Destra di Popolo.net

MA QUALE GUERRA, SE NEL NOSTRO ESERCITO SONO TUTTI COME VANNACCI, SIAMO SPACCIATI

Aprile 3rd, 2024 Riccardo Fucile

NON SIAMO STATI IN GRADO DI DIFENDERE I NOSTRI DIRITTI, FIGURIAMOCI I CONFINI NAZIONALI

Non vi vedo abbastanza preoccupati per la Terza guerra mondiale. Eppure ormai a parlarne non siamo più solo noi ansiosi. Forse non vi sono chiare l’entità e le dimensioni della cosa: come dice la parola stessa, la guerra mondiale sarebbe mondiale, cioè tutto il mondo sarebbe in guerra – sarebbe in guerra persino il Molise, per dire. Non ci si può nascondere da nessuna parte. Toccherebbe difendersi, combattere, resistere. Ma siamo in grado? Io no, per esempio. Dico questo perché ancora non ho capito se in caso di Terza guerra mondiale io sarei arruolato. Sono nato nel 1984, ho compiuto da qualche mese 40 anni: sarei ancora in età a rischio reclutamento forzoso? Ma per fare cosa, poi? Io non ho fatto il servizio militare, quando ero un ragazzo era già stata abolita la leva obbligatoria. Non so marciare (tendo a inciampare), non prendo ordini da nessuno (più che altro nessuno me ne ha mai dati: lo sanno tutti che io sono un inetto e non so portare a termine nessun tipo di missione senza chiedere a mia volta aiuto), e in divisa starei malissimo (anche se il mio colorito verdognolo può essere facilmente spacciato per un incarnato mimetico). Non so usare un cavatappi, figuriamoci un’arma da fuoco. E poi con la fortuna che mi ritrovo, se mi mettete una pistola in mano incontro di sicuro l’uomo con il fucile.
Le mie dimensioni – snello e di bassa statura – non mi rendono valido nemmeno come scudo umano. Ma non ho nemmeno il coraggio di mettermi a fare il disertore: nessun patriottismo, è solo che poi finirei in carcere, e le carceri italiane sono solo dei suicidifici. Come posso dunque rendermi utile, in caso di reclutamento della popolazione?
Guardate che il discorso non è solo egocentrico: non so se il mio sia un discorso più sociale o generazionale, ma in giro è pieno di gente come me, giovani e non più giovanissimi appartenenti a una specie di ceto medio o quel che ne resta, che non siamo stati in grado di difendere i nostri diritti, il nostro potere d’acquisto, il nostro welfare, figuriamoci se saremmo in grado di difendere i nostri confini nazionali – che per altro non conosciamo, non avendo più fatto geografia a scuola. Forse – non me ne vogliano – si potrebbero far arruolare giusto i palestrati, i personal trainer: almeno loro il fisico ce l’hanno, e daremmo finalmente un senso a tutti quei muscoli.
Ma quello che mi preoccupa ancora di più dei cittadini impreparati, sono i militari di professione. Voglio dire: l’ultima guerra che abbiamo vinto era nel 1918. Noi italiani le armi le sappiamo vendere, questo è certo; ma le sappiamo anche usare? Inoltre, l’ultima volta che un nostro militare si è distinto è stato nel campo editoriale, dove ha fatto molto parlare di sé non per coraggiose imprese militari ma perché sulla metropolitana di Parigi perdeva l’equilibrio apposta per toccare le mani alle persone di colore per sentire come avevano la pelle. La mia domanda (preoccupata) è: ma il nostro esercito, le nostre forze armate, sono composte solo da gente come il generale Vannacci? Perché in tal caso, se fossimo invasi saremmo spacciati! Il generale ha ammesso di aver corteggiato una donna senza accorgersi che era trans, figuriamoci se lo mettessimo a sorvegliare i nostri cieli o i nostri mari: scambierebbe dei caccia per dei piccioni, delle portaerei per dei pedalò. Insomma: il nemico ce l’abbiamo in casa. E siamo noi. Non ci resta, come in certe partite di calcio, di sperare in qualche autogol degli avversari.
(da ilfoglio.it)

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GARRONE: “PER IL BENE DI CONFINDUSTRIA FACCIO UN PASSO INDIETRO”

Aprile 3rd, 2024 Riccardo Fucile

ALLA VIGILIA DEL VOTO, IL PRESIDENTE DELLA ERG SI RITIRA: “IL PRESIDENTE DEVE ESSERE LIBERO DI SCEGLIERSI LA SQUADRA SENZA CONDIZIONAMENTI”

Per “una Confindustria forte, occorre innanzitutto mettere un candidato nelle condizioni di potersi scegliere la propria squadra e la propria struttura liberamente, senza alcun condizionamento e negoziazione che lo renderebbe debole e ne sancirebbe il fallimento sin dall’inizio”.
Con una lunga lettera, “commosso ed emozionato”, Edoardo Garrone annuncia: “La scelta di anteporre il fine alla persona, mi impone quindi di fare un passo indietro e di consentire ad Emanuele Orsini di trovare quelle condizioni ideali per guidare Confindustria senza condizionamenti, e di poterlo fare con grande senso di responsabilità, in nome di un fine collettivo che è molto più importante di noi singoli”. Il patron della Erg e del Sole 24 Ore fa un passo indietro per non spaccare Confindustria e andare alla conta in Consiglio generale, convocato per domani alle 11 in viale dell’Astronomia.
L’escluso Antonio Gozzi, presidente di Duferco e di Federacciai, qualche giorno fa, aveva indicato ai suoi supporter Orsini come candidato da sostenere. Spostando verso l’emiliano un pacchetto consistente di voti. almeno una quindicina di preferenze, su uno degli attuali dei vice di Carlo Bonomi, con delega alla Finanza, Credito e Fisco, partito ormai mesi fa per aggiudicarsi la presidenza dell’associazione.
Alla vigilia di un confronto che si annunciava incerto, anche se l’entourage di Orsini considera da giorni di avere la vittoria a portata di mano, arriva la mossa di Garrone per evitare di arrivare ad una conta e, forse, anche ad una sua sconfitta.
Un modo poi per evitare che si possa saldare l’asse Orsini-Gozzi, consegnando così una sorta di golden-share al presidente di Federacciai, arrivando forse ad una gestione più collegiale e aperta della Confindustria nel dopo Bonomi. Da qui il riferimento che un presidente deve essere libero di scegliersi la squadra, senza condizionamenti.
Da questo confronto, dopo il colpo di scena finale dell’uscita di Garrone, emerge il fatto che il modello della piccola e media impresa, quella emiliana e del Nord-Est, prende le redini di Confindustria, superando la grande impresa del Nord, tra Lombardia, Piemonte e Liguria, che non è riuscita ad esprimere un unico candidato forte, ma si è divisa tra due liguri: da una parte Garrone e dall’altra Gozzi. Portando avanti da gennaio in poi uno scontro che nelle ultime settimane ha raggiunto livelli molto altri, oltre a velen. Una situazione che ha favorito la scalata di Orsini in viale dell’Astronomi. Ora bisogna vedere come l’emiliano cercherà di ricomporre la situazione per governare al meglio Confindustria nei prossimi anni.
(da La Repubblica)

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IL SOCIAL DI TRUMP SALVATO DA UN IMPRENDITORE RUSSO SOTTO INCHIESTA

Aprile 3rd, 2024 Riccardo Fucile

IL LEGAME CON ANTON POSTOLNIKOV CHE PRESTO’ SOLDI CON UNA FINANZIARIA LEGATA ALL’INDUSTRIA PORNO

C’è chi lo chiama indizio, chi nuovo scandalo. Fatto sta che mirino finisce di nuovo Donald Trump, ex (e forse prossimo) presidente americano. Trump Media, la società di social media del tycoon che questa settimana, a seguito di una fusione, è stata quotata in borsa facendo guadagnare almeno 4 miliardi di dollari all’ex presidente, nel 2022 secondo il Guardian sarebbe stata salvata da un uomo d’affari russo americano, ora sotto inchiesta per insider trading e riciclaggio.
Il quotidiano britannico ricorda che la fusione tra la società da cui dipende Truth Social, il megafono di Trump sui social, e la Digital World Acquisition Corporation è stata bloccata per alcuni anni dalle indagini della Sec, mettendo così Trump Media in gravi difficoltà finanziarie. In suo soccorso è arrivato un prestito d’emergenza dall’ES Family Trust, attraverso una piccola banca, la Paxum Bank, registrata nell’isola caraibica di Dominica.
Secondo i documenti ottenuti dal giornale inglese, questo fondo è una shell company dell’uomo d’affari russo americano Anton Postolnikov, che possiede parte della Paxum Bank – che non ha la licenza per operare nel settore bancario Usa – e che al centro da anni al centro di un’inchiesta dell’Fbi e del dipartimento di sicurezza Interna.
A Postolnikov, nipote di Aleksandr Smirnov, un alleato del presidente Vladimir Putin, non è stato contestato finora nessun crimine, e ad una richiesta di commento un avvocato della Paxum Bank ha minacciato un’azione legale nei confronti del Guardian per aver pubblicato documenti riservati. Postolnikov continua comunque ad essere oggetto dell’inchiesta sulla fusione di Trump Media, e recentemente sono stati emessi ordini di perquisizioni nei suoi confronti e di suoi diversi collaboratori, uno dei quali il mese scorso è stato incriminato per riciclaggio e insider trading.
(da agenzie)

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SALVINI BATTE IN RITIRATA E ORA PUNTA AL 7% PER NON PERDERE LA SEGRETERIA DELLA LEGA (E FINIRE IN GALERA)

Aprile 3rd, 2024 Riccardo Fucile

RETROMARCIA SU VANNACCI “SUI GAY ABBIAMO IDEE DIVERSE”… “DISTANTI DALLA RUSSIA DOPO L’INVASIONE DELL’UCRAINA”… PAROLE AL MIELE PER BOSSI… COSA NON SI FA PER NON FINIRE A SAN VITTORE

La ritirata di Matteo Salvini è iniziata. Sparge dubbi sul generale Vannacci, che rischia di non entrare nelle liste leghiste per le Europee. Tende la mano ad Umberto Bossi e ai dissidenti interni, che adesso ammette di aver trascurato.
Rinnega il patto con Russia Unita di Vladimir Putin (anche se non annuncia di averlo disdetto). Manda addirittura segnali di pace a Giorgia Meloni, dopo settimane di scontro, rivelando che la premier «ogni tanto la sera gioca a burraco con la mia fidanzata Francesca, stiamo costruendo un’amicizia fuori dalla politica».
Sono le condizioni di una resa politica, quella che il leader prova a scambiare con la propria sopravvivenza al vertice della Lega.
Una strategia dettata da uno spettro, anzi da un numero che gira ai vertici del Carroccio in queste ore. È l’asticella che determinerà il futuro del vicepremier: il 7%. Se Salvini dovesse restare sotto quella soglia alle prossime Europee, allora i colonnelli interverranno: chiedendogli un passo indietro e imponendo un segretario di transizione che dovrebbe traghettare il partito fino al congresso d’autunno.
A mettere in fila i cedimenti del capo, si comprende la portata della svolta. Resa ancora più necessaria dal calendario parlamentare: tra oggi e domani la Camera voterà sulla mozione di sfiducia al vicepremier presentata dall’opposizione – su impulso del calendiano Matteo Richetti – dopo le dichiarazioni del segretario del Carroccio seguite alla morte del dissidente russo Navalny. Palazzo Chigi ha già dato ordine di difendere Salvini (che tra l’altro oggi, salvo sorprese, diserterà l’Aula), ma ha ottenuto la pubblica scomunica del “partenariato paritario e confidenziale” siglato il 6 marzo 2017 tra via Bellerio e Russia Unita. “Come già ribadito – mette nero su bianco il Carroccio in una nota – i propositi di collaborazione puramente politica del 2017 tra la Lega e Russia Unita non hanno più valore dopo l’invasione dell’Ucraina. Di più.
Anche negli anni precedenti non c’erano state iniziative comuni. La linea della Lega è confermata dai voti in Parlamento”. In realtà, quel patto – come riportava Repubblica già nel 2022 – prevede un tacito rinnovo in assenza di una esplicita comunicazione delle parti. «L’accordo – conferma Richetti – contiene una clausola automatica». Non si ha notizia ufficiale di una disdetta del protocollo, che sarebbe dunque stato rinnovato il 6 marzo del 2022, quando Putin aveva già invaso l’Ucraina.
Ma non basta. La ritirata di Salvini è addirittura più radicale. Il leader torna a parlare di Bossi, «non lo sento da troppo – dice a Belve – e questa è una delle mie colpe».
Un segnale rivolto al fondatore della Lega, che oggi guida i dissidenti del Comitato del Nord. Proprio il coordinatore di quel comitato è tra i firmatari di una missiva – siglata da ex parlamentari, attuali dirigenti e leghisti storici – nella quale si contesta la linea del segretario e la scelta di allearsi con forze estremiste come i neonazisti tedeschi dell’Afd e con chi “non ha la nostra naturale repulsione nei confronti di fasci e svastiche”.
I promotori dell’appello, per lo più lombardi, contestano anche la scelta di candidare alle Europee “personaggi con forte marcatura nazionalista, totalmente estranei al nostro movimento” come il generale Roberto Vannacci.
E anche su questo punto, a ben guardare, il vicepremier lascia intravedere una potenziale retromarcia. Francesca Fagnani gli chiede dell’opzione di schierare Vannacci e lui replica: «Ci stiamo ragionando». «Lei – insiste l’intervistatrice – lo direbbe mai che le persone omosessuali non sono normali?». «No, infatti ho detto che condivido le sue battaglie sulla libertà di pensiero, ma per me uno può essere omosessuale, eterosessuale, transessuale, bisessuale, polisessuale». E insomma, il tentativo di Salvini pare evidente: arretrare, tatticamente, per salvare la segreteria.
Potrebbe non bastare, se dovesse scendere sotto l’asticella del 7%. A quel punto, i colonnelli chiederebbero un suo passo indietro, affidando la transizione al governatore del Friuli Venezia Giulia Max Fedriga. Ufficialmente, comunque, il vicepremier giura di voler resistere alla guida del partito: «Io penso di avere ancora tanto da dare. Poi persone in gamba ce ne sono, ma li lascio aspettare un attimo».
Chi pure aspetta di conoscere il proprio destino è la ministra del Turismo Daniela Santanchè. Anche per lei, come per Salvini, è calendarizzata una mozione di sfiducia. In teoria, tra oggi e domani sono previste due sedute notturne, il tempo per votare quindi ci sarebbe. Il problema è che potrebbe chiudersi in tempi rapidi anche l’indagine per falso in bilancio nella gestione di Visibilia. Palazzo Chigi rischia di assicurare la fiducia alla ministra e ritrovarsi poi qualche giorno dopo con questa nuova, potenziale tegola.
(da agenzie)

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UN UOMO CHE FA IL PAPA

Aprile 3rd, 2024 Riccardo Fucile

SE DIO ESISTE, NON SIEDE SUL TRONO

Papa Bergoglio piace sempre di meno ai cattolici tradizionalisti e forse è per questo che piace sempre di più a un miscredente come me. La sua idea che un Papa vada vegliato “non sui cuscini ma già chiuso nella bara, come in tutte le famiglie”, è l’ennesimo colpo inflitto alla pompa regale che circonda da secoli il capo della Chiesa romana.
Nel suo nuovo libro (già bestseller in mezzo mondo) giudica “troppo impegnativo” l’attuale rituale, e dice di avere dato disposizione, per i suoi funerali, che il suo corpo non sia esposto.
Sia semplice pudore, sia un gesto “politico” contro il culto materiale di una figura che dovrebbe esercitare soprattutto un magistero spirituale, ma nei secoli è stato soprattutto un regnante e un potente, l’idea che ne deriva è comunque la restituzione del Papa a una dimensione tipicamente umana, un prete nella sua bara (o un frate, come il Francesco dal quale prende il nome), un uomo che scompare e non intende dare troppo disturbo, anche se ringrazia per l’affetto e la vicinanza di tanti.
Questa dimensione “dimessa” e formalmente “povera” di Bergoglio è rivoluzionaria quanto lo fu il francescanesimo. Chi detesta Bergoglio perché lo considera eterodosso e poco dogmatico, deve spiegare prima di tutto a se stesso che cosa c’entra Dio con i troni, gli ori, la forma (controriformista) che fa della religione una replica del potere.
Ogni volta che ascolto o leggo Bergoglio mi domando che cosa direbbe di lui, oggi, Ermanno Olmi, e ripenso ai suoi Cento chiodi, testamento antidogmatico, e umanistico, di un cattolico molto eterodosso. Se Dio esiste, non siede su un trono: è il solo punto fermo, a proposito di religione, sul quale possiamo convenire anche con questo Papa.
(da repubblica.it)

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I MEDICI DI GAZA ACCUSANO: “I CECCHINI ISRAELIANI PRENDONO REGOLARMENTE DI MIRA I BAMBINI PALESTINESI”

Aprile 3rd, 2024 Riccardo Fucile

“E’ UNA GUERRA CONTRO I CIVILI”

Secondo i medici dell’ospedale pubblico Europeo di Gaza, l’esercito israeliano ha preso di mira i bambini palestinesi nel violento attacco contro la Striscia dopo l’attentato del 7 ottobre. Alcuni medici hanno raccontato al Guardian la loro esperienza negli ospedali palestinesi, dove ogni giorno arrivano centinaia di bambini gravemente feriti. “Due di loro – ha raccontato una dottoressa – avevano dei proiettili piantati da un cecchino nel cervello. Avevano solo 7 e 8 anni”.
I due bimbi, secondo quanto raccontato dal medico, non sarebbero più stati in grado di parlare e sarebbero rimasti per sempre paralizzati. “Gli altri infermieri mi hanno raccontato che erano stati presi di mira dai cecchini israeliani. Non sono gli unici: ho visto bimbi piccolissimi con ferite da cecchino dirette alla testa e al petto. Non sono soldati, sono bambini”. Secondo il ministero della Sanità di Gaza, i minori rappresentano la maggioranza delle vittime del conflitto e più di un bimbo su 3 è stato colpito nell’assalto israeliano. Le vittime, solo da ottobre ad oggi, sono state circa 32.000.
La maggioranza delle piccole vittime viene registrata nei bombardamenti israeliani sui quartieri residenziali. In alcuni casi, i raid sterminano intere famiglie. Secondo i medici intervenuti negli ospedali palestinesi, sono tantissimi i bambini e gli anziani che diventano invece target dei cecchini che “sparano per divertimento”. Per chi ha cercato di salvare loro la vita, infatti, i bimbi sarebbero stati presi di mira direttamente dalle truppe israeliane.
Anche le Nazioni Unite a metà febbraio hanno puntato il dito contro l’Idf, accusandolo di aver preso in più occasioni di mira la popolazione palestinese. Secondo i funzionari delle Nazioni Unite, l’esercito israeliano avrebbe colpito i civili mentre cercavano rifugio in attacchi deliberati e violentissimi.
I familiari di molti bambini poi portati in ospedale hanno confermato questa versione dei fatti, sostenendo di essere stati sparati anche mentre sventolavano fazzoletti bianchi. Haaretz ha riferito che Israele spara regolarmente sui civili nelle aree che i suoi militari hanno dichiarato “zona di combattimento”.
L’Idf ha respinto categoricamente le accuse, sostenendo di prendere di mira “solo le minacce terroristiche”, anche con l’ausilio dei cecchini. Una versione dei fatti però smentita dal racconto di molti dottori (anche stranieri) che in queste settimane hanno lavorato per i palestinesi di Gaza. “Molte persone – hanno raccontato i medici – hanno cercato di rientrare nelle loro case quando l’esercito si è allontanato dalla zona. Non c’erano sparatorie, ma i bambini sono stati presi di mira deliberatamente dai cecchini. Nessun altro adulto in quel momento è finito in ospedale”.
Secondo la Mezzaluna Rossa Palestinese, i casi di attacchi deliberati contro i bambini sono in continuo aumento. Alcuni, riferisce l’organizzazione umanitaria, vengono uccisi dai cecchini mentre giocano in strada con fratellini, cugini o amichetti. In più di un caso, hanno ribadito i volontari, i bimbi sono stati uccisi con un unico colpo sparato da droni “mai visti prima nei combattimenti a Gaza”. Si tratta di quadricotteri, hanno sottolineato dalla Mezzaluna Rossa, dotati di pistola, telecamera e altoparlante. Questi droni, dunque, sono in grado di sorvolare i loro bersagli e osservarli mentre si muovono. Con l’ausilio di queste tecnologie, i civili potrebbero essere maggiormente tutelati, ma nel caso dell’attacco alla Striscia di Gaza diventano i principali obiettivi dell’esercito.
“Alcune volte – ha raccontato al Guardian uno dei civili negli ospedali – questi droni arrivavano in gruppi, ci chiedevano di sgomberare un’area e poi sorvolavano la zona”. In questo modo, secondo i medici, l’Idf avrebbe puntato le piccole vittime prima di ucciderle.
Per il premier israeliano, però, le accuse contro l’Idf sono “senza fondamenta”. Secondo Netanyahu, le truppe israeliane sarebbero parte “dell’esercito con più morale al mondo”, guidato da una dottrina di “purezza delle armi” che “non permette ai militari di fare del male ai civili non coinvolti nel conflitto”.
(da Fanpage)

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“NON E’ STATO UN ERRORE, L’AUTO DEI VOLONTARI UCCISI DA ISRAELE ERA SEGNALATA CON TANTO DI GPS”

Aprile 3rd, 2024 Riccardo Fucile

MERI CRIVELLI, COOPERANTE DELLA ONG ITALIANA ACS: “E’ STATO UN CHIARO ATTACCO ALLA COOPERAZIONE E ALLA SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE”

Un cratere sul tetto della macchina, il sangue sui passaporti e sette corpi senza vita: sono tutto quello che resta del convoglio umanitario del World Central Kitchen (WCK) che da Cipro ha portato via mare più di 100 tonnellate di aiuti umanitari a Gaza, seguendo un percorso concordato con l’esercito israeliano.
Evidentemente concordare il percorso non è bastato, perché nella mattinata di oggi l’esercito di Tel Aviv ha bombardato la macchina in cui viaggiavano sette giovanissimi volontari, mentre lasciava il magazzino di Deir al-Balah – il campo situato nel centro della Striscia di Gaza. Tra le persone uccise ci sono un cittadino statunitense, uno canadese, cittadini provenienti da Australia, Polonia, Regno Unito e un palestinese. E c’era anche Lalzawmi Frankcom, conosciuta anche come Zomi: 43 anni, originaria di Melbourne.
“Ho conosciuto Zomi nel suo ufficio del Cairo, era una donna australiana che si occupava della comunicazione all’interno dell’Ong, prima di essere ammazzata”, racconta a Fanpage.it Meri Calvelli, cooperante della Ong italiana ACS (Associazione di Cooperazione e Solidarietà in Palestina), e direttrice del Centro Italo-palestinese di Scambio Culturale VIK, anch’esso ormai ridotto in macerie. “Noi come cooperazione italiana non abbiamo più nessun fondo, ci hanno tolto tutti i soldi, la cooperazione italiana a Gaza non esiste più. Fino a ieri riempivano le nostre cucine solo grazie al cibo che portavano loro – continua Calvelli -. L’idea era quella che facendo le cucine con il World Central Kitchen, organizzazione privata statunitense, che aveva tutti i permessi per far entrare il cibo, avremmo avuto meno problemi. Avevamo aperto una cucina a Rafah e una a Deir el Balah con i loro rifornimenti di cibo ed equipment”.
I sei volontari internazionali ammazzati stamane erano entrati ieri nella Striscia, dopo essere stati autorizzati e coordinati da Israele. Dopo aver distribuito gli aiuti alimentari nel magazzino, la macchina in cui viaggiavano è stata bombardata. “Non può essere stato un errore – dichiara ancora Calvelli – l’auto era segnalata con tanto di GPS”. Per il premier israeliano Benjamin Netanyahu il convoglio sarebbe stato colpito “involontariamente” dall’esercito israeliano.
Dalla prima ricostruzione fatta dall’IDF (le Forze di Difesa Israeliane) sull’uccisione del team di World Central Kitchen – secondo quanto “fonti della sicurezza” hanno comunicato al quotidiano Haaretz – il drone avrebbe bombardato il convoglio tre volte di seguito, perché la squadra è sopravvissuta al primo colpo e ha cercato di ripararsi in un altro veicolo, i sopravvissuti si sono quindi spostati in un terzo veicolo ancora, e lì sono stati finiti.
I cooperanti hanno avuto il tempo di avvisare i superiori che erano stati attaccati, ma pochi secondi dopo sono stati colpiti da un secondo missile. Hanno iniziato a spostare i feriti verso il terzo veicolo, ed è stato allora che il terzo missile ha colpito. Tutti e sette i volontari sono rimasti uccisi. Erano gli unici ad occuparsi del coordinamento dei convogli umanitari di World Center Kitchen provenienti da terra e da mare. Adesso l’Ong ha fermato, almeno per il momento, le operazioni a Gaza. Intanto Unrwa è senza fondi, con immense ripercussioni non solo sulla popolazione di Gaza affamata da ormai sette mesi, ma anche sul resto dei rifugiati palestinesi che si trovano nei campi della Cisgiordania, e del resto del mondo. “La maggior parte degli aiuti umanitari sono bloccati ad Al-Arish, al confine di Rafah – conclude Calvelli che è stata personalmente lì il mese scorso – e quei pochi che vengono autorizzati e coordinati diventano un bersaglio. Quello di oggi è stato un chiaro attacco alla cooperazione e alla solidarietà internazionale”.
(da Fanpage)

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PONTE SULLO STRETTO, AL VIA GLI ESPROPRI, MA I RESIDENTI AVVERTONO: “DA QUI NON CE NE ANDIAMO”

Aprile 3rd, 2024 Riccardo Fucile

SONO CIRCA 450 LE CASE CHE SARANNO DEMOLITE PER FAR SPAZIO AI CANTIERI DEL MEGALOMANE: 300 IN SICILIA, 150 IN CALABRIA… E C’E’ GIA’ ARIA DI RIVOLTA POPOLARE

In attesa dell’approvazione del progetto definitivo, la società Stretto di Messina preme il piede sull’acceleratore per la costruzione del ponte tra Calabria e Sicilia. La priorità in questo momento è avviare il programma delle opere anticipate, ossia tutti quei lavori che precedono l’avvio dei cantieri. Nel concreto, si tratta di bonificare le aree dove potrebbero trovarsi ordigni bellici, effettuare indagini archeologiche, predisporre i campi base dei futuri cantieri. In vista di tutto ciò, oggi è stato pubblicato sui quotidiani nazionali e locali l’avviso di avvio delle procedure per l’esproprio delle aree interessate dalla realizzazione del Ponte sullo Stretto.
Lo sportello per gli esodati
Si tratta di circa 300 case in Sicilia e 150 in Calabria, che saranno demolite per liberare 3,7 milioni di metri quadri. Al di là delle aree occupate direttamente dal ponte, precisa La Stampa, ci sono da tenere in considerazione anche tutte le opere accessorie.
Per esempio, i 20,3 chilometri di raccordi stradali e i 20,2 di raccordi ferroviari. Con i proprietari delle case che saranno demolite la società Stretto di Messina punta a raggiungere intese bonarie «nell’interesse di entrambe le parti». A partire dall’8 aprile, chi risiede su un terreno interessato dalle procedure di esproprio avrà 60 giorni di tempo per fare le proprie osservazioni. La società ha istituito infatti uno sportello di assistenza, a cui si può accedere previo appuntamento telefonico.
La battaglia legale
Nel frattempo, i cittadini della “Rete No Ponte” promettono battaglia. «Concorderemo le attività da portare avanti, sicuramente delle azioni legali congiunte per tutelare il territorio e per permettere a queste persone di restare nelle proprie abitazioni», spiega Daniele Ialacqua, uno dei membri del comitato.
Gli esodati annunciano «sit-in giornalieri» davanti agli sportelli del Comune di Messina e promettono resistenza a oltranza.
«Non me ne vado, nemmeno per idea», dice senza mezzi termini Mariolina De Francesco, che sarà espropriata della casa nella quale con marito e figlie ha vissuto per 23 anni. «Se la mia casa la dovessi cedere per un ospedale oncologico per i bambini, lo farei. Ma non per una cosa inutile come questa», aggiunge la donna.
(da agenzie)

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LANDINI: “SALVINI NON HA CAPITO CHE SCIOPERARE E’ UN DIRITTO”

Aprile 3rd, 2024 Riccardo Fucile

“NON RIESCE A CAPIRE CHE CHI LO FA RINUNCIA AL SUO STIPENDIO, NON LO FA GRATIS E NON VA IN VACANZA”… LE TASSE IN ITALIA PER IL 90% SONO PAGATE DAI DIPENDENTI E DAI PENSIONATI CHE QUINDI LE PAGANO ANCHE PER CHI LE EVADE”

«Lo sciopero è un diritto e la cosa che non ha capito Salvini è che quando uno sciopera rinuncia al suo stipendio, non lo fa gratis e non va in vacanza, lo fa perché pensa al bene di questo Paese».
Queste le parole del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, intervistato da Giovanni Floris a “diMartedì” su La7, in onda stasera. L’11 aprile Cgil e Uil, sottolinea, scenderanno in piazza «sulle questioni della salute e sicurezza, sulla riforma fiscale, perché ci siamo stancati di essere gli unici a pagare le tasse, e per aumentare i salari».
Sul fisco Landini rimarca che «a parità di reddito si devono pagare le stesse tasse, in un Paese che vede aumentare i profitti e calare i salari e le pensioni e in cui la povertà continua ad aumentare. Il 90% dell’Irpef viene pagata da lavoratori dipendenti e pensionati, che quindi pagano le tasse anche per chi non le paga tutte e usufruisce di condoni e sanatorie».
Sull’occupazione, il leader della Cgil afferma che bisogna «creare lavoro stabile. Il male assoluto è il livello di precarietà assurdo che si è determinato, che porta ad aumentare anche il numero degli infortuni e dei morti sul lavoro».
(da agenzie)

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