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SICILIA, QUASI 4 MILIONI SENZA BANDO A UNA SOCIETA’ DEL LUSSEMBURGO PER LA MOSTRA AL FESTIVAL DI CANNES

Gennaio 7th, 2023 Riccardo Fucile

SCHIFANI COSTRETTO A CHIEDERE CHIARIMENTI ALL’ASSESSORE MELONIANO AL TURISMO PER LA CIFRA SURREALE

A Cannes senza badare a spese. Nonostante i conti malfermi e la mancata approvazione del bilancio, che ha fatto scattare l’esercizio provvisorio, la Sicilia ha stanziato infatti quasi quattro milioni di euro per partecipare in pompa magna al noto Festival del cinema francese.
Una cifra assegnata senza bando a una società che ha sede in Lussemburgo e che rischia di creare qualche crepa nell’alleanza tra Forza Italia e Fratelli d’Italia sull’isola.
Sembra infatti che il governatore Renato Schifani fosse all’oscuro di tutta l’operazione, visto che ha fatto sapere di avere chiesto chiarimenti all’assessore al Turismo, il meloniano Francesco Paolo Scarpinato. Il quale, da parte sua, nega qualsiasi anomalia nella vicenda che ha fatto scoppiare la polemica in Sicilia. Ma andiamo con ordine.
La lista della spesa: 920mila euro per l’albergo
Il caso nasce dopo la pubblicazione da parte della Regione del decreto numero 3765, datato 20 dicembre, che assegna 3 milioni e 750mila euro per finanziare “Sicily, Women and Cinema“, la mostra fotografica che rappresenterà l’isola al 76esimo festival di Cannes. Si tratta di una conferma, visto che già l’anno scorso l’evento era stato finanziato dalle casse siciliane, non senza polemiche. A questo giro, però, i soldi aumentano: ai 2,2 milioni del 2022 ne sono stati aggiunti uno e mezzo per il 2023.
A cosa servono questi fondi? Lo spiega il decreto della Regione, che elenca una lunga lista di voci di spesa: la più alta è quella di 920mila euro solo per l’affitto del salone dell’Hotel Barriere Majestic, il noto albergo a 5 stelle sulla Croisette. È lì che sarà allestita Casa Sicilia, all’interno della quale “sarà realizzata una sala vip destinata a ricevere, in un contesto di maggiore riservatezza e tranquillità, gli artisti che si avvarranno degli spazi della Regione Siciliana per le conferenze stampa, le presentazioni dei film in concorso e per i correlati eventi conviviali”, come recita il decreto. Ma questo è solo l’apice di un lungo elenco di voci divise tra lo shooting del fotografo Mojo per la mostra evento “Sicily, Women and Cinema” e l’allestimento di “Casa eventi di Cannes”, dove spiccano i 511 mila euro stanziati per “Animazioni, Conferenza stampa e consumi”. E ancora ci sono 306mila euro per i pannelli pubblicitari e più di 790mila di manodopera complessiva. Mentre per gli ospiti della Regione la spesa sarà di appena 29.760 euro.
La società del Lussemburgo
Tutti denari a disposizione della stessa società che già nel 2022 aveva curato la partecipazione della Sicilia all’esclusivo festival del cinema in Costa azzurra: la Absolute Blue Sa. Si tratta di una società con sede in Zone Industrielle 25 a Kehlen, in Lussemburgo, che solo di Agency fee, cioè le spese d’agenzia, prenderà l’8 per cento del totale, ovvero 227mila euro. Absolute è una “società di brand activation” che ha ottenuto il finanziamento senza bando ma con “procedura negoziata” perché “esclusiva titolare del format Women and Cinema”. Un’azienda con quattro dipendenti che, secondo quanto ricostruito dal quotidiano La Sicilia, ha un patrimonio netto di 300mila euro, asset per un milione e l’ultimo bilancio disponibile fermo al 31 dicembre 2020: da lì si evince che la Absolute blue ha una buona liquidità ma un alto indebitamento a lungo termine.
Risulta difficile ottenere altri chiarimenti: dalla sede di Kehlen nessuno risponde al telefono e alle richieste vie mail arrivano risposte automatiche che spiegano come gli uffici siano chiusi per ferie fino al 9 gennaio. Poche informazioni si trovano in rete anche sull’amministratore delegato Patrick Nassogne: su Linkedin risulta al vertice della società dal 2009. Il quotidiano La Sicilia associa alla società anche altri due manager: l’italiano Guido Maria Vimercati, attivo da anni nelle società di comunicazione e marketing di Milano, con un passato nel gruppo Smemoranda, e la brasiliana Julia Socci, che ha alle spalle esperienze televisive in programmi sportivi.
Le carte dell’operazione
Di certo c’è solo che la società lussemburghese ottiene soldi pubblici senza bando ma con una semplice contrattazione con il Rup, Nicola Tarantino, che nel 2020 è stato nominato responsabile della Sicilia Film Commission. Una contrattazione che ha fatto risparmiare alle casse della Regione circa 300mila euro: la Absolute Blue aveva fatto un’offerta iniziale di 3 milioni e 381.351 euro, Tarantino è riuscito ad ottenere uno sconto fino a 3.071.419, somma che con il 22 per cento di Iva è lievitata fino a 3.750.000. Un risparmio che ha fatto guadagnare però alla società la possibilità di non presentare la “garanzia definitiva”, ovvero la cauzione. Mentre è stata considerata idonea la certificazione Antimafia: “Per quanto concerne le verifiche antimafia in capo alla società Lussemburghese Absolute Blue S.A. e al suo Amministratore Delegato Patrick Nassogne, è stato riscontrato che la precedente richiesta di informazioni inoltrata telematicamente alla Banca Dati Nazionale Antimafia risulta ancora “in lavorazione”, e, pertanto, sussistono i presupposti per la stipula del presente contratto”, si legge nel decreto regionale del 20 dicembre.
L’assessore di Fdi voluto da Roma
Le carte, dunque, sono apposto. Almeno secondo la Regione. Eppure il governatore Schifani sembra essere completamente all’oscuro dell’operazione visto che ha chiesto “tutti i dettagli con la documentazione degli atti rispetto alle determinazioni assunte” all’assessorato al Turismo, al vertice del quale siede Francesco Paolo Scarpinato, uno dei nomi imposti al presidente da Fdi. Per la formazione del nuovo governo, infatti, Schifani aveva posto la regola che in giunta entrassero solo consiglieri regionali eletti, ma da Roma i nomi degli assessori voluti dal partito di Giorgia Meloni avevano creato settimane di impasse sull’isola.
Alla fine era stato incluso in giunta pure Scarpinato, consigliere comunale di Palermo, molto vicino al ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. E Scarpinato doveva di certo saperne qualcosa di questa lauta spesa per Cannes dal momento che dalla Regione ha ricevuto un rimborso di 2157 euro proprio per una missione nella città della Costa azzurra tra il 5 e 7 dicembre. Poco dopo, il 20 dicembre è stato pubblicato sulla pagina del suo assessorato il decreto per l’evento di Cannes, dove si legge della spesa lievitata di un milione e mezzo da un anno all’altro senza bando.
Schifani ha ribadito di attendere “chiarimenti dell’assessore Scarpinato per una valutazione complessiva della vicenda, su tutti i suoi aspetti”. Una breve dichiarazione che basta a inasprire i toni tra il governatore e l’assessore di Fratelli d’Italia.
In Sicilia Fdi punta sul cineturismo
Ma non è solo Schifani a chiedere chiarimenti sui soldi spesi per Cannes. Pure l’opposizione, con il Pd, è intervenuta sul caso: “Preoccupa l’affidamento senza gara di un servizio ad una azienda estera la cui consistenza patrimoniale è quasi pari alla provvigione che incasserà, mentre resta da chiedersi se in Sicilia non esistano agenzie similari che avrebbero potuto svolgere lo stesso servizio anche in considerazione della fonte di finanziamento costituita dai fondi del Piano di sviluppo e coesione che hanno finalità di investimento”, dice il capogruppo dem Michele Catanzaro, che ha presentato una interrogazione parlamentare all’assessore sulla vicenda. Negli ultimi due anni, tra l’altro, a lievitare non sono stati solo i costi per Cannes: nel 2021, infatti, la Regione ha speso 3 milioni di euro per finanziare produzioni tv e cinematografiche con setting in Sicilia. Spesa che nel 2022 è più che triplicata, passando da 3 a 10,7 milioni di euro per 18 produzioni. “Abbiamo riservato una parte di fondi del turismo proprio per incentivare le produzioni di Cinema e Tv a sceglierci come setting e Cannes è stata una splendida vetrina che ha fatto da volano”, spiegava a novembre Tarantino. In una parola: Cineturismo. È questa la “linea editoriale e politica” dell’assessorato al Turismo siciliano passato di mano da un meloniano all’altro: Manlio Messina quando il presidente era Nello Musumeci, Scarpinato adesso che c’è Schifani. Cambiano i governi ma in Sicilia la gestione del Turismo è sempre saldamente in mano al partito di Giorgia Meloni. Con costi sempre più esosi.
(da Il Fatto Quotidiano)

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LA GIORNALISTA E SCRITTRICE ANNE APPLEBAUM: “DOBBIAMO ASPETTARCI UNA VITTORIA DELL’UCRAINA”

Gennaio 7th, 2023 Riccardo Fucile

“UNA VITTORIA DI KIEV PORTEREBBE LA FINE DEL REGIME DI PUTIN. I RUSSI DEVONO VEDERE LA GUERRA COME UN DISASTRO PER IL LORO PAESE. GLI UCRAINI SONO DISPOSTI A RESISTERE FINO A CHE NON ESISTONO PIÙ”

Il cessate il fuoco unilaterale (che sia reale si o no) annunciato da Putin per il Natale ortodosso cambia qualcosa nella guerra?
«Non cambia nulla. Ed è piuttosto cinico. Perché non dichiararlo il 24 dicembre, quando i cattolici ucraini e anche alcuni ortodossi celebrano il Natale? Oppure perché non farlo durante il Capodanno, che per molti nel mondo di lingua russa è più importante del Natale?».
A settembre, dopo la controffensiva ucraina nella regione di Kharkiv, Anne Applebaum — scrittrice e giornalista, coinvolta in passato anche in importanti colloqui voluti dal presidente Joe Biden con storici e intellettuali — scrisse sull’Atlantic: «Gli ucraini potrebbero vincere questa guerra. Noi nell’Occidente siamo davvero preparati a una vittoria ucraina? Sappiamo quali altri cambiamenti potrebbe portare?».
Già a marzo Applebaum diceva che bisognava «immaginare la possibilità di una vittoria», definita in termini più limitati («l’Ucraina resta una democrazia sovrana con il diritto di scegliere i propri leader e trattati»). Come ha chiarito Zelensky a Washington, la «vittoria» per Kiev non significa ormai solo recuperare territori, ma anche ottenere risarcimenti economici e giustizia per i crimini di guerra.
Una definizione che per Applebaum è giustificata, anche se «straordinariamente ambiziosa». Difficile immaginare come la Russia possa accettarlo, se Putin resta al potere. «Dobbiamo aspettarci che una vittoria ucraina, e certamente una vittoria per come l’Ucraina la concepisce, porterà anche la fine del regime di Putin», secondo Applebaum, il che è anche monito, poiché in assenza di meccanismi di successione, ciò comporta opportunità ma anche rischi.
Che cosa significa oggi dire che la vittoria è l’unica via per la pace in Ucraina?
«Io credo che l’unico modo in cui la guerra possa finire — e intendo finire davvero e non riprendere dopo sei mesi o un anno — è se i russi perdono e capiscono di aver perso. Devono realizzare che la guerra è stata un errore e che non può essere ripetuta. La mia opinione è che, come minimo, debbano essere respinti dai territori che hanno conquistato dal 24 febbraio, meglio anche dalla Crimea. Devono vederlo come un disastro per il loro Paese. Penso che ciò non possa accadere se non c’è una chiara sconfitta russa».
Qualche giorno fa Macron ha detto che Parigi appoggerà l’Ucraina fino alla «vittoria». Washington dice che resterà al fianco dell’Ucraina per tutto il tempo necessario, ma sembra evitare la parola «vittoria». Alla domanda ripetuta di un giornalista se gli Usa resteranno al fianco dell’Ucraina fino alla vittoria, il portavoce del dipartimento di Stato Ned Price ha risposto: «Vogliamo vedere una Ucraina indipendente, sovrana, prosperosa e capace di difendersi».
«Per dar loro il beneficio del dubbio, la mia supposizione è che l’Amministrazione non voglia chiudersi in linee rosse che richiedano di ottenere “x” o “y” perché la guerra abbia fine, poiché le circostanze sul campo possono cambiare. La ragione per cui sono così vaghi — e a volte vaghi in maniera esasperante — è che non vogliono che tra sei mesi si dica “avete detto che avreste accettato solo questo particolare esito”. Questo per dare loro la migliore interpretazione.
L’Amministrazione è stata piuttosto costante, quasi tutti — dai vertici ai funzionari — hanno ripetuto che non diranno agli ucraini cosa fare. Penso che probabilmente ci siano anche delle paure tra alcuni all’interno dell’Amministrazione: se o meno gli ucraini possano riconquistare il proprio territorio o il timore che il conflitto continui per lungo tempo. Ma quando ripeto che la guerra non finirà finché gli ucraini vincono e i russi perdono, non è per bellicismo: è l’unica via realistica».
Fino a che punto gli ucraini possono resistere?
«Onestamente, resisterebbero fino a che non esistono più, perché per loro non c’è alcuna forma di resa che non implichi anche la morte. Capiscono che se vengono occupati dalla Russia moriranno, la loro civiltà scomparirà».
Vede cambiamenti a Mosca?
«Ci sono certamente segnali di cambiamento. Putin non ha fatto la conferenza annuale di fine anno, ha subìto forti critiche della destra nazionalista e i sondaggi dell’opposizione mostrano cambiamenti nell’opinione pubblica contro la guerra, ma non sappiamo se ciò avrà dei risultati nelle politiche del Paese».
(da agenzie)

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NESSUNO VUOLE STARE VICINO A PUTIN, HA ASSISTITO ALLA MESSA PER IL NATALE ORTODOSSO A MOSCA DA SOLO

Gennaio 7th, 2023 Riccardo Fucile

IL CESSATE IL FUOCO CHE IL PRESIDENTE RUSSO HA DICHIARATO UNILATERALMENTE NON CAMBIA LE CARTE IN TAVOLA

Il presidente russo Vladimir Putin ha assistito alla cerimonia ortodossa di celebrazione del Natale alla Cattedrale dell’Annunciazione del Cremlino, a Mosca. E lo ha fatto — secondo quanto si vede in un video — completamente da solo.
Negli anni passati, ricorda il dispaccio dell’agenzia di stampa Tass, aveva di solito partecipato alle celebrazioni in chiese che si trovavano in altre regioni della Federazione, ma già l’anno scorso si era «avvicinato» andando alla chiesa vicina alla sua residenza fuori città, a Novo-Ogaryovo, che si trova comunque nella regione di Mosca.
Il cessate il fuoco dichiarato unilateralmente dal presidente russo Vladimir Putin «non cambia il fatto che la Russia sta occupando illegalmente parti del territorio ucraino. Il ritiro delle truppe e delle attrezzature militari russe dall’intero territorio ucraino all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti è l’unica opzione seria per ripristinare la pace e la sicurezza».
È quanto ha detto l’Alto rappresentante della politica estera dell’Ue, Josep Borrell, in un colloquio telefonico avuto oggi con il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. «In assenza di tali azioni concrete, un cessate il fuoco unilaterale sembra solo un tentativo della Russia di guadagnare tempo per rifornire e riorganizzare le sue truppe o per riparare la sua reputazione internazionale distrutta», ha aggiunto Borrell secondo quanto riferito dal Servizio di azione esterna dell’Ue.
Un gruppo di hacker russi noti come `Cold River´ ha colpito tre laboratori di ricerca nucleare negli Stati Uniti la scorsa estate. Lo riferisce in esclusiva la Reuters sul suo sito. L’attacco è avvenuto tra agosto e settembre proprio nei giorni in cui il presidente russo Vladimir Putin minacciava l’uso di armi nucleari per difendere il proprio territorio. I laboratori Usa presi di mira da Cold River , che dall’inizio della guerra in Ucraina ha sferrato diversi cyberattacchi contro Kiev, sono Brookhaven, Argonne e Lawrence Livermore.
(da la Stampa)

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BERLUSCONI PENSA A UNA FEDERAZIONE CON LA LEGA PER ARGINARE LA MELONI 

Gennaio 7th, 2023 Riccardo Fucile

“ALLE PROSSIME ELEZIONI NEL 2027 AVRÒ 91 ANNI. È IL MOMENTO DI PENSARE A COSA DIVENTERÀ FORZA ITALIA”… IL PROGETTO, AI GOVERNATORI LEGHISTI DEL NORD (PREOCCUPATI DA SALVINI), NON DISPIACE

Lo ha anche scritto su un foglietto. Perché non gli sfuggissero le parole, perché fa sempre così, come tutti gli videro fare in Senato nei primi giorni della legislatura. Silvio Berlusconi appunta quello che sta per dire. E in questo caso sono righe pesanti, perché fissano un orizzonte, dove lui non pensava sarebbe mai tramontato il sole.
«Alle prossime elezioni nel 2027 avrò 91 anni. È il momento di pensare a cosa diventerà Forza Italia». Berlusconi pronuncia questa frase per ben due volte, prima di Natale, ad Arcore e a un pranzo a Villa Grande, a Roma, alla presenza di ministri, sottosegretari e capigruppo. Chi lo ascolta, per una volta sente che c’è qualcosa di diverso nella sua voce, non è un vezzo retorico per sentirsi rispondere che no, lui è un giovincello, baciato dall’eternità. È una presa di consapevolezza, l’ammissione degli anni che passano, con lo sguardo fisso sul nemico, che è il nemico di tutti, il tempo.
Berlusconi è costretto a un confronto impari, e lui che non ama i dati di fatto spiega che «è un dato di fatto» che Giorgia Meloni e Matteo Salvini siano molto più giovani di lui. Per questo, dice, Forza Italia va messa al riparo. L’ex premier vuole tentare l’ultimo azzardo, come sua eredità politica. Il partito repubblicano unico – con tutti dentro, Lega e Fratelli d’Italia compresi – è la carta che ne copre un’altra.
E non è il polo di centro, moderato e liberale, che nascerebbe da un’operazione in comune con Matteo Renzi, ma che tra gli azzurri è solo Gianni Letta, il fidatissimo consigliere, a sponsorizzare. Berlusconi in realtà lavora al progetto di una federazione con la Lega. Un listone da presentare prima delle Europee del 2024, nella speranza di contenere l’avanzata di FdI. Due teste: una forte al Nord e una ancora competitiva al Sud.
È la nuova geografia politica che impone di pensare a uno schema a due, perché il consenso della Lega si sta nuovamente localizzando nelle regioni del dominio storico, e FI regge bene l’urto della crisi solo nel Meridione. Anche per questo, fanno notare dalla cerchia del fondatore, Berlusconi non ha azzannato il leader del M5S Giuseppe Conte in una delle varie interviste che ha rilasciato negli ultimi giorni, e non attacca il reddito di cittadinanza come fa Meloni.
Il piano, ha riferito sempre Berlusconi, non dispiacerebbe ai governatori leghisti di Lombardia, Veneto e Friuli Venezia-Giulia, preoccupati dal declino di Salvini e del partito. Va calibrato però con attenzione, perché la federazione non sembri solo una somma di due debolezze. L’insistenza con la quale Berlusconi vuole presidiare lo spazio di FI all’interno del Partito popolare europeo è l’estremo atto di resistenza interna contro il dilagare di Meloni, interessata a saldare l’asse tra il gruppo dei Conservatori, guidati da lei, e il Ppe.
Ma serve anche a preparare il terreno per normalizzare i rapporti della Lega a Bruxelles. L’appartenenza alla famiglia populista e xenofoba di Identità e democrazia, di cui fa parte l’ultradestra di Marine Le Pen e Alternative für Deutschland, è un ostacolo evidente al progetto. Un legame di cui i governatori e i leghisti più ortodossi del Nord ormai farebbero tranquillamente a meno.
(da la Stampa)

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NEL BUCO NERO DELLA SANITÀ ITALIANA: BISOGNA ASPETTARE DUE ANNI PER UNA MAMMOGRAFIA (UN ANNO PER UNA TAC)

Gennaio 7th, 2023 Riccardo Fucile

UN ITALIANO SU 10 DEVE RINUNCIARE ALLE CURE… NEL 2021 LA METÀ DEI CITTADINI E’STATA COSTRETTA A RICORRERE ALLE VISITE PRIVATE SPENDENDO 37 MILIARDI DI EURO

Il sistema sanitario più universalistico del mondo, quello che offre gratis a tutti tutta l’assistenza di cui si ha bisogno, si infrange contro il muro delle liste d’attesa. Perché quando si arriva a dover attendere un anno o più per un esame diagnostico e mesi per una visita specialistica le alternative sono due: ricorrere al privato pagando di tasca propria o rinunciare del tutto alle cure. La prima strada l’ha percorsa il 54% degli italiani spendendo qualcosa come 37 miliardi di euro nel 2021, alla rinuncia sono invece stati costretti in 5, 6 milioni. Erano poco più della metà solo due anni prima.
Le cause di questo imbuto sono molteplici e in parte analizzate nelle precedenti puntate di questa inchiesta: carenza di personale medico negli ospedali e negli ambulatori delle Asl, 18mila macchinari diagnostici come tac e risonanze oramai obsoleti e per questo non di rado fuori uso, scarso filtro dei medici di famiglia nel territorio e, non da ultimo, il Covid, che ha tenuto per almeno due anni molti pazienti lontani dagli ospedali e dalle altre strutture sanitarie, facendo saltare oltre 100 milioni di prestazioni sanitarie.
E così si è arrivati a quasi due anni di attesa per una mammografia, circa uno per un’ecografia, una tac o un intervento ortopedico. Mentre gli screening oncologici accusano ritardi in oltre la metà delle regioni e sono in calo le coperture per i vaccini, non solo quello anti Covid.
L’ultimo “Rapporto civico sulla salute” di Cittadinanzattiva rileva attese fino a 720 giorni per una mammografia, circa un anno per Ecografie e Tac, sei mesi per una risonanza, 100 giorni per una colonscopia. Ma si attende un anno anche per una visita dal diabetologo, 300 giorni per farsi visitare da un dermatologo, un reumatologo o un endocrinologo. Persino per l’oncologo, che si presuppone sottenda qualche urgenza, si aspettano anche più di due mesi. Un anno si può aspettare per un intervento chirurgico al cuore o per riparare una frattura, 180 giorni per operare un tumore. Nel 2021, l’11% delle persone ha dichiarato di aver rinunciato a visite ed esami per problemi economici o legati alle difficoltà di accesso al servizio.
Come al solito le cosa cambiano poi da regione a regione, con alcune situazioni particolarmente critiche. Ad esempio in Sardegna dove la percentuale sale al 18, 3%, con un aumento di 6, 6 punti percentuali rispetto al 2019; in Abruzzo la quota si stima pari al 13, 8%; in Molise e nel Lazio la quota è pari al 13, 2% con un aumento di circa 5 punti percentuali rispetto a due anni prima.
Per il 57% delle regioni si segnala la sospensione o l’interruzione del normale svolgimento degli screening per tumore alla mammella, alla cervice, al colon retto. I danni dell’interruttore della prevenzione posizionato su “off” li vedremo con il tempo. Intanto, informa la Favo, la federazione delle associazioni dei malati oncologici, ogni persona colpita da tumore arriva a spendere di tasca propria 1. 841 euro l’anno, parte dei quali proprio per gli esami diagnostici.
In realtà per gli assistiti un modo per liberarsi dalla trappola delle liste d’attesa c’è e sarebbe quello di vedersi applicato il diritto sancito da un decreto legislativo del 1998 che consente di rivolgersi al privato pagando il solo ticket quando il servizio pubblico non rispetta i tempi massimi di attesa: 72 ore se urgente (codice U sulla prescrizione), 10 giorni se da erogare a breve (B), entro 30 giorni le visite e 60 gli esami diagnostici se c’è la lettera P di programmabile. Ma quel diritto è di fatto non garantito per una serie di motivi.
Prima di tutto Asl e ospedali non forniscono quasi mai i moduli per fare richiesta di ricorso al privato. Poi per aggirare l’ostacolo in molti siti regionali vengono indicati tempi di attesa non veritieri ma in linea con quelli massimi consentiti. Non da ultimo quando i tempi si allungano le stesse aziende sanitarie pubbliche, ma anche quelle private convenzionate, chiudono illegalmente le agende di prenotazione per evitare di dover erogare prestazioni che poi non verranno rimborsate dalla Regione perché fuori budget. Cosa che solitamente inizia a verificarsi già dopo la prima metà dell’anno.
Per uscire da questa situazione il ministro della Salute, Orazio Schillaci ha indicato due strade, entrambe bocciate dalle associazioni dei medici pubblici: alzare l’offerta del privato, dare un aumento ai medici che si mettono a disposizione per più ore di lavoro. «Stiamo valutando i risultati delle misure messe in campo fino ad oggi. In base a tali risultati – dichiara il ministro a La Stampa– cercheremo di investire le risorse in iniziative che ci consentano di recuperare le prestazioni inevase, anche con il contributo del privato accreditato. Ma con rigidi controlli sulla qualità e l’appropriatezza delle cure. Dobbiamo però garantire anche una remunerazione più adeguata ai medici che svolgono l’attività aggiuntiva dentro gli ospedali. È assurdo pagare quattro volte tanto professionisti esterni presi in affitto, quando ci sono quelli interni che già lavorano in team e garantiscono un alto livello di specializzazione».
Intanto un ordine del giorno di FdI approvato dal Parlamento impegna il Governo a valutare l’opportunità di abrogare il tetto di spesa per i privati convenzionati. E siccome le risorse quelle sono, significherebbe dare più soldi a loro a discapito del pubblico.
Far lavorare di più i camici bianchi pagandoli extra fa invece proprio arrabbiare i medici ospedalieri.
«Non siamo addetti alla catena di montaggio ma eroghiamo cure. Vogliamo essere retribuiti per il nostro lavoro ordinario e invece si avvantaggiano i liberi professionisti che con la flat tax vedono ridursi la tasse dal 41 al 15%. Un regalo alle cooperative che affittano medici a costi quadruplicati», tuona Pierino De Silverio, segretario nazionale dell’Anaao, il sindacato di categoria. La soluzione per gli ospedalieri c’è ed è una sola: «Assumere personale rendendo dignitoso e sicuro per tutti il lavoro in ospedale». Dove trovare le risorse per farlo resta però un rebus.
(da La Stampa)

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LA STANGATA DEI MUTUI: FINO A 2.000 EURO L’ANNO IN PIU’ PER IL VARIABILE CON I NUOVI TASSI DI INTERESSE

Gennaio 7th, 2023 Riccardo Fucile

E IL CANONE DI AFFITTO SALE DEL 10%

Comprare casa costa sempre di più. L’aumento dei tassi di interesse imposto dalla Bce negli ultimi mesi sta facendo schizzare alle stelle i prezzi dei mutui.
Il risultato? Sempre più persone ritardano l’acquisto di una casa preferendogli l’affitto, che aumenta a sua volta a causa della domanda, con punte del +17% nel Paese. Un po’ di numeri.
Con i nuovi tassi aumentati per contenere l’inflazione, un finanziamento a tasso variabile per 126 mila euro in 25 anni comporterà un esborso di 2000 euro l’anno in più rispetto a pochi mesi fa, quando gli interessi della Bce erano nulli.
Discorso simile anche per il tasso fisso, spiega La Stampa. Per lo stesso finanziamento l’aumento, riporta il quotidiano di Torino sarà di 1600 euro l’anno.
Chi vive in affitto non se la passa meglio, con i canoni che secondo le rilevazioni sono saliti, in media, del 3,5% nel corso del 2022. Si tratta di un aumento di circa 420 euro l’anno se si considera un affitto di mille euro al mese. E di circa 250 euro l’anno sulla rata media italiana di 600 euro al mese. Ci sono, però, sostanziali differenze tra una città e l’altra, con Milano, Bologna e Venezia dove la percentuale del rincaro va oltre la doppia cifra e centri minori come Ravenna, Cuneo e Biella con i canoni in lieve calo.
L’aumento degli affitti e dei prezzi d’acquisto
Milano si conferma la città più cara d’Italia dove affittare casa, con un prezzo di 21 euro a metro quadro contro una media nazionale di 11,4. Il capoluogo meneghino, però, non è re dei rincari con il suo +11,2% nell’ultimo anno.
Lo scettro spetta a Venezia, dove i canoni sono aumentati del 17,4%. Seguono Bologna (+12,5%), Torino (+12,4%) e Genova (+12,3%). Doppia cifra anche per Firenze (+11%). Più contenuti invece gli aumenti dei canoni a Roma (+6,8%), Napoli (+6,1%) e Palermo (+4,1%). Non solo gli affitti, anche i prezzi d’acquisto del mattone sono in crescita. Nel 2022, acquistare una casa è costato l’1,2% in più rispetto all’anno precedente.
A livello nazionale, il prezzo al metro quadro è passato dai 1.821 euro del 2021 ai 1.843 del 2022. Secondo Vincenzo De Tommaso, responsabile dell’Ufficio Studi di Idealista, i valori non dovrebbero aumentare così tanto anche nel 2023. Tuttavia l’instabilità economica data dalla guerra in Ucraina, dalla crisi energetica e dall’inflazione potrebbe spingere molti a rimandare l’acquisto di una casa.
I mutui
Volano anche le rate dei mutui a tasso fisso. A gennaio 2021 un finanziamento di 126 mila euro in 25 per l’acquisto di un immobile da 180 mila euro comportava una rata mensile di 466 euro. A gennaio 2022 la cifra era già salita a 477 euro, ma è nel corso dell’anno che c’è stato il balzo più alto. Chi contrae il mutuo oggi deve essere pronto a sborsare 614 euro al mese di rata. La vera stangata deve ancora arrivare, invece, per i mutui a tasso variabile. Nel 2022 chi si è affidato a un finanziamento di questo tipo ha dovuto spendere 400 euro in più rispetto al 2021. Ma il momento caldo arriverà nei prossimi mesi. Stando ai tassi dell’indice Ue Euribor, su cui si basano gli interessi dei mutui, a gennaio 2022 la rata per il mutuo di riferimento era di 456 euro. Tra gennaio 2023 e giugno, però, questa potrebbe aggirarsi intorno ai 620 euro, per poi salire ancora – a 718 euro – nella seconda metà dell’anno. Nei 12 mesi, si tratta di un esborso complessivo di 8 mila euro, contro i 6 mila dell’anno precedente.
(da Open)

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COVID, PER I NON VACCINATI OVER 60 IL TASSO DI MORTALITA’ E’ FINO A SEI VOLTE PIU’ ALTO

Gennaio 7th, 2023 Riccardo Fucile

IL DATO SI RIFERISCE ALLA FASCIA 60-79 ANNI RISPETTO A CHI HA RICEVUTO LA QUARTA DOSE

Il tasso di mortalità da Covid-19 è sei volte più alto nella fascia di età tra i 60 e i 79 anni tra i non vaccinati rispetto a chi ha ricevuto la quarta dose da meno di 120 giorni. Lo dice l’Istituto superiore di sanità nel suo rapporto «Sorveglianza, impatto delle infezioni ed efficacia vaccinale», nel quale si evidenzia anche come il tasso nella stessa fascia di età sia tre volte più alto tra i non vaccinati e chi ha ricevuto almeno due dosi.
Il vaccino quindi continua a proteggere i soggetti più fragili della società e garantire protezione contro le forme più aggressive della malattia. Tanto che il tasso di ricovero di chi non si è vaccinato è 2,5 volte maggiore rispetto a chi fa fatto tre dosi, e 3,5 volte maggiore per chi ha ricevuto la seconda dose booster da meno di 120 giorni.
Il dato è simile anche nelle terapie intensive: il tasso di ricovero dei non vaccinati è il triplo rispetto a chi ha completato il ciclo vaccinale e il quadruplo rispetto a chi ha ricevuto anche la quarta dose. Per gli over 80 poi, i numeri sono anche più elevati. Il tasso di mortalità è di quasi sei volte più alto rispetto ai vaccinati con tre dosi e quasi undici volte maggiore rispetto a chi ha ricevuto la dose booster da meno di 120 giorni. Il tasso di ricovero in un reparto ordinario è sei volte superiore ha chi ha ricevuto il richiamo, mentre il tasso di ricovero nei reparti intensivi è fino a dieci volte superiore.
(da Open)

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GRAFFITI NO VAX SULLA FACCIATA DI UN CENTRO MEDICO PUBBLICO ALLA PERIFERIA DI ROMA

Gennaio 7th, 2023 Riccardo Fucile

“MEDICI ASSASSINI”, TORNA IL DELIRIO

«Vaccini = morte». «Medici pro-vax assassini». «I malori improvvisi sono morti da vax uccisi». Queste e altre scritte sono apparse sulle mura della Casa della salute a Tenuta di Torrenova, rientrante nella zona dell’ASL Roma 2.
A denunciare l’atto vandalico è stato, su Facebook, l’assessore alla Sanità della Regione Lazio Alessio D’Amato. Che attacca i «vigliacchi farneticanti No Vax»: «Condanno totalmente questa vera e propria aggressione, ed esprimo piena solidarietà a tutti i nostri operatori e le nostre operatrici che non si lasceranno intimorire».
«Mi auguro – prosegue D’Amato – che gli autori del gesto vengano assicurati alla giustizia». L’assessore conclude il suo messaggio con uno sfogo: «Siamo stanchi, dopo oltre due anni, di queste aggressioni nei confronti di chi fa il proprio lavoro al servizio della comunità ed in difesa della salute».
L’attacco alla Casa della salute a Tenuta di Torrenova arriva a distanza da soli due giorni dallo sfregio No Vax al cimitero di Bergamo, tra le città più colpite dalla pandemia di Coronavirus nel 2020. «Vergognatevi – aveva inveito su Facebook l’assessore comunale Giacomo Angeloni, che a marzo di tre anni fa aveva coordinato con Prefettura e carabinieri il trasporto dei feretri –. Imbrattare con frasi no vax il cimitero di Bergamo che accoglie più di 3000 morti di Covid è veramente da idioti».
(da agenzie)

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USA, IL REPUBBLICANO MCCARTHY E’ IL NUOVO SPEAKER DELLA CAMERA DOPO 15 VOTI, UNA QUASI RISSA E L’INTERVENTO DI TRUMP

Gennaio 7th, 2023 Riccardo Fucile

LA LITE TRA IL “RIBELLE” GAENTZ E MCCARTHY

Il repubblicano Kevin McCarthy è il nuovo speaker della Camera. Ma per eleggerlo ci sono volute 15 diverse votazioni.
Dopo il fallimento della 13esima votazione, alla 14esima McCarthy ha ottenuto 216 voti, due in meno rispetto a quelli necessari.
Durante il voto il repubblicano è andato dal collega Matt Gaentz. Tra i due c’è stato un forte scambio di vedute. Poi è arrivata la richiesta di aggiornare la seduta a lunedì. Ma nel frattempo Gaentz , così come l’altro dissidente Andy Biggs, si sono trovati sotto pressione.
E, scrive la Cnn, a quel punto c’è stato anche un intervento di Trump, che ha fatto pressioni sui due per convincerli a votare McCarthy. Nelle urne cinque dei ventidue ribelli totali non hanno votato altri candidati.
La pressione dell’ex presidente non ha funzionato sul leader dei ribelli, che si è astenuto anche all’ultimo voto. Ma senza il voto contrario di Biggs, che ha scritto solo presente assieme ad altri quattro dissidenti, McCarthy l’ha spuntata ottenendo i 216 voti necessari. «Finalmente!», ha esclamato il californiano quando la commessa della Camera ha letto il risultato del voto. Prima del voto le telecamere hanno immortalato la lite tra Gaentz e McCarthy.
(da agenzie)

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