Agosto 23rd, 2022 Riccardo Fucile
I SERVIZI SEGRETI RUSSI AVREBBERO LASCIATO AGIRE INDISTURBATA PER UN MESE IN RUSSIA LA “SOLDATESSA DI AZOV”… E L’AUTO DELLA DONNA RISULTA ESSERE AL CONTEMPO A MOSCA E IN AUTOSALONE IN UCRAINA
I mandanti dell’assassinio di Anna Politkovskaya dopo 16 anni sono ancora sconosciuti, ma per scoprire chi ha ucciso la figlia di Dugin ci hanno messo due giorni scarsi.
E poco importa se la presunta colpevole è arrivata in Russia con un’auto che in quel momento era in vendita in Ucraina.
La rapidità con cui i servizi di sicurezza hanno identificato la presunta colpevole, i dubbi suscitati dalle prove addotte e la debolezza del movente rendono difficile comprare a scatola chiusa la versione del Cremlino.
Né d’altra parte le ipotesi alternative appaiono finora più sostanziate. L’unica cosa certa è che l’omicidio di Daria Dugina, figlia dell’ideologo e propagandista ultra-nazionalista Alexandr Dugin, erroneamente definito “la mente di Putin”, fa il gioco del Cremlino. Putin adesso può vantare una martire e giustificare ulteriori strette repressive, dicono gli analisti.
Secondo l’Fsb, erede del Kgb sovietico, a piazzare l’ordigno da almeno quattro etti di tritolo sotto il sedile dell’auto su cui viaggiava la Dugina e a farlo poi esplodere con un congegno a distanza è stata Natalia Vovk (o Shaban, come si legge in alcuni documenti diffusi da Mosca), additata come soldatessa del battaglione Azov e ufficiale del servizio segreto ucraino Sbu.
La ricostruzione però fa acqua da parecchie parti: i russi spiegano che la donna, 43 anni, è entrata nel Paese alla fine di luglio insieme alla figlia di 12 anni e a un gatto su una Mini Cooper a cui ha più volte cambiato la targa.
Ha poi pedinato Daria Dugina — perché proprio lei era l’obbiettivo e non il padre — e commesso l’attentato. Infine se ne è andata tranquillamente, con la stessa auto e con una targa ucraina: ha viaggiato da Mosca fino alla frontiera con l’Estonia, superata senza alcun problema.
“Credo che l’Fsb sia proprio l’ultima fonte di cui ci si possa fidare”, dice a Fanpage.it dalla capitale russa il politologo Andrei Kolesnikov del think tank Carnegie. “È particolarmente irritante, e francamente stupido, come vogliano farci credere che la presunta terrorista abbia fatto perdere le sue tracce entrando in Estonia, uno dei Paesi al momento più ostili nei confronti della Russia”. Passare il confine tra Russia ed Estonia significa essere sottoposti a controlli severi, soprattutto se si ha un auto con targa ucraina.
Il mistero della Mini Cooper
E proprio su quell’auto e su quella targa, immortalate in un video messo in rete dall’Fsb per dimostrare la colpevolezza della Vovk Shaban, sembra infrangersi l’ipotesi accusatoria: la stessa Mini Cooper, con la stessa targa, risultava in vendita in Ucraina sul sito Ria Auto almeno fino al 18 agosto, secondo una foto pubblicitaria che ritrae il cruscotto del veicolo con la data.
Fanpage.it ha potuto visionare la foto prima che l’avviso di vendita sparisse dal sito stesso.
È quindi difficilmente sostenibile che la Mini sia entrata in Russia alla fine di luglio, come affermato dall’Fsb. Che ha poi cercato di mettere una toppa alla falla spiegando che l’auto era effettivamente stata messa in vendita a Kyiv da un certo Danil Shaban, parente della Vovk.
Senza specificare quando. Ma sottolineando che anche Danil è del battaglione Azov. Tradizione familiare?
L’Fsb ha reso noto che Natalia Vovk Shaban era segnalata in un data base russo come soldatessa di Azov fin dall’aprile scorso. Come ha potuto entrare in Russia restandoci un mese, organizzare e perpetrare l’attentato e poi guidare per tutta la regione di Pskov verso l’Estonia fino ad attraversare la frontiera proprio dove è più sorvegliata?
A completare un quadro piuttosto squinternato contribuisce anche un documento di identità della Vovk Shaban messo in rete dall’Fsb: la donna appare in divisa della Guardia nazionale ucraina, i cui reparti sono addetti — almeno in tempo di pace — soprattutto a lavoro d’ufficio. Niente a che fare con Azov.
Come se non bastasse, il video fatto circolare dall’Fsb mostra la Vovk Shaban incurante davanti alla telecamera collegata al citofono dell’edificio dove — secondo l’accusa — avrebbe affittato una stanza per sorvegliare da vicino Daria Dugina.
Ora, a Mosca anche i bambini sanno che quelle telecamere effettuano una mappatura facciale per individuare le identità. Gli attivisti sorvegliati dalla polizia spesso usano mascherine chirurgiche per evitare di esser riconosciuti quando vanno a casa degli amici, per non comprometterli. Un’agente dell’Sbu nonché soldatessa di Azov già segnalata non prenderebbe qualche precauzione, trovandosi nella capitale russa per fare un attentato?
A qualcuno serviva un attentato
“Se fosse tutto vero quel che sostiene Mosca, questa vicenda dimostrerebbe un fallimento totale da parte dell’Fsb e dell’Mvd (il ministero dell’Interno russo, ndr)”, sostiene su Twitter uno dei maggiori esperti mondiali dei servizi di sicurezza del Cremlino, Mark Galeotti.
“È interessante notare come spesso Mosca sembri non accorgersi del pericolo che corre nel cercare di spiegare le proprie debacle con una narrativa che alla fine afferma la mera incompetenza dei suoi apparati”.
Il regime di Vladimir Putin sta solo maldestramente cercando di coprire gli errori commessi dai suoi servizi nel prevenire l’attentato che ha ucciso Daria Dugina? È probabile. Ma alcuni osservatori pensano addirittura a un’operazione di “false flag”.
Tutto organizzato da Mosca, insomma. Che sembra avere più motivi di Kyiv per volere un’operazione del genere. “La morte della Dugina fornisce alla Russia di Putin proprio quel che ancora le mancava: l’immagine di un sacrificio muliebre, la sua Giovanna d’Arco”, nota Andrei Kolesnikov.
“Naturalmente, tutto questo sarà considerato una buona ragione per una repressione ancora più dura del dissenso e dei nemici. Resta da vedere fino a che punto”.
Ma l’attentato di Mosca potrebbe anche avere matrici russe non strettamente governative. Tatiana Stanovaya, direttrice dell’istituto di analisi politica R.Politik, sottolinea come la ripercussione politica maggiore possa essere “la radicalizzazione della fazione più conservatrice della élite, che ha perso una dei suoi e può adesso reclamare vendetta, intransigenza totale e durezza contro i suoi nemici”. Insomma, ora si potrà chiedere a Putin di esser se possibile più fermo e implacabile. Da qui potrebbero nascere attriti anche forti ai vertici del potere, secondo la Stanovaya. Che comunque non esclude che dalle indagini possano ancora venire “sorprese”.
Piste alternative
Un’ipotesi da non scartare del tutto è quella di un regolamento di conti legato al giro di affari, soldi e politica che vede Alexander Dugin coinvolto col magnate Konstantin Malofeev, patron dell’emittente di estrema destra Tsargrad Tv e finanziatore di iniziative e organizzazioni in difesa dei cosiddetti “valori tradizionali” e del sovranismo populista in patria e all’estero, nonché dei separatisti del Donbass — con i quali mantiene stretti contatti politi e, probabilmente, finanziari.
Difficile invece pensare a un vero movente per Kyiv. Alexander Dugin non è certo “l’eminenza grigia di Putin”, come hanno scritto i giornali occidentali. Putin non lo conosce né ha mai avuto bisogno di sue consulenze, per rendere la Russia un “totalitarismo ibrido” — per dirla con Kolesnikov — e decidere l’invasione dell’Ucraina. Dugin è più famoso in Occidente che in Russia e a Kyiv. E non ha alcun potere decisionale — hanno fatto notare fonti dell’amministrazione di Volodymyr Zelensky. Perché colpirlo? Solo perché non aveva la scorta? Motivazione debole, per un attacco temerario nel cuore del Paese nemico. Ancora più debole, la motivazione, se l’obbiettivo era davvero la figlia Daria, propagandista ancor meno nota e ancor meno importante per peso politico e ideologico.
(da Fanpage)
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Agosto 23rd, 2022 Riccardo Fucile
E ANCHE KIEV ACCUSA L’FSB: DANDO LA COLPA AGLI UCRAINI, PUTIN PUÒ GIUSTIFICARE UNA NUOVA OFFENSIVA MILITARE
C’è qualcuno che crede davvero che ci sia la presunta spia Natalia Vovk dietro all’attentato a Darya Dugina? Nemmeno i russi hanno abboccato alla versione dell’FSB, il servizio di intelligence erede del KGB.
Anzi, molti esperti ritengono che dietro all’attacco ci possano essere proprio gli alti papaveri del Cremlino, e addirittura frange dissidenti dei servizi segreti, che si stanno rivoltando contro Putin.
È la tesi dello storico Yuri Felshtinsky, citato dal Daily Mail: “L’esplosione dell’auto del famoso nazista russo e ideologo del regime di Putin, Alexander Dugin, è stata organizzata dai servizi di sicurezza russi. La bomba è stata attaccata all’auto di Dugin all’interno del suo complesso sorvegliato”.
In effetti, Kiev avrebbero ben poco da guadagnare dall’attentato, che ora sarà usato da Putin per giustificare una nuova offensiva sull’Ucraina
“Il sostegno alla guerra sta calando in Russia e il Cremlino ha bisogno di una mobilitazione sociale. Per questo l’Fsb (i servizi russi, ndr) sta pianificando una serie di atti terroristici nelle città russe, con tante vittime civili. Dugina è stata solo la prima. L’Ucraina, a differenza della Russia, non è in guerra con i civili”. Lo ha detto Oleksii Danilov, Segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale dell’Ucraina, citato dal giornale Ukrainska Pravda.
(da agenzie)
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Agosto 23rd, 2022 Riccardo Fucile
SANGIULIANO IN POLE PER IL TG1 E LA MAGLIE PER UNA STRISCIA QUOTIDIANA… IL GRAN RITORNO DI MASSIMO GILETTI PER IL QUALE I COGNATI D’ITALIA STRAVEDONO
FdI sogna la rentrée in Rai di Massimo Giletti. La Lega è pronta a rilanciare Mariagiovanna Maglie, indennizzo per il mancato scranno in Parlamento e soprattutto per la striscia quotidiana saltata, con polemiche, ai tempi gialloverdi.
Sotto al Cavallo alato l’aria è già cambiata.
È sempre la vecchia Rai, d’altronde, barometro che anticipa di un pezzo dove sterza il potere. Si guarda oltre. Sbucano insospettabili meloniani dell’ultim’ ora. L’uomo che tutti cercano, per fargli sapere della conversione, è Giampaolo Rossi, storico emissario Rai di Meloni, ex cda, da settimane al centro delle chiacchiere in qualunque buvette della tv di Stato. «Giampaolo che dice?». Parla poco, ma studia i dossier.
La parola d’ordine, se la scalata della destra a Palazzo Chigi riuscirà, sarà «riequilibrare». Si chiederà dunque all’attuale ad Carlo Fuortes, scelto da Draghi un anno fa e dunque con altri 2 anni di mandato, di mettere mano pesantemente a palinsesti e tg, a sentire FdI infestati da giornalisti di sinistra.
Se Fuortes, solidi rapporti con i dem, se la sentirà di intestarsi la svolta meloniana, potrà restare. Altrimenti c’è il precedente Campo Dall’Orto, dimessosi spintaneamente nel 2017.
I primi segnali arriveranno dai tg. Gennaro Sangiuliano, oggi al timone del Tg2, ottimi rapporti con Salvini, ma soprattutto con Meloni (era sul palco della convention di FdI a maggio e si è parlato di una sua candidatura, sempre smentita), sembra proiettato sul Tg1.
Paolo Petrecca, direttore di RaiNews24, immortalato in foto abbracciato a Salvini a Catanzaro («ma ero lì per ritirare un premio », si è giustificato), dovrebbe restare dov’ è, più saldo di prima.
Per il Tg2, al posto di Sangiuliano, circolano i nomi di due donne in quota Lega, Angela Mariella, direttrice di Isoradio, o Grazia Graziadei, vice al Tg1.
Un altro nome gradito a FdI è Nicola Rao, altro vicedirettore del Tg1, che potrebbe essere promosso al vertice dei tg regionali. All’attuale direttrice del Tg1, Monica Maggioni, verrebbe comunque offerto un programma di peso. Francesco Giorgino oltre a una trasmissione potrebbe guidare l’offerta informativa, dato che la titolare Giuseppina Paterniti andrà in pensione a stretto giro.
Un altro pensionando, Antonio Di Bella, potrebbe essere rimpiazzato agli Approfondimenti da Simona Sala, sostenuta sin qui da Di Maio ma apprezzata dal Pd. Angelo Mellone, iper meloniano, si prenderebbe il Day Time. Mario Orfeo potrebbe restare al Tg3 in quota dem oppure tornare proprio agli Approfondimenti.
Spifferi sottotraccia, ragionamenti che circolano fra chi segue il dossier nel centrodestra, dove il tabellone del risiko è già sul tavolo. Anche fra i conduttori c’è aria di valzer. Alessandro Giuli, che dentro FdI è considerato un ideologo, sicuramente sarebbe valorizzato. Come Pierluigi Diaco e Nunzia De Girolamo.
Resterebbe al suo posto Bianca Berlinguer, che pezzi del Pd malsopportano, ma è stimata in FdI. Rischia invece Marco Damilano, che sta per partire con la striscia quotidiana “Il Cavallo e la Torre”, su Rai3.
Dicono a destra che «dipenderà dallo share», soggetto però a interpretazioni volubili. Dunque a gennaio, quando saranno presentati i nuovi palinsesti, tutto finirà in discussione. Con l’innesto di nuovi volti graditi: Maglie, appunto. E più in là, Giletti.
«Magari accettasse», gongolano i meloniani, che col Carroccio l’avrebbero voluto fare sindaco di Roma, ma lui declinò. Stavolta chissà
(da La Repubblica)
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Agosto 23rd, 2022 Riccardo Fucile
SULLA SUA BACHECA FACEBOOK: “ZELENSKY È UN NAZISTA NEMICO DEL SUO POPOLO”, “LA GUERRA È COLPA DELL’AVIDITÀ DEGLI USA”… POI GLI ATTACCHI A MACRON (“UN FATTORINO”) E ALLA VON DER LEYEN (“LA FEMME DE CHAMBRE”) E LE LODI AL DITTATORE BIELORUSSO LUKASHENKO
Spunta una filoputiniana capolista con Carlo Calenda. Quando scoppia la guerra, il 24 febbraio 2022, scrive: “E’ stata provocata dall’avidità degli Usa, dagli oltranzisti anti Putin”. Due giorni dopo: “Zelensky è scappato: è un nemico del suo popolo”. Il 20 marzo, a proposito del presidente ucraino commenta: “E’ un nazista diventato l’eroe del Pd”.
Di post su Facebook di questo tenore è piena la bacheca di Stefania Modestina D’Angelo, capolista al Senato nel listino plurinominale di Caserta per il terzo polo di Carlo Calenda, il leader di Azione che ha rotto l’alleanza con il Pd per via delle posizioni non abbastanza filoatlantiche di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, in coalizione con i dem.
E che oggi, alla notizia della candidatura inopportuna, risponde: “La signora in questione è stata segnalata dal territorio, è un’insegnante e giornalista impegnata nel sociale a Caserta. Errore nostro non aver verificato i post su politica estera. Me ne assumo la responsabilità. Stiamo gestendo la cosa”
(da agenzie)
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Agosto 23rd, 2022 Riccardo Fucile
LA STORIA DELLA PSICOLOGA CHE OGNI GIORNO VA NELLA PIAZZA DELLA STAZIONE DI TRIESTE PER PRESTARE SOCCORSO AI PROFUGHI
Lorena Fornasir ha 67 anni. Da oltre cinque, assieme al marito Gian Andrea, ha deciso di aiutare ogni giorno i profughi della rotta balcanica che arrivano a Trieste, cercando fortuna nei vari Paesi europei e in Italia. Lorena li assiste nella piazza davanti alla stazione dei treni di Trieste.
Un luogo di arrivi e partenze. A volte le persone da aiutare, che arrivano principalmente da Afghanistan e Medio Oriente, sono anche più di 100.
“Con la piccola associazione che abbiamo fondato, Linea d’Ombra, riusciamo a fornire cure mediche ai ragazzi, a comprare del cibo per la sera”, spiega Lorena Fornasir a Fanpage.it. “In questi cinque anni abbiamo imparato a curare queste persone, non solamente sotto l’aspetto sanitario, ma anche incamminandoli verso una elaborazione dei traumi subìti lungo la rotta balacanica. Un trauma è difficilissimo da elaborare. Noi cerchiamo di alleggerirli da terribili pene come le torture subìte dalle varie polizie di frontiera, un amico morto durante il cammino”.
La piazza è un pullulare di migranti di passaggio. Ma ci sono anche dei medici volontari, un podologo arrivato da Roma, un gruppo scout da Rimini che per qualche giorno ha aiutato Lorena a gestire la piazza multietnica dell’emergenza.
Chiediamo a un medico, giovane volontaria, quanti piedi riesce a curare in un giorno. Si chiama Chiara. “Difficile a dirsi, sicuramente in due o tre ore riesco a curare una trentina di persone. Sono qui per dare una mano, avevo una settimana di ferie e mi sono sentita in dovere di soccorrere queste persone. I medici fanno questo”.
Curare i piedi durante tutto l’arco del pomeriggio, ascoltare storie, dare risposte alla disperazione, fornire un pasto a fine giornata. Queste sono le attività che Lorena Fornasir e la sua Associazione Linea d’Ombra cercano di portare avanti per aiutare questi ragazzi
Verso le 18:00, Lorena Fornasir tira fuori un lenzuolo da uno zaino, “è il lenzuolo della memoria”, spiega, “dove ogni sera ricamo a mano i nomi dei migranti che sono morti durante la fuga dai loro Paesi. Sono gli stessi ragazzi profughi che scrivono i nomi dei loro compagni morti, qualcuno di loro mi aiuta anche a ricamarlo. Si avvicinano per scrivere questi nomi, per condividere le loro storie e cercare di elaborare i lutti che portano con sé”.
(da Fanpage)
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Agosto 23rd, 2022 Riccardo Fucile
ORMAI HA RASCHIATO IL FONDO DEL BARILE
Nelle liste di Italexit di Gianluigi Paragone non ci sono solo i candidati del movimento di estrema destra CasaPound, ma anche molti degli esponenti del fronte più oltranzista delle mobilitazioni no vax e no green pass, alcuni dei quali legati all’ex leader di Forza Nuova Giuliano Castellino, uscito da poche settimane dal carcere per l’assalto alla sede della Cgil del 9 ottobre 2021 e già attivissimo.
Per rintracciare i candidati che fanno riferimento alla galassia no vax con al centro tra gli altri Castellino, conviene partire proprio dal sito web di cui si fregia di essere direttore “L’Italia Mensile”. Qui è stato pubblicato un appello ai candidati “anti sistema” per certificare di essere davvero contro il sistema, quindi di non essere vaccinati e di non aver mai scaricato il green pass. Di fatto un’indicazione di voto per chi può essere considerato davvero un “candidato della Resistenza”.
I candidati di Italexit che rispondono alla lettera di Castellino sono tra gli organizzatori della manifestazione terminata con l’assalto squadrista alla sede nazionale del sindacato, e non solo non hanno mai preso le distanze da quel gesto ma nei mesi successivi hanno sostenuto i leader di Forza Nuova e le altre persone coinvolte detenute.
All’appello hanno risposto tra gli altri Simona Boccuti, candidata alla Camera nel Lazio con il partito di Paragone. Il 19 agosto scrive in un post: “Vorrei ricordare a chi lancia provocazioni che il 13 novembre 20.000 persone e il 15 gennaio 250.000 persone ho portato alto il grido in difesa dei nostri fratelli e compagni detenuti per ben 9 mesi per la storica manifestazione del 9 ottobre!”.
Al post risponde Serena Tagliaferri – presidente di A.F.I. Associazione Fieristi Italiana – anche lei candidata con Italexit ma questa volta a Torino: “C’è troppa gente che straparla a vanvera Sorella di lotta la piazza di Torino è e sarà sempre con te ONORE a chi ha sempre lottato ONORE a quel 09 ottobre e a quel 15 gennaio ONORE a tutta la gente come noi che non ha mai mollato e mai lo farà”.
Entrambe nelle ultime ore hanno postato le card social di ricordo della figlia del filosofo della destra putiniana Aleksandr Dugin, Darya Dugina uccisa in un attentato, pubblicate da l’Italia Mensile di Castellino, ed entrambe si trovano nell’organigramma dell’associazione di promozione sociale “Il Popolo Italiano”, che organizza tra le altre cose convegni no vax a cui partecipa Giovanni Frajese, l’endocrinologo front runner della lista con Paragone.
Se Tagliaferri viene dal mondo della rappresentanza di categoria dei venditori ambulanti, e qui ha incontrato la mobilitazione contro i provvedimenti di chiusura per il Covid-19 e la “dittatura sanitaria”, Boccuti è tra le fondatrici del “Popolo delle mamme” contro l’obbligo vaccinale, forse l’avrete sentita urlare ossessivamente “giù le mani dai bambini”.
Proprio lei in un post ci tiene a spiegare chi ha inventato quel nome: “Ringrazio un fratello di lotta, Giuliano Castellino, per aver ideato questo nome, che come un’onda anomala, ha unito milioni di mamme d’Italia dando vita ad un vero e proprio movimento della resistenza nazionale popolare”.
Spunta poi Stefania Aversa candidata in Campania e Presidente del Movimento Prima Linea – Nova Res Publica. Spiega così la sua candidatura: Il mio impegno è per le libertà, la tutela della costituzione e della democrazia contro il tentativo del golpe totalitario e contro il globalismo. Presidente Prima Linea N.R.P. da trenta mesi in piazza contro la dittatura sanitaria, a sostegno delle terapie domiciliari precoci, contro la tessera verde e l’obbligo vaccinale, a tutela dei diritti e libertà fondamentali sancite nella Costituzione”.
Anche Aversa su Facebook pubblica spesso post dell’Italia Mensile, e lo scorso luglio il suo movimento aderisce alla piazza “anti globalista” lanciata da Castellino a Roma per il prossimo settembre, rifacendosi proprio alla giornata dell’assalto alla Cgil: “Siamo Napoli e la Campania… ma siamo anche la Nazione…La Nostra bandiera è il TRICOLORE d’ITALIA…Siamo figli del 9 ottobre… quando facemmo ritorno come leoni feriti GIAMMAI DOMI dalla oscura repressione del regime dalla Piazza del grande NO ai governi CONTE e DRAGHI…Siamo i ribelli delle Piazze di Napoli…Siamo gli unici ed assoluti interpreti della resistenza… RESISTENZA nelle Piazze… RESISTENZA nei Tribunali… all’emarginazione ed allo sradicamento del lavoro e delle libertà dai diritti del popolo”.
La lista di Paragone si candida così a essere il vero punto di riferimento di no vax e no green pass e di chi ha partecipato e sostenuto l’assalto alla Cgil, non limitandosi a riprendere le parole d’ordine delle piazze contro la “dittatura sanitaria”, ma candidandone in tutta Italia molti degli esponenti più in vista. Sigle e attivisti per cui, come capiamo leggendone gli stessi interventi pubblici, la violenza contro il sindacato è stato un momento allo stesso momento mitico e fondante di una nuova identità politica.
(da Fanpage)
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Agosto 23rd, 2022 Riccardo Fucile
“IDENTIFICATO, RISARCIRA’ IL DANNO E AVRA’ UN PROCEDIMENTO DISCIPLINARE”… E’ ORA DI RITIRARE LE LICENZE, ALTRO CHE BUFFETTI, STANNO SPUTTANANDO L’ITALIA NEL MONDO
Due turisti australiani – presumibilmente padre e figlia – che scendono da un taxi in via Carlo Tenca a Milano, non lontano dalla stazione Centrale. L’uomo chiede al tassista, mentre sta scaricando i bagagli dal cofano, di pagare con il pos, che è obbligatorio da fine giugno, ma il conducente evidentemente cerca di ottenere un pagamento in contanti.
A quel punto i toni si alzano, il turista si agita per ottenere quello che è un suo diritto, rivolgendosi anche ai passanti per illustrare la situazione. Il tassista cede controvoglia, usa il pos per passare la carta ma a quel punto scarica i bagagli con tale mala grazia da far cadere alcuni sacchetti, rompendone il contenuto.
Non contento a quel punto va via, con portellone e portiera posteriore aperti, bruciando anche un semaforo rosso.
Accade a Milano, lunedì pomeriggio, e tutta la scena viene ripresa con il cellulare da una persona che si affaccia al balcone richiamata dalle urla. Una scena che arriva anche sul tavolo dell’assessore alla Sicurezza del Comune Marco Granelli che ricostruisce quanto accaduto e promette provvedimenti, perché “quello che è accaduto a due turisti australiani non rappresenta Milano e la sua capacità di accogliere visitatori e visitatrici da ogni parte del mondo. Meno che mai rappresenta la categoria dei tassisti. E ringrazio la Polizia locale per il positivo contributo in questa brutta vicenda”.
Spiega ancora l’assessore: “L’episodio di via Carlo Tenca, nei pressi di un albergo, ripreso dal telefonino di un cittadino, è stato confermato ai nostri agenti: dopo aver chiesto di pagare tramite pos il costo della corsa, due turisti hanno ricevuto il diniego del tassista e ne è nata una discussione, durante la quale alcuni souvenir che si trovavano nel bagagliaio dell’auto sono caduti a terra danneggiandosi. L’allontanamento del tassista non ha impedito all’Unità ‘Freccia 1’ del Reparto Radio Mobile della Polizia locale, la squadra adibita al controllo del trasporto pubblico locale, di individuarlo e rintracciarlo, dopo aver ricevuto la segnalazione dal Radio Taxi a cui i turisti si erano a loro volta indirizzati per denunciare l’accaduto”
Il tassista è stato quindi identificato e, davanti agli agenti, “si è reso disponibile a risarcire il danno, ma procederemo a trasmettere il fascicolo alla Commissione Tecnica Disciplinare, per l’apertura del procedimento disciplinare”, conclude l’assessore.
(da agenzie)
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Agosto 23rd, 2022 Riccardo Fucile
IN CASO DI VITTORIA ALLE ELEZIONI, DOVRA’ SCEGLIERE TRA LA LINEA FILO-DRAGHIANA DELL’EX DG DI BANKITALIA PANETTA O QUELLA DELL’EX MINISTRO DELL’ECONOMIA (CHE DI DRAGHI DICE PESTE E CORNA)
E’ il valore aggiunto che rischia di diventare zavorra, la risorsa che appare un ingombro. “Ma davvero ci conviene farci rappresentare da lui?”. La domanda, tra i consiglieri di Giorgia Meloni, cominciano a farsela. Perché lui, cioè Giulio Tremonti, sembra richiamare alla memoria un passato non proprio roseo.
E siccome a pompare i candidati anti euro ci pensa già Matteo Salvini, in FdI c’è chi ritiene poco saggio battere quella strada. Non che sia facile controllarlo, certo. Anzi, da tutti Tremonti viene considerato un battitore libero, renitente a qualsiasi ordine di scuderia.
L’avvicinamento andava avanti da tempo: da quando, cioè, la Meloni ha capito che va bene, sì, dagli all’immigrato, però poi bisogna anche mostrarsi affidabile agli occhi di quei sedicenti poteri forti contro cui pure tanti insulti ha scagliato negli anni.
Altrimenti, la leader coriacea che ha iniziato la sua legislatura assecondando l’agenda Di Battista, chiedendo l’impeachment di Mattarella e scagliandosi contro il franco africano di Macron, non si premurerebbe di chiedere al prof. Sabino Cassese consigli su nomi di possibili futuri ministri.
Tra i quali non sembra, va detto, esserci Tremonti, che pure la riconoscenza della Meloni ha saputo meritarsela introducendola nei salotti buoni del suo Aspen Institute.
Candidarlo nel cuore produttivo della Lombardia, con le stimmate del tecnico e il piglio di chi la sa lunga, significa lanciare un messaggio rassicurante agli imprenditori e ai ceti moderati. O, almeno, questa era la volontà.
Nel senso che poi, siccome l’uomo è fatto a modo suo, Tremonti ha iniziato a condire la sua personalissima campagna con rivendicazioni un poco discutibili sul ben fatto del governo Berlusconi nel 2011 e sul conseguente “colpo di stato” (ipse dixit, et dicit tuttavia) attuato alla finanza internazionale, senza contare le intemerate contro il globalismo e il lungo elenco dei supposti errori di Draghi.
E insomma, tra gli storici consiglieri di Donna Giorgia, c’è chi si chiede, e le chiede, se non si corra il rischio di avvicinare troppo il logo del partito al ricordo di una stagione – quella dello spread impazzito, della Troika e dell’austerity – sul cui ritorno la Meloni dovrebbe invece dare garanzie: con noi al governo, i conti non si sfasceranno.
E siccome il primo atto del prossimo governo di centrodestra sarebbe il rimangiarsi promesse e propaganda e varare una legge di Bilancio alquanto restrittiva, perché correre questo rischio? Le ambiguità andranno sciolte: non si potrà vezzeggiare Fabio Panetta, uomo di fiducia di Draghi nel board della Bce, e al tempo stesso promuovere chi, come Tremonti, la politica economica dell’ex capo dell’Eurotower la considera “devastante”.
(da Il Foglio)
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Agosto 23rd, 2022 Riccardo Fucile
HA INFORCATO LA BICI E HA RAGGIUNTO LA CASERMA DI LODI
Nonostante la giovane età, Soumaila Keita non ha avuto una vita semplice. Fuggito dal suo Paese natio – quel Mali alle prese con una guerra civile e diversi tentativi di colpo di Stato che vanno avanti dal 2012 – raggiungendo le coste settentrionali dell’Africa nella speranza di trovare un futuro migliore in Europa.
Quel futuro chiamato Italia, ma che finora gli ha solo consentito di sopravvivere e non di vivere la vita che sperava.
È disoccupato dopo aver lavorato per un po’ di tempo come badante e vive nel lodigiano dove alcuni amici lo hanno accolto a braccia aperte.
E in quella zona, esattamente nelle vie centrali di Cornegliano, qualche giorno fa ha trovato un portafoglio a terra al cui interno c’erano 400 euro. Il 28enne non ha titubato neanche un secondo, ha inforcato la sua bicicletta e ha portato il tutto alla più vicina caserma dei carabinieri.
Un gesto nobile da parte di Soumaila Keita, riconosciuto anche dalle stesse forze dell’ordine che hanno visto arrivare questo giovane, a bordo della sua bicicletta, per consegnare quel portafoglio con all’interno 400 euro. La storia è stata raccontata dal quotidiano lodigiano “Il Cittadino” che ha riportato anche le parole del 28enne del Mali: “Ho subito controllato il documento di identità per accertarmi chi fosse il proprietario. Non conoscendo questa persona mi sono rivolto alle forze dell’ordine”.
Il comportamento da cittadino modello è stato sottolineato anche dal maggiore dei Carabinieri Gabriele Schiaffini che ha raccolto e depositato la denuncia di ritrovamento di quel portafoglio, in attesa di riconsegnarlo al legittimo proprietario: “Un ragazzo straniero di 28 anni ha dato dimostrazione di una persona dal valore grande. Un gesto più unico che raro che colpisce ancora di più per la situazione precaria vissuta dal giovane, da mesi senza un lavoro. Ci auguriamo che il suo gesto non passi inosservato e che, magari, possa essere ricompensato. Saremmo lieti di poterlo aiutare a trovare presto un nuovo lavoro”.
Perché Soumaila Keita vive nel Lodigiano dal 2016. Lavorava come badante fino a quando non gli è scaduto quel contratto non rinnovato. Senza casa e senza soldi per vivere. Grazie ad alcuni amici, ha trovato ospitalità nella zona e prosegue nella sua ricerca di un posto di lavoro, dopo esser stato costretto ad abbandonare quel Mali in cui la guerra civile e le tensioni militari esterne vanno avanti da anni.
(da agenzie)
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