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FRANCIA, LA MISTERIOSA MORTE DELL’OLIGARCA RUSSO ZELENOV, CADUTO DALLE SCALE DI CASA

Dicembre 18th, 2022 Riccardo Fucile

ERA CONTRARIO ALL’INVASIONE IN UCRAINA

Dmitry Zelenov, oligarca russo di 50 anni e cofondatore del gruppo immobiliare russo Don-Stroy, è morto misteriosamente lo scorso 9 dicembre, cadendo accidentalmente dalle scale, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti francesi, e sbattendo la testa contro una ringhiera, dopo una cena con alcuni amici ad Antibes, in Francia.
Gli operatori medico sanitari sono subito intervenuti e hanno portato l’oligarca in ospedale. E dopo una notte trascorsa in gravi condizioni in terapia intensiva, la mattina dopo le forze dell’ordine locali hanno riferito ad amici e parenti dell’uomo d’affari che era morto.
A riportare la notizia è l’agenzia di stampa russa Baza, che ricorda come Zelenov era già stato operato al cuore per problemi cardiaci. L’oligarca si sarebbe più volte schierato contro la guerra di Mosca contro l’Ucraina. Zelenov era comproprietario della società di costruzioni Don-Stroy, una delle principali società edilizie e immobiliari di Mosca.
La società fu la prima costruire complessi residenziali d’élite nella capitale russa. La morte di Dmitry Zelenov si aggiunge al lungo elenco di morti e sparizioni sospette di oligarchi russi dopo l’inizio della guerra contro l’Ucraina.
Gli altri oligarchi russi morti in circostanze sospette
Tra questi, ricorda il Mattino, risale allo scorso 25 febbraio la morte di Alexander Tyulakov, 61 anni, alto funzionario finanziario di Gazprom. È stato trovato impiccato nel garage della sua casa di San Pietroburgo il giorno dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Il 24 marzo, il media russo Kommersant ha riportato la morte dell’oligarca 41enne Vasily Melnikov, è morto con sua moglie e i suoi due figli nel loro appartamento di lusso a Nizhny Novgorov a seguito di un’assalto nella loro abitazione. Il 18 aprile, un ex vicepresidente di Gazprombank, Vladislav Avaev, è stato trovato morto nella sua casa di Mosca. Sul corpo erano presenti colpi di arma da fuoco. Nell’appartamento giacevano anche i corpi senza vita della moglie e della figlia. Stessa sorte, il 19 aprile, per l’ex vicepresidente della società del gas Novatek, Sergey Protosenya. Il suo corpo senza vita è stato ritrovato in una villa spagnola. L’uomo viveva a Bordeaux ed era in vacanza a Lloret de Mar. Il suo cadavere giaceva anche accanto ai corpi della moglie e della figlia. Lo scorso 8 maggio è morto all’età di 43 anni anche Alexander Subbotin, ex dirigente della compagnia petrolifera russa Lukoil. Secondo quanto riferito, il miliardario russo sarebbe morto per avvelenamento per aver ingerito del veleno di rospo.
Lo scorso 4 luglio, l’amministratore delegato e fondatore di Astra-Shipping, una società che lavorava su contratti artici per Gazprom, Yuri Voronov, 61 anni, è stato trovato morto nella piscina della sua villa di San Pietroburgo. Aveva una ferita da arma da fuoco alla testa. A settembre è morto anche il presidente della compagnia petrolifera e del gas privata russa Lukoil, Ravil Maganov. Sarebbe caduto da una finestra di un ospedale di Mosca, secondo l’agenzia russa TASS, che ha parlato di «suicidio». Lukoil è stata una delle pochissime compagnie russe a chiedere di fermare l’offensiva russa in Ucraina. Alla lista si aggiungono anche Pavel Pchelnikov, 52 anni, ex manager delle ferrovie russe trovato morto nel suo appartamento di Mosca. Stessa sorte per Dmitry Goloshchapov, figlio dell’oligarca Konstantin Goloshchapov, morto quattro giorni dopo che suo padre era fuggito in Bielorussia. Il presidente russo Putin era solito frequentare la Spa di Goloshchapov a San Pietroburgo. Anche l’oligarca Yevgeny Palant, 47 anni, e sua moglie Olga Palant, 50 anni, sono stati trovati pugnalati a morte nella loro casa di famiglia nella regione di Mosca.
(da agenzie)

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DALL’ARTICO A KHARKIV, I SOLDATI DI GHIACCIO SACRIFICATI DA PUTIN

Dicembre 18th, 2022 Riccardo Fucile

DECIMATA LA 200° BRIGATA MOTORIZZATA DI FUCILIERI… COSI’ PUTIN MANDA AL MASSACRO L’ELITE DELL’ESERCITO RUSSO

Gli uomini venuti dal ghiaccio sono stati spazzati via. Non tutti, ma quasi. Erano tra i migliori soldati della Russia, raggruppati nella famosa 200esima brigata motorizzata di fucilieri che, nel gelo del Circolo polare artico, fa da cuscinetto con la Nato e protegge i porti dei sottomarini nucleari della Flotta del nord.
Quelle stesse basi da cui, nel film di John McTiernan, salpava l’Ottobre Rosso di Sean Connery. A gennaio Putin ha mandato al confine ucraino due reggimenti della 200ma senza specificare cosa andassero a fare. “Esercitazioni”, è stato detto loro. Erano 1.400, a maggio erano diventati 900. Adesso sono anche meno, in condizioni pietose.
Aggregati a soldati mal addestrati e peggio equipaggiati provenienti dall’involontario bacino della mobilitazione russa.
Nella rovinosa caduta della 200ma, ricostruita da una lunga inchiesta del Washington Post, si trova uno dei motivi per spiegare come mai il secondo esercito più potente del mondo non sia riuscito a prendersi l’Ucraina in poco tempo, come era nei piani di Mosca.
E perché Putin si mostri assai preoccupato per l’andamento dell'”operazione speciale”, tanto da convocare due giorni fa i vertici militari: il ministro della Difesa Shojgu, il capo di stato maggiore Gerasimov, i comandanti delle forze armate. A tutti ha fatto la medesima richiesta. “Vorrei sentire le vostre proposte sulle nostre azioni a breve e medio termine”. Non esattamente l’indice di una situazione in controllo.
Secondo fonti qualificate, anni fa Putin ha segretamente usato i fucilieri dell’Artico in Siria, per sostenere il regime di Assad. Li considera, a ragione, reparti di élite. In Ucraina dovevano conquistare Kharkiv in poche ore. Stando ad alcune testimonianze, gli è stato detto il vero motivo per cui avevano lasciato la penisola di Kola solo alle tre del mattino del 24 febbraio, due ore prima dell’invasione. “Non è un’esercitazione, ci sarà da sparare”, si sono sentiti dire da un generale. Un convoglio di cento veicoli blindati si è allora messo in marcia, attraversando la frontiera e puntando verso la seconda città più popolata dell’Ucraina. Hanno potuto raggiungere solo i sobborghi: finiti in un’imboscata dopo l’altra, hanno lasciato per strada cadaveri, carri armati in fiamme, sistemi lanciamissili distrutti.
Il Washington Post ha avuto accesso a documenti interni della brigata, riferibili al periodo di maggio, che testimoniano come in meno di tre mesi il contingente si sia dimezzato. Il comandante era ferito alla testa, vomitava e non ricordava cosa fosse successo sul campo. Nella lista delle unità attive figuravano in realtà feriti, ospedalizzati, disertori e soldati che si rifiutavano di combattere.
“La brigata ha sofferto gli stessi problemi che affliggono altre unità russe: poco cibo e poco carburante”. La decisione di Putin di tenere all’oscuro anche i più alti in grado sulla strategia complessiva – emerge dalla documentazione – ha impedito ai comandanti della brigata artica la preparazione adeguata delle truppe e il coordinamento con altre unità.
Putin, che ieri è stato sfidato a un duello corpo a corpo da Volodymyr Zelensky (“Sono pronto, anche domani”, ha detto il presidente ucraino a un canale televisivo francese), sta cercando di tenere in piedi la 200ma brigata con forze fresche, ma inesperte. Incurante della sorte dei suoi uomini migliori. “È disposto ad accettare la morte o il ferimento di 300mila soldati, e per un tempo indefinito”, dicono i generali dei Paesi Nato.
(da La Repubblica)

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IL GOVERNO LE PROVA TUTTE PER ROMPERE I COGLIONI A CHI SALVA VITE UMANE IN MARE: ASSEGNATI PORTI LONTANI PER ALLUNGARE I TEMPI DEL RITORNO NELLE ZONE A RISCHIO NAUFRAGIO

Dicembre 18th, 2022 Riccardo Fucile

QUALCUNO AVRA’ SULLA COSCIENZA ALTRE DONNE E BAMBINI CHE NEL FRATTEMPO AFFOGHERANNO IN MANCANZA DI NAVI DI SOCCORSO

Dopo il porto di Gioia Tauro alla Rise Above per sbarcare 27 migranti, ora quello di Livorno alla Life Support per portare a terra 70 persone.
Il Viminale fa le prove generali delle nuove regole attorno alle quali ruoterà il codice di condotta per le Ong che il governo si appresta a varare con un provvedimento normativo che prevede anche multe, sequestri e confische per le navi che non si atterranno alle disposizioni.
Dunque porto in Italia sì ma solo alle navi che lo chiederanno immediatamente dopo il primo soccorso, senza attendere di farne altri. Così è stato dato il porto ieri alla Rise Above e oggi alla Life Support di Emergency, che ha concluso il suo primo salvataggio in mare.
Porti il più lontano possibile, è la strategia non dichiarata ma evidente del Viminale, per fare da deterrente costringendo le navi a costi elevatissimi per il carburante e a rimanere a lungo lontano dalla zona di ricerca e soccorso per portare a terra poche decine di migranti e non centinaia come accade invece quando le navi fanno soccorsi multipli e chiedono il porto di sbarco dopo diversi giorni.
Inoltre, il nuovo codice di condotta prevederebbe per i soccorritori l’obbligo di chiedere immediatamente, alle persone portate in salvo a bordo, la manifestazione d’interesse sull’eventuale domanda di protezione internazionale, affinché sia il Paese di bandiera della nave a farsi carico dell’accoglimento del migrante dopo lo sbarco. Altra pratica c he andrà a scontrarsi con il diritto internazionale che prevede che solo a terra il migrante possa richiedere protezione internazionale.
(da agenzie)

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POS, MELONI CONFERMA IL DIETROFRONT: “TROVEREMO UN ALTRO MODO PER NON FAR PAGARE COMMISSIONI”

Dicembre 18th, 2022 Riccardo Fucile

IL GOVERNO DEI BOTTEGAI BACCHETTATO DALL’EUROPA… NEL MONDO CIVILE NON SI FANNO FAVORI AGLI EVASORI FISCALI

“Se non ci sono i margini – dice Giorgia Meloni sullo stop alla norma sul Pos – ci inventeremo un altro modo per non fare pagare agli esercenti le commissioni bancarie sui piccoli pagamenti”.
È la prima volta che la premier mette in dubbio pubblicamente la misura inserita nella legge di bilancio che prevede la cancellazione delle sanzioni per gli esercenti che si rifiutano di accettare i pagamenti con il bancomat o la carta di credito sotto i 60 euro. “Quello” dell’obbligo del Pos – ricorda lasciando il Senato dopo il concerto di Natale – “è un obiettivo del Pnrr e quindi lo stiamo trattando con la Commissione”. Parole che confermano il dietrofront del governo, anticipato da Repubblica, che sarà contenuto in un emendamento alla manovra atteso stasera in commissione Bilancio alla Camera.
Fonti di governo confermano che l’emendamento figura in queste ore nell’elenco delle modifiche all’esame del ministero dell’Economia, dove si sta cercando la quadra anche sulle altre misure della Finanziaria, a iniziare dalle pensioni, dalle minime a 600 euro per gli over 75 alla rivalutazione per quelle tra 4 e 5 volte sopra il minimo. La decisione dell’esecutivo di cancellare la norma sul Pos è maturata alla luce dell’andamento dell’interlocuzione con la Commissione europea, che si aspetta il rispetto dell’impegno conseguito a fine giugno dal governo Draghi nell’ambito del Pnrr.
Restano le regole vigenti
Le retromarcia del governo lascerebbe quindi la situazione invariata rispetto alle regole vigenti, visto che le norme proposte inizialmente dal governo nel proprio disegno di legge non erano ancora in vigore fino all’approvazione definitiva del testo. Il Pos resta quindi obbligatorio per tutti gli esercenti – salvo alcune eccezioni limitate – e gli stessi sono obbligati ad accettare pagamenti di qualsiasi importo se effettuati con strumenti elettronici. In caso di rifiuto, è prevista una sanzione pari a 30 euro più il 4% dell’importo della transazione.
Meloni: “Tempi stretti? Abbiamo fatto il possibile”
Parlando con i cronisti, Meloni ha risposto anche a proposito dei tempi strettissimi con cui il Parlamento sta esaminando il testo della Legge di Bilancio. ” La manovra non ha mai una approvazione facile: stiamo facendo tutti il nostro lavoro, però penso che abbiamo fatto del nostro meglio, nelle condizioni e nei tempi che avevano, per dare al parlamento la possibilità di avere i tempi di valutarla”,ha detto Meloni.
Serracchiani: “Emendamenti del governo alle 19.30. Retromarcia su Sud, si voteranno i nostri”
Intanto proseguono a singhiozzo i lavori in Commissione. Il terzo pacchetto di emendamenti del governo, ha spiegato la capogruppo Pd Debora Serracchiani, “dovrebbe arrivare stasera alle 19.30” mentre “alle 21.30 il ministro Giorgetti interverrà in Commissione”. La capogruppo ha poi annunciato che l’esecutivo toglierà dal proprio pacchetto una serie di misure già previste dalle modifiche avanzate dal Pd: “Il governo è tornato sui suoi passi e toglierà dal suo pacchetto le proposte di modifica presentate dal Pd sul credito d’imposta per l’acquisto di beni strumentali nel Mezzogiorno e nelle Zone economiche speciali, sul credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo nelle regioni del Mezzogiorno e sulla modifica della quota premiale del Fondo sanitario nazionale. Sono testi che diventeranno emendamenti parlamentari”, ha detto Serracchiani.
(da La Repubblica)

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MELONI COSTRETTA A UNA CLAMOROSA RETROMARCIA SU POS E CONDONO FISCALE

Dicembre 18th, 2022 Riccardo Fucile

A RISCHIO I SOLDI DEL PNRR

Il pacchetto di emendamenti alla Manovra atteso per stasera in Commissione Bilancio alla Camera potrebbe riservare svolte interessanti. Una su tutte, la possibilità che la tanto discussa norma sul Pos salti, nonostante le ripetute insistenze della maggioranza a porre a 60 euro la soglia sotto la quale i commercianti non sono obbligati ad accettare pagamenti elettronici.
Il Governo starebbe seriamente prendendo in considerazione la possibilità di cancellare del tutto la norma sul Pos o, in alternativa, di abbassare il tetto a 30 euro, in nome delle pesanti perplessità espresse sulla questione da varie istituzioni, a partire dalla Corte dei Conti e da Bankitalia, per arrivare ai vincolanti dubbi di Bruxelles.
Ovvio che quella sul Pos sarebbe una clamorosa retromarcia da parte del Governo Meloni, che ha sempre rivendicato la norma difendendola praticamente fino a ieri. Ma, d’altronde, è cosa nota quanto l’innalzamento della soglia fosse in contrasto con uno degli obiettivi principali del Pnrr e con le raccomandazioni dell’Ue sulla lotta all’evasione, con la Commissione europea che non aveva mancato di bocciare su questo punto la legge di bilancio presentata dall’esecutivo di Centrodestra.
Il deposito delle ultime modifiche è atteso a ore e dovrebbe essere illustrato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti dopo le 21 di oggi, anche se adesso la seduta della Commissione Bilancio è stata sospesa per lasciare spazio alla riunione dell’ufficio della presidenza, dopo che le opposizioni hanno contestato il metodo di lavoro e sollecitato Giorgetti a un intervento anticipato. In caso di cancellazione della norma sul Pos, quello che le forze di minoranza chiedono al Governo è di votare gli emendamenti soppressivi già presentati da Pd, Alleanza Verdi Sinistra e M5S.
Manovra, non solo Pos: dietrofront anche sul condono fiscale
Anche la “pace fiscale” che ha ispirato il Governo Meloni sin dal principio potrebbe traballare sotto lo sguardo di Bruxelles. Nel mirino, le varie misure di condono promosse dal Centrodestra, che rischiano di ridurre il gettito fiscale nonostante la Premier e Giorgetti continuino a negarlo. Il riferimento è allo stralcio delle cartelle esattoriali fino a 1000 euro contratte tra il 2010 e il 2015, che slitterà di due mesi e avverrà quindi a partire dal 31 marzo 2023 e non dal 31 gennaio come previsto dalla versione iniziale del testo.
Non solo, saranno escluse pure le multe: i Comuni decideranno se applicare o meno la norma. Per quel che riguarda le sanzioni amministrative (incluse quelle per violazione del codice della strada) lo stralcio si applicherà solo agli interessi di mora e non al capitale dovuto o alle somme maturate per rimborso spese per le procedure esecutive. Nello specifico, si legge nella norma: “I Comuni possono decidere di non applicare la misura e in questo modo si introduce una differente applicazione (cd. annullamento parziale) per i crediti affidati dagli enti diversi dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali”.
Tutte misure, queste, che secondo la relazione tecnica garantiranno un risparmio di 154 milioni di euro per le casse pubbliche rispetto ai 746 milioni di perdita per l’erario stimati sulla base del testo iniziale.
(da NextQuotidiano)

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