Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA HA TROVATO IL MODO DI RICICLARE DENARO SPORCO … I CASI DI NULLATENENTI CON MILIONI DI EURO DI CREDITI NEL CASSETTO FISCALE
C’è un numero – 7,5 miliardi di euro – che è la somma dei crediti fiscali
illecitamente intascati (3,7) e dei profitti illecitamente guadagnati (3,8) che la Guardia di Finanza ha sequestrato negli ultimi mesi nelle indagini sulle grandi truffe dei crediti di imposta legati, principalmente, ai bonus edilizi.
Il dato emerge dalla relazione che la Fiamme gialle hanno depositato la scorsa settimana al Senato. Indagini che hanno portato a centinaia di denunce ma soprattutto a una consapevolezza: nonostante le migliorie apportate alle norme che regolamentano il sistema, ogni qual volta che la polizia giudiziaria mette il naso in questa vicenda dei crediti, trova davanti a sé truffe e sofisticati sistemi di riciclaggio. Che stanno consentendo, anche a esponenti di primo piano della criminalità organizzata, di far girare e ripulire denaro sporco.
«Le attività investigative — si legge nell’informativa — hanno messo in luce grandi rischi di frode e di riciclaggio derivanti dalla circolazione illimitata e non adeguatamente presidiata dei crediti d’imposta. Questo è avvenuto soprattutto con riferimento a quelle agevolazioni (ad esempio il “bonus facciate”) per le quali, in origine non esistevano particolari limitazioni in ordine all’ammontare delle spese ammissibili ovvero alla congruità dei prezzi praticati e non era necessario acquisire uno specifico set documentale ».
Le norme intervenute successivamente — volute dal governo Draghi che aveva chiesto e ottenuto una nuova discussione sui sistemi di erogazione del bonus — che hanno imposto che le spesse fossero vidimate da un tecnico e soprattutto hanno limitato la vendita dei crediti, hanno avuto un effetto deterrente. Ma ormai era troppo tardi. I buoi erano già scappati.
La cronaca ha raccontato di nullatenenti con milioni di euro di crediti nel cassetto fiscale o di somme reinvestite immediatamente in paradisi fiscali esteri. Scoperti grazie a un lavoro fatto su due binari: da un lato l’Antiriciclaggio ha segnalato operazioni finanziarie sospette, dall’altro sono stati incrociati i dati con l’Agenzia delle entrate.
(da la Repubblica)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
LA DIGOS HA SEGNALATO GLI AUTORI: SONO SEI GIOVANI DI AZIONE STUDENTESCA, ORGANIZZAZIONE GIOVANILE DI FRATELLI D’ITALIA
Il fascicolo di indagine è stato aperto dopo il verbale degli agenti della Digos sui sei ragazzi, di cui tre minorenni, coinvolti negli scontri fuori dalla scuola fiorentina
Sull‘aggressione davanti al liceo classico “Michelangiolo” di Firenze la Procura del capoluogo toscano ha deciso di aprire un fascicolo. Il reato ipotizzato è di violenza privata aggravata da parte del gruppo di giovani di Azione studentesca che lo scorso 18 febbraio hanno assalito con calci e pugni due studenti dell’istituto fiorentino.
Nei confronti dei sei giovani, di cui tre minorenni, ci sarebbe anche una segnalazione alla magistratura da parte della Digos che sta attualmente svolgendo le indagini. Per questo la procura di Firenze ha deciso di aprire il fascicolo proprio sulla base di quanto presentato dalla Divisione investigazioni generali e operazioni speciali.
Dopo poche ore dall’assalto avvenuto intorno alle 8:30 del 18 febbraio i militati di Azione studentesca sono stati identificati dalla Digos e quindi denunciati per violenza privata e manifestazione non autorizzata. ««Un’aggressione squadrista di questa gravità e davanti ad una scuola è un fatto intollerabile», aveva commentato subito il sindaco di Firenze Dario Nardella, invitando il Questore a fare chiarezza sulla vicenda.
A distanza di pochi giorni dalla notizia del “Michelangiolo”, anche un altro istituto fiorentino si è fatto avanti raccontando un’aggressione molto simile avvenuta pochi giorni prima. Un gruppo di incappucciati si è introdotto nell’istituto brandendo cinghie contro alcuni studenti che distribuivano volantini.
La dirigente del “Pascoli” ha riportato anche di scritte fasciste comparse poche ore dopo sui muri esterni dell’istituto. Poche ore fa davanti all’ingresso del “Michelangiolo” alcune centinaia di studenti si sono riuniti con lo striscione: «Il 25 aprile scendi in piazza».
(da agenzie)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
PER QUESTO L’ALTO RAPPRESENTANTE DELLA POLITA ESTERA UE, BORRELL, HA INVITATO I PAESI UE A “METTERE MANO ALLE RISERVE DEGLI ESERCITI NAZIONALI E CONDIVIDERE LE MUNIZIONI CON L’UCRAINA”
«L’esercito russo sta sparando 50 mila proiettili al giorno, quello
ucraino molti meno (circa 10 mila, ndr) e noi dobbiamo fare in modo Kiev abbia le stesse capacità». Durante la riunione del Consiglio Affari Esteri dell’Ue, Josep Borrell ha lanciato l’allarme al tavolo dei ministri: «In questa fase stiamo assistendo a una guerra di posizione e il dossier più urgente è quello delle munizioni: se falliamo, la guerra è a rischio».
Al vertice di ieri si è parlato di appalti congiunti per l’acquisto di proiettili da artiglieria da consegnare a Kiev, in particolare quelli di calibro 155. Il problema è che l’esercito ucraino sta utilizzando più proiettili di quanti l’industria bellica europea sia in grado di produrne.
Ursula von der Leyen ha suggerito di adottare la stessa strategia seguita durante la pandemia per l’acquisto di vaccini: siglare congiuntamente degli accordi di acquisto anticipato, per fare in modo che l’industria bellica sia incentivata a investire nell’aumento delle linee produttive.
Borrell ha detto che presenterà una proposta ai ministri della Difesa che si riuniranno il 7 marzo, ma già ieri a Bruxelles è circolato un piano per un maxi-acquisto congiunto di munizioni: un milione di pezzi, in particolare quelli di calibro 155, per un investimento totale di 4 miliardi di euro. L’ha proposto il ministro degli Esteri estone, Urmas Reinsalu, secondo il quale «con le attuali capacità della nostra industria militare possiamo raggiungere il fabbisogno dell’Ucraina in soli sei anni».
Anche aumentando la produzione, però, serviranno mesi per produrre le munizioni necessarie, per questo Borrell ha lanciato un invito preciso ai 27 ministri degli Esteri: «Già a partire dalle prossime settimane bisogna mettere mano alle riserve degli eserciti nazionali e condividere le munizioni con l’Ucraina».
Intanto l’Ue sta cercando di chiudere l’accordo per il decimo pacchetto di sanzioni, che va approvato entro venerdì: colpirà beni per circa 11 miliardi di euro e si concentrerà in particolare sulle tecnologie e i pezzi di ricambio utili all’esercito russo. Nonostante il pressing dei baltici, il settore del nucleare sarà escluso anche questa volta. Si tratta invece per inserire l’import di diamanti, al quale il Belgio si è sempre opposto per tutelare Anversa, capitale mondiale del commercio di pietre preziose.
(da La Stampa)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
IL FUTURO NEGLI STUDENTI STRANIERI E NEI CORSI PER I LAVORATORI DA RIQUALIFICARE
L’insidioso calo demografico italiano, se non conoscerà un’inversione di tendenza che ad oggi non si vede né si ipotizza, desertificherà le università del Paese. L’arco di tempo per vedere il destino realizzarsi è di tredici anni, da qui al 2040.
Un lavoro di “Talents Venture”, società di consulenza specializzata in istruzione universitaria, sostiene che il calo delle nascite, sommato ai flussi degli studenti che lasciano le aree di residenza nel Sud, rischia di “creare veri e propri atenei fantasma, università che, rimaste a presidio dei territori, potrebbero essere frequentate solo da chi ci lavora”.
La situazione più seria è quella dell’Italia meridionale, sostiene il rapporto “Il declino demografico minaccia tutto il sistema universitario”. In Sardegna, Basilicata e Puglia è prevista una riduzione della popolazione, entro il 2040, rispettivamente del 34 per cento, del 33 per cento e del 32 per cento rispetto ai valori del 2023. Nelle regioni del Mezzogiorno la diminuzione progressiva della popolazione di 18-21 anni porterà questa coorte anagrafica nel 2040 a quota 414.000 (era di 703.000 unità nel 2010).
“Le quindici sedi didattiche presenti nei territori che registreranno il declino demografico più severo sono tutte nel Mezzogiorno”, dice Pier Giorgio Bianchi, amministratore di “Talents Venture”. Sei sedi avevano meno di cento studenti iscritti al primo anno già nell’Anno accademico 2021-’22, il 18 per cento dei corsi di laurea italiani aveva venti iscritti o meno. “La loro esistenza è minacciata”, si legge. Le situazioni più critiche sono state rilevate in Basilicata, Sicilia e Molise.
Secondo lo studio gli atenei che potrebbero veder ridurre gli immatricolati “in sede” (senza, appunto, considerare i “fuori sede”, che arrivano da altre province) sono Enna Kore, Basilicata, Foggia, Sannio e Federico II di Napoli: “Con questi trend demografici conosceranno una riduzione tra il 15 per cento e il 24 per cento entro il 2030”.
Il potenziale declino si fa rilevante anche per le università del Centro-Nord che oggi attraggono studenti dal Meridione. Al 2040, quattordici dei quindici atenei italiani che ospitano più immatricolati da altre regioni potrebbero subire perdite di iscrizioni al primo anno superiori al 20 per cento. Tra loro, Bologna, Roma La Sapienza, Ferrara, il Politecnico di Milano, Milano Cattolica, Perugia, Padova, Parma, il Politecnico di Torino e Trento, tutte università che esercitano una forte attrazione di studenti dal resto d’Italia.
L’Università La Sapienza, per esempio, si stima possa registrare riduzioni degli immatricolati fuori sede del 6 per cento, proprio per la diminuzione della popolazione di 18-21enni che in questi anni riguarderà Sicilia, Puglia, Campania, Calabria e Basilicata.
Quasi tutte le regioni del Centro-Nord potranno ancora assistere, fino al 2030, a un lieve aumento della popolazione compresa tra i 18 e i 21 anni, ma nel decennio successivo, sempre che non si registrino inversioni demigrafiche nel Paese, il declino si avvertirà in questa macroarea con punte in Valle d’Aosta (-27 per cento di immatricolazioni rispetto al 2023), nelle Marche (-25 per cento) e in Umbria (-24 per cento).
Se il gettito relativo a corsi di laurea registrasse una contrazione pari a quella della popolazione di 18-21 anni, le minori entrate nel 2040 potrebbero ammontare a oltre 600 milioni di euro.
Ci sono quattro strade, suggerisce “Talents Venture”, per non sparire dentro il declino demografico italiano: la riduzione dell’offerta formativa, e di conseguenza di tutta la struttura organizzativa, “focalizzando l’attenzione degli atenei su poche nicchie dove diventare i migliori in assoluto”. Quindi, cercare di aumentare i tassi di passaggio dalle scuole superiori all’accademia, “ma in alcune regioni questi sono già elevati”. Dedicarsi ad attrarre studenti internazionali e, soprattutto, ridestinare l’università ai giovani adulti che vogliono riprofessionalizzarsi.
(da La Repubblica)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
IN UCRAINA IL FLOP DELL’ARMATA RUSSA, MA IN PATRIA VIGE UN ALTRO RACCONTO
Le rimostranze, la paranoia e la mentalità imperialista che hanno spinto
il presidente Vladimir V. Putin a invadere l’Ucraina sono penetrate in profondità nella vita russa dopo un anno di guerra – un ampio, anche se disomogeneo, sconvolgimento della società che ha lasciato il leader russo più dominante che mai in patria. Scrive il NYT.
Gli scolari raccolgono lattine vuote per costruire candele per i soldati in trincea, mentre in una nuova lezione settimanale imparano che l’esercito russo ha sempre liberato l’umanità dagli “aggressori che cercano di dominare il mondo”.
I musei e i teatri, che erano rimasti isole di libertà artistica durante le precedenti repressioni, hanno visto evaporare questo status speciale e i loro artisti e performer contrari alla guerra sono stati espulsi. Le nuove mostre allestite dallo Stato hanno titoli come “NATOzismo” – un gioco di parole sul “nazismo” che cerca di presentare l’alleanza militare occidentale come una minaccia esistenziale pari a quella dei nazisti della Seconda Guerra Mondiale.
Molti dei gruppi di attivisti e delle organizzazioni per i diritti sorti nei primi 30 anni della Russia post-sovietica hanno subito una brusca fine, mentre i gruppi nazionalisti, un tempo considerati marginali, hanno conquistato il centro della scena.
Mentre si avvicina il primo anniversario dell’invasione, l’esercito russo ha subito una battuta d’arresto dopo l’altra, non riuscendo a raggiungere l’obiettivo di prendere il controllo dell’Ucraina. Ma in patria, di fronte alla scarsa resistenza, l’anno di guerra di Putin gli ha permesso di spingersi più in là di quanto molti pensassero possibile nel rimodellare la Russia a sua immagine e somiglianza.
“Il liberalismo in Russia è morto per sempre, grazie a Dio”, si è vantato sabato in un’intervista telefonica Konstantin Malofeyev, un magnate d’affari ultraconservatore. “Più dura questa guerra, più la società russa si sta ripulendo dal liberalismo e dal veleno occidentale”.
Il fatto che l’invasione si sia trascinata per un anno ha reso la trasformazione della Russia molto più profonda, ha detto, di quanto non sarebbe stato se le speranze di Putin di una rapida vittoria si fossero realizzate. “Se la guerra lampo fosse riuscita, non sarebbe cambiato nulla”, ha detto.
Per anni il Cremlino ha cercato di tenere Malofeyev a distanza, anche se ha finanziato i separatisti filorussi nell’Ucraina orientale e ha chiesto di riformare la Russia in un impero di “valori tradizionali”, libero dall’influenza occidentale. Ma le cose sono cambiate dopo l’invasione, quando Putin ha trasformato i “valori tradizionali” in un grido d’allarme – firmando, ad esempio, una nuova legge anti-gay – e si è presentato come un altro Pietro il Grande che riconquista le terre russe perdute.
Soprattutto, ha detto Malofeyev, i liberali russi sono stati messi a tacere o sono fuggiti dal Paese, mentre le aziende occidentali se ne sono andate volontariamente.
Questo cambiamento è stato evidente mercoledì scorso in un raduno fuori dall’anello dei giardini, intasato dal traffico, a Mosca, dove alcuni dei più importanti attivisti per i diritti che sono rimasti in Russia si sono riuniti per l’ultimo di molti addii recenti: Il Centro Sakharov, un archivio per i diritti umani che è stato un centro liberale per decenni, stava inaugurando la sua ultima mostra prima di essere costretto a chiudere in base a una nuova legge.
Il presidente del centro, Vyacheslav Bakhmin, un tempo dissidente sovietico, ha detto alla folla riunita che “quello che non avremmo potuto immaginare due anni fa o anche solo un anno fa sta accadendo oggi”. “È stato costruito un nuovo sistema di valori”, ha dichiarato Aleksandr Daniel, esperto di dissidenti sovietici. “Valori pubblici brutali e arcaici”.
Un anno fa, mentre Washington avvertiva di un’imminente invasione, la maggior parte dei russi aveva scartato la possibilità; Putin, dopo tutto, si era presentato come un presidente amante della pace che non avrebbe mai attaccato un altro Paese. Così, dopo l’inizio dell’invasione – che ha stupito alcuni dei più stretti collaboratori del presidente – il Cremlino si è affrettato a modificare la sua propaganda per giustificarla.
È stato l’Occidente a entrare in guerra contro la Russia sostenendo i “nazisti” che hanno preso il potere in Ucraina nel 2014, si leggeva nel falso messaggio, e l’obiettivo dell’”operazione militare speciale” di Putin era quello di porre fine alla guerra iniziata dall’Occidente.
In una serie di discorsi volti a rafforzare il sostegno interno, Putin ha presentato l’invasione come una guerra quasi santa per l’identità stessa della Russia, dichiarando che stava combattendo per impedire che le norme liberali di genere e l’accettazione dell’omosessualità fossero imposte da un Occidente aggressivo.
Per diffondere e far rispettare questo messaggio è stato utilizzato tutto il potere dello Stato. I canali televisivi nazionali, tutti controllati dal Cremlino, hanno abbandonato la programmazione di intrattenimento a favore di un maggior numero di notiziari e talk show politici; le scuole sono state indirizzate ad aggiungere una regolare cerimonia dell’alzabandiera e un’educazione “patriottica”; la polizia ha dato la caccia alle persone per reati come i post antibellici su Facebook, contribuendo a spingere centinaia di migliaia di russi fuori dal Paese.
“La società in generale è uscita dai binari”, ha dichiarato in un’intervista telefonica Sergei Chernyshov, che gestisce una scuola superiore privata nella metropoli siberiana di Novosibirsk. “Hanno capovolto le idee di bene e male”.
Chernyshov, uno dei pochi dirigenti scolastici russi che si è espresso contro la guerra, ha descritto la narrazione dei soldati russi che combattono in difesa della loro nazione come così facilmente digeribile che gran parte della società è arrivata a crederci – soprattutto perché il messaggio si è intrecciato perfettamente con uno dei capitoli più emotivamente evocativi della storia russa: la vittoria della nazione nella Seconda Guerra Mondiale.
Una campagna a livello nazionale che esorta i bambini a fabbricare candele per i soldati è diventata così popolare che chiunque la metta in discussione in un gruppo di chat scolastico potrebbe essere definito “nazista e complice dell’Occidente”.
Allo stesso tempo, ha sostenuto, la vita quotidiana è cambiata poco per i russi che non hanno un familiare che combatte in Ucraina, il che ha nascosto o attenuato i costi della guerra.
I funzionari occidentali stimano che almeno 200.000 russi siano stati uccisi o feriti in Ucraina, un tributo molto più grave di quanto gli analisti avessero previsto all’inizio della guerra. Tuttavia, l’economia ha sofferto molto meno di quanto previsto dagli analisti, con le sanzioni occidentali che non sono riuscite a ridurre drasticamente la qualità della vita dei russi medi, anche se molti marchi occidentali sono partiti.
“Una delle osservazioni più spaventose, credo, è che per la maggior parte delle persone non è cambiato nulla”, ha detto Chernyshov, descrivendo il ritmo urbano di ristoranti e concerti e gli appuntamenti dei suoi studenti. “Questa tragedia viene relegata alla periferia”.
A Mosca, la nuova ideologia di guerra di Putin è esposta al Museo della Vittoria, una vasta struttura in cima a una collina dedicata alla sconfitta dell’Unione Sovietica contro la Germania nazista. Una nuova mostra, “NATOzismo”, dichiara che “lo scopo della creazione della NATO era quello di ottenere il dominio del mondo”.
Una seconda, “Il nazismo quotidiano”, include manufatti del Battaglione Azov dell’Ucraina, che ha legami con l’estrema destra, come prova della falsa affermazione che l’Ucraina sta commettendo un “genocidio” contro i russi.
“È stato spaventoso, raccapricciante e orribile”, ha detto un’avventrice di nome Liza, 19 anni, a proposito di ciò che la mostra le ha mostrato, rifiutando di fornire il suo cognome a causa della sensibilità politica dell’argomento. Ha detto di essere rimasta angosciata nell’apprendere questo comportamento da parte degli ucraini, come presentato dalla propaganda russa. “Non dovrebbe essere così”, ha detto, segnalando il suo sostegno all’invasione di Putin.
Centinaia di studenti erano in visita in un recente pomeriggio, e i bambini delle elementari hanno marciato con cappellini verdi dell’esercito mentre i loro accompagnatori li chiamavano “Sinistra, sinistra, uno, due, tre!” e si rivolgevano a loro come “soldati”. Nella sala principale, lo studio di Victory TV – un canale avviato nel 2020 per concentrarsi sulla Seconda Guerra Mondiale – stava girando un talk show in diretta.
“La cornice del conflitto ha aiutato la gente a farsene una ragione”, ha detto Denis Volkov, direttore del Levada Center, un sondaggista indipendente di Mosca. “L’Occidente è contro di noi. Qui ci sono i nostri soldati, lì ci sono i soldati nemici, e in questo quadro bisogna schierarsi”.
Settimane dopo aver lanciato l’invasione, Putin ha dichiarato che la Russia si trovava di fronte a una necessaria “autopurificazione della società”. Ha augurato con disinvoltura “ogni bene!” alle imprese occidentali che hanno lasciato il Paese e ha detto che le loro partenze hanno creato “opportunità di sviluppo uniche” per le aziende russe.
Ma a Khabarovsk, una città al confine con la Cina nell’Estremo Oriente russo, Vitaly Blazhevich, un insegnante di inglese locale, dice che la gente del posto sente la mancanza di marchi occidentali come H&M, il rivenditore di abbigliamento. Quando si parla di guerra, prosegue, l’emozione dominante è quella di un’accettazione passiva e della speranza che le cose finiscano presto.”La gente è nostalgica di quelli che si sono rivelati essere i bei tempi”, ha detto.
Blazhevich ha insegnato in un’università statale di Khabarovsk fino a quando, venerdì scorso, è stato costretto a dimettersi per aver criticato Putin in un’intervista su YouTube con Radio Liberty, l’emittente russa finanziata dagli americani. Erano commenti che probabilmente non sarebbero stati puniti prima della guerra. Ora, ha detto, la repressione del dissenso da parte del governo “è come un rullo compressore”: “tutti vengono fatti rotolare nell’asfalto”.
Malofeyev, il magnate conservatore, ha detto che la Russia ha bisogno di un altro anno “perché la società si purifichi completamente dagli ultimi fatidici anni”. Malofeyev ha affermato che qualsiasi cosa che non sia una “vittoria” in Ucraina, con tanto di parata a Kiev, potrebbe ancora causare l’annullamento di parte della trasformazione dell’ultimo anno. “Se nel corso della primavera ci sarà un cessate il fuoco”, ha detto, “allora sarà possibile un certo ritorno liberale”.
A Mosca, in occasione dell’evento di commiato al Centro Sakharov, alcuni dei partecipanti più anziani hanno fatto notare che, nell’arco della storia russa, la repressione del dissenso da parte del Cremlino non è una novità. Yan Rachinsky, presidente di Memorial, il gruppo per i diritti costretto a sciogliersi alla fine del 2021, ha detto che i sovietici hanno vietato così tanto “che non c’era più nulla da vietare”.
“Ma non si può vietare alle persone di pensare”, ha proseguito Rachinsky. “Quello che le autorità stanno facendo oggi non garantisce loro alcuna longevità”.
(da New York Times)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
LE DETRAZIONI NELLA SUA DENUNCIA DEI REDDITI PER L’APPARTAMENTO DI 160 METRI QUADRI A ROMA
Lo sconto in fattura, il credito ceduto a sconto all’impresa edile o alla banca? Roba inutile, parola di Giorgia Meloni, che coi bonus edilizi ha una certa confidenza: basta e avanza la detrazione per far funzionare i crediti fiscali, lo può testimoniare la stessa premier.Con lei hanno funzionato alla grande (e tanti saluti al costo medio per cittadino del suo appartamento rimesso a nuovo): certo, c’è quel piccolo particolare che devi avere il reddito di Meloni, deputata dal 2006 e oggi anche scrittrice di successo, per poterti scaricare tutto quel ben di dio. Dalle dichiarazioni dei redditi della premier si scopre infatti che ha detratto nel 2021 ben 6.200 euro per spese di ristrutturazione edilizia per lavori che, si deduce, ha effettuato sull’unica abitazione di cui dispone, un appartamento di 160 mq a Mostacciano (Roma).Lavori che sono costati 120 mila euro dal 2012 al 2018. Dalla dichiarazione si vede anche che la detrazione, che si desume spalmata in dieci rate annuali, è salita negli anni grazie alla crescita del suo reddito (160 mila euro nel 2021). Vedete che non servono quelle diavolerie tipo la cedibilità? Alla premier i bonus vanno bene così: anvedi come detrae Giorgia.
(da il Fatto Quotidiano)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
PARLA LUI CHE AVEVA UN MEGA YACHT ORMEGGIATO A CARRARA, TRAMITE IL PRESTANOME KHUDAYNATOV, NONCHE ‘ MILIARDI IMBOSCATI NELLE BANCHE SVIZZERE RUBATI AL POPOLO RUSSO
“Invece che produrre tecnologia e creare posti di lavoro in Russia, i
grandi uomini d’affari investivano in yacht all’estero”. Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin nel discorso sullo Stato della Nazione, in un duro attacco agli oligarchi che si sono arricchiti a partire dalla stagione delle privatizzazioni degli anni ’90, quando le aziende dello Stato venivano vendute “quasi per niente”.
Riferendosi ai sequestri di yacht e altri beni degli oligarchi russi all’estero, Putin ha aggiunto: “Nessuno dei comuni cittadini è dispiaciuto per coloro che hanno perso i loro capitali, yacht e palazzi all’estero”. “Non supplicate (l’Occidente) per riavere i vostri soldi – ha insistito Putin -, Non investite all’estero ma in Russia. Lo Stato e la società vi sosterranno”.
“Ma c’è una seconda scelta: lavorare per la propria patria e questi imprenditori sono tanti e qui è il futuro del business”.
(da agenzie)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
MARIO POMINI, DOCENTE DI ECONOMIA ALL’UNIVERSITA’ DI PADOVA: “TRE MESI FA IL BUCO ERA DI SOLI 38 MILIARDI, SE IL DISAVANZO STATALE E’ TRIPLICATO E’ PER LE ALTRE MISURE DEMAGOGICHE DEL GOVERNO MELONI”
Il fine settimana ci ha regalato, purtroppo, lo psicodramma fiscale del ministro delle Finanze Giancarlo Giorgetti e del governo della destra. Con atto d’imperio, tenuto per giorni ben nascosto, il governo ha bloccato in poche ore i meccanismi fondamentali del superbonus fiscale e di tutti gli altri bonus edilizi, cioè lo sconto in fattura e la cessione del credito.
L’argomento di Giorgetti per giustificare questo intervento clamoroso è un classico della finanza pubblica. Secondo il ministro questo meccanismo ha creato un buco nei conti pubblici di 110 miliardi ed era necessario intervenire per evitare altri grossi guai.
Questo psicodramma mentale del ministro è diventato invece un dramma reale per migliaia di imprese e centinaia di migliaia di famiglie che stavano decidendo di approfittare di questa ultima finestra fiscale. Un disastro economico insomma.
L’argomento del buco, chiamiamolo così, non è nuovo. È stato usato dalla stessa Meloni a novembre per una prima riduzione del superbonus. Appena tre mesi fa il famoso buco da bonus era di 38 miliardi. Ora è quasi triplicato. Come mai il ministro non si è accorto di questa lievitazione?
Forse era colpevolmente distratto oppure impegnato altrove. Possiamo dire che il caso è ampiamente sospetto, anche perché emerso a pochi giorni dalle elezioni regionali vinte dall’astensionismo e dalla destra.
Poi il buco da bonus è scomparso dalla finanziaria 2023. Se fosse esistito, avrebbe dovuto essere considerato e debitamente affrontato con tagli e riduzioni.
Ma la finanziaria di Giorgetti ha guardato altrove, generando altri e ben più pesanti buchi nella finanza pubblica. Giorgetti ha confezionato una finanziaria in stile partita doppia
Non essendoci grosse risorse da distribuire, ma molti appetiti post-elettorali da soddisfare, si è inventato una finanziaria nuova in cui si sottraggono redditi ad alcuni per darli ad altri. Come nella partita doppia ogni posta contabile viene segnata con un segno più da una parte e con un segno meno dall’altra, nello tesso modo si è proceduto con i cittadini e con i contribuenti.
Ecco alcuni esempi. Si è tolto ai pensionati cosiddetti ricchi (?), quelli che per decenni hanno versato i contributi e che percepiscono per questo più di duemila euro lordi al mese, per aumentare le pensioni minime con un’operazione che non si era mai vista e molto discutibile.
L’indennità di vacanza contrattuale dei dipendenti pubblici è stata utilizzata per ridurre di poco il cuneo fiscale dei lavoratori dipendenti. È come se un’impresa decidesse di aumentare lo stipendio dei lavoratori di altre imprese.
Sarebbe molto strano, ma per i dipendenti pubblici è la normalità.
Gli avanzi fiscali generati dall’inflazione sono usati dalla classe politica per altri scopi. Il reddito di cittadinanza è stato ridotto per allargare i privilegi fiscali dei lavoratori autonomi, forse per premiarli della loro lealtà verso il fisco. E così via.
Questa partita doppia sociale, toglier di qua per dare di là, non si è conclusa a pareggio, come dovrebbe essere secondo le regole della ragioneria, ma con un saldo negativo di 21 miliardi.
Quindi, se c’è un buco vero nei conti pubblici, è quello che ha provocato il ministro delle Finanze. Pazienza se anche il precedente Presidente del Consiglio aveva licenziato una finanziaria che prevedeva un buco simile. Ma allora l’economia correva attorno al 4% e se lo poteva permettere, ora è ferma.
Non serve a nulla, a pochi centimetri da un precipizio, dire che è colpa degli altri se si è arrivati a questo punto. Quello che bisogna evitare è l’ultimo passo, quello decisivo. Cosa che evidentemente un ministro non ha fatto, visto che ora grida al mondo che c’è un buco fiscale di 110 miliardi nei conti pubblici di cui non si era minimamente accorto.
Sembrava però che la finanziaria 2023 avesse messo le cose a posto.
Così si esprimeva in maniera molto ottimista la premier in una lunga intervista ad un quotidiano economico.
Ecco le sue parole del 9 febbraio 2023: “Al momento la situazione finanziaria italiana è sotto controllo: nonostante i tassi di interesse in rialzo della Bce lo spread è basso e il debito non è esploso”.
Ora Meloni ha cambiato versione e afferma che senza il blocco dei bonus non sarebbe possibile fare la sua finanziaria per il 2024. Dobbiamo credere alla Meloni rassicurante e ottimista di 12 giorni fa o alla Meloni catastrofista di domenica, che magari fra dieci giorni cambierà versione?
Un paese con un debito pubblico che è il terzo al mondo in rapporto al Pil e con una crescita economica asfittica non può permettersi colpi di testa in materia di finanza pubblica.
Se anche il problema si fosse palesato, non serviva a nulla fare una grande cagnara su di un ipotetico buco nei conti pubblici. Il problema andava sollevato nelle sedi opportune e risolto. I ministri servono per dare soluzione ai problemi, non per sbandierarli ai quattro venti di fronte all’opinione pubblica e soprattutto alla comunità internazionale che compra il nostro debito.
Giorgetti, fino a venerdì scorso, era considerato un ministro serio e prudente. Che cosa possiamo dire ora dopo il suo improvviso colpo di testa? Certamente un ministro delle Finanze sull’orlo di una crisi di nervi che crea un tale panico fiscale e che produce un danno così grande ad uno dei settori trainanti dell’economia non sta facendo bene il suo mestiere. Per mesi ha sottovalutato oppure ignorato un problema pur che esisteva, e oggi scarica la responsabilità molto generosamente, oltre che ingiustamente, sui suoi predecessori.
Questo atteggiamento fiscalmente puerile non è accettabile da un ministro serio. Il buco da bonus esisteva anche a settembre 2022 quando la destra ha fatto il pieno di voti con assurde promesse elettorali e poi il ministro ha accettato la sua carica.
Il ministro Giorgetti salverà ora i conti dell’Italia come lui stesso promette? Un’analisi della sua esperienza, pur breve, depone ampiamente in senso contrario. Invece sarebbe opportuno salvare l’Italia da ministri poco efficaci come Giorgetti. Se Meloni vuole fare qualcosa di serio dovrebbe invitare il suo ministro alle dimissioni e chiamare al caldissimo ministero delle Finanze qualcuno di più preparato, visto che il cammino della prossima finanziaria sarà irto di difficoltà ed ostacoli.
L’ex ministro nonché Ragioniere dello Stato Daniele Franco potrebbe essere un’ottima scelta per limitare i danni della banda del buco dei conti pubblici, che ha abili scassinatori, a destra soprattutto ma anche a sinistra.
Mario Pomini, Docente di Economia, Università di Padova
(da il Fatto Quotidiano)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
IL GOVERNO MANDA SIRACUSANO A SOSTITUIRLO
Un altro giallo si inserisce nel caso Donzelli-Delmastro, i due esponenti
di Fratelli d’Italia su cui pende un’indagine della Procura di Roma per la rivelazione dei contenuti di un documento riservato riguardante la detenzione di Alfredo Cospito.
Le opposizioni, che continuano a chiedere le dimissioni dei due, rispettivamente dai ruoli di vicepresidente del Copasir e da sottosegretario alla Giustizia, hanno minacciato di disertare i lavori della commissione Giustizia se vi avesse partecipato Andrea Delmastro. Il decreto da esaminare è il Milleproroghe, approdato alla Camera dopo la fiducia ottenuta al Senato.
La linea di Pd, M5s e Terzo polo era quella di abbandonare i lavori perché, «di fronte alla possibilità di una presenza di Delmastro in commissione in rappresentanza del governo abbiamo fatto capire che la cosa era assolutamente fuori luogo ed è stata ritenuta da tutti una provocazione».
Alla fine, il sottosegretario di via Arenula non si è presentato. Al suo posto, la sottosegretaria ai Rapporti con il parlamento Matilde Siracusano.
«Ho sostituito il sottosegretario Delmastro in commissione Giustizia alla Camera semplicemente perché ho seguito, passo passo, il decreto Milleproroghe nel suo passaggio parlamentare al Senato, avendo i Rapporti con il parlamento la titolarità di questo provvedimento», ha spiegato all’Adnkronos.
Resta in piedi la minaccia di un Aventino delle opposizioni, almeno fino a quando non si concluderà l’inchiesta su Delmastro. Devis Dori di Alleanza verdi sinistra l’ha motivata così: «Durante la seduta della commissione Giustizia chiamata a votare il parere sul dl Milleproroghe, eravamo assolutamente pronti a lasciare l’aula se fosse intervenuto il sottosegretario Delmastro. Avremmo avvertito la sua presenza come una provocazione vista la gravità dei suoi comportamenti nei riguardi dell’opposizione».
(da agenzie)
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