Agosto 14th, 2022 Riccardo Fucile
PATRIOTI CHE NON ANDREBBERO MAI AL FRONTE, AUTONOMI E SEDICENTI IMPRENDITORI CHE DAL COMMERCIALISTA VANNO SOLO PER CHIEDERE COME POSSONO EVADERE LE TASSE, QUESTUANTI E PIAGNONI CHE ARRAFFANO CONTRIBUTI E CONDONI, ODIATORI DI CLASSE ALLA ROVESCIA CONTRO POVERI E IMMIGRATI. MATERIALISTI E PROVINCIALI, EGOISTI E RAZZISTI, DRAGHIANI QUANDO E’ UTILE, POPULISTI QUANDO C’E’ DA SPUTTANARE SOLDI
In questi giorni è un fiorire di analisi politiche e sociologiche sulla crisi del centro e della sinistra e la certa affermazione elettorale dei sovranisti e delle loro ruote di scorta.
Basterebbe un dato di fatto per capire tante cose: Draghi ha tutt’ora il consenso della maggioranza degli italiani, ma gli italiani votano in maggioranza i partiti che lo hanno fatto cadere.
Un popolo di pagliacci? Non proprio, ma siamo sulla buona strada.
Al netto che solo il 10% degli italiani segue le vicende politiche e che il 90% se ne fotte o quasi, in ogni caso non si informa e quindi vota “decidendo l’ultima settimana”.
Già uno che decide negli ultimi giorni la dice tutta sui criteri con cui assegna il suo voto. Leggesi la convenienza personale, non certo “grandi ideali”. Chi “garantisce” di più i loro interessi, per capirci.
Con il tramonto delle ideologie, non si vota più un progetto valoriale per il Paese, una visione del mondo, non si aderisce più a una contemperazione di proposte nel “supremo interesse della comunità nazionale”: ognuno pensa solo a tutelare i “cazzi propri”.
Cosa c’e’ di meglio di un condono delle cartelle esattoriali se non hai pagato le tasse alla faccia di quei coglioni che pagano, usufruendo lo stesso dei servizi statali?
Cosa c’e’ di meglio di chi promette meno tasse per coloro che dal commercialista non vanno per dichiarare i redditi reali, ma per chiedere come si può evadere il fisco?
Tranquilli, continuerete ad evadere anche quando vi chiederanno solo il 15%, tanto nessuno vi verrà a cercare, è nel vostro Dna.
Tutti o quasi per l’Ucraina ma l’importante è che non ci esponiamo troppo, anche perchè al fronte non ci andrebbe quasi nessuno.
Ma non dovremmo “difendere i confini”?
Beh, vuoi mettere la differenza tra il blocco navale contro un barcone di disperati e la flotta russa? Meglio non esporsi, con tutti gli infiltrati putiniani che girano in Italia, non vorrete certo mettere in pericolo affari e tranquilli agi borghesi?
Tutti ad arraffare i contributi a fondo perduto di Conte e Draghi (garantiti dallo Stato), tanto i soldi non verranno in gran parte restituiti, salvo poi lamentarsi se si attua una parvenza di liberalizzazione.
Durante la pandemia vedevamo categorie commerciali che “stavano morendo di fame” impazzare sulle reti Mediaset, balneari che disperati misuravano le distanze tra ombrelloni.
Ora sono tutti paciosi dopo aver aumentato le tariffe del 20-30% in culo al prossimo.
E la classe operaia che non vota più a sinistra dove la mettiamo?
Quando avevano le pezze al culo votavano Pd e Rifondazione, ora che sono “borghesi dentro” per chi dovrebbero votare?
Siamo arrivati alla lotta di classe alla rovescia: prima i ceti poveri “odiavano” i ceti medio-alti. Arrivati a essere ceto medio, ora possono odiare i poveri, i non garantiti, gli immigrati.
Senza neanche più dire che “portano via il lavoro”, odio tout court e via.
Ora che arrivano i soldi del PNRR è meglio che li gestisca un Draghi o un sovranista al servizio delle lobby? Magari qualcosa si arraffa, risposta scontata sulle preferenze di questa metà di “patrioti”.
D’altronde per essere tali è sufficiente fare il tifo per la nazionale di calcio, non certo dividere la torta con altri connazionali. Ognuno “padrone a casa sua”, anzi meglio del proprio pianerottolo se si sta in un condominio.
E chi se ne frega se si andra’ verso uno Stato orbaniano, è un problema che riguarda chi dissente, non chi ha rinunciato da tempo a difendere ii “confini valoriali” di una democrazia.
Avremo i media controllati dai sovranisti come in Ungheria?
E cosa volete che gli freghi a chi si abbeverava al “pensiero unico” dei talk show berlusconiani. In fondo abbiamo creduto alla nipote di Mubarak, possiamo anche sentirci degnamente rappresentati da quella che Salvini con i suoi chiama “Rita Pavone”.
Centro e sinistra perdono le elezioni perchè metà degli italiani sono diventati così, fatevene una ragione.
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Agosto 14th, 2022 Riccardo Fucile
L’ACCORDO CON I PALAZZINARI, CHE POSSONO COSTRUIRE DI PIÙ A PATTO DI CEDERE IL 30% DEGLI APPARTAMENTI A CHI È IN LISTA PER UN ALLOGGIO DI “HOUSING SOCIALE”, SI È TRASFORMATO IN UNA COLOSSALE TRUFFA: LE CASE LE DAVANO AGLI AMICI E AI PARENTI… EVVIVA I PRENDITORI CHE PIACCIONO AI SOVRANISTI
Il primo censimento è finito: stando ai controlli del dipartimento Patrimonio del Campidoglio, gli alloggi di housing sociale sono occupati per la metà da inquilini che non hanno i minimi requisiti per abitarli.
Il nucleo al servizio degli uffici capitolini coordinato da Massimo Ancillotti, già comandante dei vigili urbani, ha scovato 114 irregolari a fronte di 115 regolari. Ora mancano soltanto le sanzioni a quei costruttori rei di non aver rispettato i patti e aver assegnato gli appartamenti a canone calmierato a chi non ne ha diritto.
La storia, raccontata da Repubblica, è partita quando il Comune ha avviato le sue indagini sulla grande truffa dei palazzinari. Un raggiro da centinaia e centinaia di alloggi. Pensato per venire incontro alle famiglie che non possono acquistare o affittare una casa ai prezzi del costosissimo mercato immobiliare capitolino – insomma, per cercare di risolvere l’apparentemente irrisolvibile piaga dell’emergenza abitativa – lo strumento imposto ai costruttori dalla Regione per l’edilizia sociale è finito fuori controllo.
L’accordo che permette agli imprenditori di realizzare più appartamenti a patto di cederne almeno il 30% a chi è in lista per un alloggio di housing sociale non è stato rispettato nel 50% dei casi.
Quelle case sarebbero dovute finire a famiglie numerose, over 65, coppie under 35, studenti fuorisede, sfrattati, disabili, reduci da divorzi e separazioni, appartenenti alle forze dell’ordine, ai vigili del fuoco o all’Esercito. Un bersaglio difficile da mancare, ma comunque snobbato da buona parte dei costruttori coinvolti nell’indagine dell’amministrazione capitolina.
Nel mirino, tra gli altri, sono finiti gli imprenditori che hanno realizzato il palazzone che affaccia su via del Porto Fluviale e sul Tevere, fronte ponte di Ferro, a quelli che hanno investito sulle villette a schiera disseminate da Ostia alle periferie Est, Ovest e Nord della capitale. Il totale fa 90. Tante sono le imprese finite nell’inchiesta interna del dipartimento Patrimonio.
In molti casi gli alloggi per l’housing sociale, annota la direzione Emergenza alloggiativa, sono stati assegnati in barba alle regole: “I soggetti beneficiari, nella maggioranza dei casi, non appaiono economicamente fragili e/o bisognosi”. Nuclei familiari spesso “vicini o legati al soggetto attuatore ( dell’intervento, il costruttore, ndr) per rapporti di lavoro, parentali o amicali”.
Durante la prima tornata di verifiche, “raramente si sono riscontrati casi con reali fragilità sociali”.
Capitolo sanzioni. Oltre a dover liberare gli appartamenti e ad assegnarli a chi ne ha veramente bisogno, i costruttori rischiano di essere multati dal Campidoglio. A patto che l’amministrazione capitolina si decida a individuare chi deve intervenire. Dopo una fase di stallo, la partita è finita sul tavolo del direttore generale Paolo Aielli.
Il city manager scelto dalla giunta Gualtieri dovrà dire chi deve entrare in azione a questo punto. Se a dare l’input, infine, dovrà essere l’assessorato al Patrimonio di Tobia Zevi o quello all’Urbanistica del collega Maurizio Veloccia.
L’importante è trovare una soluzione per chiudere questa storia. Quindi, ultimo passo, il Campidoglio dovrà decidere se portare l’intero faldone all’attenzione della procura, a piazzale Clodio, e a quella dei magistrati della Corte dei Conti.
(da agenzie)
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Agosto 14th, 2022 Riccardo Fucile
I “FASCISTI DEL TERZO MILLENNIO”, CHE QUALCHE MESE FA VENIVANO DATI PER CERTI DENTRO LE LISTE DI FRATELLI D’ITALIA, ORA HANNO UN ALTRO PUNTO DI RIFERIMENTO: GIANLUIGI PARAGONE… MUSSOLINI ERA PER IL VACCINO OBBLIGATORIO, LORO ORA SI BATTONO CONTRO IL VACCINO: GRANDE COERENZA
Togliere la fiamma tricolore dal simbolo di Fratelli d’Italia? «Sarebbe un errore», sostiene Luca Marsella, portavoce di CasaPound. «Il passato non si rinnega, le radici non si spezzano», spiega. Ma quello che poi Giorgia Meloni sceglierà per il suo partito sono affari suoi. Anche se alcuni mesi fa veniva data per certa la presenza di esponenti di CasaPound nelle liste elettorali di Fratelli d’Italia le cose sono andate in modo molto diverso.
Fratelli d’Italia si è alleata con la Lega e Forza Italia e alla sua destra è spuntata una galassia di piccoli partiti che con Giorgia Meloni non vogliono avere nulla a che fare.
«Può ripudiare il fascismo in tre lingue diverse, non le darà l’accesso al mondo dei buoni», l’avverte Luca Marsella. Perché, vista dall’estrema destra, Giorgia Meloni appare una traditrice.
«Non sono di Fratelli d’Italia quindi ognuno è libero di fare quello che vuole ma non si sputa sul passato», sostiene Marsella. E anche se alla fine la fiamma svetta fiera nel simbolo di Fratelli d’Italia, il giudizio resta severo. Meloni rischia di diventare una vittima della sinistra. Oggi si accaniscono con il simbolo e domani che altro le chiederanno di rinnegare?».
Infatti dalle parti di CasaPound sulle schede elettorali i voti difficilmente andranno a Fratelli d’Italia o Giorgia Meloni.
I nomi di riferimento sono Carlotta Chiaraluce e Giovanni Frajese, entrambi candidati nelle liste di Italexit di Gianluigi Paragone.
Carlotta Chiaraluce, compagna di Marsella, è stata la protagonista del successo ottenuto da CasaPound a Ostia . Nel 2017 il movimento raggiunse il 9% dei voti e lei è stata la candidata più votata del X Municipio di Roma.
Quando è scoppiata la polemica sulla fiamma nel simbolo di Fratelli d’Italia, su Twitter ha scritto parole molto simili a quelle del compagno: «È sempre lo stesso schema: la sinistra che dice alla destra come deve essere e la destra che, per farsi accettare, asseconda i diktat della sinistra. Vi segnalo che gli italiani vogliono un cambiamento e di questi teatrini ne hanno pieni le palle».
Non è di fiamme o di fascismo che CasaPound vuole parlare nella campagna elettorale che è iniziata. «I problemi sono altri, riguardano la tirannia di Draghi, la necessità di combattere l’obbligo vaccinale», spiega Marsella. Sono temi per cui CasaPound intende battersi senza i compromessi che potrebbero arrivare da una Giorgia Meloni proiettata verso palazzo Chigi.
E che per la prima volta dal 2013 porterà avanti senza avere il proprio simbolo sulle schede elettorali. Non hanno superato lo sbarramento del 3% nel 2018 quando si erano fermati allo 0,95% dei consensi. Sanno di non poter ottenere un risultato migliore il 25 settembre. La strategia seguita quindi è di fornire idee e candidati ad altre organizzazioni politiche con la libertà per i militanti di iscriversi anche ad altri partiti.
Alla fine la scelta è caduta su la lista di Gianluigi Paragone facendo saltare l’alleanza tra Italexit e Alternativa per l’Italia creata da Simone Di Stefano, ex portavoce di CasaPound, e Mario Adinolfi.
Non saranno insieme sulla scheda elettorale, quindi, le due formazioni che cercano di attirare il voto dell’estrema destra, ma di fatto alleati comunque contro Giorgia Meloni.
Simone Di Stefano, quando gli si chiede della fiamma nel simbolo di Fratelli d’Italia, liquida la questione con un «Me ne frego». Nostalgico. Sempre
(da La Stampa)
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Agosto 14th, 2022 Riccardo Fucile
“APRIRE UNA CRISI CHE FA RISCHIARE L’OSSO DEL COLLO ALL’ITALIA È UN MASOCHISMO CHE MI ANGOSCIA”
Renato Brunetta, davvero lascia la politica?
«Semplicemente non mi candido. Ho dato tanto alla politica e tanto ho ricevuto – è il commiato del ministro per la Pubblica amministrazione -. Nessun rammarico e nessun rimpianto. Semmai un po’ di dolore».
Dolore perché non tornerà in Parlamento?
«È stato un mese di emozioni forti e decisioni difficili. Ho visto Forza Italia, che è stata la mia casa per quasi trent’ anni, contribuire alla caduta di Draghi. Il governo più credibile, autorevole e serio, che poteva farci uscire da una situazione tragica che ha visto sommarsi pandemia, guerra, inflazione e uno spread minaccioso. Un atto incredibile e incomprensibile».
Come lo spiega?
«Aprire una crisi che fa rischiare l’osso del collo all’Italia, come ha deciso Conte seguito da Salvini e Berlusconi, è un masochismo che mi angoscia. Il mio sogno era votare a fine legislatura, dopo una legge di Bilancio draghiana forte e strutturata. Ora abbiamo uno scenario distopico, il peggiore possibile».
Crede alla versione di un Berlusconi sedotto dalla promessa di essere eletto presidente del Senato?
«Non lo so. Mi chiedo come abbiano potuto togliere al nostro Paese la guida più autorevole che abbia mai avuto, in un momento drammatico e senza consultare nessuno di noi tre ministri. Una scelta che ha reso Forza Italia irriconoscibile ai miei occhi, e impossibile la mia permanenza. Con qualche altro mese di lavoro avremmo avuto risultati eccezionali, acquisito i 23 miliardi del Pnrr di dicembre e messo in sicurezza la tranche di giugno 2023».
I fondi Ue sono a rischio?
«Spero di no, ma è chiaro che tutto è rallentato. E di mezzo c’è la legge di Bilancio, che ovviamente partirà in gravissimo ritardo. Poi bisogna vedere che atteggiamento avrà l’Ue in ragione della credibilità del prossimo governo, qualunque esso sia».
Se Draghi fosse stato eletto al Quirinale, lei avrebbe potuto sostituirlo pro-tempore a Palazzo Chigi come ministro più anziano. Sicuro di non avere rimpianti?
« Sliding doors , è il destino. Mi dispiace che Draghi non abbia fatto il presidente della Repubblica, non certo per me, ma averlo avuto ancora premier in un momento tragico, allo scoppio della guerra, è stata una garanzia per tutti. È riuscito a contenere la paura collettiva gestendo al meglio le sanzioni alla Russia, il caro energia e i provvedimenti a favore di famiglie e imprese».
Ritiene possibile che Draghi resti, se non ci sarà una maggioranza certa?
«Se fosse così generoso io sarei felice. Quando ha accettato lo è stato e dopo i primi, fondamentali mesi di lavoro, è partito un camel trophy per difficoltà artificiali poste dai partiti».
Cosa pensa del video di Meloni per tranquillizzare l’Europa e la Casa Bianca?
«Non ho pregiudizi verso di lei, ma passare dalla credibilità di Draghi a un altro governo, che dovrà dimostrare di essere affidabile, è in sé un problema per il Paese».
E se all’Economia andasse Tremonti?
«Temo che passare dal pragmatismo di Draghi a un altro governo sia uno choc, un costo per il Paese. Soprattutto se la nuova maggioranza si allontanerà dai valori dell’europeismo e dell’atlantismo».
Perché non è entrato nel partito di Calenda?
«Vale per tutti. Per fare un percorso insieme doveva scattare una convergenza di interesse e stili. Con un sorriso mi dico che forse sono ingombrante. Sono un vecchio socialista liberale di 72 anni con molta storia alle spalle. Io non mi muovo, resto dove sono. È il partito che si è spostato».
La compagna di Berlusconi l’ha molto offesa con una allusione alla sua statura. In questi anni si è sentito più odiato che amato?
«Sono stato odiato dai no vax, ma sono orgoglioso per tutte le decisioni prese per la salute degli italiani in pandemia. Per il resto, solo oggi ho ricevuto centinaia di messaggi veri, non semplici like, tutti straordinariamente positivi».
Gli impiegati non le perdonano di averli bollati come fannulloni.
«Accadeva 15 anni fa. Interpretando il pensiero degli italiani mi riferivo a quella esigua minoranza che penalizza il lavoro della stragrande maggioranza di dipendenti pubblici che fanno il loro dovere. Oggi io sono quello che ha rinnovato tutti i contratti senza un’ora di sciopero e che, appena tornato a Palazzo Vidoni, ha voluto siglare un patto con i sindacati per le riforme e la coesione sociale».
Che farà, adesso?
«Rimango a disposizione per servire ancora il mio Paese, con le idee e le energie di sempre. Mi occuperò di più di Venezia e della mia famiglia, i grandi amori della mia vita».
(da agenzie)
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Agosto 14th, 2022 Riccardo Fucile
ELIMINAZIONE DELL’IRAP, SALARIO MINIMO, CANNABIS E IUS SCHOLAE
Il programma completo è stato presentato sul sito del Movimento: «A finte alleanze, matrimoni di comodo e balletti abbiamo preferito la serietà»
«Cancellazione definitiva dell’Irap» e «salario minimo legale di 9 euro lordi l’ora». Sono solo due dei punti centrali del programma elettorale definitivo che il Movimento 5 Stelle ha pubblicato per le elezioni politiche del 25 settembre.
Il titolo è Dalla parte giusta, cure e coraggio per l’Italia di domani e già in prima pagina identifica nell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte il Capo della forza politica.
«Da quando siamo entrati in Parlamento, la nostra azione ha sempre eseguito un’unica strada: la tutela degli interessi dei cittadini», recita il post su Facebook, «intendiamo proseguire su questa strada e portare a termine il lavoro che abbiamo iniziato».
Poche righe in cui si mette subito in chiaro che il tempo per accordi e coalizioni è finito: «A finte alleanze, matrimoni di comodo e balletti abbiamo preferito la serietà». E allora ecco che ritorna la battaglia per il salario minimo, al quale verranno affiancate norme per «agevolare la sottoscrizione di contratti a tempo indeterminato». Per quanto riguarda le imprese, invece, oltre al taglio del cuneo fiscale è prevista anche l’eliminazione «definitiva» dell’Imposta regionale sulle attività produttive.
Diritti civili e cannabis
In materia di diritti civili, invece, il Movimento mette per iscritto la propria volontà di lottare per il matrimonio egualitario, che verrebbe poi accompagnato anche a una legge contro l’omotransfobia.
Per quanto riguarda la cittadinanza, è prevista anche la voce ius scholae. Appare poi decisa l’intenzione di procedere con la regolamentazione della coltivazione della cannabis per uso personale: un modo, si legge, per «contrastare il business della criminalità organizzata» e allo stesso tempo «superare le criticità connesse alla produzione limitata di cannabis per uso terapeutico».
(da agenzie)
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Agosto 14th, 2022 Riccardo Fucile
IL BESTIARIO DEI SIMBOLI ELETTORALI DEPOSITATI AL VIMINALE (MA CHE NON VEDREMO SULLA SCHEDA)… POI NON RACCOLGONO LE FIRME NECESSARIE, MA SI DIVERTONO COSI’
C’è il simbolo di “Basta tasse“, quello del “Partito della follia“, quello dei “Poeti d’azione“. E poi il “Movimento del vento – Il Brigante Volpicina” – che nel contrassegno ha una volpe e le parole “coraggio”, “onestà” e umiltà” – e il movimento animalista D.A.I.N.O., Difesa Animalista Indipendente Nazionale Organizzata, che però schiera la sagoma di un cervo (non di un daino, che non ha le corna) stagliata sulla luna piena. Notevole anche il simbolo di “Free“, con un uomo che dà un calcio alla testa di Pinocchio, nonché i ben cinque simboli con lo scudo crociato, icona della vecchia Dc.
Come a ogni elezione politica, tra il 44° e il 42° giorno antecedente il voto va in scena il grande show del deposito dei contrassegni al Viminale, un passaggio necessario – recita la legge – per “i partiti o i gruppi politici organizzati che intendono presentare liste di candidati nei collegi plurinominali e candidati nei collegi uninominali”.
Senza alcun filtro, nonostante le firme da raccogliere, un obiettivo alla portata di pochi.
E così, puntualmente, le bacheche della Direzione centrale per i servizi elettorali si popolano di figure improbabili e slogan astrusi, proponibili da chiunque abbia la buona volontà di affrontare i passaggi burocratici richiesti (magari per “tutelare” il simbolo da tentativi di imitazione). I limiti sono solo tre: è vietato presentare contrassegni confondibili con quelli usati tradizionalmente da altri partiti, che contengano simboli religiosi o che facciano riferimento al fascismo o al nazismo.
La palma dell’antiestetica va al logo del Movimento per l’Instaurazione del Socialismo Scientifico Cristiano – No alla Cassa Forense, che il suo stesso depositante, Pierluca Dal Canto, ha definito “il più brutto” di questa tornata.
Si tratta di un cerchio bianco con una serie di scritte nere affastellate che sintetizzano lo strambo programma del “partito”: “No alla cassa forense” (l’istituto di previdenza degli avvocati, ndr) “no cavie”, “no carta verde”, “no controllo digitale”, “no moneta elettronica”. E in fondo il claim “Better call Pierluca“, che ricalca la fortunata serie tv Usa “Better call Saul”.
Non brilla per eleganza nemmeno il Partito animalista, con due vistose impronte di cane nella parte superiore e la “pulce” (si chiama così il simbolo più piccolo inserito nel tondo) di “10 volte meglio”, lista liberista che ottenne lo 0,1% alle elezioni del 2018.
Discutibili anche i Gilet arancioni del generale no-vax Antonio Pappalardo, con scritte in stampatello incerto, e la ghigliottina che campeggia nel logo di “Rivoluzione sanitaria“.
Spicca per complessità invece il “Sacro romano impero cattolico e pacifista“, ricolmo di scritte in latino e con la tenda di un baldacchino al centro. Tra i contrassegni “classici” si segnala la scelta di Sinistra Italiana/Europa Verde, che schiera le scritte “verdi” e “sinistra” in tedesco e sloveno rispettivamente in Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia, e il Pd che affianca al simbolo classico la scritta “Italia democratica e progressista“, stranamente in maiuscolo per i collegi nazionali e in minuscolo per quelli esteri.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Agosto 14th, 2022 Riccardo Fucile
LE TARIFFE DEI BIGLIETTI AEREI INTERNAZIONALI SALITE DEL 160,2% SU BASE ANNUA
Le vacanze estive si tradurranno in un vero e proprio salasso per gli italiani. Il Codacons fa i conti e sottolinea come gli aumenti dei prezzi riguardano tutte le voci di spesa, dai voli ai traghetti, alla pizza e ai gelati.
Per quanto riguarda i trasporti, nell’ultimo mese l’associazione dei consumatori fa notare che le tariffe dei biglietti aerei internazionali sono salite del +160,2% su base annua, addirittura del +168,4% i voli europei (+26,9% quelli nazionali); i prezzi dei traghetti salgono del 9,1%, la benzina è aumentata del 10,5% e il gasolio del 20%.
Proibitivo noleggiare un’automobile: le tariffe dei noleggi sono aumentate quasi del +25% rispetto al 2021.
Per dormire in albergo si spende in media il 16,6% in più rispetto al 2021, mentre un pacchetto vacanza completo è rincarato in media del 5,7%.
Costosissimo mangiare: i prezzi degli alimentari sono saliti nell’ultimo mese del 10%, mentre bar e ristoranti hanno ritoccato i listini in media rispettivamente del +4,6% e +4,8%.
Non si salvano nemmeno pizza e gelati: una cena in pizzeria costa il 5,4% in più, gelaterie e pasticcerie hanno alzato i prezzi del 5%.
Anche la cultura è più cara: visitare musei, monumenti storici costa in media il 3,6% in più. “Le vacanze estive 2022 saranno un salasso per gli italiani, e chi parte dovrà mettere mano al portafogli spendendo sensibilmente di più rispetto allo scorso anno – afferma il presidente Carlo Rienzi – Basti pensare che in base alle stime del Codacons il costo di una vacanza di 10 giorni, tra spese per spostamenti, pernottamenti, cibi e servizi, passerà da una media di 996 euro a persona del 2021 ai circa 1.195 euro del 2022, con un incremento che potrebbe raggiungere i 199 euro procapite”.
(da agenzie)
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Agosto 14th, 2022 Riccardo Fucile
CI SONO COMUNI CHE FANNO CASSA FACILE, COME MELPIGNANO, CHE SOTTRAE AGLI AUTOMOBILISTI 5 MILIONI DI EURO, E ALTRI CHE INVECE STRANAMENTE NON INCASSANO UN CAZZO. TIPO NAPOLI, BARI, PERUGIA, CATANZARO E CAMPOBASSO
Tredicesima e quattordicesima bruciate. Al semaforo. O saettando davanti a un autovelox. C’è chi si diverte così a Melpignano, terra della Grecia Salentina dove ogni anno ad agosto risuonano le note del concerto finale della «Notte della Taranta».
Almeno, così pare leggendo i dati sui soldi incassati dai vari Comuni d’Italia per le infrazioni al codice della strada, pubblicati dal ministero dell’Interno.
È il risultato della battaglia combattuta da Simone Baldelli, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti, che puntava anche a rendere trasparente l’utilizzo di quei denari pubblici.
Battaglia vinta: entro il 31 maggio di ogni anno, le amministrazioni locali dovranno consegnare i rendiconti al governo. Trasparenza è fatta. Per il 2021, il «tesoretto» è di 400 milioni di euro. Trentacinque euro per ogni cittadino italiano.
E così, dagli elenchi spunta la curiosità di questo paesino in provincia di Lecce: 2 mila e 135 abitanti, 5 milioni di euro incassati in un anno soltanto con autovelox e affini. Calcolatrice alla mano, fanno 2 mila e 300 euro a testa, compresi i bambini e i residenti che hanno mai armeggiato con volante e leva del cambio.
Dati alla mano, verrebbe da pensare che l’unica patente ancora valida sia quella da indisciplinati. Errato. Profondamente. Melpignano è una cittadina turistica, inserita tra i «Borghi autentici d’Italia»: gli insofferenti al codice della strada possono arrivare da qualsiasi parte del Mondo.
E poi, la cittadina salentina fa parte dell’Associazione Comuni Virtuosi impegnati «a favore di una armoniosa e sostenibile gestione dei propri territori» anche attraverso «risparmio energetico, nuovi stili di vita e partecipazione attiva dei cittadini». Ma non così attiva da farsi trafiggere dal telelaser (e pagare le multe) per sopperire alle croniche carenze di fondi pubblici.
Ma la «lista Baldelli» svela altre curiosità. Come il record di Colle Santa Lucia, paesino di 360 abitanti nel Bellunese, ai piedi delle Dolomiti: in un anno, il Comune ha incassato oltre 552 mila euro per infrazioni rilevate dagli autovelox. E anche qui, sono stati i turisti a lasciarci lo zampino.
Difficile provare stupore per i 102 milioni e 600 mila euro finiti nelle casse del Comune di Milano (13 milioni per i controlli elettronici), o per 94 milioni e 100 mila euro (4,6 per autovelox) «devoluti» da automobilisti e motociclisti all’amministrazione della Capitale, o ancora per i 41 milioni e mezzo (5 per autovelox) incamerati dal Comune di Torino. Quisquilie, direbbe Totò, se paragonate ai quasi 3 milioni di euro incassati in meno di due mesi dal Comune di Genova con le multe nel solo corso Europa, dove l’occhio elettronico ha consentito di falciare 10 mila e 600 punti dalle patenti.
Ma il sopracciglio si alza in segno di sorpresa e ammirazione per i tanto vituperati automobilisti di Napoli, che hanno pagato pegno per soli 27 mila euro (tutte multe elettroniche). E comunque, bando alla facile ironia sulle furberie partenopee. È roba vecchia, chiacchiere d’altri tempi superate dalla realtà.
E la dimostrazione è nella stessa «lista Baldelli»: difficile sapere se sia per scaltrezza o per virtù, ma nessun guidatore passato da Bari, Perugia, Catanzaro e Campobasso ha pagato pegno ai vigili elettronici.
Con tutti questi specialisti di slalom fra le colonnine dell’autovelox, ci sarebbe quasi da proporre una candidatura per le «Olimpiadi della patente». Vince chi torna a casa con tutti i punti.
(da agenzie)
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Agosto 14th, 2022 Riccardo Fucile
DA COMUNISTA PADANO CON L’ORECCHINO A DISPENSATORE DI FELPE E ROSARI
Nelle più intense e sgangherate campagne elettorali la penultima dea, prima della Speranza, resta la Fede, ma anche quella cui meno conviene affidarsi.
«Credo» è invece la parola chiave scelta da Salvini: credo in questo e credo in quello, ma al dunque credo soprattutto in me stesso. A questo punto la tentazione sarebbe quella di allargare le braccia e salutare, anche con gentilezza e perfino in musica, “ciao-ciao”: è di pochi giorni fa la polemica tra il Capitano e la Rappresentante di lista per uso improprio del brano sanremese.§
E tuttavia, proprio in quanto estremo, il richiamo fideistico merita un diverso trattamento. Diffuso su milioni di schermi in bianco font paffutello su campo blu e sottolineato in giallo, il “Credo” di Salvini alimenta da ieri una specie di spot in cui compare in finta lettera autografa con caratteri un po’ pellicciosi e proiettato in notturna su quattro luoghi simbolo: l’hub di Lampedusa (immigrazione), la sede dell’Inps (pensioni), l’Agenzia delle entrate (tasse), la stazione di Milano (sicurezza).
Uno speaker con voce profonda declina “Credo” leggendo un testo che per tre minuti circa risuona come un generatore automatico di retorica, “il domani”, “la rivoluzione”, “i sognatori”, “i nostri figli”, “la forza di rialzarsi” eccetera. A metà, esaurita la musica eroica, si riconosce la voce di Salvini che offre il senso del product placement: “Credo che nessun’altra parola come ‘credo’ racchiuda il nostro modo di essere e di fare politica”.
E anche qui, vinto di nuovo l’istinto di un arrendevole congedo, viene da chiedersi se sia farina del suo sacco o di quale altra entità marketizzante tipo Morisi redivivo, Chaouqui o magari l’aggressiva agenzia Artsmedia, basata ad Adria, Roma e Tirana; il “credo” salviniano rientra infatti in un pacchetto che prevede anche un meno impegnativo “ci#credo” e mostra in foto, quali malvagi testimonial, alcuni individui (Letta, Saviano, la ministra dell’Interno) che “non credono” alle credenze della Lega.
Ora, non si vorrebbe qui togliere la gloria ai creativi, ma occorre pur dire che questa storia, come tantissime altre, se l’era già inventata Berlusconi anni orsono, per l’esattezza nel 2004, quando nelle manifestazioni, sull’onda del coro, erano chiamati sul palco quattro giovanotti scelti dopo accurato casting (la ricciolona, il primo della classe, il riccetto nerd, la biondina) ai quali veniva fatto declamare – vedi vedi – il “credo laico”, breve testo attribuito al fondatore anche se di sospetta stesura adornatiana (da Ferdinando Adornato, allora deputato del Pdl).
È vero pure che in campagna elettorale tutto fa brodo. Però, diamine, colpisce che un’invocazione così solenne, quasi religiosa, sia riscappata fuori proprio nel momento in cui la fiducia nella politica versa nel peggior stato possibile e nessuno crede più, come si dice a Roma, neppure al pancotto.
Come ovvio, la faccenda non riguarda solo il leader della Lega, che pure nelle sue apparizioni social casca così spesso sull’uso e l’abuso di oggetti sacri, crocifissi, presepi, rosari, madonne, da figurare nelle relative e plausibili parodie come il “Mago Salvino”, sensitivo e cartomante.
Più realisticamente, il punto è se con il suo “credo” non chieda troppo non solo ai suoi elettori, ma specialmente a se stesso.
Comunista padano con orecchino, poi capitan Fracassa anti-terrone, poi indipendentista antinazionale per poi figurare, anche col dispiego dei più vistosi costumi di scena, dalle felpe localistiche alle uniformi militari, come campione di patriottismo sovranista, difesa dei sacri confini e lancio di corone d’alloro nel Piave, seppur con un occhio alla Russia di Putin.
E tutto ciò prima che prendesse il via la quotidiana fantasmagoria social, mitra e peluche, Milan e cassette di fichi fioroni, dialoghi con le mucche, mojito, una metamorfosi appresso all’altra, fino alla svolta europeista, poi a quella del partito repubblicano americano (febbraio), poi a quella dietro Papa Bergoglio (marzo).
Poi “credo” – e d’accordo che è la campagna elettorale, ma di cosa altro c’è bisogno per capire che dietro alle parole si nasconde la più spaventosa insignificanza?
(da La Repubblica)
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