Gennaio 31st, 2023 Riccardo Fucile
TEHERAN INTANTO RIFORNISCE LA RUSSIA DI DRONI-KAMIKAZE E MISSILI
Segreti sono i dettagli, non la guerra. Perché le esplosioni che squassano i siti militari iraniani come a Isfahan sono evidenti, documentate persino da video. L’obiettivo è rallentare i piani strategici della Repubblica islamica. Dai missili ai droni, dalla tecnologia alla bomba. Lo hanno ripetuto ieri il premier israeliano Bibi Netanyahu e il segretario di Stato Antony Blinken in visita nello stato ebraico: non permetteremo che Teheran abbia l’arma nucleare.
La promessa congiunta è figlia della stretta cooperazione. Il capo della Cia William Burns, l’uomo delle crisi difficili, ha appena visto il capo del Mossad. Nel ristretto spazio del Mediterraneo le forze dei due Paesi alleati provano missioni a lungo raggio con il coinvolgimento degli eterni bombardieri B52 e dei moderni F35, con in coda tutto quanto potrebbe servire nel caso di un’operazione contro i mullah. Il regime ha scelto di schiacciare le proteste popolari e, nel contempo, di aiutare la Russia nell’invasione in Ucraina. Gli ha fornito i droni-kamikaze
Sabato a Isfahan sarebbero entrati in azione dei droni, quadrirotori secondo alcune indiscrezioni. Non portano cariche grandi, hanno dimensioni contenute.
Se si sono affidati ai quadrirotori vuol dire che ad agire è stato un piccolo team, che ha manovrato a distanza senza dover affrontare rischi. Ultimo evento di una serie lunghissima, profonda nei fendenti ma che non ha certo fermato l’Iran. Nel luglio 2001 trovano il cadavere di un colonnello coinvolto nello sviluppo di vettori. È nel suo ufficio, ha una pallottola in testa.
Nell’aprile 2006 deflagrazioni danneggiano l’impianto nucleare di Natanz. L’anno dopo muore un ricercatore atomico […] E il 6 ottobre sempre di quell’anno Israele distrugge un reattore in Siria dopo averne seguito il trasferimento dalla Corea del Nord. Il primo agosto 2008 un cecchino piazzato su un’imbarcazione centra un alto ufficiale siriano responsabile di programmi missilistici che si rilassa nella sua villa. A partire dal 2010 la cadenza dei colpi contro gli scienziati si intensifica
La sequenza ha dimostrato come il Mossad abbia penetrato i tanti cerchi di sicurezza, lo scudo non ha evitato l’uccisione di scienziati e del capo del programma atomico, il furto dell’intero archivio sul nucleare, i sabotaggi in laboratori con bombe nascoste nel mobilio, virus informatici, materiale difettoso. Infiltrazioni rese possibile da complicità — ogni cosa ha un prezzo, il denaro fa breccia — e dal supporto di oppositori, disposti a partecipare.
(da Corriere della Sera)
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Gennaio 31st, 2023 Riccardo Fucile
ALCUNI ESEMPI? NON VIVERE ALL’INDIRIZZO DI RESIDENZA UFFICIALE E LAVORARE IN NERO PER EVITARE CONTROLLI
«Il panico è passato, ormai ci siamo abituati a questa situazione», dice Evgeny, 28 anni, parlando della possibilità di una nuova mobilitazione in Russia. Il ragazzo, che lavora come barista in un popolare locale nel centro di San Pietroburgo, ha ricevuto l’ordine di arruolamento durante la scorsa mobilitazione ma non si è presentato all’ufficio. Dopo settimane di tensione, Evgeny ha capito come funziona l’arruolamento e come evitarlo: non vivere al suo indirizzo di residenza ufficiale e lavorare in nero per evitare che lo vengano a cercare.
Da diverse settimane ormai, si diffondono le voci di una seconda ondata di mobilitazione imminente in Russia. Secondo le fonti governative della Cnn, il governo russo starebbe per chiamare alle armi fino a 200.000 uomini, in aggiunta ai 300.000 già arruolati lo scorso autunno per combattere in Ucraina.
Una versione sostenuta ieri dal Ministero della Difesa britannico, secondo il quale il governo russo «tiene aperta l’opzione di un altro giro di arruolamenti», ma è preoccupato di provocare un aumento del dissenso interno.
Come mostra un sondaggio governativo riservato ottenuto dal canale Telegram russo Faridaily, la scorsa mobilitazione ha causato un forte choc nella popolazione ed è stata largamente percepita come il segnale che la guerra non stava andando secondo i piani. Per questo, secondo delle fonti governative interpellate da Faridaily, la prossima chiamata alle armi probabilmente non avrà carattere generalizzato ma avverrà in maniera più mirata e graduale.
La settimana scorsa la retorica del Cremlino è cambiata: Peskov ha detto che il decreto di mobilitazione continua ad essere attivo in quanto, oltre alla chiamata alle armi, includerebbe «altre misure necessarie per garantire l’adempimento degli obiettivi delle forze armate». Non è chiaro di quali misure si tratti esattamente.
Secondo alcuni media locali e canali Telegram, da qualche settimana gli uffici di reclutamento in diverse città della Russia starebbero convocando uomini per «verificare le loro credenziali». Per ora si tratta di casi singoli mentre, sempre secondo le fonti di Faridaily, non ci sarebbero segnali che indichino un’imminente chiamata alle armi su grande scala. Senza contare che una buona parte dei soldati arruolati lo scorso autunno non sono ancora stati impiegati al fronte.
(da La Stampa)
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Gennaio 31st, 2023 Riccardo Fucile
LA ROMPIGHIACCIO RAGGIUNGE IL PUNTO PIU’ A SUD DI SEMPRE
La rompighiaccio italiana “Laura Bassi” ha raggiunto il punto più a sud mai toccato da una nave. Si tratta di un sito fino a oggi inesplorato parte della Baia delle Balene alla latitudine di 78° 44.280′ S. Nell’area più meridionale del Mare di Ross mai navigata. Il record della nave dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) è stato battuto nell’ambito della campagna oceanografica della 38esima Spedizione Italiana del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA). L’obiettivo della missione è effettuare campionamenti per il progetto Bioclever con cui i ricercatori studiano «la comunità ittica larvale della piattaforma continentale del Mare di Ross». Nello specifico, verranno valutati l’efficacia delle pratiche di gestione della fauna e l’impatto che questa soffre a causa dei cambiamenti ambientali e climatici. I primi stadi di vita dei pesci, infatti, sono tra i più sensibili alle variazioni di questo tipo, tra cui la temperatura, e possono quindi fare da campanello d’allarme per potenziali ricadute a cascata sul resto della fauna dell’area.
Il progetto
Nell’ambito del progetto ci sono anche il lancio e il recupero di boe e la messa a mare dei “mooring” per lo studio delle colonne d’acqua e la realizzazione di mappe delle aree non cartografate. Le operazioni sono state rese possibili dal mare insolitamente libero dai ghiacci. Al suo ritorno, la «Bassi» porterà con sé i campioni ottenuti dai carotaggi del ghiaccio iniziati lo scorso novembre nell’ambito del progetto europeo “Beyond Epica” guidato dal professor Carlo Brabante. Il rientro al porto di Lyttelton in Nuova Zelanda è previsto per il 6 marzo 2023, mentre quello in Italia è atteso per la seconda metà di aprile.
Il salvataggio dei migranti
Il record di latitudine non è l’unico evento che ha reso speciale il viaggio della rompighiaccio italiana. A novembre, quando la nave si trovava nel Mar Jonio, diretta in Nuova Zelanda, ha salvato dalle onde 92 migranti in un’imbarcazione a una decina di ore di navigazione dal porto di Kalamata, in Grecia, dove i naufraghi sono poi sbarcati. Nello specifico si trattava di 23 bambini, alcuni in tenera età, 20 donne e 49 uomini in maggioranza di nazionalità afgana. A bordo della Bassi i migranti avevano ricevuto le prime cure mediche e erano stati rifocillati.
(da il “Corriere della Sera”)
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Gennaio 31st, 2023 Riccardo Fucile
QUATTRO CAMBI E 47 FERMATE PER UN TRATTO DI STRADA CHE, IN AUTO, SI PERCORRE IN TRE ORE E MEZZA…STIAMO PARLANDO DEL TRENO PIÙ LENTO D’ITALIA ED È LO SPECCHIO DEL CATASTROFICO STATO IN CUI VERSANO LE FERROVIE NELL’ISOLA
Dalla stazione di Trapani parte ogni giorno il treno regionale più lento d’Italia e magari d’Europa: tredici ore e otto minuti (salvo ritardi, festivi esclusi) per arrivare a Ragusa dopo quattro cambi e 47 fermate in altrettante stazioni «impresidiate», ovvero (burocratichese Fs) abbandonate alla natura (fanno, circa, 25 km/h). Da capoluogo a capoluogo, in auto servono tre ore e mezza, in treno dall’alba al tramonto
Lasciamo Trapani puntuali alle 6 e 50 . Prima tappa Palermo, in teoria a un tiro di schioppo: nel 1933 ci si arrivava in due ore e mezza, dal 1953 al febbraio 2013 in due ore. Poi un bel giorno la linea franò: «La ripristineremo in pochi giorni» dissero le Fs. Dopo dieci anni si gira ancora larghissimi sulla linea per Mazara, Marsala e Castelvetrano arrivando nel capoluogo dopo cinque ore.
Bella, bellissima è invece la stazione di Caltanissetta da dove parte (al tramonto) l’ultima frazione del viaggio
Arrivando a Modica
È quando entriamo rantolando nella stazione di Ragusa (cosa volete che siano 13 minuti di ritardo dopo un giorno intero di viaggio) Girolamo, macchinista «in transito», ci informa che la corsa non termina nel capoluogo, come pensavamo: il servizio si chiude mezz’ora dopo tra le meraviglie di Modica, dove il treno riposerà fino all’alba prima di ripartire per Siracusa. Sbarchiamo a Modica alle 20 e 30: nella stazione deserta le luci sono fioche e manca perfino il sottopassaggio.
Attraversiamo i binari spaesati come i contadini girgentini de Il Lungo Viaggio, uno dei racconti più belli di Leonardo Sciascia, che avevano affidato i loro risparmi e la loro vita a un intermediario, il signor Melfa, che li imbarcò a Gela con la promessa di traghettarli in America. Lasciati di notte su una spiaggia dagli scafisti dopo giorni passati sottocoperta, vagabondarono per ore prima di buttarsi «come schiantati sull’orlo di una cunetta: ché non c’era fretta di portare agli altri la notizia che erano sbarcati in Sicilia».
(da il “Corriere della Sera”)
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Gennaio 31st, 2023 Riccardo Fucile
LA PERCENTUALE DI CHI NON VUOLE SPEDIRE GLI ARMAMENTI A KIEV SALE AL 65% A EST
«L’eterno grigio» del cielo berlinese è molto più che pura meteorologia, è una condizione dello spirito, un invito alla riflessione. E dal tetto del Berliner Scholss, non solo la cupola del Duomo di Berlino e la torre della televisione di Alexanderplatz acquistano una nuova prospettiva. Anche la guerra in Ucraina e il brulicare di opinioni sulla fornitura di nuovi sistemi d’arma, come i carri armati Leopard 2, guadagnano in chiarezza.
«Il giorno dopo l’aggressione di Putin all’Ucraina ho pensato: “datemi il mio libretto degli assegni e ditemi quanto vi serve per comprarvi armi e ricacciarlo indietro”», ci racconta Barbara, 64 anni, professoressa di germanistica.
«Questa naturalezza per poco mi è costata il legame con la mia migliore amica», dice. «Da un anno non possiamo più parlare di politica. È doloroso. Lei ripete solo pace, pace, pace e abbassa lo sguardo. Per noi tedeschi le cose sono più difficili», tenta di spiegare: «Per quelli nati del dopoguerra come me», continua Barbara, «c’era la generazione dei padri e dei nonni, implicata in crimini terribili, e poi c’era la nostra, nata in tempo di pace e cresciuta al motto “mai più guerra”». Non è semplice cambiare punto di vista: «Per noi essere buoni, stare dalla parte giusta, significa volere la pace».
Anche i sondaggi raccontano di questa spaccatura tra la popolazione, una divisione che è insieme politica, geografica e generazionale. Secondo un rilevamento Forsa di pochi giorni fa una stretta maggioranza dei tedeschi, il 53%, sostiene la decisione del governo di inviare i panzer Leopard 2, mentre il 39% non la condivide. E la percentuale dei contrari all’Est diventa ancora più alta: il 65 %. Nei nuovi Laender, come vengono chiamati le 5 regioni orientali, è alto in particolare il timore di una reazione militare russa contro la Germania, il 59% contro il 33% dei Laender dell’Ovest
Anche a sul fronte orientale della Germania il panorama è tutt’altro che omogeneo. C’è chi si sente ancora legato a quel che rimane dell’Unione sovietica e chi invece è rimasto, allora come oggi, ostile. […] «Da una parte l’Ucraina ha tutto il diritto di difendersi e riprendersi i suoi territori, dall’altro questo invio dei carri armati significa che la guerra durerà più a lungo e ci saranno più vittime» dice. «Il cancelliere però ha fatto bene a pensarci a lungo» conclude la pensionata. «Se stiamo uniti, siamo tutti più sicuri».
A Steffi, ingegnere bavarese da vent’anni a Berlino, non piace rispondere sulla questione dell’invio di armi: «Il punto non è essere favorevoli o contrari ai Leopard 2, a me è mancato un dibattito serio sulla partecipazione alla guerra», ci spiega, uscita da lavoro. «Io sono iscritta al partito dei Verdi anche perché si sono sempre detti contrari a mandare armi a Paesi in guerra. E adesso?». E aggiunge: «Se dici certe cose in pubblico vieni guardato male. Essere contro l’invio delle armi, equivale a sostenere Putin», dice.
(da “la Stampa”)
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Gennaio 31st, 2023 Riccardo Fucile
MA IL COMUNE DI CENTRODESTRA DI PALERMO E’ LATITANTE
L’impianto di riscaldamento potrebbe essere riattivato nei prossimi giorni. Parola di Rosaria Corona, dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo di Palermo “Boccadifalco Tomasi di Lampedusa” al quale appartiene la scuola Emanuela Loi dove nei giorni scorsi un’alunna che frequenta la quinta elementare è andata in ipotermia per il freddo, tanto da necessitare un ricovero in ospedale.
Raggiunta da Fanpage.it, la preside della scuola primaria ha fatto sapere che questa mattina è stato effettuato un primo intervento da parte di una ditta privata, ma che il riscaldamento non è stato ancora riattivato: “Non ho parlato con i genitori della bambina e non ho avuto conferma che si sia trattato di un caso di ipotermia – spiega Rosaria Corona – ho visto la bimba tremare, e per questo abbiamo chiamato il 118. I problemi sono iniziati a gennaio dello scorso anno: i lavori da fare sono tantissimi: sia l’impianto termico che quello fognario hanno necessità di essere ripristinati, cosa che richiede tempo e soldi. E in questo solo il Comune può dare risposte”.
Cosa è successo nella sua scuola?
La bambina, e l’ho visto con i miei occhi, ha avuto un malessere, tremava, non stava bene. Da qui la decisione di allertare il 118: il personale sanitario ha poi deciso di trasportarla in ospedale per degli accertamenti. Essendo dati sensibili che riguardano una studentessa non siamo tenuti ad avere informazioni sul suo stato di salute, quindi saranno i genitori a decidere se diffonderli o meno, ma ciò che posso dire è che la bambina ha avuto un malore ed è stata portata in ospedale.
I genitori della bambina cosa vi hanno detto?
Nulla. I rappresentanti dei genitori nel consiglio d’istituto hanno fatto sapere alla scuola che si è trattato di un caso di ipotermia, ed è quello che ho scritto nella nota che ho inviato agli organi competenti.
L’impianto di riscaldamento della scuola è stato aggiustato?
L’intervento è stato effettuato da una ditta privata che abbiamo contattato noi in quanto scuola, con i soldi che il comune ci ha affidato, perché i lavori sono di competenza comunale. Prima che potesse essere realizzato però è passato del tempo, perché il circuito termico che riscalda la scuola è in un vano che non è di facile accesso, quindi tutte le ditte chiamate a intervenire hanno sempre rifiutato. È stato grazie all’aiuto di un genitore che sono riuscita a trovare una ditta specializzata nel settore che proprio oggi ha effettuato il lavoro con degli operatori specializzati. Di fatto è stato riparato solo un pezzo, ma i lavori da fare sono tantissimi. Diciamo che abbiamo tamponato per riattivare l’impianto di riscaldamento. Come ho scritto nelle mie note sia l’impianto termico che quello fognario hanno necessità di essere ripristinati, cosa che richiede tempo e soldi. E in questo solo il Comune può dare risposte.
Quindi l’impianto ha ripreso a funzionare?
Al momento no, la società da noi appaltata sta facendo ancora l’intervento ma siamo fiduciosi. Se nei prossimi giorni dovesse essere riattivato lo comunicherò in via ufficiale attraverso una nota come è giusto che sia.
Da quanto tempo si protrae questa situazione?
Per quel che riguarda il plesso interessato i primi problemi sono iniziati a gennaio dell’anno scorso, e da marzo abbiamo avuto la disattivazione della caldaia. Nel mio istituto comprensivo il plesso Tomasi di Lampedusa che è ubicato poco distante dalla scuola Emanuela Loi è senza riscaldamento da dieci anni. E parliamo di una scuola secondaria di primo grado, lì la caldaia è stata proprio disinstallata in quanto ritenuta fuori norma, perché vecchia, e il Comune non ha ancora ripristinato l’impianto. Il problema non è risolto.
(da Fanpage)
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Gennaio 31st, 2023 Riccardo Fucile
FURIA PD: “VERGOGNATI”
Basta un attimo e l’aula esplode. Si dibatte dell’istituzione della commissione Antimafia. Prende la parola Giovanni Donzelli, potente deputato di Fratello d’Italia, vicinissimo a Giorgia Meloni, vicepresidente del Copasir, con incarichi apicali nel partito e scelto di recente anche come commissario della federazione romana di FdI.
Fa riferimento a una visita in carcere all’anarchico, nel passato, di alcuni parlamentari del Pd, tra cui Andrea Orlando, Walter Verini e Debora Serracchiani, effettuata tra l’altro nell’esercizio delle loro prerogative di parlamentari. E cita parti delle affermazioni di Alfredo Cospito riportate da Repubblica in relazione al 41 bis.
Ecco le parole di Donzelli che accendono la miccia in Aula: ”Il 12 gennaio 2023, mentre parlava con i mafiosi incontrava anche i parlamentari Serracchiani, Verini, Lai e Orlando, che andavano a incoraggiarlo nella battaglia. Allora voglio sapere, Presidente, se questa sinistra sta dalla parte dello Stato o dei terroristi con la mafia. Lo vogliamo sapere in quest’Aula, oggi!”.
Un’equazione inaccettabile, per il Partito democratico. Un insulto che richiede scuse immediate. In un attimo, esplode il caos a Montecitorio. Paonazzo, prende la parola Federico Fornaro, poi tocca a Debora Serracchiani: “Sbaglia chi pensa di poterci dividere tra buoni e cattivi su temi così delicati. È stato un grave errore intervenire questa mattina con parole che avrebbero dovuto essere evitate nel modo più assoluto”, ha detto la capogruppo del Pd che ha invitato “Giovanni Donzelli a vergognarsi”.
“Ci sono molte ragioni per le quali potremmo invitare Donzelli a vergognarsi e non le ripeterò tutte in quest’aula, ne dirò solo due – replica di Peppe Provenzano, vicesegretario del Pd – La prima è che il suo intervento non c’entra nulla con l’articolo uno della proposta di legge che stiamo esaminando. La seconda è che sta sporcando la profonda unità che stiamo cercando di costruire sui temi della lotta alla mafia. Unità. Le chiedo, presidente, di richiamare Donzelli al rispetto della sua funzione e di tutti noi che siamo in quest’aula”.
Sono furiosi, chiedono un intervento del gruppo di Fratelli d’Italia, pretendono una totale retromarcia di Donzelli. Che però, nei minuti successivi, non arriva. Anzi, la meloniana Lucaselli rilancia: ”La questione nasce da un fatto: è vero o no che alcuni parlamentari del Pd sono andati a trovare Cospito? Donzelli nell’ambito della critica politica ha semplicemente riportato un fatto”.
Il centrosinistra sceglie la linea dura. Parla anche Enrico Letta, chiede ”rispetto”. Cosa c’entra una visita in carcere effettuata da alcuni parlamentari con la mafia? ”Così – attacca il verde Angelo Bonelli – è complicato andare avanti! Onorevole Donzelli, lei ha detto una sciocchezza. Si scusi”. Il caso non accenna a chiudersi, la polemica infuria.
(da La Repubblica)
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