Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile
UNA “RAZZA ITALIANA” CHE NON E’ MAI ESISTITA?
“Non possiamo arrenderci alla sostituzione etnica”. Ha detto proprio così, il ministro Lollobrigida: sostituzione etnica. Una lettura razzista (termine che non uso mai con leggerezza) in base alla quale il concetto di nazionalità – essere italiani – coincide con quello di razza.
Con l’aggravante che una “razza italiana” – se non nell’obbrobrioso ventennio nel quale gli italiani furono costretti a immaginarsi “razza” – non esiste e non è mai esistita.
Discendiamo, a partire dall’Impero Romano, da una moltitudine di popoli (latini, greci, etruschi, sarmatici, goti, normanni, arabi, spagnoli, francesi, ebrei, nordafricani, e chissà quanti ne dimentico) e ciò che ci apparenta, oltre alla coabitazione, è la lingua, la cultura, la Costituzione, le leggi.
Il concetto di “cittadinanza”, a Roma antica, era assai più moderno, inclusivo e dinamico che nella Roma del 2023. Di uguale universalità (altro che “razza”) sono le radici dell’Europa cristiana: San Paolo era siriano, Sant’Agostino algerino, Costantino serbo. E Gesù, ebreo di Nazareth.
Il futuro dell’Italia, che sta tanto a cuore ai meloniani, dipende dalla nostra capacità di accogliere e rendere partecipi i migranti senza mai sentirci “sostituiti”, semmai affiancati e sostenuti. E fare sì che i loro figli, italiani di fatto, lo diventino anche di diritto.
L’idea di indire una specie di campionato della natalità, riempiendo le culle di “veri italiani” per contrastare l’invasione straniera, è uno dei capisaldi del razzismo moderno.
Di “difesa della razza” ne abbiamo già avuta una e ci è bastata.
E Lollobrigida, che è ministro dell’Agricoltura, dovrebbe sapere meglio di ogni altro che senza immigrati non nascerebbe più un vitello italiano e non si riempirebbe più una botte di vino italiano.
(da La Repubblica)
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Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile
DURA PRESA DI POSIZIONE DELL’ORDINE. “NESSUN COLLEGA ASSUMA ALCUNA INIZIATIVA”… “NON PUO’ ESSERCI ALCUNA CONDIVISIONE DEL PARERE ESPRESSO DA FUGATTI, NON FACCIA INTENDERE QUELLO CHE NON ESISTE”
Dopo gli appelli degli animalisti, anche i veterinari del Trentino si
schierano contro l’uccisione dell’orsa Jj4: “Si sollecitano i colleghi professionisti addetti a vario titolo, e iscritti presso l’Ordine della provincia di Trento, di non assumere alcuna iniziativa che possa provocare la morte del soggetto per eutanasia, se non in precedenza concordata con il presente Ordine”.
Lo scrive in una nota l’Ordine dei veterinari della Provincia autonoma in merito all’abbattimento dell’animale che ha aggredito mortalmente il runner Andrea Papi, prevista da un’ordinanza – ora sospesa dal Tar di Trento – del governatore Maurizio Fugatti.
Nel documento dell’Ordine viene precisato che, “a tutela e garanzia delle figure professionali della categoria dei medici veterinari della provincia, e contrariamente a quanto lasciato intendere in occasione della conferenza dal presidente Fugatti, non vi è stato alcun confronto nè con il presente Ordine nè con altri professionisti veterinari delegati in materia, e pertanto non può esserci stata alcuna condivisione sul parere espresso dal governatore”.
L’Ordine prosegue sottolineando che “lo stato di salute dell’esemplare Jj4 non giustifica l’intervento eutanasico nell’urgenza, così come prospettato in conferenza, ma richiede una analisi complessiva della gestione dei plantigradi presenti sul territorio provinciale. Non si rilevano al momento pericoli verso la popolazione in quanto Jj4 risulta catturata e custodita. L’orso risulta specie protetta tutelata con legge dello Stato”.
(da agenzie)
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Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile
MELONI COME BERLUSCONI: L’ART. 323 DEL CP PUNISCE IL PUBBLICO UFFICIALE CHE “PROCURA A SE’ O AD ALTRI UN INGIUSTO VANTAGGIO PATRIMONIALE”
Il governo Meloni ritiene fondamentale intervenire sulla cosiddetta “paura della firma” per facilitare il lavoro degli amministratori locali che dovranno spendere i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Per questo nel Consiglio dei ministri della prossima settimana il ministro della Giustizia Carlo Nordio è intenzionato a far approvare un disegno di legge che interviene sul reato di abuso d’ufficio e su quello di traffico di influenze. Se in un primo momento l’idea del governo era quella di restringere il perimetro del reato come previsto da una proposta di legge di Forza Italia fatta arrivare a fine 2022 sulla scrivania del ministro, ora l’intenzione di Nordio è quella di arrivare a un’abolizione tout court dell’abuso d’ufficio.
Stiamo parlando del reato, previsto dall’articolo 323 del codice penale, che punisce il pubblico ufficiale che “procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale” o “arreca ad altri un danno ingiusto” da uno a quattro anni. Gli ultimi governi – l’ultima riforma è stata quella del Conte-2 nel 2020 – hanno limitato più volte l’applicazione del reato cercando di punire solo le condotte dolose ed eliminando la discrezionalità dei magistrati. Ma a Nordio non basta e l’obiettivo è quello di cancellare del tutto l’abuso d’ufficio.
A spingere per questa soluzione è un fronte trasversale che unisce Forza Italia, Lega e il Guardasigilli che già in passato aveva parlato di “soppressione” del reato di abuso d’ufficio. Sia da ministro della Giustizia ma ancora di più da editorialista. Fino a oggi però aveva trovato la resistenza del partito di Giorgia Meloni, cioè Fratelli d’Italia, che al ministero della Giustizia può contare sul sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove, spesso accusato dai suoi oppositori di “giustizialismo”. Quest’ultimo però è rimasto l’unico a opporsi all’abolizione, insieme alla presidente leghista della commissione Giustizia del Senato, Giulia Bongiorno: entrambi sostengono che abolire totalmente il reato porterebbe i magistrati a contestare reati più gravi, come la corruzione o la concussione.
Ma sono in minoranza e Nordio, facendo asse con Forza Italia e con il viceministro Francesco Paolo Sisto, vuole abrogare il reato. L’idea del Guardasigilli, infatti, è che il reato vada eliminato tout court per evitare qualsiasi discrezionalità dei magistrati. Potendo contare sulla sponda dei sindaci di centrosinistra che lo chiedono da tempo. In questo modo così, il Guardasigilli può facilmente dire che la richiesta di abolire l’abuso d’ufficio sia “trasversale” perché, come ha ripetuto rivolgendosi al Pd, “sono i vostri sindaci a chiedermelo”. I rappresentanti dell’Anci sono stati più volte ricevuti al ministero della Giustizia.
Questa richiesta sembra aver convinto la premier Meloni che il 24 novembre, all’assemblea dell’Anci a Bergamo, aveva spiegato di voler “definire meglio” il reato di abuso d’ufficio per eliminare la “paura della firma”. Allora però il progetto era quello di restringere la fattispecie aggiungendo due avverbi (“consapevolmente” e “direttamente”) all’articolo del codice penale: in sintesi, sarebbe stato punito l’amministratore o il pubblico ufficiale che avrebbe provocato un danno diretto a qualcun altro. Questa linea però è stata superata e Meloni non farà le barricate per opporsi, dice un esponente del governo.
A Palazzo Chigi si ritiene che non convenga aprire uno scontro nella maggioranza visto che “l’85% delle inchieste per abuso d’ufficio vengono archiviate”. L’unico rischio, che preoccupa Meloni, è riaprire uno scontro con i magistrati che hanno più volte manifestato la loro contrarietà. Nel disegno di legge ci sarà anche un restringimento del reato di traffico di influenze. Le norme che riguardano la pubblicazione delle intercettazioni, invece, dovrebbero arrivare più avanti, probabilmente a giugno.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile
MA PERCHE’ NON PROPONE UN AUMENTO DI PENA ANCHE PER IL SUO REATO DI PECULATO, PER CUI E’ STATA CONDANNATA IN VIA DEFINITIVA?
Dalla maggioranza di centrodestra l’ultima proposta è aumentare a 5
anni di carcere la pena massima per chi spaccia dosi di lieve entità. A mettere la faccia all’ultima crociata contro le droghe leggere è Augusta Montaruli di Fratelli d’Italia.
A febbraio aveva dato le dimissioni perché condannata in via definitiva per la Rimborsopoli del Piemonte, quando era consigliera regionale dieci anni fa: 1 anno e sei mesi per 25 mila euro di scontrini impropri.
Per lei, detenere quantità minime è più grave che utilizzare i soldi dei cittadini per bar, ristoranti e borsette. Del resto, il peculato è “solo” il secondo reato più diffuso fra i pubblici amministratori dopo la corruzione…
Come faceva quella della trave e della pagliuzza? Spiacenti ma, forse, il verbo evangelico sottovalutava l’importanza dell’occhio interessato, e del soggetto suo titolare.
Quello di Augusta Montaruli, donna di sedicente destra senza, molto in vista in Fratelli d’Italia, deve soffrire di un leggero strabismo. Politico, si capisce.
Dobbiamo alla sua evidente fierezza nella lotta alle droghe, di qualsiasi tipo e “peso”, la proposta di legge che inasprisce la pena massima per chi spaccia dosi anche di “lieve entità”, alzandola fino a 5 anni in modo da aprire le porte del carcere (sia pur “cautelare”, in quanto trattasi di “una condotta criminosa che non può che assumere contorni sempre più gravi”). Un macigno che seppellisce a priori ogni teorica ipotesi, aborrita come il Male incarnato da meloniani, salviniani e affini, di depenalizzazione delle droghe leggere.
Sai che novità, direte voi. Sull’uso della cannabis, diffusissimo trasversalmente ai poli e agli schieramenti, e persino sul concetto stesso di droga “leggera”, uno dei dogmi a destra è che sia tutta robaccia da rifiutare e perseguire in blocco.
Ubriacarsi sì, farsi le canne, no: paletto invalicabile, sacro confine, regola aurea. Ma tant’è: ognuno c’ha le sue tristezze e le sue ipocrisie. La Montaruli però fa caso a sé.
Attualmente ricopre la carica di vicepresidente della Commissione di Vigilanza della Rai, ma fino al 19 febbraio di quest’anno sedeva nel governo, in qualità di sottosegretaria all’Università.
Quel giorno dovette rassegnare le dimissioni poiché la Corte di Cassazione, ultimo grado della nostra giustizia, confermò in via definitiva la condanna a 1 anno e sei mesi per peculato, relativa all’inchiesta “Rimborsopoli” risalente a dieci anni fa, quando ella era consigliera regionale in Piemonte. I giudici non hanno creduto alle sue versioni in merito ai soldi dei cittadini, per un totale di 25 mila euro, spesi per bar, ristoranti, borse, libri, orecchini e via così.
Tutti scontrini di lieve entità, più o meno (oddio, 195 euro per una borsetta di marca, “una sacca di tessuto”, non sappiamo quanto possa risultare una cosetta da poco, per chi magari vive ancora per qualche mese di reddito di cittadinanza ormai agli sgoccioli).
Epperò, sempre di peculato si sta parlando. “Ho deciso di dimettermi dall’incarico di governo per difendere le istituzioni certa della mia innocenza”, ebbe a dichiarare lei, ventilando la possibilità di ricorrere, niente di meno, che alla Corte europea dei diritti dell’Uomo.
Legittimo, benché i diritti dell’Uomo dovrebbero avere a che fare con questioni di maggior momento che non la lunghissima lista compilata dalla Guardia di Finanza con i caffè e i pasticcini consumati nei weekend dalla Montaruli in veste di rappresentante del cittadino piemontese.
“Ho la serenità di poter dire che non ho causato alcun ammanco alle casse pubbliche né altro danno alla pubblica amministrazione e ai cittadini”, infierì non paga. Come si dice: serena lei, sereni tutti. Però il posto nell’esecutivo l’ha perso. Probabilmente perché Giorgia Meloni, alla notizia della sentenza, tanto serena non era.
Ma ora la nostra indomita pasionaria può rifarsi agitando lo spadone crociato della guerra totale agli spaccini. Bene, bisogna dire. Ma non benissimo. Perché sì, è vero, la legalità è da difendere sempre, la legge è legge. E sì, la droga è, dice la formuletta obbligata, una piaga della società, sintomo di angoscia e autodistruttività (anche se dipende da quale, dal come e, appunto, da quali dosi, ma per la destra trionfante queste son tutte disquisizioni da centro sociale).
Tuttavia, pure il peculato non scherza. Secondo un report di Transparency International, gli ultimi dati riferiscono che è il secondo reato dopo la corruzione, fra quelli che appestano la pubblica amministrazione. Subito dopo vengono la truffa e la turbativa d’asta.
In crescita costante l’abuso d’ufficio, questo, invece, stando al Servizio Analisi Criminale della polizia. Sia come sia, l’uso improprio di fondi pubblici non è propriamente una fumatina di sigaretta di straforo dove c’è scritto “vietato fumare”. È fregare il contribuente. Fra l’altro, per fare shopping da Hermes o comprarsi l’indispensabile romanzo “Mia suocera beve”, “di cui non si coglie il nesso con l’evento letterario sulla violenza sulle donne, stranamente organizzato in notturna”, come osservavano i giudici della Corte d’appello nella prima delle due sentenze di secondo grado. Fumiamoci sopra. Tabacco autarchico, s’intende.
(da mowmag.com)
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Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile
GENERO’ UN INCIDENTE DIPLOMATICO CON LA SLOVENIA E FRATTINI MANDO’ I CARABINIERI
Quella volta si poteva leggere chiaramente sulla locandina dell’evento, la prima festa estiva in Primiero della Lega Nord Trentino: “Pranzo con menù tradizionale, specialità locali e piatto speciale a base di CARNE D’ORSO“.
Era domenica 3 luglio 2011 e ad annunciare e a presenziare a quell’evento era Maurizio Fugatti, allora segretario della Lega Nord Trentino e onorevole, oggi Presidente della Provincia di Trento.
JJ4 “noi avremmo voluta abbatterla sul posto” ha chiarito in conferenza stampa il governatore dopo che la notte scorsa è stata catturata l’orsa che ha ucciso il 26enne Andrea Papi. L’orsa è stata trasferita al Centro di recupero della fauna alpina di Casteller, a Trento. La provincia spinge per procedere con l’ordinanza di abbattimento che il Tar ha sospeso fino all’11 maggio.
Quell’iniziativa del 2011 era stata lanciata per “riconquistare il territorio” contro il progetto Life Ursus e suscitò un caso mediatico, perfino una mezza crisi del governo di destra. Alla fine nessuno mangiò la carne di orso: erano stati, scriveva Il Giornale, cotti 28 chili di carne e altri 22 dei 50 acquistati erano stati scongelati.
Sul posto arrivarono i Nas dei carabinieri da Vicenza. “Ero ancora ministro degli Esteri – aveva raccontato sui social Franco Frattini – Fugatti, politico locale, organizzò una festa con carne d’orso: feci intervenire la Forestale. Fu allora che lui raccontò di aver comprato la carne in Slovenia: si aprì un caso diplomatico con la Slovenia, dove tutto questo era vietato“.
La reazione dei leghisti fu piuttosto turbolenta. “Ci dicono che manca il certificato di importazione della carne. Ma sappiamo che è Roma che ci ha mandato i militari“, aveva lamentato l’ex senatore e parlamentare europeo Enzo Erminio Boso.
“Lunedì chiamo Bossi e gli chiedo di lasciare questa maggioranza”, si era spinto a dire secondo quanto scriveva Il Giornale. “Questi ministri hanno alla fine esaltato quello che era il fine della nostra proposta: portare l’attenzione sull’orso, che è un vero problema. Comunque domani chiederemo il dissequestro e lo mangeremo in privato”.
(da Il Riformista)
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Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile
SEGUIRE PEDISSEQUAMENTE LA LINEA AMERICANA POTREBBE ESSERE UN BOOMERANG PER L’UNIONE EUROPEA
Inizialmente la presa di distanza dall’alleato americano da parte del
presidente francese Emmanuel Macron era stata liquidata sbrigativamente a Washington. Ma con il passare dei giorni, l’irritazione sta lasciando spazio a qualche utile riflessione sia nei centri di ricerca della capitale, sia in ambienti vicini all’Amministrazione Biden.
Le implicazioni non riguardano solo la politica estera e di difesa occidentale, ma il rischio di una frammentazione dell’economia globale che gli Stati Uniti stanno sottovalutando.
Come è noto, a conclusione della visita a Pechino, Macron aveva invitato l’Europa a una posizione di non vassallaggio dagli Stati Uniti. La dichiarazione è stata interpretata come frutto di ambizioni personali o di una volontà di avvicinamento alla Cina attraverso il via libera alle mire di Pechino su Taiwan, cioè alla soppressione di una delle poche democrazie nell’area indocinese.
Analisti francesi attribuiscono invece la posizione di Macron a tre considerazioni: la prima è che conviene coinvolgere la Cina nella soluzione della crisi ucraina, rispetto alla quale Pechino è in condizione di beneficiare sia (strategicamente) da una continuazione del conflitto, sia (economicamente) da una sua conclusione. La seconda ragione è che senza la Cina non è possibile affrontare la crisi climatica globale. La terza è più direttamente economica e riguarda la contrarietà europea alla frammentazione dell’economia globale lungo aree di influenza americana o cinese.
La frammentazione è in corso: lo scorso anno gli Usa hanno bloccato le vendite alla Cina di semiconduttori ad alta performance e la Cina ha risposto con limitazioni alla vendita di terre rare. Le sanzioni alla Russia sono state accompagnate da tagli alle forniture di petrolio all’Ue.
Da alcuni mesi, il Fondo monetario propone analisi dei rischi legati alla frammentazione globale. Il ritiro unilaterale degli Stati Uniti dal commercio con la Cina e l’imposizione di limitazioni ai partner europei, sposterà l’offerta produttiva cinese verso altri Paesi creando di fatto una frammentazione tra l’Occidente e il resto del mondo. Per controllare l’export di tecnologia, oltre a tutto, sarebbero necessarie capacità di “polizia” su una scala senza precedenti e probabilmente irrealizzabile.
Anche queste pratiche spingerebbero altri Paesi in via di sviluppo ad avvicinarsi alla Cina anziché ai Paesi occidentali, a detrimento dell’attrattività delle democrazie. Sotto accusa non sono tanto i controlli agli investimenti e alle esportazioni di Cina, Russia e altre potenze che possono nutrire volontà strategiche aggressive o di penetrazione tecnologica, bensì la limitazione più generale degli scambi commerciali con la pretesa di favorire le produzioni locali.
Si tratta di una strategia che ha un richiamo populista ovvio, a cominciare dallo slogan “compra americano”, ma che non ha reali benefici economici perché favorisce produzioni meno avanzate, che possono essere importate a minor costo, sposta occupazione verso posti di lavoro meno pagati, e fa aumentare il prezzo di beni e servizi per i cittadini meno abbienti.
L’economia europea è impegnata in una trasformazione “verde” che non avrebbe possibilità di successo se la Cina non condividesse l’emergenza ambientale e continuasse a inquinare, legittimando comportamenti nocivi anche in India, Brasile o Indonesia. Allo stesso tempo, la sostituzione di motori a combustione con sistemi meno inquinanti richiede investimenti di dimensioni tali da non poter essere che globali. Infine, in uno scenario di frammentazione, se un’area inventasse un rimedio a basso costo per la riduzione dei danni ambientali, non avrebbe vantaggio a diffonderlo.
(da La Repubblica)
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Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile
“DA CHI DISDICE LE VACANZE A CHI NON COMPRERA’ PIU’ I NOSTRI PRODOTTI”… ORA IL TERRITORIO RISCHIA… STRISCIONI A VERONA NEI CENTRI COMMERCIALI
La vicenda dell’orsa JJ4 può avere ripercussioni su uno dei sostentamenti principali del nostro territorio, ovvero il turismo?
§La risposta è sì.
Sui social, in queste ore, impazza l’hashtag #BoicottaIlTrentino, diventato tra i trend di Twitter, in cui tante persone affermano che questa vicenda li porterà ad evitare il Trentino per le vacanze.
La scure rischia di abbattersi non solo sul settore turistico, ma anche su quello enogastronimico, con tutte le eccellenze del territorio potenzialmente a rischio se si pensa che c’è chi dice che non comprerà più mele nostrane, un’altra fetta importante dell’economia locale.
Dalle parole ai fatti. Nelle ultime ore alcuni attivisti di Centopercentoanimalisti hanno esposto alcuni striscioni fuori da due supermercati di Verona, rivolgendosi tanto alle catene quanto, evidentemente, anche ai clienti delle stesse: “Lo facciamo affinché tolgano dagli scaffali i prodotti trentini: sarebbe un gesto importante di solidarietà. Contemporaneamente invitiamo le persone a non comperare questi prodotti, finché Fugatti e soci non avranno cambiato rotta. Non solo le mele, ma vini, confetture, biscotti, funghi. Alcuni prodotti ‘a marchio’ provengono da aziende trentine: chi ama gli animali, legga l’origine di quel che compra”.
Insomma, il rischio per le tasche trentine, stando alle premesse di queste iniziative, c’è eccome.
(da TrentoToday)
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