Agosto 8th, 2022 Riccardo Fucile
A BRUXELLES SONO CONTRARISSIMI AL SOVRANISMO ALLA VACCINARA: LA PROMESSA DI IMPONENTI TAGLI FISCALI E AUMENTI DEI TRATTAMENTI PREVIDENZIALI SFRUTTANDO LA LEVA DEL DEFICIT NON AIUTA… IL RISCHIO DI PRECLUDERCI L’ACCESSO AL NUOVO SCUDO ANTI-SPREAD DI FRANCOFORTE
La tentazione è di portarsi avanti e scrivere fin d’ora un articolo che verrà buono la prossima primavera. Titolo: “L’Europa ci pugnala alle spalle”. Sopra il titolo, l’occhiello recita: “Durissima nota di Palazzo Chigi contro la Bce”.
Sotto il titolo, il sommario spiega: “Il rifiuto di Christine Lagarde a interventi per puntellare i titoli italiani contro la speculazione scatena la reazione del governo Meloni. Tajani: Cosa fa Gentiloni?. Salvini: Se l’Europa è questa, ne facciamo a meno. Intanto lo spread sfonda quota 350”.
Il rischio che il lavoro si riveli inutile e l’articolo carta straccia è assai basso. Il centrodestra viene dato sicuro vincente alle prossime elezioni, le pulsioni dentro alla coalizione risulteranno ingovernabili anche per un eventuale ministro del Tesoro Giorgetti, il niet di Francoforte è, di fatto, già scritto nelle carte.
Lo scontro, insomma, è inevitabile. Sarà, infatti, la flat tax al 15 per cento per tutti o la potatura dell’Iva in tempi di recessione o un’altra quota 41 per le pensioni, ma le prime avvisaglie di campagna elettorale già segnalano che l’assalto al bilancio dello Stato, alla faccia di disavanzo e debito, è nel Dna del centrodestra. Tanto più, in quanto la prossima manovra finanziaria coinciderà, probabilmente, con un momento difficile dell’economia.
Guido Crosetto, un ascoltato consigliere della Meloni, già invoca il sostegno dell’Europa nei prossimi mesi. D’altra parte, se prima Conte e poi Draghi hanno potuto varare aiuti e sussidi a pioggia, con il beneplacito dell’Europa, perché Meloni no?
Il problema è che Conte doveva superare la pandemia, Draghi i ricatti di Putin sul gas, nel momento in cui tutti i governi europei fronteggiavano le stesse emergenze e le misure adottate sono sempre state eccezionali e temporanee.
Nell’agenda del futuro governo di centrodestra, invece, le proposte non hanno a che fare con le emergenze e sono pensate come permanenti. L’esempio più vistoso, ma non l’unico, è l’idea di alzare a mille euro (su tredici mensilità ovviamente) le pensioni minime, con cui Berlusconi ha deciso di aprire la sua campagna elettorale.
Qui, il problema non è se la misura sia giustificata o meno. Ma se ci possiamo permettere una riforma che costa 30 miliardi di euro l’anno, che nessuno sa dove trovare, se non con un buco in bilancio.
E, qui, la traiettoria delle promesse del futuro governo si incrocia con le ultime iniziative del board della Bce con un risultato paradossale: lo strumento anti-spread, salutato con calore da tutti quelli che temono assalti della speculazione finanziaria sui mercati può rivelarsi un nido di serpenti. Forse, era meglio prima. In base alle regole precedenti, infatti, il caso Italia avrebbe seguito un percorso obbligato, ma chiaro.
Poniamo che il governo Meloni adotti la riforma Berlusconi delle pensioni minime, finanziandola in deficit.
Il buco spaventa i mercati, lo spread esplode, Roma chiede aiuto alla Bce. Che interviene, insieme a Bruxelles, con il famigerato Mes, imponendo all’Italia precise condizioni: in buona sostanza, costringendo il governo italiano ad una marcia indietro sulle pensioni minime, per rientrare dal deficit. Sgradevole, capace di far infuriare metà classe politica italiana, ma non contestabile. Quelle erano le regole: se vuoi i soldi fai come diciamo noi.
Ora, però, non è più così. L’intervento anti-spread della Bce è “discrezionale”: Francoforte deve decidere se lo spread sale per colpa dei mercati o delle iniziative del governo. La cosa è sembrata un passo avanti, perché la flessibilità consente di evitare interventi-capestro e situazioni tipo Grecia dieci anni fa.
Ma significa anche che la Bce deve giustificare questa sua discrezionalità e deve aspettarsi che venga contestata, magari con l’accusa – appunto – di pugnalare l’Italia alle spalle per vecchi pregiudizi o nuove convenienze. Mentre Francoforte ribatterà che lo spread esplode per le decisioni del governo italiano e non per l’instabilità dei mercati. Aspettiamoci polemiche roventi e anche qualche ultimatum. In fondo, il partito che rivendica apertamente l’abbandono dell’euro non è una bizzarria: nei sondaggi prende tanti voti quanti Matteo Renzi.
(da La Repubblica)
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Agosto 8th, 2022 Riccardo Fucile
AL FINTO BUONISTA NON PIACE CHE I GIORNALISTI GLI RICORDINO CHE FDI HA CERCATO DI AFFOSSARE 5 VOLTE IL PNRR … QUESTO SAREBBE IL VOLTO “PRESENTABILE” DEL PARTITO DELLA MELONI
La storia che stiamo per raccontare si basa su eventi realmente accaduti. Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente causale (e non casuale).
Sono scritti nelle carte dei resoconti parlamentari, quelli che descrivono in maniera oggettiva il comportamento di questo o quel partito politico. Di questo o quell’esponente di maggioranza e opposizione.
Storia che, dunque, sono scritte nero su bianco e che non possono essere cancellate. Ma, nonostante questo, Guido Crosetto – co-fondatore di Fratelli d’Italia e oggi consigliere di Giorgia Meloni – ha deciso di affibbiare l’etichetta di «giornalista di parte» a chi spiega al pubblico il comportamento del “partito dei Patrioti” in merito al recovery fund e ai successivi passaggi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che si basa sui fondi dell’Unione Europea.
Lo spartito è sempre lo stesso, sulla falsariga di quanto avvenuto solo la scorsa settimana sugli schermi di La7. Cambia, però, il palcoscenico. Questa volta, infatti, Guido Crosetto accusa – in diretta – un giornalista Rai (Senio Bonini, TG1) di “fare la parte”
«Faccia il conduttore, non faccia la parte. Non si schieri troppo».
Qual è stata la “colpa” del giornalista e conduttore del TG1 durante questo approfondimento mattutino?
L’aver ricordato allo stesso co-fondatore di FdI come il partito di Giorgia Meloni abbia votato contro il recovery fund e le successive risoluzioni parlamentari sul PNRR con l’obiettivo (non riuscito, vista l’ampia maggioranza a sostegno del governo Draghi e, prima ancora, quella all’esecutivo Conte-2) di affossare prima l’ottenimento dei fondi e poi i piani per predisporne la suddivisione in base a progetti e obiettivi. Vogliamo ricordare questa storia che, probabilmente, a Crosetto non piace.
E Fratelli d’Italia ha votato contro in ben 5 occasioni.
E ci sono le date. E ci sono i documenti ufficiali a confermare le mosse di Fratelli d’Italia.
Si parte dal 13 ottobre del 202o, governo Conte-2 (PD+M5S). In quella data sia la Camera dei deputati che il Senato della Repubblica erano stati chiamati a votare la risoluzione sulle linee programmatiche del NextGenerationEu, ovvero il primo atto ufficiale per la razionalizzazione di quell’adesione dell’Italia ai fondi (oltre 200 miliardi) messi a disposizione dall’Europa.
Ovviamente la risoluzione è stata approvata: voti a favore sono 276, 3 i contrari e 219 astenuti a Montecitorio; 148 favorevoli, 122 astenuti e 2 contrari a Palazzo Madama.
Ad astenersi, quindi non appoggiando la risoluzione del governo e, quindi, nel tentativo di affossare l’ottenimento di fondi che poi hanno dato vita al PNNR, tutto il centrodestra che all’epoca del Conte-2 era all’opposizione. Quindi anche Fratelli d’Italia.
Poi arriviamo al 15 dicembre dello stesso anno. In carica c’era sempre il governo Conte-2 (Pd+M5S): si discuteva in Aula del cosiddetto “React-Eu“, con una risoluzione parlamentare in grado di dare il via libera a quel piano di sostegno e supporto (anche economico) dopo i primi effetti della pandemia Covid. E, anche in quell’occasione, Fratelli d’Italia fece mancare il proprio supporto astenendosi.
Ma il calendario offre un’altra data. Il 10 febbraio del 2021 c’è già Mario Draghi al governo. La Lega e Forza Italia non fanno più parte dell’opposizione in Italia e quindi – a differenza del recentissimo passato – si uniforma anche al Parlamento Europeo: il Recovery Fund è approdato all’Europarlamento e Fratelli d’Italia (che fa parte del gruppo ECR, si astiene anche fuori dai confini nostrani, Gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei), anche in questo caso, non dà il suo supporto a questa manovra e a questo piano. Astenendosi. Ma non finisce qui. Poco più di un mese dopo, era il 24 marzo del 2021, il teatro è sempre l’Europa: a Bruxelles viene approvato il meccanismo i finanziamenti del NextGenerationEu. Chi si è astenuto? Fratelli d’Italia (insieme alla Lega che, nel giro 40 giorni aveva già cambiato idea, ma la muterà nuovamente in seguito).
Il comunicato del sindacato dei giornalisti Rai: «Fare domande non è di parte»
E il botta e risposta tra l’esponente di Fdi e il giornalista è diventato virale sui social, sollevando proteste anche da parte dell’Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai, che in una nota ha definito i toni e metodi usati da Crosetto nei confronti di Bonini «sbagliati». Nella nota diffusa, l’Usigrai sottolinea: «Se va in tv, Guido Crosetto deve accettare l’ovvio che un giornalista faccia domande, ricordi fatti, chieda spiegazioni. Oggi a Tg1 mattina Crosetto, tra i fondatori di Fratelli d’Italia, non ha capito che era ospite di un programma di informazione di servizio pubblico e non a un comizio». E nel comunicato si legge ancora: «Fare domande non è di parte, se ne facciano una ragione quanti vorrebbero un’informazione schierata e plaudente; le giornaliste e i giornalisti della Rai continueranno a fare il loro lavoro anche in questa campagna elettorale, con lo stesso rigore e professionalità con cui stanno raccontando la guerra, la pandemia o la cronaca quotidiana».
(da agenzie)
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Agosto 8th, 2022 Riccardo Fucile
COME PENSA DI FINANZIARE QUESTE PROPOSTE? NON LO DICE, TANTO I COGLIONAZZI CI CREDONO LO STESSO
«Vogliamo azzerare l’Iva sui beni di prima necessità, su pasta e pane, i costi sono sostenibili». La spara grossa Matteo Salvini, ospite di Radio Montecarlo. «Mi sono impegnato su 3 o 4 temi, con numeri, e proposte concrete, le emergenze sono lavoro e costo della vita, sulle pensioni vogliamo a quota 41. Flat tax al 15% anche per i dipendenti», conclude il leader della Lega.
«Ci aspettano mesi difficili, voglio essere assolutamente chiaro. Penso che vinceremo le elezioni, che la Lega vincerà con il centrodestra le elezioni, ma non è che dal giorno dopo tutti saranno più belli, ricchi, simpatici e fortunati». Matteo Salvini, dai microfoni di Radio Montecarlo, disegna così lo scenario post elettorale, ripete che «ci aspettano mesi difficili», e sottolinea allora che «scegliere una squadra compatta è fondamentale».
(da agenzie)
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Agosto 8th, 2022 Riccardo Fucile
LA DIFFERENZA TRA LISTA UNICA E COALIZIONE: RENZI VUOLE LA PRIMA, CALENDA LA SECONDA
Il simbolo di Italia Viva a Calenda potrebbe servire, eccome. Senza +Europa, Azione deve raccogliere le firme in una settimana in tutti i collegi dello Stivale. Non è impresa facile.
Fino a ieri sera, nell’entourage dell’ex ministro spiegavano che la raccolta ci sarà, anche se non è indispensabile: «La legge ci esenta – è la versione dei calendiani – perché Azione, quando si chiamava “Siamo Europei”, ha ottenuto l’elezione di Calenda alle Europee». Ma quel simbolo non è mai stato attestato e l’interpretazione dei costituzionalisti (vedi Giovanni Guzzetta) è incerta.
Il rischio che non venga riconosciuto dall’ufficio elettorale c’è. Si scoprirebbe alla presentazione delle liste e, andasse male, significherebbe game over.
Ecco perché, «in via cautelativa», dicono in Azione, «raccoglieremo comunque le sottoscrizioni». Ieri Calenda ha riunito d’urgenza tutti i direttivi provinciali, per metterli sul chi va là: ci sarà una mobilitazione tra 48 ore.
C’è un altro ostacolo: per raccogliere le firme, serve l’elenco dei candidati, regione per regione. Vorrebbe dire trovare l’accordo su tutti i nomi entro dopo domani. Non è cosa da poco, per un partito ancora in gestazione.
Ma c’è una ragione tattica, nella mossa: se ci riuscisse, Calenda avrebbe le mani libere. Potrebbe correre in solitaria («Il tema di Renzi ora non si pone», dicevano ieri i suoi). O potrebbe chiedere di dar vita non a una lista unica con Iv, ma a una coalizione.
Un cartello in cui ognuno gareggia per sé. E chi scavalla il 3% va in Parlamento. L’ipotesi coalizione a Renzi piace poco. Ai suoi, ancora di meno.
(da agenzie)
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Agosto 8th, 2022 Riccardo Fucile
“CARO CARLO, IL MANTRA È UNA PRATICA INDUISTA CHE NON C’ENTRA NIENTE CON LA THAILANDIA. ANCORA UNA VOLTA, NON SOLO IN POLITICA, SEI IN ERRORE”
“Goffredo, facciamo una cosa, ne parliamo dopo che tu avrai ripetuto come un mantra Thailandese ‘ho sbagliato a pensare che Conte fosse il nuovo Prodi’ venti volte e siamo a posto cosi’. Poi parliamo di alleanze elettorali”.
E’ la risposta che Carlo Calenda riserva al tweet con il quale l’esponente dem Goffredo Bettini aveva osservato che la scelta del leader di Azione di rompere con il Pd “dopo aver siglato un patto unitario solo qualche giorno fa, dimostra la sua inaffidabilita’ e spregiudicatezza”.
“Caro Carlo, riparliamone quando avrai capito che il mantra è una pratica induista che non c’entra niente con la Thailandia. Che è buddista e in piccola parte musulmana. Ancora una volta, non solo in politica, sei in errore”. Così Goffredo Bettini, dirigente nazionale del Pd, in un tweet risponde a Carlo Calenda, che lo aveva invitato a ripetere come un mantra thailandese “ho sbagliato a pensare che Conte fosse un nuovo Prodi” prima di parlare di alleanze elettorali.
(da agenzie)
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Agosto 8th, 2022 Riccardo Fucile
PER GLI AZZURRI SAREBBE LEI LA PERSONA GIUSTA ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE, MA È GIÀ ARRIVATO IL NIET DI LEGA E FRATELLI D’ITALIA: TRE ANNI FA SALÌ A BORDO DELLA SEA WATCH (PER I RAZZISTI E’ UN GRAVE REATO)
Per gli azzurri in pole position c’è l’ex ministro Stefania Prestigiacomo, che non solo ha il sostegno pieno di Micciché (anche lui tra le opzioni offerte) ma avrebbe ricevuto anche la benedizione di Silvio Berlusconi in persona nel corso di una telefonata.
L’idea di puntare su una donna, d’altra parte, piace sia in Forza Italia che nella Lega visto che in campo per il centrosinistra c’è già la vincitrice delle primarie, la dem Caterina Chinnici. I tempi stretti sembrano non consigliare l’idea di convergere su un nome che non abbia già una forte esperienza politica. Ed ecco perché, al momento, sembra profilarsi proprio una sfida a due tra Musumeci e Prestigiacomo.
Lega (e anche FdI), tuttavia, hanno cominciato già a sollevare le prime perplessità ritirando fuori un episodio di cui, da deputata, si è resa protagonista tre anni fa, ai tempi in cui Matteo Salvini chiudeva i porti ai migranti. Ovvero la decisione di salire a bordo della Sea watch in compagnia di Nicola Fratoianni di Sinistra italiana e Riccardo Magi di Più Europa.
Ora il nodo di chi correrà per Palazzo d’Orleans si intreccia comunque inevitabilmente con le candidature per il Parlamento. Ma anche con quelle per altre due Regioni che presto andranno al voto. La Lega vuole la riconferma di Fontana in Lombardia, mentre Fratelli d’Italia potrebbe ambire alla guida del Lazio. Anche per questo Forza Italia è convinta di poter rivendicare la presidenza della Sicilia.
(da agenzie)
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Agosto 8th, 2022 Riccardo Fucile
L’EX SINDACA DI TORINO ANNUNCIA LA SUA CANDIDATURA, NONOSTANTE LA CONDANNA DI PRIMO GRADO PER LA VICENDA DI PIAZZA SAN CARLO… . PER LA RAGGI INVECE NISBA: CONTE HA RIBADITO CHE “VIRGY” HA GIÀ FATTO DUE MANDATI
Alla fine Chiara Appendino sarà della partita e giocherà anche un ruolo cruciale nella speranza di convincere attivisti e simpatizzanti della prima ora a votare di nuovo il Movimento 5 Stelle.
Il volto pulito della sindaca (e mamma) che ha governato una delle città più importanti d’Italia sarà una delle carte principali per Giuseppe Conte non solo in Piemonte. Anzi.
Appendino ci ha pensato per giorni. Non ha mai voluto rilasciare dichiarazioni dall’inizio della crisi di governo e l’unico segnale della sua attenzione politica nei giorni scorsi è stato un commento sul fine vita, pubblicato sui social per sostenere la storia di Elena.
Ieri ha sciolto la riserva e sempre sui social ha detto di sì a Conte: «Ho deciso di mettermi a disposizione della comunità del Movimento 5 Stelle e del progetto di Giuseppe Conte, candidandomi alle prossime elezioni politiche».
Conclusioni a cui arriva ripercorrendo il suo impegno politico. «Ho sempre detto che la politica si può fare dentro e fuori le istituzioni e lo credo ancora. Ma è pur vero che è da dentro le istituzioni che ti assumi la responsabilità di cambiare le cose portando la voce delle persone con cui condividi visione, progetti e obiettivi. Persone con cui condividi un’idea di futuro», afferma l’ex sindaca che sceglie un video di un anno fa girato ancora da sindaca nei giardini di piazza Alimonda ad Aurora, uno dei quartieri più problematici della città che la sua amministrazione ha provato a riqualificare.
Poi ribadisce che «la forza politica che meglio incarna la mia idea di futuro è il Movimento 5 Stelle. Un movimento che ho seguito dalle piazze alle istituzioni, dalle proteste alle proposte, dalle battaglie vinte agli errori commessi».
Ieri ha deciso di compilare l’autocandidatura alle “parlamentarie” imposte dal regolamento per tutti coloro che vogliono candidarsi alle prossime politiche. Avrebbe avuto ancora un giorno di tempo per farlo ma ormai non serviva più aspettare.
Altre rassicurazioni da Roma sulla possibilità di correre in un collegio blindato non sarebbero comunque arrivate. E la vicenda di piazza San Carlo, che tanto ha scosso e influenzato il suo mandato da sindaca e le è costata una condanna in primo grado, non è mai stata un problema alla candidatura perché si tratta di reati colposi. «Non c’è stato nessun provvedimento ad personam per far sì che si potesse candidare. È sempre stato così, i reati colposi non valgono», fanno sapere dal Movimento.
Appendino, quindi, ha messo la spunta sul «collegio di appartenenza» e si è candidata a Torino. Avrebbe potuto anche scegliere un altro posto – il domicilio inteso come luogo principale dei propri interessi – ma nel suo caso le due cose praticamente coincidono, quindi per lei Torino era una scelta obbligata e anche voluta, per non rinnegare la sua esperienza da sindaca.
Lo dimostra il video che annuncia la corsa: Appendino tornerà a girare per Torino – cosa che ha fatto regolarmente e assiduamente nei suoi anni da sindaca – per provare a rivitalizzare quel rapporto con i quartieri più periferici e gli strati più popolari che non è mai venuto meno. E così facedo proverà ad alzare l’asticella: il 10% raccolto dal Movimento alle ultime comunali – dove lei non era candidata – non basta per eleggere un parlamentare.
Sarà quindi decisivo testare se esiste ancora un «effetto Appendino» in grado di condizionare il quadro politico a Torino. Quale posizione ricoprirà nell’universo Cinquestelle – e dove – sarà però Conte a deciderlo. Spetterà al capo politico del Movimento, quindi all’ex premier, decidere le liste elettorali.
È quindi ancora possibile, almeno in teoria, che il nome di Appendino venga speso su più collegi o su un collegio diverso da quello selezionato. Il Piemonte1 (collegio proporzionale che abbraccia Torino e la cintura), infatti, è ostico. Secondo i calcoli dei 5S torinesi è molto difficile riuscire a portare a casa anche solo un eletto.
Ora però Conte può contare su una militante della prima ora, che ha sempre rivendicato i principi del Movimento e la «lealtà al mandato degli elettori», tanto da aver rinunciato a un incarico da ministra per proseguire con quello da sindaca. Allora al suo posto spedì la sua assessora all’Innovazione, Paola Pisano. Ora per lei potrebbe essere l’occasione giusta per «aiutare il territorio da Roma».
(da La Stampa)
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Agosto 8th, 2022 Riccardo Fucile
ESCLUSO ANCHE DI BATTISTA
Tempo scaduto per le autocandidature del Movimento 5 Stelle in vista delle parlamentarie in agenda, ancora provvisoria, il 16 agosto. Iniziata alle 14 del 5 agosto scorso, la procedura telematica che ha consentito a tutti gli iscritti al partito di candidarsi per le elezioni del 25 settembre, si è conclusa oggi alle 14. L’elenco delle candidature sarà comunicato tra il pomeriggio e la serata, fanno sapere dal MoVimento, ma alcuni assetti sono già chiari.
In attesa di conoscere i nomi dei candidati, la prima ad aver aderito alla chiamata alle armi di Giuseppe Conte era stata ieri, 7 agosto, Chiara Appendino.
In un post su Instagram, l’ex sindaca di Torino aveva scritto: «Sono qui per dirvi che ho deciso di mettermi a disposizione della comunità del Movimento 5 Stelle e del progetto di Giuseppe Conte, candidandomi alle prossime elezioni politiche. Il Movimento è la mia casa politica e sono orgogliosa di farne parte. E quando sei parte di qualcosa devi avere il coraggio di metterti in gioco, anche nei momenti più difficili».
Conte su De Raho, Raggi e Di Battista
Stamattina, invece, Conte è tornato a esprimersi sulle autocandidature di Virginia Raggi e di Alessandro Di Battista, senza commentare quella dell’ex procuratore Nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho. Intervistato da Radio Capital, su quest’ultimo l’avvocato non ha lasciato trapelare indizi chiari: «Confermeremo quando presenteremo le liste», si era limitato a dire. Liste che sono di competenza esclusiva del leader pentastellato, il quale ha comunque sottolineato di essere in costante dialogo con Beppe Grillo, «visto che ha il ruolo di garante». Quanto a Raggi e Di Battista, il leader del Movimento, ha espresso più di un dubbio su entrambi, per ragioni diverse. La prima «tecnicamente rientra nel vincolo del doppio mandato», ha spiegato l’avvocato. Dal canto suo, l’attivista romano «non si è iscritto al Movimento, non credo voglia partecipare alle parlamentarie e rientrare nel Movimento, se vorrà farlo ne parleremo», ha detto Conte. Salvo sorprese, dunque, dal grillino della vecchia guardia ci si attende il definitivo forfait.
Come funziona il vincolo del doppio mandato
Ma come funziona il famoso vincolo del doppio mandato? Si tratta di un caposaldo del Codice etico marchiato 5 Stelle che obbliga i candidati a «non presentare la propria candidatura per una carica elettiva, qualora siano già stati esperiti dall’iscritto n.2 mandati elettivi, così come definiti in apposito Regolamento emanato ai sensi dell’art. 9 comma b) dello Statuto». Alla luce di tale indirizzo, non hanno potuto autocandidarsi coloro che attualmente ricoprono una carica elettiva, da questo divieto sono esclusi quelli per cui la stessa scadrà nel 2022, consiglieri comunali, municipali e/o Presidenti di Municipio in carica per il loro secondo mandato indipendentemente dalla scadenza dello stesso. Escluso dal conteggio del limite dei due mandati elettivi è anche, secondo la regola, un mandato da consigliere comunale, municipale e/o di presidente di Municipio, già effettuato o da effettuare. L’ex sindaca di Roma, consigliera comunale dal 2021 per la terza volta (incluso il mandato da prima cittadina) rientra tecnicamente nel vincolo di doppio mandato.
Nessuna candidatura per Rocco Casalino
Sembrerebbe definitivamente escluso dalla rosa dei papabili il nome di Rocco Casalino, che avrebbe maturato «in piena autonomia» la scelta di non candidarsi in vista delle parlamentarie. In un primo momento, spiega Simone Canettieri sul Foglio, l’ex portavoce di Conte premier «era convintissimo, poi in questi ultimi giorni ha prevalso la convinzione di continuare nella comunicazione di Conte e del M5S».
Come si vota il 16 agosto
Le «parlamentarie», come le ha definite Grillo, sono l’operazione attraverso cui gli iscritti al partito votano i candidati al Parlamento. La votazione avviene sulla base delle autocandidature e con l’espressione della preferenza in modalità rigorosamente digitale. Non è ancora stata confermata la data in cui dovrebbero tenersi, ma finora è accreditata la data del 16 agosto.
Le prime conferme
Dopo Chiara Appendino, finora, si sono fatti avanti alla spicciolata il consigliere Capitolino in Campidoglio Paolo Ferrara e la deputata Stefania Ascari. «Partecipo alle parlamentarie per le prossime elezioni politiche», ha esordito stamattina il primo su Facebook. «Metterò a disposizione del Movimento 5 Stelle e di Giuseppe Conte l’esperienza di governo maturata da consigliere comunale in Campidoglio. Sarebbe un onore immenso rappresentare il Paese!». Stessa antifona per Ascari: «In questa legislatura tanto è stato fatto, ma molto altro ancora bisogna fare», ha spiegato.
(da Open)
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Agosto 8th, 2022 Riccardo Fucile
ALBIN KURTI AUSPICA UN RAPIDO INGRESSO NELLA NATO
Il premier kosovaro Albin Kurti dice che dopo le tensioni con la Serbia il rischio che scoppi una guerra è alto. Perché dietro Belgrado c’è Putin. E sostiene che gli uomini incappucciati che hanno manifestato domenica è «gente a libro paga di Belgrado».
Mentre auspica che il proprio paese entri al più presto della Nato. Nell’intervista rilasciata a Repubblica Kurti esordisce spiegando le ragioni del conflitto: «Siamo una democrazia che confina con un’autocrazia, del resto. Prima dell’invasione dell’Ucraina le possibilità erano poche, ora la situazione è cambiata. Il primo episodio, conseguenza dell’idea fascista di panslavismo che il Cremlino ha, è stato l’Ucraina. Se avremo un secondo episodio, ad esempio in Transnistria, allora le probabilità che una terza guerra si sviluppi nei Balcani occidentali, in Kosovo in particolare, saranno altissime».
Le targhe della discordia
Poi mette insieme gli elementi che gli fanno dire che Mosca comanda Belgrado: «Il 25 novembre scorso il premier serbo Vucic era a Sochi: era il diciannovesimo incontro con Putin in dieci anni, in media si vedono due volte all’anno. Non è normale per dei leader di governo.
In quell’occasione Vucic ha poi detto: “Abbiamo parlato di doppi standard e delle ipocrisie nelle relazioni internazionali. Putin ne è consapevole. Io gli ho mostrato il Nord del Kosovo sulla mappa”». A preoccuparlo sono anche le operazioni militari: «Lo scorso anno hanno pianificato 91 esercitazioni militari congiunte e ne hanno fatte 104. Le due più importanti si chiamano Scudo Slavo e Fratellanza Slava. Dall’agosto del 2001 la Serbia ha installato attorno al Kosovo 48 basi operative avanzate, 28 dell’esercito e 20 della gendarmeria. I veterani serbi sono diventati tutti pro-Russia. Come dire: il pericolo c’è e lo avvertiamo».
Nel colloquio con Fabio Tonacci, Kurti tiene il punto sul problema delle automobili: «Convertire le targhe introdotte da Milosevic è una decisione del mio governo. Hanno due mesi di tempo. Lo stesso vale per i documenti: domenica, per le poche ore in cui è stata in vigore, nei valichi di confine rimasti aperti ne sono stati dati 2.679 senza incidenti. Ecco perché hanno dovuto chiamare qualcuno per le barricate: la protesta non si è generata spontaneamente dal basso, è stata organizzata da Belgrado e supportata dalla Russia».
Infine, tra i manifestanti, «alcuni erano proprio criminali, dallo scorso anno finiti sulla lista nera del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti. Mi riferisco a Radoicic e Veselinovic. È stato un deja vu: quel metodo era usato dai serbi già nei rimi anni Novanta durante la disgregazione della Jugoslavia. Ma il Kosovo oggi è un Paese democratico, possono fare molto poco. Sono frustrati perché la nostra economia, nonostante non ci riconoscano come Stato, sta fiorendo».
(da agenzie)
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