aperti.
La Cnn invece già il mese scorso riferiva notizie di diverse fonti secondo cui le forze russe avevano rubato attrezzature agricole e migliaia di tonnellate di grano in Ucraina. A fine aprile i soldati russi avevano usato 35 camion con targhe della Crimea per rimuovere 1.500 tonnellate di grano dai depositi di Mala Lepetykha e poi per svuotare dei depositi nella vicina Novorajsk.
La Bbc si inserisce su questa scia di inchieste. Innanzitutto afferma che le immagini satellitari di un terminal del grano nel porto crimeano di Sebastopoli mostrano un intenso livello di attività, «insolitamente alto» rispetto agli anni precedenti, e del «materiale giallo» che sembra grano caricato su diverse navi. Poi ha studiato le rotte tra Crimea, Siria e Turchia di alcune navi sospettate di trasportare grano rubato, e per farlo si è servita dei dati della Lloyd’s List Intelligence.
Stando a questi dati, le navi spegnevano i loro localizzatori di bordo quando entravano nel Mar Nero o si spostavano nella zona dello stretto di Kerch. Poi, quando i localizzatori erano di nuovo attivi, apparivano in viaggio verso Sud, spesso con un livello sull’acqua che suggeriva che avessero imbarcato merci mentre non erano rintracciabili. Kiev accusa la Russia di averle sottratto illegalmente fino a 600 mila tonnellate di grano, per un valore di oltre 100 milioni di dollari.
L’Ucraina produce circa un decimo del grano mondiale ed esportava la maggior parte dei cereali attraverso il Mar Nero, ma l’invasione delle truppe russe ha quasi bloccato le sue esportazioni di cereali e la costringe ora ad affidarsi per quanto possibile ai suoi piccoli porti sul Danubio e alle ferrovie. Il presidente ucraino Zelensky ha affermato che 25 milioni di tonnellate di grano sono bloccati nel suo Paese e potrebbero diventare addirittura 75 milioni in autunno.
Ieri – riporta il Guardian – il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha riferito ai leader del G7 che c’è un accordo di massima per il passaggio del grano da tre porti controllati da Kiev, tra cui Odessa, senza dover sminare le acque antistanti: l’intesa per Guterres prevede delle rotte sul Mar Nero sotto la supervisione di Ucraina, Russia, Turchia e Onu. Secondo il segretario generale dell’Onu, è arrivato «il momento della verità».
(da agenzie)

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UNA DI MENO: LA NO VAX BARBARA BALANZONI RADIATA DALL’ORDINE DEI MEDICI DI VENEZIA

Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile

HA CONDOTTO UNA CAMPAGNA DI AGGRESSIONE CONTRO I COLLEGHI… LEI REPLICA: “ME NE FOTTO, CONTINUERO’ AD ESERCITARE ABUSIVAMENTE”

La dottoressa Barbara Balanzoni, nota per le sue prese di posizione No vax, è stata radiata dall’Ordine dei Medici di Venezia.
Ad annunciarlo è stata lei stessa su Twitter in una serie di post in cui ha pubblicato anche i nomi dei medici che l’hanno radiata.
Secondo l’Ordine Balanzoni ha assunto «con toni violenti e aggressivi» una posizione di totale rigetto di tutta la gestione della pandemia, conducendo una campagna di aggressione verbale contro colleghi, ospedali, il ministero e lo stesso Ordine.
La dottoressa, secondo i suoi colleghi, ha «insultato senza ritegno, usato frasi e parole volgari e scurrili». Balanzoni ha in più occasioni dichiarato di aver curato persone a casa dalla Covid-19, senza portare mai prove a sostegno delle sue affermazioni.
Ha scoraggiato i malati dal recarsi in ospedale e ha dichiarato di aver continuato a lavorare anche dopo la sua sospensione (che risale al gennaio scorso).
Balanzoni aveva anche auspicato l’arresto delle istituzioni: «Il ministero della Salute va messo in carcere, interamente. Si trasforma il ministero in una casa circondariale, perché questo è quello che merita, e poi si vedrà con il processo quello che vien fuori, ma intanto serve la custodia cautelare». Ieri ha ribadito che continuerà ad esercitare abusivamente la professione: del provvedimento «me ne fotto», ha scritto su Twitter.
(da agenzie)

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“CI VEDIAMO IN OBITORIO”: I QUATTRO CHE HANNO MINACCIATO SPERANZA ORA VEDRANNO IL TRIBUNALE

Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile

I LEONI DA TASTIERA RISPONDERANNO DI MINACCE AGGRAVATE

«Ti ammazziamo la famiglia e poi ti spelliamo vivo» è una delle frasi contenute nella cinquantina di mail inviate tra ottobre 2020 e gennaio 2021 per protestare contro la politica anti Covid del governo§
La Procura di Roma ha disposto la citazione diretta in giudizio per le quattro persone che tra l’ottobre 2020 e il gennaio 2021 avrebbero inviato oltre cinquanta lettere di minaccia al ministro della Salute Roberto Speranza.
«Ci vediamo in obitorio» o «ti ammazziamo la famiglia e poi ti spelliamo vivo» sono solo alcune delle frasi contenute nelle missive, inviate in forma anonima anche alla segreteria del ministro per protestare contro la politica anti Covid attuata dal governo.
Gli indagati, tutti di un’età compresa tra i 36 e i 56 anni, sono accusati dal pm dell’antiterrorismo Gianfederica Dito, coordinata dall’aggiunto Michele Prestipino, del reato di minacce aggravate.
Secondo la ricostruzione dei carabinieri del Nas, i quattro soggetti, residenti a Torino, Cagliari, Milano ed Enna, avrebbero inviato nell’arco di tre mesi circa una cinquantina di mail a Speranza con account falsi. Dai vaccini alle restrizioni, la protesta sfocia puntualmente in insulti e minacce: «Dovete andare sulla sedia elettrica», «Chiudi la bocca o ti taglio la lingua», e ancora «la pagherete cara per il terrore che state facendo».
Dalle indagini non sono emersi collegamenti tra i quattro indagati che ora dovranno attendere il processo fissato al 20 di settembre presso il Tribunale di Roma.
(da agenzie)

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LO IUS SCHOLAE ENTRA NELLO STATUTO COMUNALE DI BOLOGNA

Giugno 28th, 2022 Riccardo Fucile

IL CENTRODESTRA SI E’ SPACCATO

Una svolta storica, in attesa che il Parlamento vari una legge valida – ed effettiva – su tutto il territorio Nazionale.
Lunedì sera è stata votata, ad ampia maggioranza, la modifica allo Statuto comunale che ha introdotto lo Ius Soli a Bologna.
Si tratta di un diritto alla cittadinanza italiana per tutti quei minori che hanno completato almeno un ciclo scolastico nel nostro Paese. Come già detto in occasione del voto del Consiglio Comunale dello scorso febbraio – quando è stato approvato l’impegno affinché il Comune inserisse questa modifica all’interno della propria carta fondamentale -, si tratta di una misura simbolica che, però, ha diviso – ancora una volta – il centrodestra.
La delibera per la modifica dello Statuto Comunale che introduce lo Ius Soli a Bologna è stata approvata con 26 voti favorevoli (Pd, Coalizione civica, Matteo Lepore sindaco, Movimento 5 stelle, Anche tu Conti, Verdi e il sindaco Matteo Lepore), 8 contrari (Lega e Fratelli d’Italia) e 3 astenuti (Forza Italia).
“Chi nasce o studia a Bologna da oggi potrà essere cittadino onorario bolognese. Dalle città può nascere un tempo nuovo, che spinga il Parlamento ad approvare riforme per i diritti, per la vita delle persone, per il loro futuro e una reale piena cittadinanza senza ipocrisie. A partire dalla proposta sullo Ius Scholae”.
Con queste parole, il sindaco del Comune felsineo ha annunciato questa svolta storica per la sua città, in attesa che anche il Paese Italia prenda lo stesso indirizzo.
E la delibera ha provocato l’ennesima frattura nel centrodestra: Lega e Fratelli D’Italia hanno votato no, Forza Italia si è astenuta.
Sembra essere una differenza di poco conto, visto l’esito finale, ma non è così. Il motivo è semplice ed è confermato dal Consigliere Comunale forzista Nicola Stanzani: non ha votato perché ritiene “inutile” questa misura locale, ma è pronto ad appoggiare (sempre come partito) insieme a Emilia-Romagna Coraggiosa per chiedere al Parlamento di accelerare sulla norma per la cittadinanza italiana.
Differenze non da poco che segnano il passo dell’ennesima frattura all’interno di quella coalizione sempre meno unita.
Come funzionerà e chi coinvolgerà
Sta di fatto che, ora, lo Ius Soli a Bologna è realtà. Coinvolgerà e darà la possibilità a oltre 11mila minori (under 18) di poter richiedere la cittadinanza. Il totale di minori stranieri che frequentano scuole nel tessuto cittadino felsineo è di oltre 21mila, ma meno della metà di loro hanno i requisiti (l’aver completato
almeno un ciclo scolastico in città) per poter avanzare questa richiesta. Un qualcosa che, dunque, è puramente simbolico ma che serve a far suonare la sveglia in Parlamento. Perché, come indicato dai recenti sondaggi, la maggior parte degli italiani è a favore almeno dello Ius Scholae. Voci che, però, sembrano riecheggiare nel vuoto cosmico delle Commissioni parlamentari.
(da NextQuotidiano)

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