Aprile 7th, 2023 Riccardo Fucile
DIVERSI HANNO AVUTO BISOGNO DI ASSISTENZA MEDICA
Questa mattina, attorno alle 7.30, è arrivata nel porto di Brindisi la
nave Geo Barents della Ong Medici senza frontiere. A bordo si trovavano 339 persone migranti, soccorse nei giorni scorsi nel Mar Mediterraneo dopo complicate operazioni di salvataggio durate diverse ore. C’erano anche 27 minorenni, di cui 24 non accompagnati. Secondo l’organizzazione, le persone a bordo era originarie principalmente di Siria, Pakistan, Bangladesh, Egitto, Somalia e Sri Lanka.
Si tratta di persone che erano state segnalate dalla Ong Alarm Phone perché si trovavano a rischio naufragio e annegamento. Il barcone si cui si trovavano, che trasportava 440 persone in tutto, era sovraccarico e le condizioni meteo erano proibitive.
Dopo un’operazione durata undici ore, nella notte tra il 4 e il 5 aprile Geo Barents è riuscita a intervenire soccorrendo tutte le 440 persone a bordo, tra cui 8 donne e 30 minorenni. Cento persone sono state poi trasferite su un’altra nave dell’assetto navale – giunta due giorni fa a Catania – , e una persona è stata evacuata per ragioni mediche. Così sono rimasti 339 migranti a bordo, e alla nave è stato assegnato il porto di Brindisi.
Questa mattina, dopo l’attracco, si è svolto un controllo sanitario che ha accertato alcuni casi di scabbia e anche delle patologie cardiache per alcuni bambini, oltre a tre persone con fratture e altre con segni di ustioni. Si sono svolte le procedure di identificazione.
Durante i controlli, due donne di circa 20 anni hanno raccontato di aver subito violenza sessuale e torture nei centri di detenzione libici, prima della partenza attraverso il Mediterraneo.
Sebastien Ponsford, responsabile Affari umanitari di Medici senza frontiere, ha riportato la storia di una famiglia siriana che aveva già provato quattro volte a scappare dal proprio Paese, in guerra da anni. Tutte le volte aveva provato a raggiungere l’Europa attraverso la Siria, ma era stata intercettata. Tornata in Libia, era stata rinchiusa nei centri di detenzione. Gli adulti avevano subito torture – ancora visibili sui loro corpi – mentre i bambini erano stati sottoposti a violenza psicologica.
Nello sbarco sono state fatte scendere prima le persone che avevano bisogno di cure mediche. Una è stata portata in una barella e trasferita all’ospedale di Brindisi. “Siamo pronti ad assicurare la migliore accoglienza ai migranti”, ha detto la prefetta di Brindisi Michela La Iacona. La divisione dovrebbe essere effettuata in questo modo: i 24 minori non accompagnati resteranno a Brindisi, insieme ad altri adulti, mentre altre persone verranno smistate nei centri individuati dal ministero dell’Interno in altre Regioni, Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna.
A bordo ci sono anche diversi nuclei familiari, che non verranno separati. I minori non accompagnati di età inferiore ai 14 anni saranno accolti da strutture già individuate dal Comune. “Le operazioni di polizia andranno avanti senza soluzione di continuità, anche fino a sera tardi. La questura ha aumentato le postazioni del foto segnalamento per l’identificazione per accelerare al massimo queste operazioni e fare in modo che i migranti raggiungano le destinazioni dei centri di accoglienza il prima possibile”, ha concluso La Iacona.
Il personale di Medici senza frontiere ha raccontato l’aneddoto di un bambino, particolarmente piccolo, che nel corso delle operazioni di salvataggio, di rientro a Brindisi e poi di sbarco è riuscito a mantenere il buonumore per l’arrivo in Italia dopo il durissimo viaggio: “Mangerò pizza? Mangerò pizza? Ditemi che mangerò pizza tutti i giorni”, ha chiesto più volte il bambino agli operatori. La Ong ha riferito che i migranti, prima di essere soccorsi, erano rimasti per due giorni senza cibo né acqua in mare.
(da Fanpage)
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Aprile 7th, 2023 Riccardo Fucile
ELLY PRESENTA LA NUOVA SEGRETERIA DEL PD… IL MESSAGGIO A BERLUSCONI: “AUGURI DI PRONTA GUARIGIONE, TORNA PRESTO”
Presentata la composizione della nuova segreteria del Partito democratico sotto la guida di Elly Schlein: «Dopo Pasqua, consegnerò la lista alla direzione nazionale», spiega. Ma prima di esplicitare quale sarà l’organigramma del Nazareno, la segretaria fa gli auguri di pronta guarigione a Silvio Berlusconi. «Sono ore e giorni di grande apprensione sulla situazione di salute di Silvio Berlusconi a cui mi sento di fare l’augurio di una buona guarigione e di rimettersi al più presto».
Poi, «in rigoroso ordine alfabetico», Schlein inizia ad elencare i 21 membri:
Alessandro Alfieri – Riforme e Pnrr
Davide Baruffi – Enti locali
Marta Bonafoni – Coordinamento della segreteria, terzo settore e associazionismo
Stefania Bonaldi – Pubblica amministrazione, professioni e innovazioneAnnalisa Corrado – Conversione ecologica, clima, green economy e Agenda 2030
Alfredo D’Attorre – Università
Marco Furfaro – Responsabile iniziative politiche, contrasto alle diseguaglianze, welfare
Maria Cecilia Guerra – Politiche del lavoro
Camilla Laureti – Politiche agricole
Marwa Mahmoud – Partecipazione e formazione politic
Pierfrancesco Majorino – Politiche migratorie e diritto alla casa
Irene Manzi – Scuola, educazione dell’infanzia, istruzione, povertà educativa
Antonio Misiani – Economia, finanze, imprese e infrastrutture
Giuseppe Provenzano – Esteri, Europa e cooperazione internazionale
Vincenza Rando – Contrasto alle mafie, legalità e trasparenza
Sandro Ruotolo – Informazione, cultura e memoria
Marco Sarracino – Coesione territoriale, Sud e aree interne
Marina Sereni – Salute e sanità
Debora Serracchiani – Giustizia
Igor Taruffi – Responsabile organizzazione
Alessandro Zan – Diritti
Accanto a questi membri, in segreteria, siederanno di diritto il coordinatore dei sindaci e il coordinatore dei segretari regionali.
Gli invitati permanenti, invece, saranno la portavoce della Conferenza delle democratiche e il rappresentante dei Giovani democratici.
Flavio Alivernini, infine, oltre a restare portavoce della segretaria Schlein, diventa il capo della comunicazione dell’intero Partito democratico. Ad affiancarlo nello staff della leader del Nazareno, il capo segreteria Giovanni Gaspare Righi.
Schlein poi annuncia anche la costruzione di alcuni dipartimenti tematici che si occuperanno di alcune tematiche lasciate fuori dalle deleghe della segreteria vera e propria: il dipartimento delle politiche per lo sport andrà a Mauro Berruto, quello della transizione digitale, scienza aperta e big data ad Annarosa Pesole e, a Iacopo Melio, il dipartimento contro ogni barriera e per l’inclusione.
(da agenzie)
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Aprile 7th, 2023 Riccardo Fucile
PECCATO CHE LA CANTINA ABBIA VINTO IL PREMIO ANCHE GRAZIE AI FONDI EUROPEI
Non era mai successo che un’azienda vitivinicola italia si
aggiudicasse il primo posto nella classifica The World’s Most Admired Wine Brands, gli “Oscar” per le cantine.
È Marchese Antinori, storica cantina dell’omonima famiglia toscana, a vincere il riconoscimento del magazine Drinks International. Solo pochi mesi fa, l’iconica cantina nel Chianti Classico, progettata dall’architetto Marco Casamonti, aveva ottenuto il primato anche nella classifica World’s Best Vineyards.
Comunque, per celebrare il più recente successo, l’ex candidata presidente della Regione Toscana, la leghista Susanna Ceccardi, rimasta in Europarlamento dopo aver perso la tornata del 2020, ha pubblicato un post sui social. «Ancora una volta, un vino italiano primo nelle classifiche internazionali. Un primato che mi rende orgogliosa in primis come cittadina toscana. La tutela dei nostri prodotti è una priorità per me e per il governo. Alla faccia di chi vorrebbe etichettare il nostro vino come cancerogeno».
In realtà è una gaffe, resa ancora più esplicita dalla didascalia in sovrimpressione che risalta sulla fotografia aerea delle cantine Antinori: «Alla faccia dell’Unione europea».
Ma è proprio l’Unione europea, tramite gli stanziamenti del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, il Feasr, ad aver contribuito in parte al successo di Antinori.
Nella programmazione di investimenti 2014-2020, la cantina ha potuto beneficiare di «importanti ricadute economiche, strutturali ed ambientali». Lo scrive l’azienda stessa sul suo sito, elencando tra le varie iniziative cofinanziate, «l’acquisto di importanti dotazioni aziendali», la «progettazione e realizzazione di una nuova cantina di vinificazione» e la «progettazione, direzione e realizzazione del progetto “Bioconvito”», per lo sviluppo e l’utilizzo di sistemi biologici per il controllo ed il contrasto di entomofauna dannosa nei vigneti.
Insomma, alla crescita della realtà Antinori, e lo riconosce persino l’azienda, contribuiscono anche progetti realizzati grazie ai fondi (ben spesi) della Ue. E non «alla faccia della Ue», come sostiene Ceccardi per fomentare la polemica con l’Europa, in riferimento all’etichettatura sulle bottiglie di vino.
(da agenzie)
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Aprile 7th, 2023 Riccardo Fucile
È SCONTRO TOTALE TRA SALVINI E MELONI, A PARTIRE DA ENEL! LA MELONI INSISTE SUL NOME DI STEFANO DONNARUMMA, MA SULLA SUA TESTA, OLTRE ALLA CONTRARIETÀ DEL “CAPITONE”, PENDE UN PARERE LEGALE CHE SOSTIENE L’INCOMPATIBILITÀ DEL PASSAGGIO DA TERNA… PER LEONARDO MELONI SPINGE SU CINGOLANI MA CROSETTO E GIORGETTI STORCONO IL NASO
A una settimana dalla scadenza per la presentazione delle lista dei cda, lo scontro più rilevante riguarda Enel e in seconda battuta Leonardo.
La premier Giorgia Meloni e l’alleato di governo Matteo Salvini hanno visioni opposte.
La prima vorrebbe decidere, insieme ai suoi più stretti consiglieri, i vertici delle quattro società di prima fascia (Enel, Eni, Poste e Leonardo), lasciando a Lega e Forza Italia quelle di seconda e terza, come Terna e le controllate di Fs.
Ma il leader della Lega, forte dei suoi 95 parlamentari e ispirato dal concetto che il governo debba fornire all’esterno un forte segno di discontinuità, chiede facce nuove.
Al momento, il punto di maggiore attrito riguarda il nome di Stefano Donnarumma.
Di questa promozione, però, Salvini non vuole sentir parlare e Giorgetti – oltre a subire il pressing dei compagni di partito – deve fare i conti con i giudizi negativi sul manager arrivato dai rappresentanti dei fondi e il suo curriculum non è in cima alle preferenze dei cacciatori di teste. Inoltre sul tavolo di Giorgetti sono piovuti due pareri legali su eventuali incompatibilità nel passaggio da Terna a Enel.
Uno, dell’Avvocatura di Stato, richiesto da Palazzo Chigi è positivo. L’altro, di Sabino Cassese, che indica invece ben quattro profili giuridici secondo i quali la nomina sarebbe incompatibile: la direttiva Ue 2009/72, gli obblighi previsti dall’Arera, l’art. 53 del Dlgs 165/2001 fino al DL 39/2013.
Le alternative per Enel possono essere Paolo Gallo, al momento ad di Italgas o Luigi Ferraris a capo di Fs, mossa questa che avrebbe il vantaggio per Salvini di rinnovare con un anno di anticipo il vertice delle Ferrovie proponendo un suo candidato.
Ancora aperta, invece, la partita su Leonardo, che vede in pole position Lorenzo Mariani, attuale capo del consorzio missilistico Mbda, sostenuto a gran voce da Guido Crosetto, mentre Meloni insiste sull’ex ministro Roberto Cingolani.
Su Leonardo, però, c’è anche l’attenzione del Capo dello Stato sensibilizzato dalle diplomazie degli alleati atlantici a non provocare scossoni in un momento delicato per il sistema di difesa occidentale.
Essendo questo il quadro è probabile che la Pasqua trascorrerà senza che il nodo delle nomine sia stato sciolto. E la soluzione arrivi l’ultimo momento utile, tra mercoledì e giovedi prossimo.
(da la Repubblica)
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Aprile 7th, 2023 Riccardo Fucile
“L’UOMO, AL SOLITO, VUOLE PIEGARE LA NATURA. NEL MARE CI SONO GLI SQUALI E SE CI VAI RISCHI DI ESSERE AGGREDITO. CHE FACCIAMO? LI AMMAZZIAMO TUTTI, OPPURE CERCHIAMO DI EVITARLI? IL RISPETTO DELLA NATURA PASSA PER LA CONOSCENZA E IL SAPERE CI INDICA CHE LA NATURA HA ANCHE ASPETTI PERICOLOSI”
O stai sul divano, o vai in montagna e accetti i rischi, compresi
l’incontro con gli animali. Mi spiace per quel giovane, ma sarà stato l’orso? Vedremo. In certi periodi l’orso è più pericoloso, soprattutto l’orsa quando ha i cuccioli, poi c’è la storia dei cani che i plantigradi avvertono come nemico.
E se ci sarà certezza che il giovane è stato ucciso dall’orso, sarà ucciso anche l’orso. Così sarà, ma non si può uccidere l’orso che uccide. L’uomo, al solito, vuole decidere lui, vuole piegare la Natura. Nel mare ci sono gli squali e se ci vai rischi di essere aggredito. Che facciamo? Ammazziamo tutti gli squali, oppure cerchiamo di evitarli? Siamo i padroni del mondo, dalle profondità oceaniche alla punta delle montagne? Ma dai.
E ora, se l’orso ha ucciso un uomo, in quella vallata per un po’ non andrà più nessuno e il turismo ci soffrirà. Ecco il punto, si perdono sghei e allora l’orso che uccide deve essere ucciso. Il problema è la cultura del territorio, noi siamo un popolo di improvvisatori. Improvvisiamo soprattutto per ignoranza, dove non vediamo il pericolo.
A me non viene in mente di prendere una barca e ficcarmi in mare. Che fine farei? Ma il mare ha orizzonti aperti, lontani e fa paura, in montagna ci sono boschi e sentieri e uno va, anche senza conoscere. Pericolo? Non si pone neanche il problema.
Sono anni che dico e ripeto la stessa cosa, mi annoio perfino da solo, ma tanto nessuno mi ascolta: la montagna deve essere insegnata nelle scuole. Nelle classi devono entrare i boscaioli, gli uomini di montagna, le guide e chi conosce gli animali selvatici, dai cinghiali agli orsi che possono essere pericolosi.Tuttavia, messo alle strette ogni animale può essere aggressivo. Un amico che gestisce il rifugio Carota d’Alpago un giorno si è trovato circondato da sette lupi, non sapeva che fare. Per fortuna se ne sono andati.
Dicevo dei pericoli della montagna, non i ghiacciai o le alte vette, ma quelli sui sentieri dove ci sono i turisti. Quante volte ho visto genitori camminare con i bimbi in spalla e senza casco. Basta un corvo per far cadere un sasso, per non parlare dei camosci che corrono e saltano e possono provocare piccole frane. Che fare? Non ci si può difendere dai sassi e così per gli orsi, occorre conoscere le loro abitudini, stare attenti. E se ce sono troppi bisogna recintarli.
Il rispetto della natura passa per la conoscenza e il sapere ci indica che la natura ha anche aspetti pericolosi e altri abitanti oltre a noi. È come prendere l’auto a Torino e mettersi in viaggio per dove volete voi, devi sapere che sulle strade non tutto dipende da te e che l’incidente è possibile. Pensa un po’ in montagna. Io quando vado a arrampicare so bene che posso non tornare.
Mauro Corona
(da “La Stampa”)
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Aprile 7th, 2023 Riccardo Fucile
LA SPESA SOCIALE PRO CAPITE DEI COMUNI NEL 2020 È STATA DI 66 EURO NELL’ITALIA MERIDIONALE, LA METÀ DELLA MEDIA NAZIONALE, CHE AMMONTA A 132 EURO, E POCO PIÙ DI UN TERZO DI QUELLA DEL NORD-EST CHE RAGGIUNGE I 184 EURO
Nascere al Sud significa avere accesso a un welfare dimezzato rispetto ai cittadini del resto del Paese. La spesa sociale pro capite dei comuni nel 2020 è stata di 66 euro nell’Italia meridionale, la metà della media nazionale, che ammonta a 132 euro, e poco più di un terzo di quella del Nord-est che raggiunge i 184 euro. È quanto emerge dal rapporto dell’Istat “La spesa dei comuni per i servizi sociali. Anno 2020”.
I dati sono di tre anni fa e raccontano il Paese disuguale che si è trovato ad affrontare la pandemia. Per ogni minore residente al Mezzogiorno ci sono 155 euro di risorse in meno rispetto a un coetaneo del Centro-Nord. E il divario, per una persona con disabilità è di quasi mille euro. Per l’assistenza agli anziani la spesa del Sud è inferiore di 49 euro. Quasi un terzo dei Comuni del Mezzogiorno non offre assistenza domiciliare agli anziani in condizioni di fragilità.
Al Centro sono meno del 15% i comuni senza questi servizi e meno del 10% al Nord. Questi «grandissimi divari territoriali», come li definisce l’Istat, insistono su un Paese dove anche la spesa media nazionale per le famiglie e i disabili è al di sotto della media Ue. Le risorse per i portatori di handicap sono di 476 euro annui in Italia contro 669 dell’Ue e quelle per le famiglie e i minori di 339 euro annui contro i 753 degli altri
(da il Messaggero)
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Aprile 7th, 2023 Riccardo Fucile
L’EUROPA CI FINANZIA CON 330 MILIONI PER PIANTARE NUOVI ALBERI INTORNO ALLE CITTA’ (6,6 MILIONI DI ALBERI), MA NOI PRENDIAMO I SOLDI E PIANTIAMO SOLO SEMI
L’Europa ci finanzia (tanto: 330 milioni) per piantare nuovi alberi
intorno alle città (tantissimi: 6 milioni e 600 mila piante). L’Italia però, per ora, sta mettendo in terra soltanto dei semi.
Secondo il collegio di controllo concomitante della Corte dei conti, l’equiparazione non sta in piedi. I carabinieri, incaricati delle verifiche, sostengono la stessa tesi: non possono «collaudare» progetti di forestazione urbana senza vedere gli alberi. E così, se l’equivalenza albero-seme ipotizzata dal Ministero dell’ambiente non verrà accettata dalla Commissione europea, l’Italia rischia di disperdere la possibilità offerta dal Piano nazionale di ripresa e resilienza: creare nuovi boschi intorno alle 14 Città metropolitane per combattere l’inquinamento (abbiamo tre procedure di infrazione aperte) e contrastare l’effetto «isola di calore» in estate.
I requisiti del bando
Il documento da cui partire è l’avviso pubblico per aderire ai bandi del Pnrr. Risale al 30 marzo 2022. Il piano riservato alle Città è articolato in 3 anni: 74 milioni nel 2022, per piantare almeno un milione e 650 mila alberi entro l’anno, ovvero 1.700 ettari di boschi. Stesse risorse, per lo stesso numero di alberi, nel 2023. La parte restante, nel 2024.
Dalla primavera 2022 dunque, le Città iniziano a individuare le aree per i nuovi boschi (zone dismesse, abbandonate, ex cave) e i vivai pronti a piantare gli alberi. Il tempo non è molto. E c’è un problema, già segnalato da fine 2021: il rischio di non trovare, in meno di un anno, 1,65 milioni di alberi da «mettere a dimora». La siccità amplifica i problemi. Le difficoltà sono oggettive.
Pochi alberi e molti semi
La soluzione arriva il 18 maggio 2022. Il Ministero dell’ambiente pubblica un chiarimento per le Città metropolitane nel quale spiega che, per raggiungere l’obiettivo del 2022, prevede «l’uso di semi finalizzati al rimboschimento». E nei mesi successivi firma una convenzione con l’azienda vivaistica della Regione Umbria, Umbraflor: diventerà un macro serbatoio di semina, al quale tutte le Città potranno attingere.
Sulla carta, tutto procede al meglio. Il Ministero infatti a fine anno riceve l’aggiornamento lavori dalle Città e conclude: «Entro il 31 dicembre 2022, l’obiettivo è stato conseguito con la messa a dimora di 2.025.170 semi e piantine, di cui 1.504.796 direttamente dalle Città metropolitane e 520.374 in adesione alla convenzione Umbraflor». Target non solo raggiunto, ma ampiamente superato.
A questo punto, però, bisogna rispondere a due domande. La prima: la gran massa degli alberi, e cioè il milione e 650 mila che da fine 2022 dovrebbero già costituire i giovani nuovi boschi, almeno in parte li stiamo piantando o no? E l’interrogativo collegato: la Commissione europea accetterà l’equiparazione tra semi (che diventeranno piantine, che poi andranno spostate e trapiantate) e alberi già piantati? Ad oggi non si è ancora espressa. Ma andiamo con ordine.
Le verifiche
Nella seconda metà del 2022, il Collegio di controllo della Corte dei conti (che ne ha il compito istituzionale) inizia a verificare come procedono i lavori. E incarica i comandi provinciali dei carabinieri di fare accertamenti. Questi sono i risultati: nella maggior parte dei casi, spiegano i militari a fine 2022, le Città metropolitane sono ancora in «fase di progettazione.
Catania: «Non è stata messa a dimora alcuna essenza forestale». Messina: «Si presume che per la data del 10 dicembre 2022 non verranno messe a dimora piantine (444 mila, ndr)». Palermo: «Lavori sospesi». Bologna: «Le operazioni di messa a dimora sono state effettuate per complessive 1.100 piante». Genova: «Da un primo controllo delle ditte che hanno partecipato al bando… sono stati riscontrati già casi di denunce per turbativa d’asta o truffe nella percezione di pubbliche erogazioni».
In conclusione: numero di nuovi alberi intorno alle città quasi nullo (comunque neppure stimabile). Al contrario, nei vivai sono stati interrati moltissimi semi.
I semi non sono alberi
I carabinieri si chiedono: «Cosa controlliamo?» E si arriva così all’equivalenza semi/alberi. Sarà valida? La Corte dei conti è scettica: secondo i magistrati, «emergono dubbi e perplessità sulla effettiva proponibilità di una tale equiparazione» (relazione del 14 marzo 2023). Anche perché «a tutt’oggi la Commissione europea non si è ancora espressa sulla correttezza dell’interpretazione» del Ministero. Il tema ha anche un’implicazione giuridica. Nella relazione del 29 novembre 2022, i carabinieri del Lazio spiegano: «La semina in vivaio non può essere assimilata alla forestazione urbana e, pertanto, neanche essere oggetto di collaudo ai fini del raggiungimento degli obbiettivi del Pnrr».
La semina è «un’attività extra progettuale», quindi non è finanziabile; mentre «la forestazione urbana racchiude l’insieme degli interventi sul sito finale e si conclude con l’attestazione della regolare e corretta esecuzione dei lavori».
In una formula più semplice: si può verificare se un progetto sia realizzato o no; ma dato che oggi i nuovi boschi non esistono, non si può certificare di fronte alla Commissione europea che in futuro (forse) quei boschi spunteranno. Sarebbe una sorta di mostro giuridico. La forza con cui la Corte dei conti appoggia questa posizione sta tutta in un avverbio: «Il Collegio condivide convintamente tali valutazioni, tecnicamente motivate». Conseguenza: se «la Commissione europea non dovesse considerare equivalente la semina in vivaio con la messa a dimora degli alberi, il target 2022 non sarà stato raggiunto».
Vecchi progetti
Una piccola parte dei fondi (fino a 30 milioni) prevede di finanziare anche «progetti già in essere». In pratica, se una Città ha un progetto approvato, o già partito, che corrisponde ai criteri del bando, può farlo rientrare sotto l’«ombrello» del Pnrr. A fine del 2021, il Ministero ne accoglie 34. Passano i mesi. E a fine 2022, sempre i carabinieri, verificano anche come stanno andando. Questo è l’esito dei verbali. Partiamo da Genova: «Le aree oggetto di riforestazione sono prevalentemente già boscate»; «Non è stata riscontrata la messa a dimora delle 868 piante dichiarate; quasi tutte si sono seccate».
Torino: «Numero elevato di piante morte, in alcuni casi anche il 100 per cento». Reggio Calabria: «L’area versa in stato di abbandono con gli alberi soffocati da piante infestanti». Nel complesso, i carabinieri «riscontrano significativi ritardi di esecuzione».
Il caso Milano
In questo quadro, il caso Milano è emblematico. La Commissione chiede che siano piantate solo specie autoctone, e che le aree minime per i nuovi boschi siano di almeno un ettaro. La Città metropolitana lombarda non ha aderito al bando perché questi spazi non ci sono. Il suolo è troppo sfruttato dal cemento, e dove c’è del verde è occupato da aree agricole. Col paradosso che, dove ce ne sarebbe più bisogno, la riforestazione del Pnrr non è possibile. In realtà, fra il 2018/2019 Città metropolitana, Comune, Regione e Fondazioni si sono messi insieme e hanno dato vita al progetto Forestami (un caso di studio a livello europeo che nulla ha a che fare con il Pnrr).
Le considerazioni del presidente del comitato scientifico, Stefano Boeri, indicano due aspetti decisivi: «Forestami in questi anni ha sempre piantato alberi, non semi…». E soprattutto: «Stiamo cercando di far cambiare i criteri con cui si finanzieranno le aree da forestare nel prossimo bando. Ora si insiste nel chiedere una dimensione minima di un ettaro, senza capire che la vera sfida è quella di piantare alberi ovunque sia utile e possibile, anche lungo i viali, nei cortili, nelle piazze». Seguendo questa logica in poco più di tre anni a Milano sono stati piantati 427 mila alberi.
Milena Gabanelli e Gianni Santucci
(da corriere.it)
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Aprile 7th, 2023 Riccardo Fucile
ALLA SBARRA 33 PERSONE, TRA CUI 13 DIRIGENTI DEL PIU’ IMPORTANTE GRUPPO NAVALE D’EUROPA
A Venezia è iniziato un importante processo sul presunto sfruttamento ai danni dei lavoratori impegnati nella costruzione delle navi da crociera a Porto Marghera. Alla sbarra ci sono 33 persone, tra cui 13 dirigenti e dipendenti di Fincantieri – il più importante gruppo navale in Europa -, nonché i titolari di una serie di società che avevano preso in appalto lavori di carpenteria nell’ambito dei cantieri navali dell’azienda.
Pochi giorni fa, la Guardia di finanza ha dichiarato di aver scoperto che 1.951 operai delle aziende in appalto, quasi tutti provenienti dall’Europa orientale o bengalesi, avrebbero ricevuto retribuzioni irregolari.
Lo confermerebbero molte testimonianze raccolte dalla Fiom-Cgil, che nel 2018 aveva presentato un esposto in Procura. L’inchiesta, durata cinque anni, è nel frattempo sfociata anche in altri 3 processi.
Il Nucleo di polizia economico finanziaria, che ha sede a Mestre, ha evidenziato il ricorso sistematico, da parte delle imprese appaltatrici, alla cosiddetta paga globale, cioè a una paga oraria forfettaria – completamente svincolata dalle previsioni del contratto collettivo nazionale di settore – con cui venivano retribuiti i lavoratori.
Il meccanismo veniva mascherato attraverso buste paga fittizie in cui figurano voci come “anticipo stipendio”, “indennità di buono pasto”, “bonus 80 euro”, “indennità di trasferta” o “anticipazione TFR”. Tutte funzionali a “sottrarre a ritenuta fiscale, previdenziale e assistenziale, gli emolumenti corrisposti” e, ovviamente, mai erogate agli operai.
Complessivamente, sarebbero stati pagati in nero circa 6 milioni di euro. 383 lavoratori avrebbero accettato una paga inferiore a 7 euro lordi all’ora e condizioni lavorative sfavorevoli, dal momento che, per avere la possibilità di rinnovare il loro permesso di soggiorno, avevano bisogno di risultare occupati. Fincantieri, dal canto suo, ha sostenuto di essere venuta a conoscenza delle indagini nel 2019, garantendo massima collaborazione con gli organi giudiziari e costituendosi parte civile nel processo (così come fatto da Cgil e Fiom-Cgil).
Fabio Querin, sindacalista veneziano della Fiom, in un’intervista a Gli Stati Generali aveva parlato di come l’inchiesta venne originata: «I lavoratori delle ditte mi vedevano in cantiere, si fermavano a raccontarmi cose che si tenevano per sé per paura di perdere il lavoro. Nel 2018 abbiamo deciso di presentare un esposto, segnalando una serie di aziende che utilizzavano la paga globale e allegando, oltre alle buste paga, anche documenti vari, tra cui alcune sentenze di processi civili già conclusi, dove eravamo parte civile. Sentenze che ci davano ragione e confermavano l’utilizzo di lavoratori sottoinquadrati, a cui non venivano versate le indennità contrattuali, ad esempio per il lavoro notturno, e che venivano pagati con la paga globale 4-5 euro l’ora, con le aziende condannate a versare contributi e differenze retributive».
“Le condizioni di lavoro e retributive dei dipendenti delle ditte in appalto nei cantieri della controllata pubblica, sono molto spesso non rispettose delle norme contrattuali e di legge – ha scritto ieri in una nota la Fiom-Cgil -. Il fenomeno delle cosiddette paghe globali è solo la punta dell’iceberg e deve essere superato. Chiediamo di sostanziare la responsabilità sociale d’impresa di Fincantieri, pretendendo il rispetto delle leggi e dei contratti da parte delle imprese in appalti”.
(da lindipendente.online)
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Aprile 7th, 2023 Riccardo Fucile
AFFIDAMENTO DIRETTO DEI LAVORI E LIBERALIZZAZIONE DEI SUBAPPALTI: UN INSULTO ALLA TRASPARENZA E ALLA CONCORRENZA
Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini – che ama definirsi
uomo del fare (anche se il suo curriculum lavorativo si rivela alquanto scarno) – ha affermato: “Più cantieri e meno piazze. Mi hanno mandato per aprire cantieri, strade, autostrade, porti”.
Il riferimento specifico è a quel provvedimento, oramai definito “codice Salvini”, che è la riforma del Codice degli appalti, approvata dal governo, che si caratterizza per la pericolosa novità riguardante l’innalzamento delle soglie per l’affidamento diretto dei lavori e per la altrettanta pericolosa liberalizzazione dei subappalti, e ciò è devastante sotto i profili della concorrenza e della trasparenza. Si parte dall’affidamento diretto obbligatorio degli appalti sotto i 150 mila euro € e si introduce, poi, la procedura negoziata senza bando per cui basteranno 5 inviti per gli appalti fino a 1 milione di €euro e 10 inviti per gli appalti tra 1 milione e 5,4 milioni.
È previsto ancora “l’appalto integrato”, cioè l’affidamento di progettazione ed esecuzione allo stesso soggetto: salta, in pratica, la distinzione tra controllore e controllato con il rischio di un’abnorme e illecita lievitazione dei costi con varianti in corso d’opera.
Infine, è prevista la completa liberalizzazione del subappalto, diventato, altresì, “a cascata”, cioè con la libertà di subappaltare quanto già subappaltato con frammentazione dei cicli produttivi all’infinito, così determinando problemi di sicurezza sul lavoro, salari minimi e infiltrazioni criminali.
In sostanza, l’obiettivo dichiarato dal governo è di velocizzare le gare di appalto e, quindi, l’apertura dei cantieri, ma in realtà si apre la strada a una riduzione dei controlli e delle garanzie favorendo la strada alla corruzione da sempre dilagante in questo delicato settore, nonché alle infiltrazioni mafiose.
L’ultima relazione semestrale presentata dalla Dia al Parlamento ha illustrato come le organizzazioni criminali guardino agli appalti pubblici come una risorsa economica per incrementare i loro illeciti guadagni. Tutto ciò avviene mentre viene contestualmente approvato, sempre su iniziativa del ministro Salvini, il decreto che dà il via alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina da sempre nelle mire dei clan criminali al di qua (’ndrangheta) e al di là (mafia) dello Stretto; e contestualmente all’arrivo dei miliardi della Ue destinati alle opere pubbliche. Sembra, quindi, che i nostri governanti ignorino due fondamentali circostanze: a) da Sud a Nord non c’è Regione o Provincia che sia immune nella concessione degli appalti da fenomeni di corruzione; ciò avviene di continuo: gli episodi corruttivi e le turbate libertà degli incanti si contano a centinaia in pochi anni e forniscono il quadro di una P.a. corrosa dal fenomeno delle tangenti; b) numerose inchieste (e le relative sentenze) hanno acclarato come, soprattutto nel Sud, le grandi opere abbiano subìto le infiltrazioni della criminalità organizzata. Basti pensare che nei lavori che hanno riguardato l’autostrada A3 nel tratto calabrese, grandi imprese costruttrici hanno dato (rectius: sono state costrette a dare) in subappalto i singoli lotti a ditte mafiose secondo accordi pianificati, in appositi “summit”, dalle varie famiglie mafiose che controllavano quei territori (Piromalli, Tripodi, Pesce, Alvaro, ecc.). Ci si dimentica che, secondo il recentissimo sondaggio della “Demos per Libera”, la maggioranza degli italiani ritiene che i fondi del Pnrr determineranno un maggior rischio di corruzione e di infiltrazioni mafiose, e ritiene che occorra sostenere e rafforzare il controllo dell’Anac, rafforzare i poteri della Procura antimafia e assicurare la massima trasparenza sui bandi. Esattamente il contrario di quanto deliberato dal governo (che ha, anche attraverso la Lega, attaccato duramente, chiedendone le dimissioni, il presidente dell’Anac che aveva mosso rilievi). Mafiosi, corrotti e corruttori ringraziano.
(da Il Fatto Quotidiano))
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