Agosto 16th, 2022 Riccardo Fucile
SI CAMBIA GIUDIZIO A SECONDA DI CIO’ CHE PIU’ CONVIENE ELETTORALMENTE… PER ENTRARE NEI SALOTTI BUONI MEGLIO TRAMUTARSI IN “CONSERVATORI”, FA CHIC
In queste ore sui social in molti stanno condividendo e commentando, spesso in maniera ironica, il video in cui una giovane Giorgia Meloni dice che secondo lei Mussolini era un buon politico e che «tutto quello che ha fatto, l’ha fatto per l’Italia».
Il video in cui Giorgia Meloni pronuncia queste parole è stato estrapolato da un ritratto di Loopsider, che in occasione delle elezioni politiche italiane ha creato un video in cui presenta la carriera politica di Meloni a partire dai primi anni di militanza.
Loopsider ha definito la leader di FdI «contraria ai matrimoni gay, ai migranti e nazionalista». Il video si apre con le parole pronunciate dalla leader stessa e diventate poi virali: «Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono italiana, sono cristiana».
Con un passo indietro, si torna al momento in cui Giorgia Meloni ha iniziato a fare politica, all’età di 15 anni, quando aderì al Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile del partito Movimento Sociale Italiano.
Dopodiché, Loopsider inserisce una parte di un’intervista in francese rilasciata da Giorgia Meloni nel 1996. In questa intervista la leader di FdI espone le proprie idee di allora riguardanti l’operato di Mussolini.
Il 21 aprile di quell’anno, in Italia si tennero le elezioni politiche. Le due principali coalizioni erano il Polo per le Libertà, comprendente Forza Italia, Alleanza Nazionale e Centro Cristiano Democratico e L’Ulivo, composto dal Partito Democratico della Sinistra e altri partiti.
In quel periodo Giorgia Meloni era responsabile nazionale di Azione Studentesca, il movimento studentesco di Alleanza Nazionale.
Il video in questione è di proprietà dell’Institut national de l’audiovisuel (INA) ed è tratto da uno speciale di approfondimento del programma Soir 3 in onda su France 3.
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Agosto 16th, 2022 Riccardo Fucile
LA COMUNITA’ EBRAICA: “AGGHIACCIANTE”… FDI NON PUO’ FARE ALTRO CHE SOSPENDERLO, ENNESIMA BRUTTA FIGURA
Fratelli d’Italia ha sospeso dal partito Giorgio Longobardi “in seguito ad un post pubblicato su Facebook in data 13 agosto nel quale compaiono, del tutto impropriamente, inammissibili richiami al dramma dell’Olocausto”. Lo comunica in una nota il coordinatore cittadino di Napoli di Fratelli d’Italia, Sergio Rastrelli.
Il post è una provocazione dettata dal sarcasmo. Ma svela i meccanismi culturali che governano le idee del suo autore, Longobardi, consigliere comunale a Napoli di Fratelli d’Italia, che su Facebook pubblica un testo che ironizza sull’olocausto per lanciare i suoi strali contro il Pd.
Nel post, l’ormai ex esponente di FdI, aveva scritto: «Mossa a sorpresa della sinistra italiana! Per scongiurare il pericolo “fascismo” e combattere la destra brutta e cattiva, il programma sensazionale del Pd e soci sarà quello di far trasmettere, fino al 25 settembre, ogni giorni a reti unificate e h 24 i seguenti film».
Longobardi aveva poi citato diversi capolavori cinematografici sul tema, come Schindler’s List e La vita è bella, e gli ipotetici giorni di programmazione nel palinsesto. E, a chiusura del post, Longobardi scriveva: «Il tutto intervallato da approfondimenti e testimonianze da parte dei sopravvissuti all’Olocausto». Tra i commenti al post qualcuno scrive: «Io sono nato nel 71 e quindi l’Olocausto non l’ho visto come non ho visto lo sbarco sulla Luna». Mentre in un altro commento si legge: «Trasmettessero pure tutti gli omicidi, milioni, dei rossi, cinesi e sovietici».
Prima della sospensione da parte dei vertici di FdI, Longobardi era tornato sul tema con un nuovo post in cui si è difeso dalle polemiche, spiegando di non aver voluto scherzare sull’Olocausto
(da agenzie)
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Agosto 16th, 2022 Riccardo Fucile
NON E’ VERO: NON SOLO FU CONTRARIO A FIRMARE IòL TRATTATO FINO AL 1950, MA IL MSI DELLE ORIGINI E’ SEMPRE STATO “TERZAFORZISTA” E OSTILE AI DUE BLOCCHI… CON POSIZIONI OSCILLANTI ANCHE CON ALMIRANTE
No, le cose non sono così semplici, lineari, come vorrebbe far credere Giorgia Meloni.
La stampa sovranista scrive che “Giorgia Meloni ribadisce con fierezza il suo supporto alla Nato. La leader di Fratelli d’Italia arrivando alla presentazione del Rapporto 2022 Iri Freedoms at risk: the challenge of the century organizzata da Fondazione Fare Futuro ha risposto così a chi gli chiedeva maggiori lumi sulla posizione del suo partito nel conflitto tra Russia e Ucraina: “Leggo sulla stampa di una presunta svolta atlantista di Giorgia Meloni. Vorrei ricordare che dal Msi a oggi la destra è sempre stata atlantista”
Allora meglio ricordare agli ignavi:
1) Inizialmente contrario alla firma del trattato d’ Alleanza atlantica perchè poco rispettoso della sovranità italiana, il Msi giunse solo in un secondo tempo, con il sì voluto da De Marsanich, a sottoscrivere l’adesione italiana alla Nato
2) L’anima delle origini era tendenzialmente “terzaforzista” e ostile sia ad americanismo che al comunismo sovietico
Citiamo a proposito Guido Formigoni, docente di Storia contemporanea all’Università Iulm di Milano: ““Indubbiamente esiste una complessità. La tradizione missina ha al suo interno un filone “rivoluzionario” che ha sempre vagheggiato un’Europa antiamericana e spiritualista, sulla scia di Evola o di altri pensatori radicali. Dal canto suo, la linea ufficiale del Msi, non dal 1949 (il partito allora votò contro l’adesione al patto), ma dai primi anni Cinquanta in poi, vide prevalere un anticomunismo che chiedeva di difendere la collocazione atlantica dell’Italia. Ma le oscillazioni non mancarono, soprattutto in epoca almirantiana. O anche poi con l’evoluzione in Alleanza nazionale. Non a caso la destra italiana post-1994 – non solo quella esplicitamente post-fascista – ha avuto parecchi ondeggiamenti, anche in rapporto al tema dell’equilibrio tra Europa e Stati Uniti. Dall’enfasi pro-Bush del Berlusconi dei primi anni 2000, che contribuì a spaccare l’Europa, si arriva alle simpatie per Putin . Ora anche Giorgia Meloni nel suo libro uscito l’anno scorso scriveva: “La Russia difende i valori europei e l’identità cristiana”. Per cui l’attuale riequilibrio sembra avere basi piuttosto fragili”.
(da Globalist)
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Agosto 16th, 2022 Riccardo Fucile
“IL SUO RAPPORTO CON GLI USA IN REALTA’ E’ SOLO CON IL TRUMPISMO, MODELLO LONTANO DALLA LIBERALDEMOCRAZIA”… “NESSUNO DIMENTICA QUANDO DISSE “MEGLIO PUTIN CHE L’UNIONE SOVIETICA””
Nadia Urbinati, accademica, politologa italiana naturalizzata statunitense, docente di Scienze politiche alla prestigiosa Columbia University di New York: “E’ vero che Giorgia Meloni da quando ha fatto il suo discorso alla Convention repubblicana e poi ha preso posizione contro Putin, ha chiaramente posizionato se stessa dalla parte occidentale – annota Urbinati – Però io mantengo un certo scetticismo. Perché il suo rapporto con l’America è un rapporto con una parte, cioè Trump, il trumpismo e i repubblicani, che sono davvero tutto fuorché esempi di liberaldemocrazia. Quanto poi al fronte-Putin, anche qui sono dubbiosa. Perché è vero che lei ha criticato l’invasione dell’Ucraina. Ma è altrettanto vero che in varie occasioni ha espresso il suo favorevole giudizio (anche per criticare la sinistra, assumendola sempre e solo come “comunista ”) su “meglio Putin che l’Unione Sovietica”. Putin rappresenta per lei una evoluzione del precedente regime, nonostante questo non sia né più liberale di prima né più democratico, mentre certamente è capitalista a differenza di quello precedente. La sua posizione, similmente a quella dei repubblicani americani, è una posizione molto “strabica” rispetto ai valori democratici e liberali. Mentre è molto chiara sui principi socio-economici, che sono quelli dl capitalismo e del libero mercato. Se ci accontentiamo della “libertà” economica, lei c’è dentro, indubbiamente. Ma sulla libertà civile e politica, è molto manchevole. Fratelli d’Italia sono un partito immerso nella tradizione reazionaria”.
E non è un caso che a sperticarsi di elogi per la leader di FlI e per la vecchia-nuova destra italiana è stato il guru del pensiero reazionario trumpista, Steve Bannon. E non è un caso che uno degli sponsor europei di Meloni sia l’autocrate magiaro Viktor Orban.
(da Globalist)
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Agosto 16th, 2022 Riccardo Fucile
COALIZIONE CENTRODESTRA IN NETTO VANTAGGIO
È testa a testa tra Partito democratico e Fratelli d’Italia, con i dem davanti alla forza politica di Giorgia Meloni di appena 0,2 punti percentuali.
È quanto emerge da un sondaggio di G.D.C a poco più di un mese dal giorno delle elezioni.
Da tutte le indagini sulle intenzioni di voto, la coalizione di centrodestra risulta in netto vantaggio, ma lo scontro per il primato di partito con più consensi rimane tra il Partito democratico e Fratelli d’Italia.
Secondo G.D.C. se si votasse oggi la forza politica a ricevere il maggior numero di voti sarebbe il Partito democratico con il 23,6% dei consensi. I dem sarebbero però seguiti a ruota da Fratelli d’Italia al 23,4% dei consensi. Insomma, a separare i partiti di Enrico Letta e Giorgia Meloni ci sarebbe appena uno 0,2%.
Rimangono distanti, a circa dieci punti di distanza gli altri principali partiti. In terza posizione troviamo la Lega al 12,3%, seguita dal Movimento Cinque Stelle al 10,7%. A seguire Forza Italia al 10,7%.
Dopo l’alleanza tra Matteo Renzi e Carlo Calenda per il terzo polo, dietro gli azzurri troviamo la coalizione di Italia Viva e Azione al 5,1%.
Seguita da quella di Verdi e Sinistra italiana al 3,4%.
Gli ultimi partiti a superare il 3%, soglia da raggiungere per assicurarsi un posto in Parlamento sono la lista Noi moderati e Italexit. Seguono Mdp/Articolo 1 al 2,3%, +Europa al 2,2% e Impegno civico di Luigi Di Maio allo 0,9%.
(da Fanpage)
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Agosto 16th, 2022 Riccardo Fucile
DOPO QUATTRO ANNI DI PROMESSE DA PARTE DI QUATTRO GOVERNI DIVERSI, L’AZIENDA HA CHIUSO
“Affidereste l’Italia a chi ha messo il futuro di 500 lavoratori nelle mani di truffatori?”. La domanda è di Maurizio Ughetto, operaio della ex Embraco, la fabbrica di Riva di Chieri (Torino) che dopo quattro anni di promesse da parte di quattro governi diversi non esiste più.
Quando sente parlare Carlo Calenda del partito dei “seri e competenti“, la sua mente va subito ai primi mesi del 2018, quando il leader di Azione era ministro dello Sviluppo economico nel governo Gentiloni.
“Io e i miei colleghi la loro “competenza e serietà” l’abbiamo provata, e oggi siamo in mezzo a una strada” racconta al fattoquotidiano.it ricordando i primi incontri con l’allora ministro.
“Era venuto a trovarci in mensa per parlare del nostro futuro dopo che l’azienda aveva annunciato la chiusura dello stabilimento. Si presentava come il salvatore della patria”. Davanti agli operai, Calenda aveva spiegato le fasi del processo di reindustrializzazione. “Indicando l’allora capo di Invitalia Domenico Arcuri, seduto al suo fianco, rassicurava tutti dicendo che se il fosse andata male sarebbe subentrato lo Stato”, ricorda Ugo Bolognesi, sindacalista Fiom Cgil. E i lavoratori si erano fidati. “Come potevamo non credere a un ministro che viene nel nostro stabilimento per rassicurarci sul futuro? Non era mai successo che un ministro in carica andasse in una fabbrica di provincia per incontrare lavoratori in lotta”, dice Gianluca Ugliola, 54 anni, un altro operaio dell’ex Embraco.
Ma nulla di quanto promesso si realizza. Con il benestare del Mise, il processo di reindustrializzazione viene affidato alla Ventures, una newco a capitale israeliano, cinese e italiano, ma si rivela subito un bluff.
“È come se il ministero avesse dato la patente a uno che non sapeva guidare” commenta Bolognesi, ricordando con amarezza le slide e i brindisi del giorno della presentazione. “Sarebbe bastato fare una visura per accorgersi che qualcosa non andava, ma non è stato fatto”, incalza Ugliola.
Il piano prevedeva la costruzione di droni per pulire pannelli fotovoltaici. “Smontavamo le vecchie linee ma le nuove non arrivavano”, ricorda invece Ughetto, uno dei primi a rientrare al lavoro. “Andavamo in fabbrica a fare niente, ci facevano verniciare le pareti, smontare e rimontare bici elettriche, ma dei nuovi macchinari non si vedeva nemmeno l’ombra”.
Così, nel luglio 2020, il tribunale dichiara il fallimento dell’azienda: solo qualche settimana fa si è chiusa l’indagine della Procura di Torino che ipotizza il reato di bancarotta fraudolenta. Un fascicolo nato dagli esposti di sindacati e lavoratori che si costituiranno parte civile al processo. Quello che doveva essere il rilancio per il futuro degli operai si è rivelato l’ennesimo incubo.
In quattro anni i lavoratori della ex Embraco si sono confrontati con quattro ministri dello Sviluppo economico. “Abbiamo provato sulla nostra pelle quasi tutto l’arco costituzionale”, ironizza Ugliola. Dopo Calenda è arrivato Di Maio. Ughetto lo ricorda come “un fantasma” perché “non ci ha mai ricevuto e il fondo di duecento milioni destinato al nostro salvataggio in caso di fallimento della reindustrializzazione è stato dirottato su altro”.
L’amarezza è doppia ripendando alla campagna elettorale del 2018, quando i leader del Movimento 5 Stelle si erano recati più volte ai cancelli della fabbrica per incontrare i lavoratori. Dopo la caduta del governo Lega-M5s, arriva il Conte II con un nuovo ministro, Stefano Patuanelli, e un nuovo tentativo di reindustrializzazione, affidato a Italcomp. Un progetto che avrebbe dovuto riassorbire i 400 operai della ex Embraco in cassa integrazione e i 300 dell’azienda veneta Acc-Wanbao in amministrazione straordinaria. Nel novembre 2020 Patuanelli esulta sui suoi canali social: “Siamo riusciti a salvare 700 lavoratori grazie al nostro intervento su due crisi”. Ma il progetto non partirà mai e con l’arrivo del governo Draghi scomparirà definitivamente dall’agenda. Per il nuovo ministro, il leghista Giancarlo Giorgetti, “è come se quel dossier non fosse mai esistito”, attacca Bolognesi. “Ha lasciato che la macchina si andasse a schiantare contro un muro”.
Così, a quattro anni e quattro governi dall’apertura della crisi, gli operai dell’ex Embraco sono rimasti in mezzo a una strada. “Non abbiamo perso il lavoro ma ce lo hanno scippato, mettendoci le mani in tasca senza che nessun governo facesse qualcosa per impedirlo”, si sfoga Ughetto, che a 49 anni si è dovuto rimettere in gioco, “nel tritacarne del precariato”, dopo una vita passata in fabbrica.
Anche perché, dice sottolineando l’ovvio, “non è facile ricollocarsi alla nostra età”: la maggior parte dei lavoratori ha tra i 45 e i 60 anni, ed è in quello stabilimento che ha conosciuto la propria moglie e o il proprio marito. Chi ha potuto è andato in pensione mentre tutti gli altri provano a sopravvivere.
“Embraco doveva essere l’esempio che le delocalizzazioni in Italia potevano essere fermate. Ma non è stato così” conclude Ugliola, ripensando alle promesse della campagna elettorale del 2018. Cinque anni fa, quel piazzale di fronte alla fabbrica era diventato la vetrina privilegiata di tutti i leader nazionali. Tutti facevano a gara per farsi immortalare in mezzo agli operai. Oggi però non c’è più nulla da fotografare. E il piazzale è rimasto vuoto.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Agosto 16th, 2022 Riccardo Fucile
UNO CHE HA LA STIMA SOLO DELL’1% DEGLI ELETTORI PD PERCHE’ VIVE DI RIVALSA E DISPETTI, HA ANCORA IL CORAGGIO DI PARLARE
Matteo Renzi si inserisce nel dibattito sulle liste di candidati del Pd alle prossime elezioni politiche.
Molto duro il leader di Italia Viva, secondo il quale la guida di Letta (che, tra l’altro, non ha mai voluto trattare un’alleanza elettorale con l’ex segretario) parrebbe «caratterizzata più dal rancore personale che dalla volontà di vincere».
Nella sua E-news Renzi commenta la volontà di escludere i cosiddetti renziani: primo fra tutti Luca Lotti, che l’ha accompagnato nell’avventura nel Pd fino a diventare sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
Poi, le loro strade si sono separate, con Lotti rimasto al governo come ministro dello Sport nell’esecutivo guidato da Gentiloni e Renzi che iniziava il suo progressivo e inarrestabile allontanamento.
Lo stesso Lotti, venuto a conoscenza del fatto che non sarebbe rientrato dei candidati, ha usato il termine “rancore”: «Anche quando alcune scelte sembrano più dettate dal rancore che dalla coerenza politica, mi troverete sempre dalla stessa parte. La parte del Pd».
Anche altri nomi dell’area riformista del partito sono fuori dalla corsa, il più noto è probabilmente Stefano Ceccanti, che non ha ancora rilasciato commenti. Si è solo limitato a scrivere su Twitter che presto spiegherà la sua posizione.
(da agenzie)
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Agosto 16th, 2022 Riccardo Fucile
C’E’ PURE IL DECRETO CON IL PREMIO DI APPENA 16.000 EURO… PARLA CHI FOTTE OGNI GIORNO AI RUSSI MILIONI DI EURO PER MANTENERE AMANTI, VILLE, YACHT DI LUSSO
Il presidente russo Vladimir Putin ha stabilito il titolo Madre Eroina, per le madri di dieci o più bambini, che dà loro diritto a un pagamento forfettario di un milione di rubli, circa 16 mila euro.
Lo rende noto un decreto pubblicato oggi sul portale ufficiale di informazioni legali, citato dall’agenzia Tass.
Viene stabilito “il titolo di Madre Eroina, da assegnare a una madre cittadina della Federazione Russa, che abbia partorito e cresciuto dieci o più bambini cittadini della Federazione Russa”, si legge nel documento.
Questo sarebbe il modello “femminile” da perseguire secondo Putin .
(da agenzie)
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Agosto 16th, 2022 Riccardo Fucile
L’ACCUSA È DI INTERFERENZE ELETTORALI E PRESSIONI SUL VOTO: GIULIANI AVREBBE PARTECIPATO A UNA SERIE DI INCONTRI CON RAPPRESENTANTI DEL CONGRESSO DELLA GEORGIA E AVREBBE DIFFUSO FALSE ACCUSE SULLE FRODI ELETTORALI
Rudy Giuliani è indagato in Georgia per interferenze elettorali e pressioni sul voto, nel 2020, in favore di Donald Trump. Lo riferisce il New York Times.
L’ex avvocato di Trump è emerso come una delle figure centrali nell’inchiesta condotta dai procuratori della Georgia sul tentativo di manipolare il risultato delle elezioni presidenziali.
All’inizio dell’estate sono stati ascoltati alcuni testimoni che hanno confermato la presenza di Giuliani a una serie di incontri con rappresentanti del congresso georgiano presso i qualia vrebbe diffuso false accuse su frodi elettorali allo scopo di ribaltare il voto in Georgia del 2020 a favore di Trump.
L’avvocato è atteso oggi ad Atlanta per rispondere alle domande dei procuratori. “Se queste persone – ha commentato il suo legale, Robert Costello – pensano che racconterà il contenuto delle conversazioni con il presidente Trump, resteranno delusi”.
Nella stessa inchiesta oltre a Giuliani figura il senatore repubblicano Lindsey Graham, uno dei big del partito conservatore e fedelissimo dell’ex presidente. Il senatore del South Carolina è stato convocato ad Atlanta per essere ascoltato come testimone davanti allo speciale Grand jury.
L’udienza è stata fissata per il 23 agosto. Tra i convocati ci sono anche cinque avvocati che hanno lavorato con Trump e hanno avuto intensi contatti con i funzionari elettorali all’indomani del voto del 2020.
(da agenzie)
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