Agosto 4th, 2022 Riccardo Fucile
È UNA STRATEGIA PER FORZARE E SPINGERE IL CENTRODESTRA A CONVINCERSI SU UNA SUA CANDIDATURA. MICCICHÈ SI OPPONE, LA MELONI APPOGGIA IL PRESIDENTE USCENTE
Sembrano ormai sempre più probabili le dimissioni del presidente della Regione siciliana Nello Musumeci, dopo le voci insistenti degli ultimi giorni, che consentirebbero di accorpare le prossime elezioni regionali con le politiche.
Il presidente dell’Ars Gianfranco Miccicchè, al termine di una maratona notturna durante la quale è stato approvato il ddl sulle variazioni di bilancio, ha annunciato di avere convocato per domani alle 11 l’aula “per possibili comunicazioni del presidente della Regione”.
Il termine ultimo previsto dalla legge per presentare le dimissioni in modo da consentire l’election day il 25 settembre prossimo scadrebbe infatti il 5 agosto. Musumeci, che ieri aveva ammesso di avere in corso una “riflessione su questa ipotesi”, oggi sarà in visita istituzionale in tre comuni del palermitano.
Dal canto suo Miccichè, che da mesi si oppone alla ricandidatura del governatore uscente sostenuta invece dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, sempre ieri aveva dichiarato “Siamo pronti a individuare un candidato anche se si dovesse votare la settimana prossima”.
La coalizione di centrodestra in questo momento è spaccata sul nome del candidato alla presidenza della Regione da opporre alla Dem Caterina Chinnici, designata in seguito al risultato delle primarie alle quali ha partecipato anche il M5s, e all’ex sindaco di Messina Cateno De Luca, da mesi in campagna elettorale.
Il leader di Forza Italia Gianfranco Miccichè sempre ieri aveva rilanciato il nome dell’ex ministro azzurro Stefania Prestigiacomo mentre il segretario regionale della Lega Nino Minardo aveva proposto la candidatura di un esponente del carroccio.
La questione Sicilia, che ha evidenti refluenze anche sulle regionali nel Lazio e in Lombardia, doveva essere affrontata dai leader nazionali del centrodestra che però, fino ad ora, non hanno ancora trovato un accordo.
(da Ansa)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 4th, 2022 Riccardo Fucile
IL SOTTOSEGRETARIO ALLA SANITA’: “TORNO A FARE IL CHIRURGO AL SAN RAFFAELE, DI MAIO FA BENE AD ALLEARSI CON IL PD, BISOGNA AFFRONTARE L’EMERGENZA”
“Mio figlio Ludovico, che ha 3 anni, dice: papà va al ministero della bua. Vorrei che
chi prendesse il mio posto dopo le elezioni, sapesse che questo serve: prendersi cura dei cittadini. Non mi ricandido, torno a fare il chirurgo al San Raffaele. Sto con Luigi Di Maio, che fa bene ad allearsi con il Pd, perché è necessario dovendo affrontare l’emergenza”.
Pier Paolo Sileri, sottosegretario alla Sanità, ex grillino ora dimaiano, a Beppe Grillo che l’ha inserito nell’album degli zombie, replica: “Mai stato Elevato, mai stato più vivo”.
Sileri, con la politica ha chiuso?
“Con la politica non si chiude, fa parte della nostra vita quotidiana. Non mi ricandido in Parlamento. E’ una decisione che ho annunciato già a marzo del 2018, e cioè che avrei fatto solo questa legislatura. Ma non per questioni del limite di mandato, bensì per tornare al mio mestiere di chirurgo. Ho detto subito che tradivo il mio primo amore, la chirurgia, però sarei presto tornato da lei”.
Ma come si sente uno ‘zombie’, che è il giudizio affibbiato da Beppe Grillo anche a lei?
“Non m sono mai sentito Elevato, questo è certo. Ho scelto il governo Draghi e lo rifarei non una, ma due, tre, quattro volte… Non sono uno zombie, sono più che mai vivo e la ricandidatura non mi interessa”.
Di Maio nelle liste del Pd, come lo vede?
“Con Di Maio ci confrontiamo e ci capiamo. Ho ammirazione per lui e lo giudico una persona superiore alla media per intelligenza e capacità. Ha senso della nazione e le scelte che ha fatto negli ultimi mesi si sono mosse tutte in questa direzione”.
Quindi bene la candidatura, comunque?
“Non sono la persona adatta a dare un giudizio. Ritengo che chi fa le liste e gli incastri, saprà come mettere le persone giuste nel posto giusto. E poi il popolo valuta e sceglie”.
Lei non si ricandida perché pensa che una stagione politica sia finita?
“È stata una legislatura bizzarra, diciamo così: prima il Conte 1 giallo-verde, poi il Conte 2 giallo-rosso e infine Draghi. La pandemia è arrivata senza preavviso, quindi la guerra in Ucraina, forse con qualche segnale in più. Per il futuro mi auguro ci sia più stabilità. Da cittadino vorrei che il meccanismo elettorale fosse rivisto. La democrazia è semplicità”.
Tuttavia è positivo allearsi con Pd e Azione da parte del partito di Di Maio?
“Siamo davanti a una serie di emergenze e perciò servono alleanze ampie con una visione comune. Quando si insediò il Conte 2, feci un appello in aula: uniamoci e cerchiamo soluzioni per affrontare la pandemia. Si vince insieme. Se in queste elezioni vincerà la destra come i sondaggi dicono, ebbene ascolti la sinistra e viceversa. È doveroso in un momento straordinario come quello che stiamo vivendo. Lo straordinario richiede regole inusuali, perché lo schema di gioco è ignoto e il gioco non lo detti tu, ma la straordinarietà delle situazioni “.
Deluso da Giuseppe Conte e dal Movimento5Stelle?
“Con Conte ho avuto un buon rapporto quand’era premier, un dialogo schietto. Non ho condiviso con i 5Stelle l’idea di sfiduciare il governo: come avrei potuto non votare la fiducia a un governo di cui faccio parte? Prima di qualsiasi altra considerazione, viene l’istituzione. Sono stato leale al governo Conte e non avrei potuto non esserlo al governo Draghi”.
Gestire la pandemia è stato difficile: cosa ha imparato?
“È stata dura. Si è consolidato allora il rapporto con il ministro Roberto Speranza, nonostante la diversa formazione. Però credo che siano state fatte le scelte migliori. Ora ci sono alcuni adempimenti da ultimare. Ci tengo al tavolo sulla valorizzazione delle donne nella sanità dove sono poche le donne primario e ordinario. Mi piacerebbe che nel governo fosse come in ospedale quando si cambia il turno: un passaggio di consegne tra chi lascia e chi arriva nell’interesse dei cittadini”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 4th, 2022 Riccardo Fucile
ZAIA, FEDRIGA E “DON ABBONDIO” GIORGETTI NON HANNO IL CORAGGIO DI ROMPERE, LA SOGLIA PSICOLOGICA PER DECIDERE DI INTERVENIRE È IL DIECI PER CENTO… IN ROMAGNA GIRANO SONDAGGI RISERVATI DA BRIVIDI CON LA LEGA AL 9%
Nel piazzale dei Salinari si dispensa entusiasmo con la pala, ora che la festa della Lega è passata. “Il bilancio? E’ positivo. Domenica sera per Matteo c’erano tre volte le persone che c’erano lo scorso anno: circa un migliaio. E comunque buona partecipazione direi per tutte le serate, ospiti soddisfatti”, dice Jacopo Morrone, deputato e segretario regionale del Carroccio in Emilia-Romagna, Rubicone di tutti i tormenti.
E però nel dietro le quinte, nei discorsi riservati dei governatori del nord scesi quaggiù per far vedere che in fin dei conti va tutto quasi bene, le preoccupazioni sullo stato del partito sono croccanti. Luca Zaia e Massimiliano Fedriga aspettano di capire “come farà le liste Matteo”. I profili scelti: no euro, no vax, filorussi, fondi di barile dell’estrema destra? “Rischiamo una truppa di squilibrati”, è il pensiero diffuso fra i governatori, costretti a ripetere in pubblico che Mario Draghi è caduto “solo per colpa del M5s”.
Finora, e mancano pochi giorni, il segretario non si è ancora consultato con i suoi presidenti di regione. Lo farà?
Segnali di insoddisfazione diffusi. Giancarlo Giorgetti, per esempio, non si è fatto vedere quest’anno a Cervia. Tuttavia martedì – “a sorpresa”– ha salutato i militanti con una telefonata. Il patto sindacale della Lega ha fissato una soglia: “Se scendiamo sotto il dieci per cento cambia tutto”.
Sondaggi alla mano con il taglio dei parlamentari la truppa parlamentare del Carroccio sarà dimezzata: da centonovanta a una novantina di eletti. In Romagna, una volta costa felice e brava degli svaghi del Capitano, girano sondaggi riservati da far drizzare i capelli: 9 per cento. “Quest’anno Salvini si è visto poco e nulla, e anche i russi sono scomparsi”, scherzano dall’hotel Schiller di Cervia dove si salvano dal caro-bollette grazie “ai pannelli fotovoltaici sul tetto”. E però i russi non ci sono più davvero a Milano Marittima, e al massimo gli unici stranieri che si vedono in bici sul lungomare sono gli svizzeri.
(da Il Foglio)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 4th, 2022 Riccardo Fucile
PECCATO CHE AVESSE DETTO: “FIRMO COL SANGUE CHE ALLE ELEZIONI NON ANDRÒ MAI” … DA NO PASS A NO SPID: IL NEMICO DA ABBATTERE PER PUZZER OGGI È IL SISTEMA PUBBLICO DI IDENTITÀ DIGITALE
All’ennesima domanda sulla possibilità di valutare una futura candidatura alle
elezioni, che gli era stata rivolta dal giornalista Diego D’Amelio del Piccolo di Trieste, Stefano Puzzer aveva risposto così: «Assolutamente no. Guarda, ve lo posso firmare col sangue. Mi regalate una pagina, una mezza pagina del Piccolo , prendo il mio ditino, lo pungiamo e vi firmo col sangue che io alle elezioni non andrò mai!».
Chissà quanto varrebbe quella pagina macchiata del sangue dell’autoproclamatosi capo dei portuali di Trieste, che all’epoca manifestavano contro il vaccino e il green pass, oggi che il diretto interessato è candidato alle elezioni politiche del 25 settembre.
L’ha reclutato Gianluigi Paragone per le liste elettorali della sua Italexit e Puzzer, che dice di aver meditato a lungo, gli ha detto sì dopo mezzo minuto.
A tutti quelli che pensano di ritrovarselo col capo cosparso di genere per la promessa clamorosamente disattesa, l’ex portuale risponde: «Non mi scuso e non mi pento perché quando uno è sincero non deve scusarsi o pentirsi. Non rinnego quelle parole perché quando le ho dette le pensavo per davvero. Solo che dopo sono cambiate molte cose: il movimento antagonista si è diviso, dovevamo portare la protesta a Roma e molti non hanno voluto. Una serie di cose, insomma, che mi hanno convinto della necessità di metterci la faccia candidandomi alle elezioni».
A chiedere a Puzzer del suo programma elettorale, visto che il green pass non esiste più, si scopre che i no-vax si stanno trasformando in no-Spid. Proprio così, il nemico da abbattere oggi è il Sistema pubblico di identità digitale, quello strumento che consente ai cittadini di dialogare con la pubblica amministrazione con due clic ben assestati sulla tastiera dello smartphone, evitando file chilometriche allo sportello.
«Sono contrario a tutto quello che è tracciamento, mappatura, identità digitale, controllo delle nostre vite. Sono contro lo Spid e faccio questa battaglia anche a mie spese. Ma lei lo sa che ho preso solo sei giorni di Naspi (l’indennità di disoccupazione, ndr ) perché, non avendo lo Spid, non riesco a dialogare con l’Inps? Le pare giusto?», dice lui.
Ma visto che non solo di green pass, vaccino e Spid campa un candidato di quelli che dicono «no» a tutto, ecco che Puzzer si avventura nel dedalo solo all’apparenza inestricabile del diritto internazionale e della geopolitica. «Siamo per la pace perché vedo all’orizzonte, e spero che non accada mai, una guerra mondiale in arrivo. Certe cose le capisco per esperienza: noi triestini facciamo da sempre le vacanze in Croazia e me la ricordo benissimo, nell’estate del ’92, la guerra civile a due passi dal mare».
A Taiwan non è mai stato ma l’ex capo dei portuali no vax è sicuro, «che la visita di Nancy Pelosi è stata un’inutile provocazione». Della guerra in corso in Ucraina manco a parlarne, è chiaro come la pensa. A Paragone, dice Puzzer, «ho chiesto solo una cosa “Gianluigi, devi mandarmi a correre nel covo dei nemici, in Emilia-Romagna”. Lì si addensano tutti quelli che abbiamo combattuto».
E il leader di Italexit l’ha accontentato, collegio di Modena. Ma visto che, una volta disattesa la promessa di candidarsi, a questo punto è meglio provare anche a essere eletti, ecco che il nome di Puzzer si troverà in diversi listini del proporzionale. «Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige sicuri, poi vedremo gli altri. Tanto ho fino a cinque possibilità, giusto?». Giusto.
(da il “Corriere della Sera”)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 4th, 2022 Riccardo Fucile
“CALENDA È UN’IDEA METAFISICA. UNA PERSONA COSÌ INVAGHITA DI SÉ CREDO CHE NON ESISTA SULLA FACCIA DELLA TERRA. PERÒ SA CURARE BENE I SUOI INTERESSI”
Professor Cacciari, che effetto le fa la Santa Alleanza?
«Bé, mi pare fosse inevitabile. O si decideva per il suicidio o si cercava l’intesa più ampia attorno al Pd di tutte le forze di centro. Non c’era alternativa per essere competitivi con le destre».
E adesso?
«Adesso bisogna provare a dare un minimo di contenuto all’accordo. Servono due o tre idee chiare per mascherare lo stato di necessità che ha spinto all’alleanza. Cercando di non fare emergere competizioni tra leader o pseudo-leader»
Perdoni la domanda vagamente calcistica: ha vinto Letta o Calenda?
«Entrambi. Ma a Letta non basta Calenda. Deve sistemare anche Di Maio, considerando i due o tre voti che porta. E non può rinunciare neppure a Renzi».
Gli servono le briciole?
«Gli serve tutto. Di Maio rappresenta il residuo governista di un partito che valeva il 30%, Renzi è un ex premier che non molti anni fa stava tra il 30 e il 40%. Sono personaggi che, nel deserto patrio, hanno una storia».
Piuttosto inconsistente, considerata la velocità con cui è stata divorata e archiviata.
«Una storia movimentista e fragilissima. Figlia di una crisi di rappresentanza radicale con cui facciamo i conti da qualche decennio. Una storia che lascia senza protezione il 50% degli italiani. Sostanzialmente quelli che non vanno più a votare».
Chi lo raccoglie questo malcontento?
«Da qui al 25 settembre nessuno. La sinistra non esiste più».
È un rischio?
«Grosso».
Veramente Letta, intervistato dal Corriere della Sera, ha detto che la sinistra è lui.
«Ma che cosa sono, comiche?».
Convinzioni precise, apparentemente.
«Forse rispetto a Giorgia Meloni. Forse sul piano dei diritti. E dico forse perché anche sul piano dei diritti siamo alla frutta. Quel che c’era di sinistra è andato a puttane con la guerra e con l’emergenza sanitaria».
Ius Scholae, fine vita, dl Zan. Per il Pd sembrerebbero ancora battaglie identitarie.
«Bene, ci mancherebbe. Ma non è quello che rappresenta la storia della sinistra. La difesa sindacale, la protezione delle classi più deboli, la politica del lavoro comandato, la difesa dei salari, del potere d’acquisto, delle donne e dei giovani. Quella è sinistra».
Fratoianni (che ora fa le bizze con Letta) e Conte giurano di parlare proprio a loro.
«Fratoianni è politicamente inesistente e dunque potrebbe anche essere Carlo Marx.
Quello di Conte è il tentativo postumo di rappresentare una linea di protesta razionale che in qualche modo esisteva a cavallo delle elezioni del 2018 e sulla quale il Pd avrebbe dovuto provare a costruire un orizzonte condiviso».
Troppo tardi?
«Letta ci ha provato, ma i Cinque Stelle sono deflagrati. Con Conte e Di Maio che cercano di tenere assieme un po’ di cocci da una parte e dall’altra».
Letta e Calenda inseguono l’agenda Draghi, qualunque cosa voglia dire.
«Fanno bene. L’unica cosa che può dare credibilità a questa intesa, vedremo quanto larga, è dire esattamente: noi siamo i fedelissimi di Draghi, ovvero del Migliore della Galassia. Continueremo sulla sua linea realizzando tutti gli impegni europei. Evitino discorsi su riforme (sempre annunciate e mai fatte) e sulla rappresentanza dei più deboli».
Europeismo, atlantismo, centrismo?
«Il resto sono chiacchiere. E consiglio loro di essere molto, molto credibili».
La stabilità dei poteri costituiti contro il rischio melonian-orbanian-putinan-populista-nazionalista?
«Sì. L’idea iniziale di Letta era giusta. Aggiungo una spolveratina di sinistra alleandomi con i Cinque Stelle. Ma ora, dopo il patto con Calenda e Di Maio, se l’Alleanza parlasse di riforme istituzionali e di difesa dei più deboli rischierebbe solo di sembrare ridicola e di portare acqua al mulino di Meloni».
Invece, parlando di Europa, Usa, Nato e mercati magari li ascoltano anche al Nord?
«Esatto. Migliaia di persone che non devono garantirsi lo stipendio a fine mese, ma che hanno bisogno dei fondi europei per le loro fabbriche e per i loro dipendenti. Cosa vuole che le dica, la sinistra vera la vedranno i nostri nipoti».
In lista con Letta c’è anche Speranza.
«Lasci stare, quello è più a destra di Calenda. Che Letta-Calenda fosse al momento l’unico schema possibile lo sa chiunque sia in buona fede. Sono pronto a scommettere che anche Bersani la pensa come me».
Scommessa raccolta.
«Vinco facile. Il mio non è neanche un ragionamento. È monsieur de Lapalisse. La sinistra si è sbriciolata quando Veltroni ha mollato in quel modo disgraziato. Poi c’è stato il renzismo. Al momento non esiste una forza politica davvero alternativa, non esiste una strategia culturalmente fondata. E direi che non è neppure all’ordine del giorno».
Perché Renzi non lo vuole più nessuno?
«Forse perché vale l’1%. Eppure servirebbe. Ma contro di lui c’è un ostracismo feroce».
Questioni personali?
«È sempre così. Si detestano e si odiano tutti».
Professore, dopo la Santa Alleanza Meloni è più preoccupata o sta stappando champagne?
«Ma quale preoccupata. Sapeva anche lei che finiva così. Mica potevano arrendersi e dargliela vinta senza fare la partita. Letta ha bisogno di tutte le carte disponibili sul tavolo per organizzare contro la destra la più imponente campagna pubblicitaria occidentale di cui è capace».
Letta sostiene che Berlusconi e Salvini hanno alzato bandiera bianca davanti a Meloni.
«Lo dice e lo dirà ancora. Fa parte della propaganda per mettere gli elettori in guardia dal Grande Pericolo in arrivo».
Pericolo a cui lei non crede?
«Pericolo al quale credo. Non penso che in un mese e mezzo Meloni sia in grado di cancellare, in buona o in cattiva fede, il suo passato o Casa Pound. La leader di Fratelli d’Italia si sta muovendo con intelligenza, ma il tempo è poco, la diffidenza di autorità europee, finanziarie e americane difficile da superare. Letta insisterà su questo tasto, ma deve evitare di fare casino con gli alleati e deve essere bravo a nascondere lo stato di costrizione che li tiene assieme. In politica, come diceva Machiavelli, bisogna sapersi mettere delle maschere, fingendo persino di avere una base culturale e strategica comune».
Che non c’è.
«Ma che devi fingere di avere per non essere sommerso da un’omerica risata».
Calenda, con la consueta pacatezza, ha detto a La Stampa: non è che il premier lo decide Letta.
«Ma Calenda lei lo conosce? Lo ha mai incontrato? Calenda è un’idea platonica, metafisica. Una persona così invaghita di sé credo che non esista sulla faccia della terra. Però sa curare i suoi interessi. Sa farlo bene. Per cui l’invito che faccio a entrambi è: evitate di fare la gara a chi è il più bello del reame».
A proposito di belli del reame. Sta tornando Alessandro Di Battista.
«Per forza. Conte non puo’ che andare verso di lui. La parte governativa l’ha occupata Di Maio. Di Battista può garantire un seguito non inferiore ad altri».
Superiore a quello di Conte?
«No, assolutamente. Conte è il leader. Metterlo in discussione ora vorrebbe dire portare i voti a zero».
Professore, è il 26 settembre, Meloni ha vinto. Che succede?
«Che si apre quella prospettiva drammatizzata ed esasperata in campagna elettorale che però ha dei fondamenti».
E se, con grande stupore di tutti, vince il centrosinistra?
«Governano tranquillamente Letta e Calenda e tutto continua come prima. Non con il centrosinistra, ma con un’antidestra conservatrice».
Non mi è chiaro.
«Secondo lei il 50% degli italiani che ancora va a votare da chi è costituito? Da chi ha da conservare o difendere qualcosa, da chi ha prospettive realistiche di miglioramento. Da chi lo fa per abitudine e per buon costume. Da chi ha idee e opinioni e ha sempre agito così. Uomini e donne che stanno al centro. Per questo tutte le alleanze puntano lì. Per questo la vittoria di Meloni non è sicura».
In questo caso chi va a Palazzo Chigi?
«Letta».
Se Calenda dice no e fa la crisi?
«Improbabile, anche se con lui tutto è possibile. A quel punto però, di fronte a una maggioranza esistente, Mattarella non dovrebbe chiamare Draghi o sciogliere le Camere, dovrebbe chiamare un’ambulanza e sottoporre tutti a un trattamento sanitario obbligatorio».
(da la Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 4th, 2022 Riccardo Fucile
IL GRUPPO MUSICALE ATTACCA IL LEGHISTA: “BECERO ABUSATORE DI HIT”… A SANREMO SALVINI LI AVEVA ACCUSATI DI FARE “IL SALUTO COMUNISTA”, ORA LI USA PER I SUOI COMIZI
“Ci arriva voce che al comizio di Salvini il dj abbia messo ciaociao. La nostra
maledizione sta per abbattersi su di te, becero abusatore di hit”. Così su Twitter Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina, che insieme formano il gruppo La Rappresentante di Lista.
Un post che sta ricevendo una marea di “mi piace” e di commenti positivi.
Allo scorso Sanremo, il loro brano conquistò il settimo, ma è riuscito a conquistare il pubblico e la testa delle persone.
Il brano è stato il più trasmesso dalle radio, dopo quello dei vincitori Mahmood e Blanco. Il video ufficiale, pubblicato il 2 febbraio, a oggi conta quasi 42 milioni di visualizzazioni. Incredibile è stato anche il successo su Tik Tok, dove il brano viene usato per tanti tanti brevi video.
Benissimo è andato anche il video dell’esibizione sanremese pubblicato sui social della Rai, anche grazie al pugno chiuso, alzato dalla cantante sul palco, che pure ha suscitato qualche polemica. In particolare, lo stesso Matteo Salvini puntò il dito contro il gruppo accusandoli di “saluti comunisti” sul palco dell’Ariston.
La canzone ha un ritmo allegro e spinge il pubblico a ballare (come è accaduto all’Ariston), ma racconta un dramma, una sorta di fine del mondo. Eppure il ritornello ha sfondato: “Ti saluto con amore, con le mani, con le mani, con le mani, ciao ciao, Con i piedi, con i piedi, con i piedi, ciao ciao. E con la testa, con il petto, con il cuore, ciao ciao. E con le gambe, con il culo, coi miei occhi, ciao!”. I
l risultato è stato travolgente.
Non è certo la prima volta che qualche politico si appropria di canzoni particolarmente pregnanti per metterle al servizio della propria propaganda. Il leader del Carroccio era stato protagonista di una vicenda del genere già nel 2016, quando in vista dei referendum costituzionali diede una chiara indicazione ai suoi elettori, scippando a Vasco Rossi (senza il suo consenso) il superclassico “C’è chi dice no”.
In quell’occasione, il cantante prese immediatamente le distanze dalla citazione poco gradita e, pur non facendo riferimenti espliciti al numero uno della Lega, si dissociò “dalla facile strumentalizzazione a scopo politico della mia canzone”, aggiungendo “la propaganda politica stia alla larga dalle mie canzoni”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 4th, 2022 Riccardo Fucile
CRESCONO FDI, PD, AZIONE E FORZA ITALIA… CALANO LEGA E M5S… DRAGHI IL LEADER PIU’ AMATO, SEGUONO CONTE E MELONI
I sondaggi politici di Demos illustrati oggi da Ilvo Diamanti su Repubblica dicono che Fratelli d’Italia è il primo partito, tallonato dal Partito Democratico. Seguono Lega, Movimento 5 Stelle e Forza Italia. Ma la distanza tra centrodestra e centrosinistra è ancora ragguardevole. E il sogno Dem del “pareggio” in Senato è ancora molto lontano.
Mentre Azione di Carlo Calenda supera il 5% e Mario Draghi è ancora il premier più amato.
Nel dettaglio il partito di Giorgia Meloni arriva al 23,4%, in crescita di 1,1 punti percentuali rispetto alla rilevazione di maggio.
Il Pd è al 22,1% e cresce della stessa percentuale.
La Lega invece perde più di due punti ed è al 13,6% mentre Forza Italia guadagna tre decimali e si piazza all’8,3%.
L’accordo tra Calenda e +Europa frutta il 5,3% a Bonino e Azione, mentre è in calo la coalizione formata da Europa Verde, Verdi e Sinistra Italiana: 3,6% contro il 4,4% di maggio.
Italia Viva di Matteo Renzi – che correrà da sola alle elezioni – è sulla soglia dello sbarramento: 2,8%. Così come Italexit di Gianluigi Paragone (2,7%) che però ha problemi nella raccolta firme.
Diamanti spiega anche che Draghi è il primo tra i leader apprezzati dagli italiani. Seguono Giuseppe Conte e Giorgia Meloni. Mentre la svolta delle elezioni anticipate è valutata negativamente da una larga parte dei cittadini (41%).
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 4th, 2022 Riccardo Fucile
SI SENTIVA LA MANCANZA DI UN ALTRO CHE GUEVARA DELLA PADAGNA
Premette e ribadisce di non voler “fare l’incendiario”, ma ogni parola pronunciata
nel corso della conferenza stampa andata in scena ieri alla Camere dei deputati lo smentisce.
E così il senatore Gianluigi Paragone, alle prese con una difficile raccolta firme per poter candidare la propria lista – di cui sono entrati a far parte anche Nunzia Schilirò e Stefano Puzzer -, lancia un “avviso” direttamente al Presidente della Repubblica annunciando anche la propria partecipazione a eventuali manifestazioni di dissenso in piazza. E lo fa tirando in ballo anche le forze dell’ordine.
Nel corso della conferenza stampa alla Camera per annunciare la creazione di una coalizione tra ItalExit e Alternativa, Paragone ha criticato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per non aver concesso una deroga temporale alla raccolta firme (ne occorrono 750 in ogni collegio elettorale, per un totale di 60mila) entro il 22 agosto.
E lì, mentre provava a dire di non voler fare l’incendiario, ha pronunciato queste parole: “O quella voce del dissenso entra in Parlamento o io accompagnerò le voci del dissenso fuori dal Parlamento e faremo i conti da fuori. O il capo dello Stato prende in mano la situazione o io starò in piazza con quelle voci e accada quel che accada. Vediamo se le forze dell’ordine sono ancora capaci di tenere il dissenso visto che gli ultimi tempi li hanno passati a controllare green pass”.
La minaccia, dunque, di una serie di manifestazioni pubbliche di dissenso in piazza alle quali lui non solo non si sottrarrà, ma parteciperà attivamente. E quella citazione su “le forze dell’ordine” e la verifica sulla loro capacità di contenere il dissenso è un chiaro riferimento al fatto che quel che potrebbe avvenire non sarà del tutto “pacifico”.
Il tutto dopo aver votato contro la fiducia al governo Draghi, aver contribuito (anche se in minima parte, visti i numeri ridotti), alla fine della legislatura nel mese di giugno costringendo il Quirinale a indire le elezioni il 25 settembre, dopo l’estate.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 4th, 2022 Riccardo Fucile
“MI GIOCO L’OSSO DEL COLLO”… SARA’ PRESENTE A FIRENZE, ROMA, MILANO, NAPOLI E TORINO
Matteo Renzi e Italia Viva correranno da soli alle elezioni del 25 settembre. E l’ex premier ci metterà la faccia, visto che prepara una candidatura in cinque città. Con l’obiettivo di raggranellare almeno un milione di voti.
Ovvero quelli che servono per superare la soglia del 3% del Rosatellum. E portare un drappello di fedelissimi in Parlamento: 8-10 deputati e 3-5 senatori.
Il senatore si candiderà nella sua Firenze ma anche a Roma, Milano, Napoli e Torino. E ha rifiutato il «diritto di tribuna» accettato da Luigi Di Maio (anche se il Pd smentisce). Consapevole del fatto che l’accordo tra Calenda e Letta potrebbe favorirlo con i voti in (presunta) uscita dal centrodestra. Ma anche pronto a fare all-in tutto in queste elezioni. Tanto da dire che stavolta «mi gioco l’osso del collo».
A raccontare oggi della scelta di Renzi è Repubblica. Il quotidiano spiega che l’ex premier nelle città prepara la candidatura come primo nome nel listino proporzionale. Per trainare consensi a Italia Viva, secondo la tesi che circola in queste ore.
Ma per il senatore di Firenze si prepara anche qualche sfida nell’uninominale. Dove ha intenzione di sfidare Di Maio o altri nomi “simbolici”. E lavora soprattutto sulla Toscana. Ovvero nella regione in cui il Partito Democratico ha ancora qualche collegio sicuro da spendere. Secondo gli obiettivi di Renzi in Toscana bisogna almeno superare il 10%. E per farlo il leader di Iv ha in mente di coinvolgere tutti i big locali e i portatori di preferenze che ancora lo seguono.
Come Stefania Saccardi, vicepresidente della Toscana nella giunta Giani. O Alessandro Cosimi, ex sindaco di Livorno del pre-Nogarin. Oppure l’europarlamentare fiorentino Nicola Danti (che ha preso 53 mila preferenze personali alle ultime Europee).
A tutti, spiega Lorenzo Di Cicco, verrà chiesto di impegnarsi in prima persona. È una sfida anche al Pd, che Renzi ha ribattezzato, «la gioiosa macchina da guerra» (un soprannome dagli echi occhettiani). Nel frattempo dall’1 al 3 settembre tornerà anche la Leopolda. Che sarà «la più importante tra le 12 edizioni».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »