Luglio 5th, 2023 Riccardo Fucile
I TERMINI DELLA SEGRETAZIONE DEGLI INDAGATI NELL’INCHIESTA SU VISIBILIA SONO SCADUTI DA TEMPO: BASTAVA CHE I LEGALI DELLA MINISTRA FACESSERO RICHIESTA DI ATTESTAZIONE RECENTE MA NON L’HANNO FATTA: FORSE PERCHE’ SAPEVANO CHE SAREBBE RISULTATA INDAGATA?
Manca una data certa nella difesa di Daniela Santanché, che in
Senato ha garantito di non essere indagata, assicurando di non avere ricevuto un avviso di garanzia e che i suoi legali le hanno assicurato che non è oggetto di una inchiesta penale. Perché senza la data della richiesta alla procura di Milano – in base all’art. 335 del codice di procedura penale- non c’è alcuna prova certa che il ministro del Turismo non sia indagato ad oggi.
Secondo quanto risulta a Open, infatti, quella richiesta di attestazione è stata effettivamente presentata alla procura di Milano dai legali della Santanché, ma ormai sei mesi fa. Potrebbe attestare assai poco se l’iscrizione a modello 21 del registro delle notizie di reato fosse stata segretata, come è assai probabile nella fase iniziale di una indagine che riguarda anche società e titoli quotati in borsa.
Il segreto sulla eventuale iscrizione a modello 21, però, non può durare più di tre mesi e non può essere rinnovato. Passati quei 90 giorni quindi, proprio facendo richiesta di attestazione in base all’art. 335 c.p.p., il diretto interessato può sapere anche prima dell’avviso di conclusione delle indagini (che lo attesterebbe) se risulta indagato anche senza avere ricevuto avviso di garanzia. Ed è proprio una attestazione recente che manca per potere credere senza ombra di dubbio in quel che ha detto in Senato la Santanché. Al momento lei potrebbe essere indagata e non saperlo, non avendolo chiesto nei tempi giusti.
Da settimane però i legali della Santanché hanno avuto più incontri con la procura di Milano oltre che con il tribunale civile in cui si sta cercando di scongiurare il fallimento di Visibilia srl e di altra società del gruppo. Conoscono su cosa si stanno concentrando i sospetti dei pm che hanno proceduto anche a una acquisizione formale della documentazione cartacea amministrativa nella sede di Visibilia. È innegabile che ci sia una indagine penale sulla vicenda, ed è ovvio che le scritture contabili contestate non si scrivono da sé, per cui qualche indagato agli atti deve pure esistere. Per escludere – come ha fatto la Santanché – che non sia lei l’indagata bisognerebbe produrre quella attestazione con data recente. Ma non è stato fatto, quindi al momento manca la prova contraria a quanto scritto da Il Domani, che assicura che la Santanché è appunto iscritta a modello 21 del registro delle notizie di reato.
(da Open)
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Luglio 5th, 2023 Riccardo Fucile
QUANDO ERA ALL’OPPOSIZIONE URLAVA PER FAR DIMETTERE BOSCHI, LOTTI, GUIDI, CANCELLIERI E AZZOLINA… ORA CHE GOVERNA PROTEGGE L’INDIFENDIBILE SANTANCHE’
“Le dimissioni da ministro sarebbero un gesto importante e significativo, un forte segnale di rispetto verso le Istituzioni”. Parola di Giorgia Meloni che non usa mezzi termini precisando comunque di essere “certa della sua buona fede” ma “un atto di responsabilità dopo quanto è accaduto è auspicabile”. La presidente del Consiglio però non sta parlando di Daniela Santanchè.
Queste frasi sono datate 20 giugno 2013: Meloni, da presidente dei deputati di FdI, interveniva per chiedere le dimissioni di Josefa Idem, ministra alle Pari opportunità del governo Letta, al centro di una bufera dopo un accertamento disposto dal Comune di Ravenna che le contestava l’Ici non pagata per quattro anni e irregolarità edilizie.
Fatti sicuramente meno rilevanti di quelli che riguardano oggi Santanchè: ma per Meloni necessitavano di un “atto di responsabilità”. Addirittura anche la stessa Santanchè interveniva per chiedere a Letta di “sostituire la ministra”. Josefa Idem si dimetterà poco dopo.
Questo non è l’unico caso di un esponente del governo coinvolto in scandali o vicende giudiziarie, al quale Meloni ha chiesto di rimettere l’incarico.
C’è per esempio Federica Guidi, ministra dello Sviluppo economico nel governo Renzi. Negli atti dell’inchiesta sul petrolio in Basilicata dell’aprile 2016, vengono depositate alcune intercettazioni nelle quali Guidi (non indagata) informa il compagno, Gianluca Gemelli (poi archiviato), dei progressi di un emendamento che potrebbe favorirlo. “Un caso abbastanza inquietante”, lo definisce Meloni per la quale, dopo le “doverose” dimissioni di Guidi, “tutto il governo” dovrebbe “andare a casa perché in eterno conflitto di interessi”.
Meloni è dura. Lo sarà anche con altri ministri che però non si dimettono. È il caso di Annamaria Cancellieri: ministra della Giustizia finita, nel novembre 2013, nella vicenda Ligresti per le sue telefonate ai familiari del costruttore. “Obiettivamente il suo comportamento è stato totalmente inopportuno, credo che il ministro non abbia più la possibilità di avere un mandato pieno”, dice Meloni annunciando il suo voto a favore della mozione di sfiducia (poi bocciata) presentata dal M5S. Come nel 2017 con il ministro dello Sport Luca Lotti coinvolto nell’inchiesta Consip. “Io voterei la mozione di sfiducia, ma la farei a tutto il governo”, lo sfogo di Meloni.
Stesso periodo, altro attacco. “Lo scandalo delle banche popolari è una sorta di bignami del renzismo”, accusa nel dicembre 2015 Meloni alla Camera, nell’annunciare il voto di sfiducia contro la ministra delle Riforme Maria Elena Boschi dopo il decreto “salva banche” dove figurava anche Banca Etruria, di cui il padre di Boschi era vicepresidente al momento del commissariamento. Più recente la sfuriata contro Lucia Azzolina, ministra dell’Istruzione M5S accusata da Repubblica di aver copiato parte della propria tesi: “Sarebbe inammissibile – è la nota del partito – Un ministro non può copiare, non può avere nel suo palmares una così grave irregolarità. Azzolina venga in Parlamento a spiegare”.
Il “rispetto verso le Istituzioni” viene però accantonato quando sono protagonisti rappresentanti di destra. Come Nunzia De Girolamo e Maurizio Lupi.
La prima, alle Politiche agricole con Letta, si dimette nel gennaio 2014 dopo lo scandalo delle nomine all’Asl di Benevento dove non è indagata, ma presente in alcune intercettazioni. Lupi, citato più volte nelle carte dell’inchiesta “Grandi opere”, lascia a marzo 2015 le Infrastrutture. “Si è dimesso pur non essendo indagato e ha avuto la stessa sorte di De Girolamo – commenta Meloni – entrambi sacrificati da Ncd per non mettere in discussione il governo e l’alleanza col Pd”.
Nel maggio del 2019, infine, la leader di FdI difende Armando Siri poco prima che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, gli revochi l’incarico di sottosegretario perché indagato per corruzione: “Non ci sono gli elementi per farlo dimettere”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Luglio 5th, 2023 Riccardo Fucile
LA COMMISSIONE EUROPEA CONTRO L’ABOLIZIONE DELL’ABUSO D’UFFICIO PFROPOSTO DA NORDIO
L’abolizione dell’abuso d’ufficio contenuta nella riforma della
giustizia presentata dal guardasigilli Carlo Nordio comprometterà la lotta alla corruzione. Non lo dicono gli oppositori politici del governo di centrodestra ma la Commissione Europea nel Rapporto sulla Stato di diritto. “È stata presentata una proposta di legge che mira ad abrogare il reato di abuso di ufficio pubblico e a limitare la portata del reato di traffico di influenze: queste modifiche depenalizzerebbero importanti forme di corruzione e potrebbero compromettere l’efficace individuazione e lotta alla corruzione”, annotano gli analisti di Bruxelles.
“Servono garanzie per i reporter – Nel rapporto la commissione aggiunge che il disegno di legge Nordio “propone inoltre modifiche a diverse altre disposizioni del codice di procedura penale in materia di carcerazione preventiva, possibilità di appello contro le assoluzioni nonché tecniche investigative speciali. Le autorità giudiziarie stanno seguendo da vicino gli sviluppi di questa riforma e il potenziale impatto sulle indagini, sui procedimenti giudiziari e sui giudizi di determinate pratiche di corruzione come il commercio di influenza o l’abuso d’ufficio. La società civile ha espresso alcune preoccupazioni riguardo a questi cambiamenti e al loro possibile impatto per combattere efficacemente la corruzione“. Insomma la riforma Nordio viene bocciata senza appello in Europa. Nonostante non sia neanche entrata in vigore. Ma non solo. Nella relazione Bruxelles chiede anche al nostro Paese di “proseguire il processo legislativo per riformare e introdurre garanzie per il regime di diffamazione, la protezione del segreto professionale e delle fonti giornalistiche, tenendo conto degli standard europei sulla protezione dei giornalisti“. Inoltre è necessario “proseguire gli sforzi per creare un’istituzione nazionale per i diritti umani, tenendo conto dei Principi di Parigi delle Nazioni Unite”.
“Introdurre norme complete su conflitti d’interesse”
Nel rapporto l’Ue sprona inoltre l’Italia ad “adottare norme complete sui conflitti di interesse e sulla regolamentazione delle attività di lobbying per istituire un registro operativo delle attività di lobbying, che includa un’impronta legislativa”. Nella relazione si chiede poi a Roma di “affrontare in modo efficace e rapido la pratica di incanalare le donazioni attraverso fondazioni e associazioni politiche e introdurre un registro elettronico unico per le informazioni sui finanziamenti ai partiti e alle campagne elettorale”. Gli analisti europei riconoscono comunque che “sono stati compiuti alcuni progressi nell’adozione di una legislazione completa sui conflitti di interesse”. E ricordano che “il Rapporto sullo Stato di diritto del 2022 ha raccomandato all’Italia di adottare norme complete sul conflitto di interessi. Gli sforzi precedenti per adottare una legislazione completa sui conflitti di interesse per i titolari di cariche politiche, compresi i parlamentari, si sono arenati nel corso degli anni”.
“Progressi nella digitalizzazione”
Non ci sono solo note completamente negative. Bruxelles, comunque, riconosce all’Italia di aver compiuti “progressi significativi nel proseguire gli sforzi per migliorare ulteriormente il livello di digitalizzazione del sistema giudiziario, in particolare per i tribunali penali e le procure; e progressi significativi nel potenziamento della digitalizzazione e dell’interconnessione dei registri, migliorando così le operazioni di polizia e delle procure contro la corruzione ad alto livello”. E’ quanto si legge nel rapporto sulla stato di diritto 2023, pubblicato oggi dalla Commissione europea. Ora l’Ue raccomanda di “proseguire gli sforzi per migliorare ulteriormente il livello di digitalizzazione dei tribunali penali e delle procure”.
(da agenzie)
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Luglio 5th, 2023 Riccardo Fucile
TUTTO E’ INIZIATO IN CONCOMITANZA CON LO SCOPPIO DELLA GUERRA IN UCRAINA. E DA ALLORA QUESTO TOURBILLON DI DENARO (DI CUI NON SI CONOSCE LA DESTINAZIONE) “NON È MAI FINITO” – SULLA VICENDA SI MUOVONO COPASIR E SERVIZI SEGRETI… “SONO STATI USATI PER DESTABILIZZARE LA COLLOCAZIONE INTERNAZIONALE DELL’ITALIA?”
Il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica sta per attivarsi su uno strano giro di fondi gestiti dall’Ambasciata russa a Roma. Un caso di cui si stanno occupando l’Uif, l’Unità di antiriciclaggio, ma anche i servizi segreti. Sebbene il Copasir mantenga il più stretto riserbo, fonti qualificate della maggioranza confermano l’esistenza del dossier e la volontà di esaminarlo «a breve e nella sede opportuna».
La vicenda risale alla prima metà dello scorso anno, a seguito di «movimentazioni sospette» rilevate sui tre conti correnti dell’ufficio diplomatico russo: uno dei conti opera in valuta, gli altri due in euro. Il passaggio di danaro da un conto all’altro fece scattare l’allarme alla Uif e la struttura che lavora presso la Banca d’Italia iniziò a trasmettere una serie di «segnalazioni».
In un report del 5 gennaio 2023, per esempio, vengono descritte alcune di queste operazioni. Tra ottobre e novembre del 2022, 400 mila dollari americani depositati sul conto in valuta transitarono su uno dei conti in euro. E da quel conto furono poi operati «cinque prelievi in contante per un valore complessivo di 410 mila euro». Il mese dopo una società di security consegnò all’Ambasciata della Federazione russa «seimila banconote da cento euro».
Insomma, in novanta giorni l’ufficio diplomatico russo a Roma aveva mosso un milione di euro in contanti, cifra che si andava ad aggiungere ai fondi prelevati in precedenza. È vero che le sanzioni hanno ridotto le modalità di trasferimento dei soldi per le istituzioni moscovite, «tuttavia — sottolineò l’Uif — importi così elevati rendono sospetta la movimentazione».
Non si conosce la destinazione del denaro, ma c’è un motivo se l’intelligence italiana prese a seguire con attenzione la vicenda: il giro di soldi era iniziato in concomitanza con lo scoppio della guerra in Ucraina. E da allora «non è mai finito», secondo un’informazione dei servizi.
Talvolta il flusso di contanti è stato «molto sostenuto»: un fatto quasi quotidiano. E c’è il sospetto che questa liquidità non sia servita solo per le «attività regolari e giornaliere» dell’ambasciata. Non è dato sapere come si sia sviluppata l’indagine dell’Antiriciclaggio italiana, che da mesi condivide le informazioni con le Financial Intelligence Unit estere.
Quando il dossier sarà esaminato dal Parlamento, l’attivazione del Copasir consentirà di svolgere audizioni, richieste di informative e produzione di atti, secondo le rigide regole del Comitato che opera in totale riservatezza. E che già qualche mese fa aveva messo in programma di «verificare le informazioni».
D’altronde c’è una forte sensibilità sull’argomento, per le note modalità con cui il regime russo cerca «anelli deboli» nei Paesi occidentali. In Inghilterra da qualche giorno tiene banco il «caso Farage»: il principale sostenitore della Brexit è sospettato di aver ricevuto mezzo milione di sterline da Mosca, e si è visto bloccare i conti bancari nonostante abbia respinto l’accusa. In Italia il senatore Borghi di Italia Viva chiede l’intervento della premier, con una interrogazione nella quale evidenzia «l’attivismo» di Putin in Italia negli ultimi anni.
Borghi chiede al governo se sia a conoscenza del caso e quali iniziative intenda adottare per «accertare la regolarità» del flusso finanziario e per «impedire trasferimenti di denaro illecito nel nostro Paese, col chiaro intento di destabilizzare la collocazione internazionale dell’Italia». Per il resto basterebbe capire se i soldi sono serviti solo per la spesa al supermercato.
(da Il Corriere della Sera)
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Luglio 5th, 2023 Riccardo Fucile
IL DISPREZZO DELLE MASSE DI UNA PLETORA DI SFIGATI
Dice Sgarbi, eccezionalmente senza scurrilità isteriche: «A
personaggi di buona ma non eccelsa qualità come Fiorello e Amadeus non si può consentire di irridere Morgan, spirito nobile e grande musicista».
A parte che polemizzare seriamente con una gag di Fiorello è un atto di comicità involontaria, le parole di Sgarbi ci rivelano come gli intellettuali di destra nutrano lo stesso disprezzo per i gusti delle masse che caratterizza quelli di sinistra.
Criticano i radical chic di Capalbio, ma solo perché vorrebbero essere considerati come loro, e soprattutto da loro.
Seguendo il cliché lamentoso che invece è una esclusiva dei pensatori destrorsi (questa legione di fenomeni incompresi che inonda tv e giornali da decenni), Sgarbi ritiene un sopruso che a scegliere le canzonette di Sanremo sia chiamato Amadeus, un disc-jockey che si occupa di canzonette da tutta la vita, anziché un musicista colto e raffinato come Morgan.
Anche il maestro Muti non è poi così male, eppure nessuno si sognerebbe di fargli dirigere il traffico del Festival, né lui si è mai sentito discriminato per questo. Ma per Sgarbi ogni occasione è buona per distribuire patenti di qualità e definire mediocre, «capra» o «sfigato» chi dissente.
«Non esistono anime mediocri. Potrai risultare mediocre nelle tue aspirazioni e realizzazioni personali, ma la maniera in cui si manifesta la tua mediocrità crea un picco unico e irripetibile». (James Hillman, psicanalista junghiano).
Uno «sfigato» anche lui.
(da il Corriere della Sera)
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Luglio 5th, 2023 Riccardo Fucile
NELLA SUA LETTERA DI SCUSE PROVA A RABBONIRE I GIUDICI, VISTO CHE RISCHIA DAI 2 AI 5 ANNI E UNA MULTA FINO AI 15 MILA EURO, MA RIESCE A PEGGIORARE SOLO LA SITUAZIONE (PENSAVA CHE IL COLOSSEO FOSSE UN FAST FOOD?)
Lo sfregiatore si pente. Ma il mea culpa del turista che ha aggredito il Colosseo, incidendo con una chiave nel marmo il suo nome e quello della sua fidanzata, per dimostrare al mondo che “Ivan+Hayley 23” si amano, nella sua lettera di scuse alla Procura di Roma, al Sindaco e al Comune ha sfregiato di nuovo il buon senso e ha applicato il vandalismo anche alla propria intelligenza che palesemente non abbonda.
Una missiva surreale quella firmata, dopo circa due settimane dalla bravata ai danni dell’Anfiteatro Flavio, da Ivan Danailov, trentunenne di origini bulgare residente in Inghilterra. «Consapevole della gravità del gesto commesso – scrive – desidero con queste righe rivolgere le mie più sentite e oneste scuse agli italiani e a tutto il mondo per il danno arrecato a un bene che, di fatto, è patrimonio dell’intera umanità».
E cerca una carezza «in particolare» di Gualtieri e del Campidoglio per il pentimento di cui sopra. Loro sì che «con dedizione, cura, sacrificio custodiscono l’inestimabile valore storico e artistico del Colosseo». Mentre lui confessa e si autoassolve nel passo più esilarante di questa lettera che suscita il dubbio “ma ci fa o ci è” e fornisce contemporaneamente la risposta che è la seconda:
«Ammetto con profondissimo imbarazzo che solo in seguito a quanto incresciosamente accaduto ho appreso dell’antichità del monumento». Può esistere al mondo uno che non sa che cos’è il Colosseo?
Se esiste, questo è il Danailov e una grande Capitale, con tanti problemi che ha, deve pure fronteggiare un tipo così e altri turisti stranieri che, come lui, già in passato hanno sfregiato i monumenti romani (compreso il Colosseo), tornandosene poi a casa impuniti.
Il bizzarro mea culpa ma l’ignoranza non va colpevolizzata (il che non è vero se l’ignoranza diventa colposa come in questo caso) è l’assurda morale della lettera.
Vuole rabbonire i giudici il trentunenne inglese, visto che la sua bravata gli può costare da 2 a 5 anni di reclusione e una multa tra i 2.500 e i 15.000 euro.
(da il Messaggero)
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Luglio 5th, 2023 Riccardo Fucile
L’OSSESSIONE NOBILIARE DI POVERI CRISTI
Rientra certamente tra le libertà della persona, specie se si è
addirittura il fidanzato di una ministra (Santanché) scrivere sul proprio biglietto da visita siffatto nome: Dimitri Kunz D’Asburgo Lorena Piast Bielitz Bielice Belluno Spalia Rasponi Spinelli Romano Principe Dimitri Miesko Leopoldo.
Ma rientra inevitabilmente tra le libertà della persona anche farci sopra due poderose risate. E trarne la conclusione, per certi versi rassicurante, che in Italia non stiamo vivendo una nuova era fascista, non la stanca prosecuzione di quella repubblicana, nessuna post-storia e nemmeno (anche se presto qualcuno lo teorizzerà) una New History: siamo sempre e per sempre nell’Evo di Totò.
Siamo sceneggiati da Age e Scarpelli. Da Castellano e Pipolo, che scrissero, per altro, uno dei film più acuti sul fascismo, “Il federale” di Luciano Salce: è sempre la commedia che ci rappresenta in modo compiuto. E nel caso che in conclusione delle varie inchieste in corso sulla signora ministra l’imputazione più significativa rimanesse il nome del fidanzato, non ci sarebbe da stupirsi.
La smania di apparire grossi in un Paese piccoletto, il “lei non sa chi sono io”, l’ossessione nobiliare di normali cristi che si vergognano, chissà mai perché, di chiamarsi Gino, sono immutabili nei secoli. E sono il motore della nostra storia sociale.
Perfino Totò, che era Totò, si chiamava, o diceva di chiamarsi, Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio. Il giorno che ogni nostro singolo avo pezzente, migrante, contadino, lavandaia, operaia, soldato peserà, nel nostro sentirci italiani, come un titolo di nobiltà, saremo diventati un Paese serio. Dunque mai.
Per la cronaca: gli Asburgo negano ogni legame di parentela con costui. Attendiamo chiarimenti anche dagli Spinelli e soprattutto dai Rasponi.
(da La Repubblica)
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Luglio 5th, 2023 Riccardo Fucile
TRA I REATI CONTESTATI ALLA “PITONESSA”, CHE HA SEMPRE NEGATO DI ESSERE INDAGATA, E’ EMERSO ANCHE IL FALSO IL BILANCIO… OGGI SANTANCHÈ RIFERIRÀ IN PARLAMENTO, MA L’ISCRIZIONE NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI, TENUTA SEGRETA FINO AD OGGI, CAMBIA LE CARTE IN TAVOLA
Più che del Turismo, Daniela Santanché, è la ministra dei debiti. A tal punto che per garantire i creditori ha dovuto vincolare la lussuosa villa in centro a Milano valutata 6 milioni di euro, come raccontato da Domani. Debiti enormi tutti rendicontati nei documenti che hanno portato alla sottoscrizione di un vincolo sull’abitazione come garanzia al piano di ristrutturazione dei debiti presentato al tribunale di Milano, una soluzione tempestiva per dribblare il decreto di ingiunzione notificato dallo stesso tribunale di Milano il 3 maggio 2023.
La ministra del Turismo è indagata da tempo nell’inchiesta per bancarotta condotta dalla procura di Milano sulle società della galassia Visibilia. Non è la sola, assieme a lei c’è un gruppo di persone che hanno avuto ruoli diversi nella gestione delle aziende.
«È falso che io sia indagata. Il fascicolo è aperto a modello 45, quindi senza indagati». Ecco la difesa di Santanchè a novembre 2022 quando alcuni giornali avevano dato la notizia. In realtà a Domani risulta che il pool che si occupa di reati societari (pm Maria Gravina e Roberto Fontana) aveva solo segretato l’iscrizione.
È una modalità comune prevista dal codice di procedura penale nel caso in cui «sussistano specifiche esigenze attinenti all’attività di indagine». Per questo agli avvocati non risultava alcun procedimento penale sulla loro assistita. All’epoca l’iscrizione riguardava solo il reato di bancarotta. Nel corso del tempo però è emerso anche un secondo filone, il falso in bilancio, che secondo il Corriere, nell’articolo di novembre scorso, è tra i reati contestati alla ministra.
Non è certo se Pd e 5 Stelle presenteranno una mozione di sfiducia. Certo valuteranno il da farsi dopo l’intervento della ministra: se non sarà convincente cercheranno una soluzione condivisa per chiederne le dimissioni. Tra i documenti più rilevanti per capire lo stato di insolvenza della ministra del governo Meloni ci sono i cosiddetti «contratti di accollo» stipulati tra Santanchè e alcuni creditori.
La data è il 30 giugno scorso, la ministra era in carica da otto mesi. Con l’atto l’imprenditrice e politica si assume il debito della società Visibilia Srl per garantire le società che chiedono la restituzione dei soldi. Nel primo di questi accordi Santanchè si «accolla» il debito di Visibilia srl ( «in quanto detiene il 95 per cento delle quote») nei confronti di Visibilia editrice, in cui la ministra non ha mai avuto cariche. «Visiblia srl è priva di risorse», è scritto nell’atto, «sicché le risorse necessarie saranno messe a disposizione da Santanchè».
Anche ponendo il vincolo sulla villa milionaria, legato al rispetto del piano di rientro stabilito tra le due Visibilia: 1,9 milioni di euro, da restituire a rate fino al 2025. Mentre Visibilia editrice non ha tentato l’ingiunzione, al contrario lo hanno fatto le società che hanno acquisito i crediti vantati da Intesa San Paolo nei confronti di Visibilia Srl.
Il decreto del giudice del tribunale civile di Milano è del 3 maggio 2023: impone alla società il pagamento «di 4,56 milioni di euro» e alla «garante», cioè la ministra, «il pagamento di 2,24 milioni di euro». Alla fine l’accordo di saldo e stralcio con la società Kerdos (aveva acquisito i crediti vantati da Intesa) prevede un pagamento totale di 1,2 milioni da versare entro 90 giorni. Debiti che Visibilia aveva contratto con Intesa San Paolo a cavallo del 2015 e il 2019: linee di credito concesse e non del tutto compensate da Santanchè e un «mutuo chirografo» di 3,5 milioni di euro.
(da Domani)
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Luglio 5th, 2023 Riccardo Fucile
LA GIUSITIFICAZIONE DEL GESTORE: “MA LE TARIFFE SONO FERME DAL 2017”
Un tassista napoletano confessa le truffe ai turisti. Il gestore di
un’auto bianca parla sotto garanzia di anonimato con Il Mattino. E racconta i metodi per spennare i clienti.
Con tariffe fino a 1.200 euro a viaggio nei mini-van e le corse per accaparrarsi chi promette un viaggio più lungo. «Gli escamotage per guadagnare di più sono “dimenticare” di accendere il tassametro se c’è traffico, o “scegliere” i clienti che hanno una tratta più lunga da fare», precisa. E poi si giustifica: «Le tariffe sono ferme dal 2017 e non si adeguano al caro vita. Speriamo che in autunno aumentino anche le predeterminate, come abbiamo chiesto. Questo ha calmato un po’ gli animi negli ultimi giorni, ma speriamo che le promesse siano mantenute».
Gli escamotage
Il tassista anonimo spiega gli escamotage: «Accompagnare un turista a Pompei ci fa incassare 90 euro, comprese le 2 ore di attesa per la visita degli scavi. Il viaggio verso Sorrento fa guadagnare al tassista 140 euro. Ecco perché c’è chi preferisce prendere questo tipo di corse “turistiche”, piuttosto che accompagnare il cliente a Mezzocannone o alla stazione: queste ultime sono corse che,con la tariffa predeterminata, valgono appena 13 euro: è un comportamento scorretto, che porta alcuni di noi a essere sospesi».
Anche lui ha ricevuto una sospensione: «Funziona così: quando un cliente cui è stata rifiutata la corsa segnala al Comune il torto subito, fornendo il numero del taxi che non ha effettuato il servizio, parte una procedura che prevede anche una dichiarazione del tassista. Questa viene poi esaminata da una commissione disciplinare, che stabilisce se multare o meno l’auto bianca. Nel ‘22, su 400 denunce, c’erano state circa 200 sospensioni. Nel ‘23 ce ne saranno molte di più. I furbi sono aumentati a causa di viabilità intasata. È un “si salvi chi può”, specialmente in stazione e al Beverello. Tanti di noi non vanno al molo perché c’è traffico: va alzata la sbarra dell’Immacolatella».
Le altre irregolarità
Il tassista spiega che ci sono anche altre irregolarità: «Soprattutto con i turisti cui vengono fatte tariffe enormi. Di solito vengono adescati nel porto, dai taxi mini-van, che caricano fino a 8 persone per 150 euro a coppia. Diverse auto bianche, poi, non caricano i cani perché sporcano, ma non è obbligatorio. C’è chi qualche volta “dimentica”di accendere il tassametro. Le tariffe predeterminate vengono attivate su richiesta del cliente. Se questa richiesta non arriva, c’è chiusa il tassametro solo in caso di traffico».
(da agenzie)
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