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L’AVVERTIMENTO DEI LEADER EUROPEI: “COSI’ MELONI FARA’ PICCOLA L’ITALIA”

Febbraio 11th, 2023 Riccardo Fucile

IL RISCHIO DELLA TEMPESTA PERFETTA: DA MARZO LA RIDUZIONE DELL’ACQUISTO DEI TITPOLI DI STATO DA PARTEB DELLA BCE

“Decidere di andare allo scontro con Macron non è stata una scelta smart” . Il giorno dopo il Consiglio europeo che ha mostrato plasticamente l’isolamento di Giorgia Meloni a Bruxelles, le Cancellerie di mezza Ue iniziano a interrogarsi su quale sia il vero volto della presidente del Consiglio.
Il sentimento prevalente fino a qualche giorno fa si poteva sintetizzare in “scampato pericolo”, ora sta evolvendo in “può diventare un problema”. Così un autorevole esponente diplomatico di un Paese nordico ripete a chiare lettere: “Litigare con Francia e Germania non porta mai risultati. Solo isolamento e irrilevanza”. E lei deve decidere se entrare nel gruppo dei “grandi” o in quello dei “piccoli”.
Il punto è che la leader di FdI si trova sempre su quel crinale sottilissimo tra affidabilità e inaffidabilità. E consegnarsi ad un giudizio negativo è il modo peggiore per tutelare l’interesse nazionale. Lo è semplicemente perché l’Italia per una serie di condizioni oggettive – a cominciare dal debito pubblico – non ha abbastanza forza per contrapporsi agli alleati più strutturati.
(da La Repubblica)

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A PARIGI SONO SORPRESI PER IL NERVOSISMO DI GIORGIA MELONI PER IL MANCATO INVITO ALLA CENA RISERVATA

Febbraio 11th, 2023 Riccardo Fucile

“SE LA LEADER ITALIANA PER SETTIMANE NON È RIUSCITA A TROVARE UN BUCO IN AGENDA PER VENIRE ALL’ELISEO, DAVVERO LO AVREBBE TROVATO ALL’IMPROVVISO MERCOLEDÌ?”

Mercoledì sera, quando è stato chiaro che Zelensky sarebbe arrivato troppo tardi, le autorità francesi hanno cancellato la cerimonia agli Invalides, vicino alla tomba di Napoleone. Ed Emmanuel Macron ha aspettato il presidente ucraino direttamente sul cortile dell’Eliseo, dove è finalmente arrivato alle 22 e 10. Sono stati giorni di sorprese e di concitazione, nel governo francese.
La prima sorpresa, mercoledì mattina, è stata la notizia che — nonostante le trattative per una visita solenne a Parigi — il presidente ucraino era andato invece a Londra, a parlare di aerei da combattimento e piloti.
Quindi telefonate agitate e nuovo invito volante a Zelensky e poi al cancelliere tedesco Scholz, per rimettere l’Europa anche simbolicamente al centro dei giochi.
La seconda sorpresa, giovedì mattina: la cena notturna e improvvisata a tre Macron-Scholz-Zelensky era andata bene, lo smacco diplomatico a favore di Londra sembrava scongiurato, ma neanche qualche ora per tirare un sospiro di sollievo ed ecco che la leader italiana Meloni rovinava la festa, definendo l’incontro «inopportuno».
Vista da Parigi, la protesta italiana resta a dir poco curiosa: quello di mercoledì sera non è stato un vero vertice ma una riunione informale e soprattutto da tempo Macron aveva invitato Meloni a Parigi: «Se la leader italiana per settimane non è riuscita a trovare un buco in agenda per venire all’Eliseo, davvero lo avrebbe trovato all’improvviso mercoledì?».
Qui c’è il nocciolo del problema: dopo la crisi sui migranti della Ocean Viking, a novembre, la collaborazione tra Italia e Francia è andata avanti con una decina di incontri a livello ministeriale ma quando serve uno scatto, quando c’è bisogno di un’intesa e una fiducia reciproca tra i leader, gli automatismi tra Roma e Parigi ancora non ci sono. E, fanno notare i francesi, non certo per colpa dell’Eliseo.
È questo il senso anche dell’ultima dichiarazione di Macron: «Non ho avuto un incontro bilaterale con la presidente del Consiglio Meloni ma ci siamo incrociati. Io sono sempre rispettoso delle persone e delle loro scelte. È una questione di principio. E sono felice soprattutto che faremo insieme una cosa importante per l’Ucraina, con la consegna del Samp-T (il sistema italo-francese di difesa anti-aerea, ndr ). È questo ciò che conta, l’efficacia». Nella visione di Parigi la prima a sembrare non interessata è Meloni.
(da il “Corriere della Sera”)

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DITE ALLA MELONI CHE LA SUA METAFORA DELL’EUROPA COME IL TITANIC (“SE UNA NAVE AFFONDA NON CONTA QUANTO HAI PAGATO IL BIGLIETTO”) E’ COMPLETAMENTE SBALLATA

Febbraio 11th, 2023 Riccardo Fucile

GLIELO SPIEGA JAMES CAMERON, REGISTA DEL FILM “TITANIC”: “A SALVARSI, OGGI COME ALLORA, SARANNO I RICCHI. QUASI TUTTE LE PERSONE IN TERZA CLASSE MORIRONO, AL CONTRARIO DELLA PRIMA CLASSE DOVE LA METÀ DEGLI UOMINI RIUSCÌ A SOPRAVVIVERE”… TRADOTTO: I RICCHI, CIOE’ GERMANIA E FRANCIA, SI SALVERANNO. NOI FINIREMO SOTT’ACQUA

“Chi pensa ad una Ue di serie A e serie B, chi pensa che l’Europa debba essere un club in cui c’è chi conta di più e di meno, sbaglia. Secondo me quando si dice che l’Ue ha una prima classe e una terza classe, vale la pena ricordarsi del Titanic. Se una nave affonda non conta quanto hai pagato il biglietto”. Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in conferenza stampa a Bruxelles.
Cameron: «Oggi siamo tutti su un Titanic, il nostro iceberg sarà il disastro ecologico prossimo venturo. E a salvarsi, oggi come al tempo di quel naufragio, saranno i ricchi».
Dice che c’è un sottotesto importante nel suo film: «C’è chi sopravvisse e chi morì, quasi tutte le persone in terza classe morirono, al contrario della prima classe dove la metà degli uomini riuscì a sopravvivere, così come quasi tutte le donne e i bambini. Del disastro climatico contro cui stiamo andando a sbattere parliamo da anni, senza che nessuno riesca a cambiare rotta alla nave. E sapete chi soffrirà di più? I poveri, non le nazioni ricche che hanno causato questo disastro. Furono i ricchi, con la loro impazienza di arrivare a New York, a causare la tragedia del Titanic. Succede lo stesso mentre andiamo dritti verso un maledetto iceberg chiamato clima».
(da Il Corriere della Sera)

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PERCHE’ L’ITALIA E’ UN PAESE RAZZISTA COME HA DETTO PAOLA EGONU, SPIEGATO FACILE A CHI PENSA NON LO SIA

Febbraio 11th, 2023 Riccardo Fucile

BASTA SPULCIARE TRA I COMMENTI SOTTO LE FOTO DI PAOLA PER CAPIRE… E QUESTA FECCIA E’ ANCORA A PIEDE LIBERO

Matteo Salvini ha risposto che non è vero, e anche l’attuale ministro leghista Roberto Calderoli (già condannato in primo grado a un anno e sei mesi con l’aggravante razziale per aver definito l’ex ministra Cecile Kyenge “orango”), ha smentito che l’Italia sia un Paese razzista.
Che detta così, onestamente, fa già abbastanza ridere.
A questo punto, per curiosità, sono andato a leggere qualche commento sotto le foto di Paola Egonu, postate sui social dai maggiori quotidiani nazionali durante il racconto della serata sanremese di ieri.
In poco meno di venti minuti ho letto questi commenti:
“Dai, sì, guardatela in faccia, si vede proprio che è italiana”
“Lei è italiana? Come no, e i napoletani non puzzano così tanto da far scappare pure i cani”
“L’ Italia non è razzista visto che vengano tutti in Italia, ricordo ogni giorno vengono assistiti 127.000 clandestini con costi per noi italiani insopportabili”
“Pallavolista nigeriana nuova eroina dei comunisti”
“Se l’Italia fosse razzista tutti questi immigrati non si troverebbero qui”
“L’Italia è razzista, sì, però abbiamo anche dei difetti”
“Amadeus invita proprio cani e porci ahahah”
“Si fa troppe domande”
“Complessata”
“Fragile”
“Lei non ci interessa, siamo pieni di campioni italiani”
“Voglio ricordare che Pamela è stata fatta a pezzi da uno nero”
“Supercampionessa di sputo nel piatto dove ha mangiato”
“Se L’Italia fosse razzista si starebbe molto, ma molto meglio. La fregatura è che non lo è!”
“Scimmiaaaaa!”
“Fatela ricoverare”
“Basta piagnistei”
“Prima cosa si rifacesse i denti”
“Con quella bocca può mangiarci tutti”
“Sembra un cavallo. Ah, no, è solo nera”
“Noi non siamo razzisti forse siamo stanchi di essere invasi dagli stranieri”
“La vera razzista è lei”
“Io bionda con occhi azzurri mi sento emarginata, In TV non se ne vede più una”
“Io ieri sera l’avrei cacciata a calci”
“Se non ti piace questo Paese cambialo”
“Se lei ha bisogno di un aiuto psicologico vada da un professionista”
“E nessuno parla del ragazzo in fin di vita accoltellato in stazione da tre africani!”
“Tornasse da dove è arrivata”
“Bella moneta infangarci così, noi italiani li accogliamo e gli diamo un futuro”
“Io quando sento lei diventato razzista con orgoglio”
“Oh, è arrivata l’Italia buonista quella delle ONG”
“Io preferisco pensare ai bambini disabili che non possono giocare come gli altri”
“Le piace piangersi addosso, mi ricorda i drogati che davano la colpa alla società se si infognavano”
“L’Italia non è razzista , è solo che gli italiani in questo momento si sentono un po’ oppressi da quello che gli sta intorno”
“Perché non se ne torna in Turchia?”
“In conferenza stampa ci ha accusato di essere razzisti, ma come si permette?”
“Noi non siamo razzisti!”
Dopo questi commenti – e migliaia di altri, che chiunque di voi può trovare facilmente in rete sotto a ogni foto o articolo che parli di Paola Egonu – lascio a voi la chiosa finale e la vostra opinione.
(da Fanpage)

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IL SUD HA PERSO 500.000 ABITANTI IN DIECI ANNI

Febbraio 11th, 2023 Riccardo Fucile

PERCHE’ L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA NON E’ LA SOLUZIONE

Dal 2012 al 2021, le Regioni del Sud hanno perso circa 525mila residenti a favore del Centro-Nord. Più di un milione di persone (1 milione e 138mila) ha lasciato il Mezzogiorno, e solo 613mila sono rientrati. Chi se n’è andato era per la maggior parte giovane, e in molti casi laureato.
La Regione da cui sono partite più persone è la Campania (il 30% del totale), poi Sicilia (23%) e Puglia (18%). In Calabria, se ne sono andati otto residenti su mille. L’ultimo rapporto Istat sulle migrazioni interne e internazionali della popolazione residente in Italia dà un quadro preciso dell’abbandono del Sud. Francesca Licari, ricercatrice Istat che ha curato il rapporto, ha spiegato a Fanpage.it qual è la situazione.
Il dato che vediamo – cioè che nel Sud Italia se n’è andato mezzo milione di persone in più di quelle che sono arrivate, in dieci anni – è eccezionale?
Questo è importante chiarirlo: no. Il saldo è negativo da sempre. Ho davanti a me una serie storica che parte dal 1997, ma anche andando molto più indietro nel tempo è così: una perdita di popolazione del Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord c’è sempre stata. È da quando l’Italia è nata che si parla di questione meridionale.
Cos’è che spinge le migrazioni?
Il Nord dal punto di vista del lavoro ha un’attrazione che le Regioni del Sud non possono eguagliare, perché le condizioni economiche non sono favorevoli. E così, in dieci anni si arriva a perdere 525mila residenti, che sono appena la metà delle persone che se ne sono andate nel complesso, cioè un milione e 138mila. Poi la perdita viene in parte compensata da un flusso di rientro.
Chi sono le persone che vanno, o ritornano, al Sud?
Ci può essere l’emigrato che ritorna alle proprie zone di origine, e questo lo presumiamo soprattutto quando l’età è sopra i 65 anni…ma in generale il fenomeno è molto ‘camuffato’ e difficile da decifrare, chi rientra è spesso in età da lavoro, quindi non c’è un profilo netto di chi ritorna al Sud. Quello che è certo, invece, è chi si sposta dal Sud al Centro-Nord.
Cioè?
Sono soprattutto giovani, e spesso laureati. Nel decennio 2012-2021, i giovani nella fascia d’età 25-34 anni laureati che hanno lasciato il Mezzogiorno per andare in un’altra parte d’Italia sono stati circa 129mila. Praticamente una persona su quattro, di quelle 525mila che il Sud ha perso, era giovane e con un titolo di studio importante.
Anche le altre Regioni perdono laureati che vanno verso l’estero, no?
In tutte le Regioni italiane il saldo con l’estero è negativo, per quel che riguarda i 25-34enni laureati. Ci sono più persone che partono di quante ne rientrano. Ma è qui i fenomeni si sovrappongono, perché anche dal Sud partono dei giovani laureati per andare all’estero.
Nel complesso, quindi, cosa succede?
Nel Mezzogiorno, c’è chi – sempre tra i giovani laureati – parte e va al Centro-Nord, invece di andare all’estero. E questo compensa i cali per le Regioni settentrionali. Così il Sud perde sempre, mentre il Centro-Nord recupera. Al contrario, la quantità di giovani laureati che si sposta da Nord a Sud è bassissima.
C’è la possibilità che nei prossimi anni lo spopolamento del Meridione diminuisca?
Sono dinamiche storiche, non si esauriranno finché resta il divario sociale ed economico tra Nord e Sud.
Dare più autonomia alle Regioni, ad esempio con il progetto di autonomia differenziata su cui sta lavorando il governo Meloni, può aiutare a migliorare la situazione?
Tutte le politiche di quel tipo hanno un effetto limitato dal punto di vista demografico. Le Regioni più svantaggiate rimangono sempre più indietro rispetto a quelle più sviluppate. Comunque queste sono valutazioni che vanno oltre le rilevazioni del nostro rapporto. È quasi impossibile valutare l’impatto di una politica prima che questa sia implementata. Considerando che si tratta di fenomeni strutturali, sarebbe opportuno effettuare interventi mirati.
Ad esempio quali?
Considerando che a spingere le migrazioni sono soprattutto i fattori economici e sociali, credo che si debba investire sul territorio. Comunque, sulla base degli studi pregressi, è difficile che un solo intervento di policy possa nel breve termine invertire una tendenza di fondo così radicata, e risolvere l’emorragia di persone che lasciano una parte del Paese per andare in un’altra.
Su cosa si dovrebbe puntare?
Cercare di riqualificare le aree depresse, che sono moltissime e spesso concentrate nel Mezzogiorno. Se ne parla da anni, ma il trend è rimasto negativo. Incrementare la natalità e ringiovanire la popolazione, favorire politiche lavorative che permettano il ripopolamento delle aree depresse rendendo attrattivi questi territori. Il Sud è attrattivo dal punto di vista turistico, ma il turismo non può essere la soluzione per l’intero Mezzogiorno.
Serve investire tanto sui territori di origine. Impedire ai giovani di prendere la decisione di abbandonare il luogo in cui sono nati e hanno studiato, per andare a spendere questo capitale umano altrove. Questo dipende da politiche regionali quanto da politiche nazionali.
(da Fanpage)

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QUASI LA METÀ DEI LAVORATORI DIPENDENTI È IMPEGNATO IN ORARI “ANTISOCIALI” DI SABATO, DOMENICA, NEI GIORNI FESTIVI O DI NOTTE

Febbraio 11th, 2023 Riccardo Fucile

IL 60% DEI LAVORATORI SUBORDINATI FA LAVORO EXTRA E UN QUARTO DI QUESTI NON VIENE PAGATO PER GLI STRAORDINARI… LA NOSTRA COSTITUZIONE SU “RETRIBUZIONE PROPORZIONATA ALLA QUANTITÀ E QUALITÀ DEL LAVORO” QUALCOSINA LA PREVEDE

Quasi la metà dei lavoratori dipendenti è impegnato in orari “antisociali” di sabato, domenica, nei giorni festivi o di notte. Questo è quanto emerge da un’indagine dell’Inapp secondo la quale il 60% dei lavoratori subordinati fa lavoro straordinario e un quarto di questi senza una paga supplementare. In pratica, su un campione di 45mila individui riferita al 2021, il 15,9% del totale dei lavoratori dipendenti è costretto ad andare oltre l’orario stabilito dal contratto senza che lo sforzo sia retribuito.
Secondo lo studio il 18,6% dei dipendenti lavora sia di notte che nei festivi (circa 3,2 milioni di persone), il 9,1% anche il sabato e i festivi (ma non la notte), mentre il 19,3% anche la notte (ma non di sabato o festivi).
Il dato dell’indagine, spiegano i ricercatori, potrebbe essere legato anche all’ampio utilizzo dello smartworking nel 2021. Secondo i dati Eurostat riferiti sempre al 2021 sul totale degli occupati (non solo i dipendenti) il 34,2% lavora il sabato, il 14,3% lavora la domenica, il 12,3% la sera (molto meno del 16,3% del 2019 prima della pandemia) e il 5,9% la notte (contro l’8,3% del 2019) Gli uomini – sottolinea la ricerca – sperimentano di più sia il solo lavoro notturno, sia quello svolto sia di notte che nei festivi; le donne, invece sono impegnate più il sabato o nei festivi.
«Spesso la domanda di lavoro richiede disponibilità che confliggono con le esigenze di vita – afferma il presidente Inapp, Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp – è vero che per alcuni settori economici, come il commercio o la sanità, e per alcune professioni, come quelle dei servizi, il lavoro notturno o nei festivi è connaturato alla natura della prestazione, ma è anche vero che questa modalità sembra diffondersi anche dove non è strettamente necessaria. È urgente avviare una seria riflessione».
(da la Stampa)

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LA NUOVA LIBERTÀ DI MARIO MORETTI, EX CAPO DELLE BRIGATE ROSSE RESPONSABILE DEL SEQUESTRO E DELL’OMICIDIO DI ALDO MORO

Febbraio 11th, 2023 Riccardo Fucile

CONDANNATO A SEI ERGASTOLI, IN SEMILIBERTÀ DAL 1997, ORA VIVE A BRESCIA… A 77 ANNI, MORETTI ESCE DAL CARCERE AL MATTINO PER FARVI RIENTRO ALLE 22, PUÒ MUOVERSI NELLA PROVINCIA DI BRESCIA E HA LA POSSIBILITÀ DI ANDARE A MILANO PER LAVORO O PER FAR VISITA AI FAMILIARI – DALL’INIZIO DELL’ANNO L’EX BRIGATISTA, MAI PENTITO E MAI DISSOCIATO DALLA LOTTA ARMATA, SVOLGE ATTIVITÀ DI VOLONTARIATO

Un nuovo capitolo della sua vita lo ha portato a Brescia dove Mario Moretti, figura di spicco delle Brigate Rosse e responsabile del sequestro e dell’omicidio di Aldo Moro, vive da qualche tempo.
Condannato a sei ergastoli, in semilibertà dal 1997, secondo atti che il Giornale di Brescia ha reso pubblici, l’ex Br ha trascorso Capodanno e i primi giorni di gennaio in un appartamento che ha eletto a domicilio in città. Sul citofono di un appartamento in una vecchia palazzina c’è ancora scritto il suo nome, fondamentale per le forze dell’ordine che tra le 22 e le sette del mattino, quando aveva l’obbligo di stare in casa, andavano a controllare che il detenuto fosse realmente presente.
Moretti, 77 anni, risulta associato al carcere di Verziano e dal 4 gennaio deve rispettare le prescrizioni firmate dal Dap sulla base del piano di trattamento approvato dal magistrato di sorveglianza di Brescia il 23 dicembre scorso. Moretti esce dal carcere al mattino per far rientro non dopo le 22, può muoversi con un’auto che è intestata alla compagna e “ha libertà di movimento nella provincia di Brescia, possibilità di recarsi nel comune di Milano per le esigenze lavorative o per far visita ai familiari”.
Da inizio anno l’ex brigatista, mai pentito e mai dissociato dalla lotta armata e che nel 1993 ha dichiarato di essere stato l’esecutore materiale dell’omicidio del presidente della Dc, svolge attività di volontariato per un’associazione bresciana in modalità smart working presso la propria casa per tre giorni alla settimana, mentre per altri due è autorizzato a recarsi nella sede di una Rsa della città. Anche in questo caso il suo è lavoro di ufficio. Ha il divieto di percepire denaro per le attività che svolge come volontario e nemmeno può interrompere il percorso. E sempre come socio volontario collabora in maniera occasionale con una cooperativa di Milano e fornisce assistenza informatica a uno studio legale anche in questo caso di Milano.
Prima di Moretti a Brescia in passato aveva provato a ripartire anche l’ex boss del Brenta Felice Maniero. Con una nuova identità era andato a vivere in un quartiere a nord della città con la figlia e la storica compagna e aveva pure avviato un’azienda che si occupava di depurazione delle acque, realtà poi fallita. L’esperienza bresciana di Maniero è terminata a ottobre 2019 quando è stato arrestato per maltrattamenti sulla compagna. Che gli sono costati una condanna a quattro anni di reclusione.
(da Ansa)

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A UN PASSO DAL TRAGUARDO, SFUMA L’ACCORDO SUGLI AUMENTI SALARIALI TRA ITA E I SINDACATI E SI ANNUNCIA IL PRIMO SCIOPERO (28 FEBBRAIO)

Febbraio 11th, 2023 Riccardo Fucile

DUE CONSIGLIERI HANNO DETTO NO ALL’AUMENTO DEGLI STIPENDI NONOSTANTE LUFTHANSA, CHE PUNTA A RILEVARE UNA QUOTA DI MINORANZA DI ITA ENTRO L’ESTATE, AVESSE DATO IL VIA LIBERA…PERSINO I TEDESCHI HANNO RICONOSCIUTO CHE “I SALARI DELLA COMPAGNIA SONO TRA I PIÙ BASSI D’EUROPA”

A un passo dal traguardo, sfuma l’accordo sugli aumenti salariali tra Ita e i sindacati. E l’ex Alitalia corre verso il primo sciopero che cadrà il prossimo 28 febbraio: un’astensione dal lavoro di quattro ore. […] questa volta i problemi sono tutti interni all’azienda
Giovedì sera l’ad del compagnia aerea, Fabio Lazzerini, ha stretto la mano ai sindacati, i dettagli erano definiti: per i piloti era previsto un aumento del 38% sui minimi tabellari, mentre per gli assistenti il ritocco doveva arrivare al 23%. Previsto anche un rialzo della diaria sui voli internazionali, mentre per il personale di terra, l’aumento definito era nell’ordine del 15%.
Eppure dopo diversi rinvii della riunione convocata al ministero del Lavoro, ieri l’accordo raggiunto non è stato formalizzato. Al punto che il segretario nazionale della Filt Cgil, Fabrizio Cuscito accusa: «L’accordo già concluso e negoziato è stato fatto saltare dall’azienda. […] qualcuno, non solo non ha a cuore gli interessi dei lavoratori, ma gli manca di rispetto ed ha, al contrario, interesse che venga messa a rischio l’operazione di ingresso di Lufthansa».
Anche perché Lufthansa ha dato il proprio benestare all’accordo con i sindacati riconoscendo che i salari in Ita sono largamente inferiori alla media del comparto europeo. Una differenza che si giustifica con il fatto che l’ex Alitalia è di fatto una start up che beneficia di condizioni contrattuali più favorevoli. Motivo per cui i tedeschi che sono in trattativa con il ministero dell’economia per rilevare il 40% del capitale di Ita erano favorevoli a un’intesa con in sindacati.
A bloccare la trattativa sarebbero stati i consiglieri Ugo Arrigo e l’ex manager di EasyJet Frances Ouseley che avrebbero chiesto di poter formalizzare in cda il loro dissenso all’aumento del costo del lavoro in Ita Airways. Un passaggio che si poteva completare solo con la convocazione di un cda straordinario per il quale, però, non c’erano i tempi tecnici. Lo strappo con i sindacati, tuttavia, va ad incrociarsi con la trattativa tra il Tesoro e Lufthansa per la cessione di una quota di minoranza di Ita.
Nel memorandum firmato tra le parti la quota della newco in vendita è compresa in una forchetta tra il 20 e il 40% e il gruppo tedesco si avvia a prendere attraverso un aumento di capitale riservato il 40% per un esborso tra i 250 e i 300 milioni di euro. […] Per l’estate è previsto quindi l’ingresso operativo di Lufthansa in Ita. Centrale nella strategia di Lufthansa l’aeroporto di Fiumicino, destinato a diventare l’hub per l’America Latina e l’Africa essendo quello più meridionale tra gli hub nel network di Lufthansa.
(da la Stampa)

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LA PROSSIMA MOSSA DI PUTIN: ACCERCHIARE L’UCRAINA CON UN GOLPE IN MOLDAVIA?

Febbraio 11th, 2023 Riccardo Fucile

LA PREMIER, NATALIA GRAVILITA, SI È DIMESSA DOPO L’AVVERTIMENTO DI ZELENSKY: “ABBIAMO INTERCETTATO PIANI RUSSI PER LA DISTRUZIONE DELLA DEMOCRAZIA IN MOLDAVIA”… PUTIN VORREBBE METTERE LE MANI SUL PAESE SFRUTTANDO LA PRESENZA DI RIBELLI FILORUSSI IN TRANSNISTRIA

La guerra in Ucraina innesca una psicosi da accerchiamento nella vicina Moldavia. La premier si dimette. L’allarme l’aveva lanciato il presidente ucraino giovedì a Bruxelles: «Abbiamo intercettato piani russi per la distruzione della democrazia in Moldavia conosciamo il come, il chi e il quando del piano per stabilire il controllo russo. Ne ho parlato con la presidente moldava Maia Sandu».
Buona parte dell’esecutivo moldavo guidato dalla premier Natalia Gavrilita ha passato la settimana a Bruxelles.Consultazioni con europei (e americani) devono aver confermato lo scenario spinoso per il futuro prossimo.
Così il governo è rientrato in patria e ieri il potere è passato da un esponente all’altro dello stesso partito filoccidentale. Dorin Recean ha ricevuto l’incarico. Il premier incaricato, Recean, è un ex ministro dell’Interno e consigliere per la sicurezza della Presidenza, uomo ben addentro ai servizi segreti e alla polizia.
La Moldavia è un’ex repubblica socialista sovietica divenuta indipendente nel 1991 e ha una parte del suo territorio (la Transnistria) controllato da ribelli filorussi con anche la presenza di truppe regolari di Mosca. Una situazione del tutto simile alla Georgia, altra ex repubblica dell’Urss, e alle stessa Ucraina. Le tre rientrano nello «spazio sovietico» che Putin rivendica come area di influenza, ma se Ucraina e Moldavia hanno governi che guardano a Ovest, la Georgia da qualche anno è fieramente filo putiniana.
(da Corriere della Sera)

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