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SI PICCHIANO TRA “FRATELLI” (D’ITALIA): RISSA ALLA CENA ELETTORALE TRA DELMASTRO E IL CANDIDATO SINDACO DI BIELLA, DEL SUO STESSO PARTITO

Aprile 6th, 2024 Riccardo Fucile

LA SCORTA DEVE TRATTENERE PER DUE VOLTE IL SOTTOSEGRETARIO… MOTIVO DEL CONTENDERE? LA NOMINA DI UN REVISORE DEI CONTI DELLA LOCALE CASSA DI RISPARMIO, ALLA QUALE OLIVERO AVEVA DATO IL VIA LIBERA SENZA CONSULTARE DELMASTRO

Nessun colpo di pistola stavolta, ma un vero e proprio scontro fisico quello tra il sottosegretario alla Giustizia e Marzio Olivero, anche lui di Fratelli d’Italia
Si è quasi arrivati alla rissa durante una cena elettorale a Biella tra il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro e il candidato sindaco locale, Marzio Olivero, candidato di FdI per il centrodestra. Stavolta nessuno sparo nella valli biellesi, ma uno scontro fisico che ha costretto gli uomini della scorta di Delmastro a intervenire.
Gli agenti guidati dal caposcorta Domenico Mentana sarebbero intervenuti almeno due volte, secondo quanto raccontano due testimoni presenti alla serata. Un deja vu per i poliziotti, dopo il caso di Rosazza a Capodanno, quando dalla pistola del deputato FdI Emanuele Pozzolo era partito un colpo che aveva ferito il genero dell’ex caposcorta, Pablito Morello, nel frattempo andato in pensione.
La cena
Alla cena di ieri sera, 5 aprile, a Biella si stava svolgendo al Mebo, il museo della birra Menabrea e dei formaggi Botalla. Doveva essere una serata con un centinaio di persone per finanziare la campagna elettorale del candidato sindaco Olivero. Delmatro è arrivato a cena ormai iniziata da un po’. E davanti ai commensali stupiti ha affrontato Olivero, mentre gli agenti della scorta provavano a tenerlo.
Il candidato sindaco del centrodestra è Marzio Olivero, esponente locale di FdI, un passato nell’Msi e in An, ma che non è della corrente di Delmastro.
Quest’ultimo arriva a pasto già cominciato da un po’ e, tra lo stupore generale, affronta a muso duro Olivero, tanto che la scorta del sottosegretario è costretta a intervenire due volte (c’è chi se ne ricorda tre) per separare le due persone.
La nomina dietro la rissa sfiorata
Secondo la ricostruzione dei testimoni raccolta da Repubblica, lo scontro sarebbe nato per una nomina contestata di un revisore dei conti della locale Cassa di risparmio, avallata da Olivero.
Delmastro sarebbe arrivato furioso davanti al candidato sindaco e gli avrebbe rimproverato di aver fatto una nomina politica senza averlo consultato.
“Come ti sei permesso di fare una nomina politica, senza consultarmi?”, è il succo della contestazione di Delmastro.
Uno scontro pubblico che avrebbe scosso il candidato del suo stesso partito, che quindi quest’oggi ha deciso di convocare tutte le forze della coalizione per chiedere, in sostanza, se ci siano ancora le condizioni per andare avanti con il proprio nome.
Tema che sta suscitando più di una perplessità in Lega e Forza Italia: il sindaco uscente, Claudio Corradino, è un leghista che ha dovuto cedere il passo al proprio assessore della fiamma tricolore, visti i nuovi equilibri della maggioranza a livello regionale e nazionale. “Dobbiamo farti noi da garanti col tuo capo di partito?”
(da La Repubblica)

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“UNGHERESI, IN PIEDI. NON ABBIATE PAURA”: L’ASTRO NASCENTE DELL’OPPOSIZIONE DEMOCRATICA, PETER MAGYAR, PORTA MIGLIAIA DI PERSONE IN PIAZZA A BUDAPEST PER CHIEDERE LE DIMISSIONI DEL PREMIER ORBAN

Aprile 6th, 2024 Riccardo Fucile

NESSUNA BANDIERA DI PARTITO IN PIAZZA… LA SETTIMANA SCORSA MAGYAR AVEVA PRESENTATO ALLA PROCURA UNA REGISTRAZIONE AUDIO CHE PROVEREBBE MANIPOLAZIONI DA PARTE DEL GOVERNO DEGLI ATTI DI UN PROCESSO

Decine di migliaia di persone hanno manifestato in piazza Kossuth, davanti al Parlamento a Budapest, rispondendo all’appello di Peter Magyar, astro nascente dell’opposizione democratica, e chiedendo le dimissioni del governo del premier Viktor Orban.
“Orban rimetta il potere al popolo. Ungheresi, in piedi. Non abbiate paura!”: questo lo slogan della “marcia nazionale” che appare come la più imponente da anni in Ungheria e che ha sancito la discesa in campo di Magyar.
Questi ha annunciato la fondazione di un movimento, denominato “Sia tu il cambiamento!”, e di un partito che sarà in lizza per le elezioni europee di giugno.
Secondo alcuni sondaggi, questa nuova formazione potrebbe raccogliere il 13% dei consensi e diventare la principale forza di opposizione, attualmente frammentata e considerata impotente. “Creiamo insieme una forza a cui possono unirsi tutti gli ungheresi ben intenzionati, pronti a lavorare per il loro Paese”, ha detto Magyar alla folla dei manifestanti, sulle cui teste sventolano solo bandiere nazionali ungheresi e nessun simbolo di partito.
Magyar, che lotta contro la corruzione vantandosi di conoscerla da vicino essendo stato sposato con l’allora ministra delle Giustizia Judit Varga, dichiara di volere un’Ungheria impegnata ai valori europei e sfida il premier sul campo del nazionalismo difendendo “il vero interesse degli ungheresi, contro gli interessi privati del circolo attorno a Orban”.
La settimana scorsa Magyar aveva presentato alla procura una registrazione audio dell’ex moglie che a suo dire proverebbe manipolazioni da parte del governo degli atti di un processo per corruzione a carico di un ex sottosegretario, il vice di Judit Varga.
La discesa in campo di Magyar ha innescato reazioni da parte dell’amministrazione Orban che cercano di screditare il nuovo oppositore facendo leva sulla sua vita privata e familiare, e di sminuire la sua influenza. Ma anche dai partiti dell’opposizione di sinistra che possono temere l’annientamento secondo gli analisti.
(da agenzie)

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CASO SALIS, QUELLA SEDICENTE DESTRA “GARANTISTA” CHE GIOISCE A VEDERLA IN CATENE

Aprile 6th, 2024 Riccardo Fucile

NON E’ STATO COSI’ PER I LORO CONDANNATI PER CORRUZIONE O FRODE FISCALE; IN QUEL CASO STARNAZZAVANO CONTRO LE “INUMANE PENE” CONFERMATE IN TERZO GRADO

Fiumi di bava si secernono in questi giorni in Italia da chi gode come un riccio alla vista di Ilaria Salis “ospite” delle carceri ungheresi e incatenata con ceppi e manette mentre viene tradotta in tribunale con l’accusa di aver pestato, insieme con altri attivisti (o estremisti, fate voi) di sinistra, alcuni antagonisti neonazisti.
Ad accusare la maestra lombarda sarebbero alcuni video in cui vengono ripresi scontri tra manifestanti, elementi rispetto ai quali occorrerebbe attendere l’esito del processo per riscontrare eventuali sue responsabilità.
Invece pare che, in questo caso, politici, media e supporter di centrodestra abbiano già chiuso le indagini preliminari, celebrato il processo ed emesso le sentenze di primo grado, appello e Cassazione. Dunque, il sentimento patriottico dei nostri amici nazionalisti, che così lodevolmente si era manifestato quando si trattava di riportare in Italia i marò o Chico Forti, questa volta pare essersi sopito: il principio di presunzione d’innocenza, per anni legittimamente sbandierato dai conservatori italiani prima berlusconiani e oggi salvin-meloniani, sfuma quando questo sacrosanto concetto dello stato di diritto dovrebbe applicarsi a una esponente della sinistra radicale.
Così, mentre i garantisti a targhe alterne sbraitano contro la custodia cautelare praticata nel nostro paese, e magari se la prendono pure con qualche sindaco “illiberale” che ti blocca l’automobile con le ganasce, non si scandalizzano se le ganasce finiscono ai piedi di un essere umano.
Così è la vita. Se sei un esponente politico condannato con sentenza passata in giudicato per corruzione o frode fiscale, i cuori dei commentatori amici grondano di sangue per le “inumane” pene che ti vengono inflitte (tipo qualche giorno o mese di carcere, o un breve periodo ai servizi sociali – vedi i casi di Berlusconi, Formigoni, Previti et similia) al punto da essere pronti anche a ricorrere alle corti di giustizia europee.
Se, viceversa, sei una maestrina di sinistra che parrebbe essersi macchiata della stessa colpa, devi buttare il sangue in carcere (e che mettessero via la chiave!) senza nemmeno passare per una sentenza.
(da Il Fatto Quotidiano)

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IL PONTE CHE UNISCE DUE MAFIE

Aprile 6th, 2024 Riccardo Fucile

TRA ESPROPRI E INDENNITA’ DI OCCUPAZIONE, ‘NDRANGETA E COSA NOSTRA INCASSERANNO DAL PONTE SULLO SGTRETTO DI MESSINA UNA VALANGA DI SOLDI PUBBLICI… L’ASSALTO AGLI APPALTI E AI SUBAPPALTI

Cosa Nostra e ‘ndrangheta hanno già messo le mani sull’affare del secolo: il ponte che collegherà Sicilia e Calabria. L’assalto agli appalti ed ai subappalti è già cominciato e gli espropri dei terreni su cui l’opera sorgerà già mostrano evidenti crepe.
Nella provincia di Vibo Valentia condannati per mafia della cosca Mancuso, ma anche figli e nipoti dei boss, incasseranno soldi pubblici in maniera perfettamente legale. Tra espropri, servitù e indennità di occupazione, infatti, la ’ndrangheta e Cosa Nostra incasseranno una valanga di soldi pubblici.
Due mafie che negli anni si erano allontanate oggi grazie al ponte, si riavvicineranno.
Assieme alle organizzazioni criminali a dividersi i guadagni ci saranno anche i colletti bianchi e cioè quell’area grigia senza la quale il cerchio non si chiuderebbe mai.
Organizzazioni mafiose, grandi holding economico-finanziarie, società di costruzioni, professionisti del settore, guardano con grande interesse alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. La realizzazione di quest’opera pubblica è l’occasione per un nuovo patto politico-economico-finanziario tra le mafie e la borghesia mafiosa ad esse contigua. Ulteriore terreno fertile ai fini della realizzazione di ingenti guadagni nell’economia legale è rappresentato anche dai progetti di realizzazione del ponte, al quale sembrerebbero interessati quei professionisti contigui sia con le cosche siciliane sia calabresi. Sul punto è possibile ipotizzare l’esistenza di alleanze fra Cosa nostra e ‘ndrangheta ai fini di una più efficace divisione dei potenziali profitti.
Le ultime Relazioni della Dia (2021-2022-2023) certificano forti investimenti di Cosa Nostra e della ‘ndrangheta sull’imprenditoria edile e dei trasporti, intercettando sia gli investimenti pubblici sia quelli privati. L’usura e le estorsioni restano il grimaldello preferito, non escludendo affatto la partecipazione diretta ai lavori in maniera legale.
Questi aspetti devono preoccuparci e non poco poiché la gran parte delle risorse investite sarà, di fatto, sottratta alla realizzazione dell’opera, determinandone una esecuzione non rispondente ai criteri qualitativi stabiliti e la necessità di dare ricorso ad ulteriori e non previsti finanziamenti. Cose già viste e riviste. Sappiamo bene noi studiosi che l’elemento attrattivo per le cosche è l’immensa somma di denaro pubblico prevista per la sua realizzazione, e soprattutto il fatto che si è di fronte a una concentrazione di investimenti in un’area territoriale limitata.
Le due mafie direttamente coinvolte hanno già attuato tre tipi di strategie per accaparrarsi l’enorme flusso finanziario previsto.
La prima strategia sarà il controllo del territorio alternando a seconda della circostanza violenza e/o corruzione
La seconda strategia riguarda l’attività imprenditoriale dei mafiosi e di loro eventuali soci e si traduce empiricamente nell’inserimento dei lavori da eseguire con imprese totalmente pulite.
La terza strategia è il collegamento e la mediazione con i circuiti politico-amministrativi.
Le mafie ne usciranno enormemente fortificate poiché faranno welfare e intesseranno nuovi rapporti economici attraverso imprese costituite e gestite direttamente da imprenditori “puliti”. Non ci accorgeremo apparentemente di nulla perché le mafie agiranno con imprese e società che, in vario modo, assumeranno forme del tutto legali che renderanno “invisibile” la presenza mafiosa. Il ponte sarà l’opportunità per incrementare il loro potere e accumulare ricchezze per i loro scopi criminali. Il controllo del territorio, l’infiltrazione nell’attività imprenditoriale e la mediazione con i circuiti politico-amministrativi sono purtroppo tattiche ben consolidate che le mafie utilizzano per garantirsi un vantaggio economico e di potere. Tutto questo minerà la legittimità e l’efficacia di tali progetti ed avrà gravi conseguenze sociali ed economiche a lungo termine, compromettendo lo sviluppo delle comunità coinvolte e alimentando ulteriormente la credibilità della criminalità organizzata. Credo sia indispensabile che le istituzioni competenti agiscano con determinazione per contrastare l’infiltrazione delle mafie in progetti di questo genere, attraverso misure di prevenzione, indagini approfondite e azioni legali concrete contro coloro che sono coinvolti in simili attività illecite. Credo altresì sia essenziale sensibilizzare l’opinione pubblica su questa problematica e promuovere una cultura di legalità e trasparenza che possa contrastare l’influenza delle mafie e proteggere l’integrità delle istituzioni e delle infrastrutture pubbliche. Occorre fare tutto questo presto e in maniera seria prima che sia troppo tardi.
(da agenzie)

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SONDAGGIO TECNE’: CONTINUA A CALARE LA FIDUCIA NEL GOVERNO MELONI

Aprile 6th, 2024 Riccardo Fucile

SOLO IL 39,8% HA FIDUCIA NELL’ESECUTIVO… TRA I PARTITI LA LEGA PRECIPITA AL 7,8%

Secondo il sondaggio Dire-Tecnè con interviste effettuate tra il 4 e il 5 aprile, il partito di Giorgia Meloni resta saldamente al comando con il 27,4%, invariato rispetto a due settimane fa.
Segue il Pd che al 20,2% che perde uno 0,3. Al terzo posto il M5S: il partito di Conte guadagna uno 0,3 e sale al 15,9%.
Forza Italia sempre più stabilmente sopra alla Lega: è al 9,4% (+0,1), mentre il Carroccio è al 7,8%.
Calano leggermente Avs al 4,1% (-0,1), Azione al 3,8% (-0,2) e Italia viva al 3,2% (-0,1). In crescita +Europa al 2,9% (+0,1).
Continua a calare la fiducia degli italiani nel governo Meloni.
Il 53,5% degli elettori non ha fiducia nell’esecutivo, percentuale in salita dello 0,2 rispetto a due settimane fa.
Diminuisce la percentuale di chi ha fiducia nell’esecutivo, che perdendo lo 0,1% si attesta al 39,8.
Giorgia Meloni resta stabilmente in testa nel gradimento dei leader staccando il secondo in classifica, Antonio Tajani, che continua a recupera terreno. A seguire Giuseppe Conte, terzo. Elly Schlein è quarta
(da agenzie)

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IN UN PAESE CON UN BRICIOLO DI TENUTA ETICA E MORALE, A UNO COME ROBERTO SPERANZA, CHE FU MINISTRO DELLA SALUTE AL TERRIFICANTE TEMPO DEL COVID, SI PORTEREBBE RISPETTO PROFONDO E RICONOSCENZA

Aprile 6th, 2024 Riccardo Fucile

INVECE SI ALLESTISCONO COMMISSIONI D’INCHIESTA PARLAMENTARI E SI PERMETTE ALLA TEPPAGLIA NO VAX DI INSULTARLO

In un Paese con un briciolo di tenuta etica e morale, in un’Italia migliore, a uno come Roberto Speranza, che fu ministro della Salute al terrificante tempo del Covid, si porterebbe rispetto profondo se non addirittura riconoscenza.
Invece qui si allestiscono commissioni d’inchiesta parlamentari e ad un certo punto, a Montecitorio, si alza una certa Alice Buonguerrieri, deputata di Fratelli d’Italia, una che nel curriculum politico vanta 5 anni da consigliera comunale a Bagno di Romagna, e già parla di condanne, sprezzante e definitiva.
Abbiamo una memoria che fa francamente pena. Perché abbiamo dimenticato, molti fingono di dimenticare, che Speranza si ritrova a guidare la sanità italiana proprio mentre, per destino crudele, un’orrida pandemia di stampo medievale cala sul nostro mondo come una coperta mortale. Per lunghi mesi crepiamo boccheggiando, tossendo, le mani alla gola. Accatastiamo bare (in Italia saranno 197 mila), mentre nessuno, nel pianeta, ci capisce niente.
Forse il morbo arriva dalla Cina, forse sarebbe meglio mettersi una mascherina, però non le abbiamo, così come non abbiamo guanti e nemmeno respiratori. E comunque non esiste un vaccino, e nemmeno ancora un’idea di salvezza. A Bergamo lasciano entrare migliaia di tifosi per una partita dell’Atalanta e poi i camion militari porteranno via i feretri.
Il ministro Speranza è uno di noi con il compito di trovare soluzioni. È instancabile, non molla, e com’è naturale ne azzecca alcune (le prime, copiate da altre nazioni) e alcune ne sbaglia.
Lo consigliano bene e male, anche se lui cerca solo il bene comune, mentre è aggredito, assediato, insultato dai nemici della scienza e da No Vax, cui si accodano anche miserabili esponenti politici, alla ricerca del solito peloso consenso .
Oggi Speranza ha 45 anni e vive sotto scorta, perché è ancora minacciato.
(da Il Corriere della Sera)

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COMIZI E SPAZI TV, GLI ORBANIANI SI VOGLIONO PRENDERE TUTTO, LA MAGGIORANZA VUOLE CAMBIARE LA LEGGE SULLA PAR CONDICIO

Aprile 6th, 2024 Riccardo Fucile

SOPPRESSI I DUE ARTICOLI IN CUI SI STABILISCONO I CRITERI “QUANTITATIVI” PER STABILIRE LA VISIBILITÀ DEI LEADER E DEI PARTITI NEI PROGRAMMI DI INFORMAZIONE… UN EMENDAMENTO PREVEDE CHE LE REGOLE NON SI APPLICHINO PER ESPONENTI POLITICI CHE INTERVENGONO “SU MATERIE INERENTI ALL’ESERCIZIO DELLE FUNZIONI ISTITUZIONALI”. QUINDI NON SI APPLICHERANNO SE SALVINI SI FARÀ INTERVISTARE DAL TG1 PER PARLARE DEL CONDONO EDILIZIO O MELONI PER PARLARE DEL PREMIERATO

La maggioranza vuole ammorbidire le regole stringenti della par condicio che le televisioni dovranno applicare durante la campagna elettorale per le Europee. E per farlo ha presentato una serie di emendamenti alla delibera sulla par condicio in commissione di Vigilanza Rai che favorirebbe i partiti di governo: Fratelli d’Italia vuole che non sia utilizzato un criterio qualitativo andando a beneficio di Giorgia Meloni, la Lega chiede che gli esponenti di governo che parlano di questioni istituzionali non siano soggetti alle regole e i comizi dei leader potranno essere trasmessi da Rai News senza dover rispettare le norme.
La delibera per le nuove regole sulla par condicio doveva essere approvata la scorsa settimana, ma la maggioranza aveva chiesto tempo per studiare possibili modifiche, chiedendo l’audizione del presidente dell’Agcom Giacomo Lasorella. Ieri così ha presentato 13 emendamenti, firmati dai capigruppo di maggioranza, al testo scritto dalla presidente della commissione di Vigilanza Rai, Barbara Floridia.
L’emendamento principale è quello con cui la maggioranza accoglie la richiesta della Rai di non applicare solo parametri “quantitativi” come il “tempo di parola, di antenna e gli indici di ascolto” per stabilire gli spazi televisivi dei leader politici. Così, con due modifiche distinte, la destra vuole sopprimere i due articoli della delibera in cui si stabiliscono proprio i criteri quantitativi per stabilire la visibilità dei leader e dei partiti nei programmi di informazione.
In particolare viene eliminato il criterio della visibilità secondo le fasce orarie: secondo le nuove regole, la prima serata dovrebbe valere di più delle trasmissioni meno viste, ma la destra chiede di eliminare questo criterio. In questo modo i leader della destra sarebbero favoriti rispetto a quelli di opposizione o ai partiti minori che hanno meno possibilità di sfruttare la prima serata.
Il secondo emendamento dei partiti di maggioranza prevede chele regole della par condicio nei programmi di informazione non si applichino per candidati ed esponenti politici che intervengono “su materie inerenti all’esclusivo esercizio delle funzioni istituzionali svolte”. Quindi, per fare solo un esempio, non si applicheranno se Salvini (come avvenuto giovedì sera) si farà intervistare dal Tg1 per parlare del condono edilizio o Meloni per parlare della riforma del premierato.
La destra inoltre prepara anche due norme che riguardano Rai News e il programma In Mezz’Ora di Monica Maggioni su Rai3. Rai News potrà continuare a trasmettere i comizi integrali della premier e dei leader: basta che prima siano preceduti da una “sigla idonea” e siano considerati distinti dalle edizioni dei tg.
A questo proposito la destra vuole anche la par condicio nelle rassegne stampa. Come anticipato dal Fatto, è prevista anche una norma “salva Maggioni”: saranno escluse dalle regole della par condicio le trasmissioni con format che non avrebbero permesso la partecipazione di tutti i leader politici come nel caso di InMezz’Ora che prevede solo 4 puntate con pochi ospiti.
(da Il Fatto Quotidiano)

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IL PREMIERATO ORA E’ PURE PRESIDENZIALISTA: PIU’ CHE UNA RIFORMA STA DIVENTANDO UNA SUPERCAZZOLA

Aprile 6th, 2024 Riccardo Fucile

COME DICEVA TOTO’: ABBONDANDIS IN ABBONDANDUM

Nel riformatorio del premierato ne succede una al giorno, praticamente è una sit-com. Si parte, a inizio legislatura, con la necessità per il Paese, pardon Nazione, di “una riforma costituzionale in senso presidenziale, che garantisca stabilità e restituisca centralità alla sovranità popolare” (Giorgia Meloni alla Camera, 25 ottobre 2022).
Poi, per mettere d’accordo tutti, si opta per l’elezione diretta di qualcun altro (o nella versione della ministra Casellati “l’elezione diretta di qualcuno”).
Vince il primo premio alla lotteria delle riforme il presidente del Consiglio: dal presidenzialismo al premierato (che è stato adottato per una breve parentesi negli anni Novanta solo da Israele) il passo è brevissimo e pasticciatissimo. In prima stesura, ma è estate e Antò fa caldo, il potere di nomina e revoca dei ministri passa dal Presidente della Repubblica al premier (così il Capo dello Stato passa da garante della Costituzione e dell’Unità nazionale a figurante). I giuristi, non potendo ridere, si allarmano perché la riforma, tra i mille vulnus costituzionali, esautora completamente il Colle.
Allora, come nel gioco dell’oca, si torna alla casella di partenza per i ministri che non sono più nominati e revocati dal premier, ma dal Presidente della Repubblica, su proposta del premier.
Questo premierato all’amatriciana è parecchio fluido se a nemmeno un giorno dall’arrivo del testo a Palazzo Madama, in febbraio, la ministra per le Riforme dice: “Nulla è immodificabile”.
Infatti giovedì a Porta a Porta Giorgia Meloni spiega: “Abbiamo lasciato al Capo dello Stato il potere di nomina. La revoca secondo me è da discutere”. Vespa la “incalza”: si obietta che il presidente del Consiglio, eletto dal popolo, è più forte del Presidente della Repubblica, eletto dal Parlamento. Non c’è problema: “Vogliamo introdurre anche l’elezione diretta del Capo dello Stato? Io non sono contraria”.
Come diceva Totò Abbondandis in abbondandum: ecco a voi il premierato presidenziale o il presidenzialismo premierale (forse adottato a Paperopoli). Più che una riforma, una supercazzola.
(da Il Fatto Quotidiano)

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TITO BOERI: “GIORGIA MELONI NON VUOLE DIRE LA VERITA’ SUI CONTI PUBBLICI”

Aprile 6th, 2024 Riccardo Fucile

L’ECONOMISTA: “E’ UNA VIOLAZIONE DELLA TRASPARENZA DELLA POLITICA ECONOMICA”

Tito Boeri, professore di economia all’Università Bocconi, dice che «se il governo decidesse di non dare indicazioni sul deficit programmatico del 2025 sarebbe un pessimo segnale alle imprese, alle famiglie e ai mercati».
In un’intervista a La Stampa dice che «qualunque sia la ragione è una modalità molto pericolosa, non sono certo sia nemmeno conforme alle regole europee». Perché «dal punto di vista del principio è una violazione di una regola di trasparenza della politica economica, e dunque anche della democrazia. Ma c’è di molto peggio, ed è la conseguenza sulle aspettative di mercati, imprese, famiglie».
Il deficit programmatico
Secondo Boeri «se il governo non precisa il deficit programmatico, sta dicendo ad esempio che non sa se avrà i fondi per confermare la decontribuzione o il taglio dell’Irpef varato l’anno scorso. Se così fosse, le imprese sarebbero indotte a investire meno e le famiglie a spendere. In ultima analisi, potrebbe vanificare gli effetti positivi di queste misure». Ma c’è un problema: «Credo che Meloni stia subendo forti pressioni per aumentare la spesa. Sta prendendo tempo: se oggi dicesse la verità, sarebbe costretta a scontentare molti. Un paradosso mentre il Paese cerca di spendere i duecento miliardi del Recovery Plan». Sul Pnrr, spiega Boeri, non stiamo recuperando i ritardi. Anzi, c’è di più: «Quel poco che stiamo spendendo, non è dedicato alle voci su cui ci eravamo ripromessi di aumentare la spesa, come ad esempio gli investimenti nella sanità pubblica. Da questo punto di vista l’occasione del Pnrr è perduta: in quel settore non si sta spendendo un euro, e nel frattempo medici e infermieri scappano dai pronto soccorso, peggio, all’estero».
Le pensioni
Infine, Boeri pronostica che il governo non toccherà le pensioni anche se le spese previdenziali crescono più delle entrate: «Non mi pare si possa permettere un’ulteriore stretta alla previdenza, sarebbe socialmente insostenibile. L’ultimo e odioso taglio delle indicizzazioni delle pensioni, mentre saliva l’inflazione, ha già ridotto il potere d’acquisto di chi non ha alternative a quel reddito. Aggiungo: tagli che si sommano a quelli ancora più ingiusti imposti a molti percettori di reddito di cittadinanza, fra cui disabili».
(da agenzie)

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