Aprile 8th, 2024 Riccardo Fucile
L’INTRANSIGENZA DEL M5S SUL CASO BARI È IL SEGNALE CHE L’EX PREMIER SI PREPARA A UNA INTIFADA CONTRO I DEM PER SOTTRARRE CONSENSI IN VISTA DELLE EUROPEE E SCIPPARE A ELLY LO SCETTRO DI LEADER DELLA COALIZIONE
A che gioco sta giocando Giuseppe Conte? Il leader dei 5 Stelle, ormai in formato “Gattopardo appulo” riesce, con il suo movimentismo populista, a giocare su più tavoli.
L’ultima dimostrazione di una certa scaltrezza paracula riguarda il caso Bari. Il “fuoco di Puglia” scoppiato con l’inchiesta sulle commistioni tra politica, malaffare e crimine organizzato nel capoluogo, tra Regione e Comune, ha scatenato l’intifada contiana verso il Pd. Come mai?
La voglia di leadership che non ha mai abbandonato l’ex presidente del Consiglio, fin da quando fu scalzato da Palazzo Chigi dall’arrivo dell'”usurpatore” Draghi. La brama di centralità, per un narciso come Peppiniello, si è riaccesa in un lampo. E quale migliore occasione di tornare centrale, di assurgere a unico portabandiera del “Campo largo”, che sfruttando il Bari-gate, piazzando un colpo ferale a Elly Schlein e al Partito Democratico ?
I sondaggi, in vista delle elezioni europee, dimostrano che, nonostante le battaglie paci-finte e di bandiera (salario minimo), il Movimento 5 Stelle non si schioda dal 15-16%.
E poiché il voto del 9 giugno sarà proporzionale, e dunque ciascun partito correrà per se stesso, azzoppare il partito alleato è una ghiotta opportunità per accaparrare nuovi consensi.
La decisione di Conte di mostrare un volto intransigente al Pd dopo i fatti di Bari, dove è emersa una corruttela stracciarola con voti comprati a 50 euro e promesse di pagamento di bollette e acquisti di bombole di gas, è il pretesto perfetto per marcare una ulteriore distanza dai dem, offrendosi come l’alternativa legalitaria. Il senso è: cari elettori, noi siamo i buoni, loro i maneggioni.
Peppiniello è inflessibile: minaccia di uscire dalla maggioranza che sostiene Michele Emiliano in Regione (il M5s ha un assessore e quattro consiglieri) e nel frattempo “sospende” le primarie del centrosinistra per la scelta del candidato unitario per il Comune di Bari. Con una mossa, due favori al centrodestra.
In questi anni, Giuseppe Conte ha mostrato una certa disinvoltura nel dondolarsi come Spiderman tra aree “culturali” agli antipodi: dallo studio Alpa a Beppe Grillo, da Salvini a Travaglio, dai decreti sicurezza al reddito di cittadinanza, da Zingaretti a Elly Schlein passando per la liaison politica con Goffredo Bettini. Senza dimenticare le sbandate internazionali per Trump e Putin, con retrogusto cinese in salsa “Via della Seta”.
Il suo camaleontismo parolaio lo spinge a badare al fine giustificando i mezzi, e se, per diventare il leader del centrosinistra, deve affossare il Pd e avvantaggiare il centrodestra, poco male.
Anche perché un professore universitario dalla pochette sempre inamidata e due volte premier, come può accettare che Giorgia Meloni riconosca non a lui, ma alla giovane Elly, il ruolo di unica avversaria, al punto da legittimarla con un duello tv?
Peppiniello vuole tornare a essere il “punto di riferimento fortissimo dei progressisti” (Zingaretti dixit), incalza Elly Schlein sulla necessità di epurare cacicchi e i capibastone, ha presentato la sua candidata per il Piemonte, Sarah Disabato, di fatto consegnando la Regione al centrodestra.
Destino che potrebbe toccare anche alla Puglia, da vent’anni saldamente in mano alla sinistra e che adesso, complice la rottura voluta dal fu “avvocato del popolo”, potrebbe finire nelle grinfie meloniane.
Una perdita che, evidentemente, Conte considera accettabile pur di ottenere lo scettro di reuccio del “Campo largo”, e non solo, visto che la sua entente cordiale con il Governo di destra-centro porta frutti anche in altri campi. La “corrispondenza di amorosi sensi” con la maggioranza si è già materializzata sulla Rai e potrebbe portare ai 5 Stelle la direzione del Tg3 in cambio del voto pentastellato a Simona Agnes (in quota Gianni Letta) come Presidente.
(da Dagoreport)
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Aprile 8th, 2024 Riccardo Fucile
SALVINI SPINGE IL SUO PUPILLO, IL CONSIGLIERE REGIONALE FABIO ROMITO, MA LA MELONI PIGLIATUTTO VUOLE PIAZZARE IL SENATORE FILIPPO MELCHIORRE. E ANCHE FORZA ITALIA, PER GRADIRE, VUOLE PRESENTARE UN SUO NOME, QUELLO DI FRANCESCO PAOLO SISTO
«A giorni», assicura con nordico decisionismo Matteo Salvini. Ad horas lui e gli alleati sceglieranno il candidato sindaco di Bari. La città da cui ieri ha lanciato la sua campagna per le Europee è finalmente contendibile per il centrodestra. Merito delle disavventure del campo largo, tra indagini per voto di scambio, rischi di commissariamento per infiltrazioni mafiose nelle municipalizzate e primarie annullate all’ultimo momento da Giuseppe Conte.
Un piatto ricco, nel quale il vicepremier sceglie di non inzuppare il pane — «non commento le inchieste per corruzione» — ma volentieri ci si ficca. Dopo aver perso la Sardegna, dove era stato estromesso il suo Christian Solinas, indagato proprio per corruzione.
Dopo aver battuto le mani per la vittoria del meloniano Marco Marsilio in Abruzzo, avallato la riconferma dei governatori uscenti di Forza Italia in Piemonte e in Basilicata e apprezzato la scelta del direttore degli Uffizi Eike Schmidt a Firenze, accontentarsi di Donatella Tesei in Umbria è troppo poco, per il leader di quello che rietiene essere il secondo partito della maggioranza.
Che riempendo il teatro Showville punta a riconquistare quel Sud da cui l’ha spodestato Fratelli d’Italia. Offrendo «una proposta nuova, giovane, vincente». Ovvero il suo pupillo, il consigliere regionale Fabio Romito, 36 anni, volto pulito e rassicurante che dice di voler «riportare a casa i moderati in questi anni sedotti da Emiliano e Decaro».
Ma perché neanche ieri lo zio Matteo lo ha ufficializzato? Dei «giorni» promessi ieri da Salvini si potrebbe dubitare. Era ancora il 2023 quando il centrodestra barese trionfale annunciava: «Siamo pronti». A Natale si sperava. E il 27 gennaio il sottosegretario alla giustizia Francesco Paolo Sisto metteva tutti in allarme: «A brevissimo scioglieremo la riserva».
Se per la Lega il candidato è Romito, per Fratelli d’Italia è il senatore Filippo Melchiorre, uno dei pochi che può dire di essere stato allevato da Pinuccio Tatarella, l’ex ministro dell’Armonia che suscita il più importante dei sentimenti per la destra, la nostalgia. Per Forza Italia è Sisto. Il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri, inquisitore di Decaro, ci conta.
Ma non si può aspettare in eterno il commissariamento. Se avverrà, quando? Gli ispettori lavorano in fretta e hanno qualcosa già in mano, riferito al Viminale. Non si possono però fare miracoli: dovrebbero scrivere la relazione, inviarla al Prefetto che deve mandarla al ministro per preparare la bozza da far approvare dal consiglio dei Ministri e infine dal presidente della Repubblica.
E tutto questo, quand’anche ce ne fossero le condizioni — per ora restano le lodi della Procura per l’impegno antimafia di Decaro — si riuscirebbe a farlo entro il 20 aprile, data entro cui il ministero dell’Interno deve pubblicare l’elenco dei Comuni al voto? E se invece le urne fossero rinviate?
Tutte queste variabili sono le giustificazioni che i conservatori baresi adducono per il loro inspiegabile ritardo. «Non si era mai visto un centrodestra senza candidati a due mesi dal voto», trasecolava dal palco di venerdì il candidato del Pd Vito Leccese
(da la Repubblica)
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Aprile 8th, 2024 Riccardo Fucile
ANTONIO TAJANI PUNTA AL SORPASSO SU SALVINI ALLE EUROPEE, E PER FARLO DEVE DISTINGUERSI E MOSTRARSI COME IL CONTRAPPESO MODERATO AL “CAPITONE”
La mossa potrebbe arrivare nei prossimi giorni. Ci ha lavorato il governatore calabrese Roberto Occhiuto, sempre più forte nel partito, assieme alla nutrita pattuglia di parlamentari meridionali di FI. L’idea è presentare un emendamento al ddl Calderoli — il termine scade tra una settimana — in modo da ridurre le storture dell’autonomia leghista.
I presidenti di Regione del meridione e la classe dirigente azzurra considerano quel testo un errore, peggio: un problema. Lo giudicano penalizzante e insostenibile, ma soprattutto ritengono che farebbe perdere voti e consenso ai berlusconiani. La decisione, però, è più che delicata: modificare il testo avrebbe un effetto deflagrante.
Significherebbe rimandare la riforma al Senato per una nuova lettura e, dunque, non riuscire a ottenere un via libera definitivo entro il 9 giugno, come preteso dal Carroccio. Significherebbe, soprattutto, sfidare il vicepremier, che a colloquio con Giorgia Meloni — riferiscono diverse fonti di alto livello — aveva minacciato: «Se non vengono rispettati i patti, non posso più restare al governo».
Un indizio di quanto il precipizio sia vicino si può rintracciare tra le pieghe del social X. Succede l’altro ieri, quando un leghista come Igor Iezzi — capogruppo del Carroccio in commissione Affari costituzionali — rilancia una dichiarazione di Antonio Tajani, nella quale il leader di FI rimandava al passaggio in Aula del ddl sottolineando: «Bisogna vedere bene la questione sanitaria e tutti i livelli di assistenza, soprattutto per le regioni del Sud. Non siamo contro l’autonomia, ma durante il dibattito dobbiamo sistemare alcune questioni che riguardano la tutela della salute».
Tra le righe, insomma, il ministro non esclude una correzione, dunque lo slittamento a dopo le Europee. Iezzi, infuriato, mette nero su bianco la replica: «Questo per quei pochi che strumentalmente ancora non hanno capito che esiste un solo movimento a difesa dell’autonomia voluta da Veneto e Lombardia, la Lega. Modificarla oggi vorrebbe dire tornare al Senato, quando siamo ad un passo dall’approvazione definitiva ».
È una scelta delicata. Che alla fine dovrà essere presa proprio da Tajani. Il ministro degli Esteri deve pesare costi e benefici di una possibile guerriglia contro Salvini sul terreno dell’autonomia.
Finora, la strategia del muro contro muro ha pagato, almeno nei sondaggi. Il leader di FI non ha sostenuto la forzatura di Palazzo Chigi e della Lega sulla par condicio, ad esempio. E ha ribadito la sua contrarietà alla proposta di Salvini sul condono edilizio:
L’obiettivo di Tajani è ovviamente politico: distinguersi dall’alleato, mostrarsi moderato, erodergli consenso. E sorpassarlo alle prossime Europee: «L’obiettivo minimo per Forza Italia — ripete — è il 10%».
E però, sull’autonomia la scelta resta delicatissima. La minaccia di Salvini consegnata a Meloni è stata ultimativa: senza l’autonomia, non reggo e devo rompere. La presidente del Consiglio, controvoglia, ha scelto di credergli, almeno ufficialmente.
Da quel momento, l’ala meridionale di Fratelli d’Italia ha iniziato a premere, cercando di convincerla a ripensarci. Spostare infatti l’approvazione definitiva a dopo le Europee porterebbe a due risultati. Primo: legare il destino del ddl Calderoli a quello del premierato. Secondo: tenere alta la pressione sul leader del Carroccio anche dopo il 9 giugno, perché al destino dell’esecutivo sarebbe legato anche quello della riforma.
Ecco perché esiste anche un’altra possibilità, che nessuno ufficialmente conferma, ma che ricorre nei ragionamenti di chi frequenta Palazzo Chigi. Si tratta di affidare il successo dell’“ operazione slittamento” del ddl Calderoli non ad un emendamento degli azzurri, ma all’ostruzionismo delle opposizioni.
Il Pd e il Movimento, infatti, hanno già minacciato le barricate contro quel testo. E considerato che i tempi per approvarlo restano strettissimi — l’approdo in Aula è infatti previsto per il 29 aprile — basta poco per rovinare i piani del vicepremier leghista.
(da agenzie)
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Aprile 8th, 2024 Riccardo Fucile
GLI EDIFICI RISTRUTTURATI SONO STATI 494 MILA, TRA CUI 132 MILA CONDOMINI, 244 MILA VILLETTE E 8 CASTELLI… LA REGIONE CHE PIÙ DI TUTTE HA SFRUTTATO IL BONUS EDILIZIO È LA LOMBARDIA
Al 31 marzo l’onere totale a carico dello Stato per il superbonus supera i 122 miliardi. E’ quanto emerge dai dati mensili di Enea: le detrazioni maturate per i lavori conclusi sono pari a 122,24 miliardi. Il totale degli investimenti per il Superbonus ammessi a detrazione supera i 117 miliardi, mentre il totale degli investimenti per lavori conclusi ammessi a detrazione raggiunge i 104,4 miliardi.
In base ai dati di fine marzo, il totale degli investimenti per lavori conclusi ammessi a detrazione, pari a 111,6 miliardi, corrisponde al 95,2% dei lavori realizzati. Il totale degli investimenti (comprese le somme non ammesse a detrazione) tocca i 118,84 miliardi. Gli edifici interessati dagli investimenti sono pari a 494.406, di cui 132.492 condomini, 244.682 edifici unifamiliari, 117.224 unità funzionalmente indipendenti e 8 castelli.
Nei condomini, per i quali l’investimento medio è di 593.579,95 euro, il totale degli investimenti ammessi a detrazione supera i 78 miliardi, di cui 75,16 per lavori condominiali realizzati (93,7%). Negli edifici unifamiliari, per i quali l’investimento medio è di 117.202,55 euro, il totale degli investimenti ammessi a detrazione è di 27,9 miliardi, di cui 27,39 per lavori realizzati (98,2%).
Le unità indipendenti, per le quali l’investimento medio è pari a 98.290,70 euro, sono stati ammessi a detrazione investimenti per 11,29 miliardi, di cui circa 11 miliardi per lavori realizzati (91,1%). Infine i castelli, per i quali l’investimento medio è di 242.212,39 euro, il totale degli investimenti ammessi a detrazione supera il milione, di cui 979 mila euro per lavori realizzati (90,4%).
A livello geografico, su un totale di 494.406 asseverazioni depositate, la regione con il maggior numero di interventi e di investimenti ammessi a detrazione è la Lombardia (77.840 asseverazioni per oltre 21,8 miliardi di investimenti ammessi a detrazione). Seguono, per numero di investimenti, l’Emilia Romagna, con 11,34 miliardi di investimenti ammessi a detrazione a fronte di 44.299 asseverazioni; e il Veneto, con 10,95 miliardi di investimenti ammessi a detrazione a fronte di 59.490 asseverazioni.
Infine, degli 8 castelli interessati da interventi col Superbonus, 3 sono in Piemonte e assorbono oltre la metà degli investimenti complessivi ammessi a detrazione per questa voce (599.718,52 euro), due nel Lazio, 2 in Lombardia e uno in Basilicata.
(da agenzie)
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Aprile 8th, 2024 Riccardo Fucile
L’AMBASCIATORE STEFANINI: “IL CASO SLOVACCO È LA PUNTA DELL’ICEBERG. LA MASSA DI GHIACCIO CHE PUÒ AFFONDARE IL TITANIC DELLA RESISTENZA UCRAINA SONO I SENTIMENTI FILORUSSI DEL RASSEMBLEMENT NATIONAL IN FRANCIA E DI AFD IN GERMANIA, NON SCONOSCIUTI NELLA NOSTRA LEGA”
Il vento di Bratislava spira a favore degli amici, europei e americani, di Vladimir Putin. Viktor Orbán non ha perso tempo a congratularsi. A ragione. Con l’elezione di Peter Pellegrini alla presidenza l’allineamento della Slovacchia all’Ungheria è completo. Negli equilibri europei Bratislava non è certo un peso massimo – non lo è neanche l’Ungheria se è per quello – ma affiancandosi a Budapest rafforza il potere di interdizione, e di ricatto, nel cui uso il primo ministro ungherese è maestro sia nell’Unione europea che nell’Alleanza Atlantica. Quando si decide all’unanimità essere in due fa massa.
Questo significa che sia nell’Ue che nella Nato, alla vigilia di appuntamenti importanti – elezioni europee, ultimi Consigli europei prima del cambio di Commissione, vertice Nato di Washington – l’opposizione alle misure pro-Ucraina (aiuti) e anti-Russia (sanzioni) ha oggi due portavoce, aspettandone altri. Soprattutto aspettandone altri.
Il passaggio di Bratislava nel campo ungherese era già maturato col ritorno al governo di Robert Fico, dopo la vittoria del suo partito Smer alle parlamentari in settembre. A parte l’immediata interruzione degli aiuti militari bilaterali a Kiev, egli aveva mantenuto a Bruxelles un basso profilo.
Pur senza nascondere indulgenza verso la guerra di Vladimir Putin, Fico non ha finora messo i bastoni fra le ruote, lasciando il ruolo di guastafeste allo stagionato collega ungherese. Al suo defilarsi contribuiva la resistenza interna da parte della Presidente slovacca, Zuzana Caputová, entusiasticamente pro-Ucraina.
Il primo ministro (Fico) detiene i poteri esecutivi, ma la Costituzione slovacca dà al presidente un ruolo istituzionalmente forte e politicamente legittimato dal voto popolare. Caputová non si ripresentava; in ballottaggio, il candidato pro-ucraino Ivan Korcok ha preso il 46% dei voti contro il 54% di Pellegrini.
Seppur a capo di un altro partito (Hlas) causa le alchimie politiche slovacche, Peter Pellegrini era il candidato di Fico. Ne condivide le posizioni sulla guerra russo-ucraina. Il suo primo commento dopo la vittoria, l’impegno a che «la Slovacchia rimanga dalla parte della pace e non da quella della guerra», combacia esattamente con simili parole pronunciate da Fico (e da Orbán).
Il prevedibile affiancarsi di Fico a Orbán, è un grattacapo in più per i futuri Consigli europei, costringerà i leader a più notti bianche di bazar e rinvii, ma non è in grado di far pendere la bilancia dalla parte di Mosca. Fino a che Orbán e Fico restano soli.
Questo il vero problema adombrato dal voto slovacco: lo smottamento di umori e simpatie in Occidente dall’appoggio all’Ucraina a varie versioni di comprensione per le pretese di Putin che hanno per minimo comun denominatore il manto di ricerca della pace sulla pelle di Kiev.
Le vittorie elettorali di Fidesz in Ungheria e di Smer/Hlas in Slovacchia sono la punta dell’iceberg. La massa di ghiaccio sottostante, quella che può affondare il Titanic della resistenza ucraina – legittima difesa ai sensi dell’Articolo 51 della Carta Onu – sono i sentimenti filorussi del Rassemblement National in Francia e di Alternative für Deutschland (AfD), non sconosciuti nella nostra Lega. Le elezioni europee di giugno diranno quanto forti.
Con all’orizzonte il “piano di pace” che avrebbe in animo Donald Trump se rieletto: premiare Putin con un po’ più di territorio ucraino di quello che si è già preso. Territorio arraffato in cambio di pace: come ebbe Hitler a Monaco nel 1938. Con quanta pace si vide dopo.
(da la Stampa)
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Aprile 8th, 2024 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA: “NON PUO’ STARE A PALAZZO DELL’EMICICLO E IN GIUNTA SENZA METTERSI IN ASPETTATIVA DAI SUOI INCARICHI PROFESSIONALI IN CLINICHE PRIVATE CONVENZIONATE”
Acque agitate in seno alla maggioranza regionale di centrodestra guidata dal presidente, Marco Marsilio, al secondo storico mandato legittimato dalla netta vittoria alle elezioni del 10 marzo scorso: a pochi giorni dalla proclamazione degli eletti e mentre sono in atto le grandi manovre per la composizione della nuova Giunta, scoppia il caso Mario Quaglieri, di FdI, il 10 marzo scorso riconfermato a palazzo dell’Emiciclo con un plebiscito essendo stato il recordman di preferenze con quasi 12mila voti.
Questo per un presunto caso di incompatibilità alla luce della sua attività di stimato medico chirurgo in strutture private abruzzesi convenzionate con il servizio sanitario nazionale, attraverso accordi con la Regione Abruzzo, che ha continuato senza chiedere l’aspettativa negli ultimi cinque anni, quando ha ricoperto prima il ruolo di consigliere regionale, entrando come primo dei non eletti in surroga di Guido Liris, entrato in Giunta come assessore al Bilancio, e presidente della commissione Sanità e poi, dal primo gennaio 2023, assessore regionale al Bilancio al posto dello stesso Liris
Ad innescare pubblicamente la prima grana, di cui si parla da giorni negli ambienti politici, che coinvolge il professionista marsicano originario di Trasacco, l’uomo più forte del primo partito della coalizione, è in una intervista ad Abruzzoweb il riconfermato consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci: l’esponente del Pd annuncia la presentazione di un esposto all’Autorità nazionale Anti Corruzione (Anac) e “a tutti gli Organi che costituiscono il sistema di controllo in una Democrazia per verificare la incompatibilità del consigliere regionale Mario Quaglieri, il più votato alle elezioni del 10 marzo scorso con 11.743 preferenze, per la sua attività di medico chirurgo in cliniche private sovvenzionate dalla Regione, ente per il quale l’esponente di Fdi è stato per un anno e tre mesi assessore al Bilancio e per cinque anni consigliere regionale”, attacca Pietrucci che ha parole dure verso il popolare consigliere di Fratelli d’Italia e verso il centrodestra.
Un argomento scivoloso che potrebbe avere ripercussioni anche nelle scelte per la composizione della nuova giunta regionale nel senso che in seno a FdI e in seno alla maggioranza, alla luce della conflittualità e dei tanti nodi da risolvere, potrebbe anche emergere la volontà di “consigliare” Quaglieri, sicuro assessore, a fare un passo di lato in attesa della definizione della vicenda.
Il caso Quaglieri da alcuni giorni ha messo in ambascia anche gli uffici regionali che in questi giorni stanno verificando la regolarità dei documenti che ogni consigliere regionale deve presentare in vista dell’avvio della dodicesima legislatura: secondo quanto si è appreso, il caso è già oggetto di approfondimento da parte di esperti e dirigenti dei vari settori interpellati sia dalla parte politica, sia dagli stessi dirigenti del settore guidato dal direttore, Francesca D Muro.
In tal senso, più di un esponente di FdI, partito nel quale la conflittualità la fa padrona alla luce dei pochi posti a fronte di tante richieste, è alla finestra.
Tonando a Pietrucci, l’esponente dem chiede la verifica sia per il passato sia per il futuro: il mandato dell’esposto è stato dato all’avvocato Carlo Benedetti, del foro dell’Aquila, presidente del Pd aquilano ed ex presidente del Consiglio comunale.
“Quaglieri, a cui riconosco la grande forza elettorale, è incompatibile sin dalla precedente legislatura, – spiega ancora il dem Pd al terzo mandato a palazzo dell’Emiciclo -, è incompatibile in quanto è stato persino presidente della commissione Sanità e assessore al Bilancio che ha erogato fondi alle strutture private, in quanto non si è messo in aspettativa dai suoi incarichi professionali come invece prevedeva la legge – spiega ancora l’esponente del Pd al su terzo mandato a palazzo dell’Emiciclo -. Mi verrebbe da dire che in Fdi c’è il vizietto di bypassare le leggi visto quello che è successo nel periodo del covid al nostro attuale senatore aquilano Guido Liris, all’epoca assessore al bilancio e quindi precedessore di Quaglieri, che si è fatto assumere per due giorni dalla Asl dell’Aquila dall’allora manager, Roberto Testa, in seno alla Direzione strategica violando il regime di aspettativa, obbligatoria per legge, a cui aveva dovuto fare ricorso come dirigente medico della azienda sanitaria”.
Pietrucci, che il 10 marzo scorso ha collezionato quasi 6mila preferenze, rincara la dose: “la presunta violazione di legge dell’esponente di FdI nel corso degli ultimi cinque anni, sarebbe facilmente verificabile attraverso l’esame delle prestazioni sanitarie svolte dal consigliere regionale, presidente della commissione Sanità prima, e assessore al Bilancio dopo. Un fatto confermato in una intervista rilasciata al quotidiano Il Messaggero all’indomani dello straordinario risultato del ferrarista Quaglieri al quale, tra le altre cose, avrà sicuramente giovato la sua grande passione per le auto di Maranello. Alla domanda di Stefano Dascoli ‘riuscirà a conciliare il lavoro di medico con quello di assessore?’, Quaglieri ha risposto ‘l’ho già fatto per cinque anni, se questi sono i risultati…”.
(da agenzie)
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Aprile 8th, 2024 Riccardo Fucile
PER PREMIO IL GOVERNO ASSEGNA IL PORTO DI LIVORNO, DISTANTE 1.000 CHILOMETRI… SE MORIRANNO ALTRI INNOCENTI QUALCUNO LI AVRA’ SULLA COSCIENZA
Una nuova tragedia sfiorata nel Mediterraneo centrale. Questa mattina la nave ong Ocean Viking di SOS Méditerranée ha soccorso 55 persone, tra cui 4 minori, da un’imbarcazione di legno in pericolo nella SAR libica. Le autorità marittime italiane hanno assegnato Livorno, a 1.160 chilometri di distanza, come porto sicuro per lo sbarco dei superstiti.
L’organizzazione sui suoi profili social ha riferito che una persona è svenuta, esausta, mentre arrivava a bordo. Una motovedetta libica è arrivata sul posto subito dopo il salvataggio, senza interferire nelle operazioni.
Lo scorso 4 aprile, mentre la nave Mare Jonio di Mediterranea Saving Humans stava effettuando un soccorso in mare, la cosiddetta Guardia costiera libica ha attaccato violentemente l’equipaggio della nave umanitaria. I miliziani libici hanno sparato colpi d’arma da fuoco in acqua e in aria, creando una situazione di panico e provocando la caduta in acqua di diverse persone.
Quasi mille migranti all’hotspot di Lampedusa
Intanto l’hotspot di Lampedusa è arrivato ad ospitare quasi mille persone. Sono precisamente 977 i migranti che si trovano nella struttura di contrada Imbriacola, dove durante la notte ci sono stati due sbarchi con una settantina di persone. Fra gli ospiti del centro ci sono anche 142 minori non accompagnati. Ieri, sull’isola, ci sono stati 10 approdi, con 446 arrivi. La prefettura di Agrigento ha disposto per oggi il trasferimento di 468 persone: 288 partiranno con il traghetto di linea per Porto Empedocle e 180, sempre in mattinata, con un volo Oim. Sempre nella giornata di ieri, con una nave appositamente dedicata ai trasferimenti e con il traghetto di linea, erano stati trasferiti a Porto Empedocle 630 migranti.
(da Fanpage)
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Aprile 8th, 2024 Riccardo Fucile
LA VICESINDACA: “FARE POLITICA E’ INTERPRETARE LA REALTA'”
Una grande festa dove si mescolano età, religioni, nazionalità. È la celebrazione di fine Ramadan a Lodi, dove la comunità islamica locale ha sancito la fine del mese di digiuno religioso con una grande cena all’aperto. Affollatissima e aperta ai tanti passanti in una delle piazze centrali della cittadina, in pieno centro storico.
“In una piazza centralissima riempita di tavoli, nella serata del 6 aprile la comunità islamica ha scelto spontaneamente di offrire una cena a tutti per rompere il digiuno del Ramadan, con il supporto dell’amministrazione e del sindaco Andrea Furegato”, ha spiegato l’assessora all’Istruzione e vicesindaca dem Laura Tagliaferri a Fanpage.it, che insieme al primo cittadino ha partecipato al banchetto. “Centinaia di persone hanno mangiato insieme condividendo tavolate assolutamente improbabili, tra turisti stranieri di passaggio e adolescenti con veli elegantissimi e accento lodigiano che giravano tra i tavoli con vassoi pieni di pietanze, cucinate dalle loro mamme o nonne”.
Un evento, simbolo di integrazione, che arriva dopo le polemiche sul caso Turbigo, nel Milanese, dove il sindaco di Fratelli d’Italia Fabrizio Allevi ha negato gli spazi alla comunità musulmana per generici problemi di ordine pubblico. “Non sono casi isolati. Evidentemente ora più che mai, in piena fase pre elettorale, c’è la volontà da parte di qualcuno di andare a toccare la pancia degli elettori. Un modo di capitalizzare il consenso”, le parole dell’assessora Tagliaferri.
Ma non solo. “Al di là degli steccati ideologici, però, la società di oggi è sempre più multietnica. Questa è la realtà contemporanea, e non servirà a niente negarne l’esistenza: le comunità di oggi devono necessariamente imparare a convivere e dialogare. Non è un’opzione”.
E ancora. “Insomma, se si rifiuta il dato di realtà della composizione demografica delle nostre comunità si commette un grave errore amministrativo, dato che fare politica significa interpretare il reale, e non si ottiene altro risultato che la radicalizzazione delle reciproche posizioni. Che storicamente non ha mai portato altro che guai”.
Il caso della città di Lodi, così, fa rumore dopo le polemiche dei casi Pioltello, Soresina, Turbigo. “Mi piace pensare che le piante migliori crescano dove il terreno è fertile. Dove ogni giorno le amministrazioni, con pazienza, cercano di ascoltare tutte le voci di cui è composta la comunità. Tutti, alla fine, ambiscono a vivere serenamente e a sentirsi davvero a casa, in armonia con gli altri”.
(da Fanpage)
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Aprile 8th, 2024 Riccardo Fucile
IL FASTIDIO PROVATO DI FRONTE AGLI “STRAFALCIONI” INTERFERISCE CON LA VARIABILITÀ DELLA FREQUENZA CARDIACA, COME QUANDO SI E’ SOTTO STRESS
Lo hanno sperimentato un po’ tutti quel fastidio che si prova ascoltando o leggendo un errore di grammatica da matita blu. È un disagio che suscita una sensazione tra il disgusto e l’imbarazzo ed è ancora più viscerale quando l’errore (il più gettonato è un congiuntivo sbagliato) è commesso da un politico che si suppone, in Parlamento, rappresenti l’Italia intera.
Due professori dell’Università di Birmingham, hanno scoperto che il nostro organismo entra in «modalità stress» quando si ascoltano errori di grammatica, mettendo in luce una nuova dimensione nell’intricata relazione tra fisiologia e cognizione. Il fastidio, dunque, si ripercuote anche su un parametro organico.
I ricercatori hanno scoperto una correlazione diretta tra gli errori grammaticali (o accenti scarsamente comprensibili) e la Hrv ( Heart Rate Variability ), cioè la variabilità della frequenza cardiaca (indicatore fisiologico dell’attività del sistema nervoso autonomo), di chi ascolta. Nello studio emerge che più errori una persona ascolta meno variabile diventa il suo battito, come se fosse sotto stress.
«La variabilità cardiaca ridotta — spiega Matteo Cerri, professore di Fisiologia al dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie all’Università di Bologna — viene usata come indice di rischio cardiologico, specialmente dopo eventi come infarto o uno scompenso cardiaco. Un ritmo rigidamente regolare significa che il cuore è meno in grado di adattarsi alle esigenze dell’organismo ed è molto vincolato. È come se si camminasse sempre allo stesso passo: in caso di perdita di equilibrio si cadrà perché si è in grado di camminare solo con passi sempre uguali».
Secondo gli autori lo studio fornisce le prime prove che l’Hrv può essere utilizzato come indicatore di conoscenza linguistica usando tecniche non invasive e a basso costo come i sensori sul polso adottati nella ricerca. Ma come funzionerebbe questo indicatore di conoscenza linguistica? Ad esempio, mettendo faccia a faccia una persona madrelingua inglese con uno straniero che parla inglese. Mentre lo straniero parla inglese viene misurato l’Hrv del madrelingua: le sue reazioni fisiologiche diranno se lo straniero sta parlando in modo corretto o no.
Ma questo indice richiederà ulteriori validazioni sottolinea Cerri che conclude: «Possono entrare in gioco molti altri fattori, come, ad esempio, la gradevolezza (o sgradevolezza) della voce o dell’accento che potrebbero influenzare i risultati».
(da Corriere della Sera)
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