Aprile 9th, 2024 Riccardo Fucile
I VIGILI DEL FUOCO: “I LOCALI SONO SOMMERSI”… L’ESPLOSIONE E’ AVVENUTA AL PIANO -9, A CIRCA 30 METRI DI PROFONDITA’
Un’esplosione si è verificata intorno alle 15 di oggi nella centrale idroelettrica di Bargi, sul bacino artificiale di Suviana, nell’Appennino Bolognese. Quattro operai hanno perso la vita, mentre tre risultano ancora dispersi. I feriti, di cui cinque gravi, sono stati trasferiti in elisoccorso negli ospedali di Cesena e Parma, Le condizioni di uno dei due operai soccorso all’ospedale Bufalini di Cesena sono gravi: è ricoverato al Centro Grandi Ustionati e la prognosi resta riservata. Sul posto sono impegnati nelle operazioni di ricerca più di sessanta vigili del fuoco, e anche i sommozzatori. La diga non sarebbe stata coinvolta nell’incidente.
Il fatto è avvenuto al piano sotterraneo -9, circa trenta metri di profondità e sotto il lago adiacente. Dalle prime ricostruzioni, un grosso generatore di corrente è esploso, scatenando un incendio e sfondando una parete, dalla quale sta entrando l’acqua del bacino di Suviana. Con almeno due salme e cinque uomini coscienti ma gravemente ustionati estratti, i soccorritori stanno tuttora cercando di accedere ai locali coinvolti, dall’interno della centrale e attraverso il lago.
Secondo quanto raccontato dal sindaco di Camugnano, Marco Masinara, «alcuni operai stavano facendo dei lavori di manutenzione alle turbine – ha raccontato -, erano all’opera squadre provenienti anche da altre parti d’Italia e alcuni di loro erano dipendenti di aziende appaltatate da Enel Green Power. Pare che ci sia stato il crollo di un solaio».
Da diversi giorni, si stavano eseguendo dei test di pompaggio, in un sistema fatto da due bacini, uno a monte e l’altro a valle, che producono energia elettrica con lo spostamento dell’acqua. «Tutti i locali – dice Luca Cari, dirigente della comunicazione d’emergenza del comando generale dei Vigili del Fuoco – sono invasi dal fumo. Gli uomini stanno intervenendo con gli autoprotettori perché altrimenti sarebbe impossibile operare in sicurezza».
Nelle prime ore, il comandante dei vigili del fuoco di Bologna, Calogero Turturici, aveva raccontato all’emittente e-tv Rete7: «I locali sono sommersi d’acqua, stiamo lavorando per abbassare le temperature. Per prestare soccorso serve visibilità e temperature compatibili con la presenza umana. Quando arriveremo al piano dell’incidente potremmo fare i conti più precisamente».
«In quei piani c’erano i trasformatori. Le cause non le sappiamo – ha aggiunto Turturici -. Servirà la testimonianza di chi era sul posto. Al momento è difficile ipotizzare una determinata tipologia di scenario o un’altra».
(da agenzie)
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Aprile 9th, 2024 Riccardo Fucile
MEZZO DIRETTORE D’ORCHESTRA E MEZZO POLITICO, IL FIGLIO DELL’ONCOLOGO UMBERTO, IN 17 ANNI, SI È CANDIDATO OTTO VOLTE TRA LE FILA DEL PD SENZA MAI ESSERE ELETTO, MA UNA VOLTA OTTENUTO L’INCARICO (E CAMBIATO IL GOVERNO) È PASSATO A FRATELLI D’ITALIA SENZA FARE UN PLISSÉ
Il delegato di Giorgia Meloni per le celebrazioni di Giacomo Puccini, Alberto Veronesi, voleva dare 50mila euro alla società del responsabile spettacolo di Fratelli d’Italia, l’ultimo partito in cui è approdato dopo una lunga militanza a sinistra.
Ha poi dirottato più di due milioni sulla fondazione di cui era direttore musicale, e un altro su quella di cui è tutt’ora consigliere d’amministrazione.
Se gli esperti del Comitato Nazionale segnalano alla premier “incapacità di gestione” e “conflitti d’interessi” del suo delegato, il maestro Veronesi li denuncia, quando è lo stesso ministero a certificare il fallimento della sua “cura”: con 10 milioni di fondi e un anno e mezzo di tempo, non è riuscito a mettere in piedi una sola produzione di un’opera del compositore da portare sia in Italia che nel mondo, come il grande operista avrebbe meritato.
Tanto che alla fine interviene Sangiuliano perché almeno il 50% dei fondi residui vada ai “beni materiali”, le ville di Puccini bisognose di restauri.
Se più della lirica amate la boxe, scorrete i verbali delle riunioni del “Comitato Nazionale Puccini” pubblicati su carta intestata di Palazzo Chigi e logo della Presidenza della Repubblica: scoprirete i danni che può fare la politica al settore della musica colta, dove la destra (dopo la sinistra) cerca di occupare le poltrone dei teatri d’opera più importanti d’Italia, dopo aver già fatto incetta di biennali, musei, festival, centri per il cinema, lo spettacolo e naturalmente la Rai.
Per “Puccini 100”, consiste nello spreco di una grande occasione e di una montagna di soldi. Nel verbale del 15 febbraio, ad esempio, prende la parola il rappresentante del ministero della Cultura: “I concerti proposti hanno ben poco a che vedere con Puccini, non possiamo approvare l’intero master plan”, scandisce Antonio Parente, dg per lo spettacolo dal vivo. Fa capolino il sottosegretario Mazzi, fiuta l’aria e perora la causa di un grande concerto -evento Rai, diretto magari dal maestro Muti, per contenere la figuraccia. Da Veronesi avrà 296mila euro, quel che rimane dei fondi. Il resto sono accuse e polemiche.
Nel 2024 il mondo intero celebra i cento anni dalla morte del compositore. Il 22 agosto 2022 il governo Draghi istituisce il Comitato Nazionale per le celebrazioni con una dote di 9,5 milioni, la più “generosa” di sempre. Il 23 settembre, a due giorni dalle elezioni in cui vinse la destra, nomina presidente Alberto Veronesi, mezzo direttore d’orchestra e mezzo politico che in 17 anni si è candidato otto volte tra le fila del Pd senza mai essere eletto, ma una volta ottenuto l’incarico (e cambiato il governo) si è candidato alle regionali lombarde con Fratelli d’Italia. E infatti resta al suo posto, col silenzio -assenso della Meloni.
Dopo più di 30 riunioni , quella del 26 marzo scorso per approvare bilancio e rendiconto va deserta, come se nessuno volesse più prendersi responsabilità per come sono stati spesi i soldi degli italiani.
Dopo appena una manciata di mesi, si dimettono due tesorieri e quattro membri del comitato scientifico. A gennaio 2023, tre studiosi nominati dal ministero inviano alla Presidenza del Consiglio una memoria denunciando la “conduzione disordinata e non trasparente” e “inefficienze di gestione” del Comitato, incarichi e finanziamenti sotto i quali cova il sospetto di un vorticoso intreccio di interessi in capo al presidente. Veronesi risponde che “tutti qui dentro ne hanno” e li denuncia. La Procura di Lucca apre un fascicolo sui fondi, non se ne sa più nulla.
Intanto, 50mila euro vanno a due progetti dell’Orchestra sinfonica della Calabria di Vibo Valentia di cui Veronesi è vicepresidente, e dove dirige concerti all’insaputa del Comitato che li delibera. Dirige anche quelli di Capodanno del Teatro del Giglio a Lucca e della Fondazione Festival Pucciniano a Torre del Lago, che dal Comitato ricevono ingenti risorse.
Del Pucciniano Veronesi è stato direttore artistico (1998-2019), presidente (2015-2019) e direttore musicale dal 2020 al 31 dicembre 2022, mentre era già presidente del Comitato. Tra “contributi istituzionali forfettari”, interventi di restauro, spese per eventi e concerti questa sorta di “braccio armato” del maestro riceve più di due milioni, un quarto del budget totale.
Un altro milione va al “Villino” di Viareggio e al Museo Casa Natale di Lucca di proprietà della Fondazione Giacomo Puccini, di cui è stato presidente dal 2022 ad aprile 2023 e del cui Cda è tutt’ora membro. [A 10 metri dalla casa -museo di Puccini a maggio 2022 aveva piazzato il suo comitato elettorale “Lucca sul serio” come candidato sindaco di Iv. Poi, sul serio, sei mesi dopo si è candidato con Fdi a Milano. Ma dodici mesi prima aveva corso col centrosinistra per Sala. Sul serio.
(da il Fatto Quotidiano)
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Aprile 9th, 2024 Riccardo Fucile
“A NON VOTARE SONO SOPRATTUTTO I POVERI”… “CI SONO SEMPRE PIU’ PERSONE, GLI STRANIERI SENZA CITTADINANZA, CHE SONO DI FATTO SUDDITI”
“La questione ambientale? È una questione politica. Non basta dire: ‘Ascoltiamo gli scienziati’. Gli scienziati ci spiegano le conseguenze dell’innalzamento delle temperature, ma come affrontare la crisi, come ripartire i costi sociali della riconversione ecologica, è una questione politica, come si vede durante le Conferenze mondiali sul clima, dove i Paesi meno industrializzati, che finora hanno dato un contributo minimo all’inquinamento globale, pretendono giustamente che l’Occidente si assuma le sue responsabilità”. Valentina Pazé insegna Filosofia Politica all’Università di Torino. Nel suo ultimo libro, I non rappresentati. Esclusi, arrabbiati, disillusi (Gruppo Abele edizioni), spiega come la nostra democrazia di fatto tagli fuori parti sempre più significative della popolazione: da chi sceglie di non votare a chi non viene rappresentato a causa dei meccanismi elettorali, dagli stranieri alle donne e, infine, ai giovani e alla natura. L’ossessione verso la governabilità, infatti, spinge la politica verso leggi elettorali che, mentre esautorano il Parlamento, sono sempre meno in grado di rappresentare la società. “Una tendenza che non riguarda solo il nostro Paese e che genera sconcerto e preoccupazione”, afferma Pazé.
Nel suo libro lei spiega come questa tendenza venga da lontano.
Sì, è dai primi anni Novanta che la crisi della democrazia italiana viene interpretata come un problema di governabilità, anziché di rappresentanza. Di qui tutta una serie di progetti di riforma, in parte falliti in parte riusciti, ispirati a un modello di democrazia decisionistica, che penalizza le assemblee rappresentative a tutto vantaggio di esecutivi monocratici. Si pensi all’elezione diretta dei presidenti di Regione, con leggi elettorali estremamente distorsive della volontà degli elettori.
Lei critica anche l’attuale sistema Rosatellum. Che, tra l’altro, di fatto esclude anche le donne.
Il Rosatellum ha tanti difetti. Il principale è la forte componente maggioritaria che fa sì che parti consistenti del corpo elettorale non riescano a eleggere nessuno che parli in nome loro nelle istituzioni (tanto più dopo la riduzione del numero dei parlamentari). Le liste bloccate, inoltre, non danno la possibilità ai cittadini di dare indicazioni sulla linea politica. Quanto alle norme sul riequilibrio di genere, possono essere aggirate. Grazie alle pluricandidature, se una candidata “forte”, destinata a risultare vincente in un collegio uninominale, viene contestualmente schierata al primo posto in altri cinque collegi plurinominali, lo scorrimento delle liste andrà a vantaggio dei candidati uomini che si trovano dietro di lei.
Assolutamente negativa, secondo lei, è la proposta di premierato di Meloni.
È una proposta che ci condurrebbe a un sistema unico al mondo, né presidenziale né parlamentare. Si dice che il presidente della Repubblica conserverebbe i suoi poteri, ma di fatto dovrebbe dare l’incarico al premier investito dalle urne, che si troverebbe a governare con una maggioranza gonfiata artificialmente dalla legge elettorale, facendo venir meno ogni dialettica tra Parlamento e governo.
Anche il Parlamento europeo, lei scrive, non è rappresentativo.
Sono le istituzioni dell’Ue, nel loro complesso, a essere scarsamente rappresentative. Il Parlamento è eletto con il sistema proporzionale, ma non ha i poteri normalmente attribuiti ai Parlamenti. La questione è tanto più acuta quanto più aumentano i poteri esercitati dall’Europa.
Il grande problema di oggi sono gli astenuti.
Gli studi distinguono due categorie, i “protestatari”, che esprimono un non voto consapevole, e coloro che si astengono per stanchezza, disinteresse, ignoranza. È difficile in realtà rilevare le motivazioni di chi non si esprime. Ciò che è preoccupante è constatare che a non votare sono soprattutto i più poveri: alle ultime amministrative tra gli elettori a basso reddito solo il 28 per cento è andato a votare contro l’80 per cento dei benestanti. Il voto non è più percepito come un veicolo di riscatto sociale e di emancipazione. Un paradosso, se si pensa che i poveri in passato erano formalmente esclusi dal voto e il superamento delle barriere censitarie è stato possibile solo a costo di grandi battaglie democratiche.
Poi ci sono invece le persone istruite che votavano e oggi non più.
Molti si sentono “ricattati” da sistemi elettorali che li obbligano al “voto utile”. Ma la protesta non prende solo la strada del non voto. C’è chi scende in piazza: da ultimo il movimento dei trattori, che si esprime nella forma del “tumulto”, o “riot”, tipica di un’epoca in cui non esistevano partiti e sindacati a organizzare le proteste. Anche questo è preoccupante. Di fronte alle manifestazioni dei trattori o a quelle, molto diverse, di Friday for Future o Extinction Rebellion, la classe politica non sa fare altro che cedere (ai trattori) o reprimere (gli ambientalisti). Si tratterebbe invece di ascoltare le domande che vengono dalla società, ma anche di articolarle e mediarle.
Capitolo stranieri: non rappresentati, dice lei, e senza nessuna ragione.
La reinterpretazione in senso etnico-nazionalistico della rappresentanza è da respingere. Ci sono sempre più persone – gli stranieri senza cittadinanza – , che sono di fatto suddite, nuovi meteci, quando i principi della democrazia richiedono che chi subisce le conseguenze di una decisione dovrebbe contribuire alla sua assunzione. Al contrario, oggi votano i cittadini all’estero, nonostante non siano tenuti a osservare le leggi che contribuiscono a creare.
Infine, appunto, c’è la questione della natura non rappresentata e dei giovani.
Il problema del clima si intreccia con quello delle nuove generazioni, più esposte alle conseguenze del disastro ambientale. Oggi c’è chi propone di superare l’ottica antropocentrica, riconoscendo non solo gli animali, ma anche i mari, le montagne, i laghi, come soggetti di diritti. Il progetto della Costituzione della Terra di Luigi Ferrajoli, invece, senza attribuire personalità giuridica a entità naturali, propone di sottrarre alcuni “beni fondamentali” alla disponibilità delle maggioranze e del mercato, istituendo una forma di demanio planetario. Gli strumenti giuridici possono essere diversi, ma la responsabilità è, ancora una volta, politica: si tratta di stabilire un argine al capitalismo.
Ma se la politica non fa nulla, che fare?
La frustrazione è molto grande in chi vorrebbe cambiare le cose. In questo contesto sono comprensibili alcune fughe in avanti, verso nuove forme di democrazia, come quella basata sul sorteggio a cui sembra guardare oggi con favore, tra gli altri, Extinction Rebellion. A me queste soluzioni, che lasciano del tutto fuori i partiti, lasciano perplessa. Proprio perché la sfida ambientale è enorme, il processo di acquisizione di una coscienza ecologica deve essere diffuso, non può riguardare un piccolo gruppo di cittadini selezionati per sorteggio. Dall’altra parte ci sono modalità più classiche di partecipazione: penso in questo momento, ad esempio, alle mobilitazioni degli studenti e delle studentesse all’università. Ciò che è preoccupante – lo ripeto – è la disconnessione tra queste forme di mobilitazione e le istituzioni rappresentative. Credo che un ponte debba in qualche modo essere costruito.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Aprile 9th, 2024 Riccardo Fucile
CONDANNATI PER CORRUZIONE L’EX PRESIDENTE M5S DELL’ASSEMBLEA CAPITOLINA DE VITO E L’AVVOCATO LANZALONE CHE A ROMA GESTIRONO IL DOSSIER SULLO STADIO… MERLO RICORDA I GUAI GIUDIZIARI DEL MOVIMENTO E CONTE CHE ESORDI’ NEL M5S “TRUCCANDO IL SUO CURRICULUM DA PROFESSORE. C’E’ SOLO UN VALORE CHE PEPPINIELLO NON HA MAI TRADITO: LA SUA SLEALTA’ POLITICA”
Conte esordì nel Movimento, che ha avuto i suoi brutti scandali e i suoi guai giudiziari, truccando il curriculum di professore. Con la proverbiale “quasità”, che ha perfezionato l’ambiguità e la doppiezza italiane, ha fatto il presidente del Consiglio prima con la destra e poi con la sinistra, dichiarando di non stare né con la destra né con la sinistra.
Con cinismo ha fatto fuori tutti i rivali interni e ha zittito persino Grillo assegnandoli un lauto stipendio. Si è alleato con tutti e ha tradito tutti gli alleati, rilanciando l’astruso linguaggio del non dire per dire e del dire per non dire. Sul piano internazionale si è svelato sempre più vicino alla Russia di Putin e alla Cina… C’è un solo valore “fondante” che Conte non ha mai tradito e che infatti sta ora usando contro Elly Schlein: la slealtà politica.
Denunciavano orli di abissi, scandali devastanti, turpitudini. Nel 2014 consegnavano le arance a Ignazio Marino. Urlavano “ladri”, “onestà-onestà”, “in galera”. Ebbene, in galera, assieme ad altre nove persone, ci sono finiti loro. Ieri i giudici del tribunale di Roma hanno condannato a otto anni e otto mesi di reclusione l’ex presidente grillino dell’assemblea capitolina, Marcello De Vito.
E hanno condannato anche a tre anni di carcere l’avvocato Luca Lanzalone, ex presidente grillino di Acea, l’uomo che fu portato da Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede a gestire il dossier dello stadio della Roma (mai costruito) ai piedi del Campidoglio allora amministrato da Virginia Raggi.
Era attorno a Lanzalone e De Vito che sette anni fa a Roma maturò la misteriosa svolta del M5s, prima contrario e poi bruscamente favorevole alla gigantesca infrastruttura. Quello stadio che rappresentava il più grande affare del decennio, in termini di investimenti, posti di lavoro e ricavi.
Ma questa prima condanna – la giustizia è lenta, ma arriva – concorre a un giudizio storico e politico su cosa è il M5s e su cosa è stato. Gente media, con titoli medi, capacità meno che medie, che improvvisamente e per irripetibile coincidenza si è trovata proiettata in ruoli d’importanza strategica, al centro delle istituzioni. E che da lì si è attorcigliata in un rovo di balle, pasticci, imbrogli, fidandosi sempre delle persone sbagliate, approfittatori, piccoli arrampicatori, affaristi e mezzi furfanti.
(da La Repubblica)
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Aprile 9th, 2024 Riccardo Fucile
FRANCESCO LOLLOBRIGIDA ASSUME ALTRE 30 PERSONE: HA PORTATO IN CONSIGLIO DEI MINISTRI UN DECRETO PER RIORGANIZZARE GLI UFFICI DI DIRETTA COLLABORAZIONE DEL SUO DICASTERO. IL PERSONALE SARÀ AUMENTATO DA 75 A 105 PERSONE, E SARANNO AUMENTATI I DIPENDENTI DEGLI UFFICI DI DIRETTA COLLABORAZIONE (QUELLI SU CHIAMATA FIDUCIARIA)
La sagra del carciofo romanesco, a cui ha presenziato ieri da buon ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare (e patriota), non ha distratto Francesco Lollobrigida dal suo principale obiettivo: rendere il suo ministero una vera macchina da guerra. E quindi oggi farà il primo passo.
In Consiglio dei ministri il meloniano porterà un decreto del presidente della Repubblica con un’intestazione piuttosto burocratica: “Regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell ’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e dell ’Organismo indipendente di valutazione della performance”
Dietro la formulazione legislativa però c’è uno scopo molto più terra terra: aumentare i suoi collaboratori più stretti da 75 a 105 persone. Trenta assunzioni che serviranno per rafforzare il suo ministero […]. La bozza del decreto prevede l’aumento del personale degli uffici di diretta collaborazione del ministro (quelli su chiamata fiduciaria e non su concorso) di 25 persone retribuite.
Queste serviranno per andare a ingrossare gli uffici di gabinetto, la segreteria del ministro, l’ufficio legislativo e l’ufficio stampa. Resteranno fuori dal conteggio i capi degli uffici di diretta collaborazione, il vice capo di gabinetto e del legislativo. A questi 25 (di cui solo due potranno avere un incarico dirigenziale), il decreto che sarà approvato oggi ne aggiunge altri 5: la bozza prevede anche che il ministro dell’Agricoltura possa assumere cinque consiglieri a titolo gratuito. Il costo totale sarà di 2 milioni di euro, stanziati con un emendamento apposito nel decreto di fine anno collegato alla legge di Bilancio.
A Lollobrigida però non bastano le assunzioni, ma con il nuovo regolamento saranno istituiti anche due nuovi uffici: fino a oggi può nominare un consigliere diplomatico ma con la nuova norma potrà disporre anche di un ufficio che “assiste il ministro nelle iniziative in campo europeo e internazionale, promuove e assicura la partecipazione del ministro alle attività degli Organismi internazionali ed europei, cura le relazioni internazionali”.
(da “il Fatto quotidiano”)
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Aprile 9th, 2024 Riccardo Fucile
LA MELONA, INCAZZATA NERA, COSTRINGE CIRIELLI A UN PIETOSO DIETROFRONT: “RICOSTRUZIONE FUORVIANTE”
«Se tu fai una politica imperialista gli altri si irrigidiscono. E per altri parlo della Cina, parlo della Russia. Probabilmente se avessimo fatto un’altra politica nei confronti della Russia, avremmo evitato la guerra in Ucraina».
La frase, una perfetta sintesi di un pensiero trasversale che da destra a sinistra rispecchia le tesi di Putin contro la Nato, non è del professor Alessandro Orsini, né dell’ex ambasciatrice Elena Basile, o dell’armata rossobruna italiana che considera l’atlantismo la sorgente di ogni male, ma di Edmondo Cirielli, l’uomo più alto in grado che Giorgia Meloni ha alla Farnesina.
Forse il viceministro degli Esteri ha dimenticato la svolta filoamericana della sua leader, la postura convintamente atlantica che non ha mai dismesso in tutti questi mesi di governo.
Sta di fatto che Cirielli, durante l’incontro “La Nato verso il 2030”, organizzato a Roma da Fratelli d’Italia, si è avventurato in considerazioni non propriamente in linea con la presidente del suo partito e con il governo in cui lui stesso siede.
Le dichiarazioni sono subito diventate materia di dibattito alla Farnesina e hanno colto di sorpresa il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha chiamato Meloni che a sua volta ha chiamato Cirielli per ordinargli di rettificare se stesso.
«Ricostruzione fuorviante», si corregge in serata il viceministro, circoscrivendo la responsabilità «alla politica ondivaga dei democratici americani». Se questi ultimi avessero avuto più fermezza – spiega – «i russi avrebbero riflettuto meglio, e forse con un esito diverso, sulla possibilità di aggredire l’Ucraina».
Dunque, seguendo il filo del ragionamento di Cirielli, sarebbe colpa di Joe Biden, anche se fino a un anno prima dell’invasione scatenata da Putin alla Casa Bianca c’era Donald Trump, il leader dei repubblicani, gli stessi che ora tengono bloccati al Congresso Usa 60 miliardi di aiuti destinati alla resistenza di Kiev.
«Una politica più morbida, più diplomatica – aveva spiegato il viceministro -, aiuta a trovare la pace. Le politiche rigide, aggressive e imperialiste sono sempre negative. Questo non giustifica la violazione del diritto internazionale». Un colpo di qua, un altro di là.
Perché dopo la svirgolata che lo ha portato lontano dall’ortodossia meloniana, Cirielli era rientrato su posizioni più coerenti con la sua leader, sostenendo che «bisogna dialogare anche con sistemi che prevedono la deterrenza militare». Nel senso che «se tu sei arrendevole con chi è prepotente quello ritiene di poterlo fare. Ma se tu non sei arrendevole, poi ti fermi al tavolo a discutere e gli dai anche una soluzione e una via d’uscita onorevole».
Dopo la strigliata e l’auto-smentita le sue parole hanno assunto un altro significato: «Durante il convegno ho chiarito che i nostri amici ucraini e baltici temevano il peggio e noi, sbagliando, non gli abbiamo creduto». Effettivamente non li accusa più di confusione mentale.
Non cambia invece la valutazione della Francia, con la quale la destra italiana ha continui diverbi, ma pure in questo caso la rettifica ha il sapore della diplomazia ritrovata: «La strategia sbagliata della Francia è una cosa antica che Macron ha solo ereditato e cercato, troppo tardi, di correggere».
(da La Stampa)
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Aprile 9th, 2024 Riccardo Fucile
“STO METTENDO IN IMBARAZZO MIO FRATELLO? ME NE SBATTO E LO MANDO A FARE IN CULO”… “IN ITALIA E’ PIENO DI BUCHE E STRADE INTERROTTE, E LUI VUOLE FARE L’INUTILE PONTE SULLO STRETTO”
Filippo “Champagne” Romeo, fratello di Massimiliano Romeo, capogruppo leghista al Senato, torna ai microfoni della Zanzara su Radio24 lamentandosi di Matteo Salvini (attuale vicepremier e Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti): “Ho votato la Lega tanti anni fa solo per fare un favore a mio fratello e non lo faccio più. Salvini continua a fare il fenomeno e non ne indovina una, mi ricordo ancora quando quindici anni fa cantò contro i napoletani, ma dove cazzo siamo, non si può avere come Ministro una figura del genere.
Io non sono uno stinco di santo ma fossi ministro non direi mai Napoli merda o Milan merda, magari lo penso ma non lo dico. Sono più popolare di Salvini, quando vado in giro io mi chiedono le foto a lui invece lanciano le pietre. Quando sento sto pagliaccio – che mi quereli me ne frego – fare solo figuracce lo caccerei da leader della Lega. Non è una persona intelligente, ogni volta che vado in giro a Milano o Monza ci sono buche dappertutto e sto disperato vuole fare il Ponte sullo Stretto. Mi candido io come leader al posto suo ma non a capo della lega bensì del Popolo della Gaina”.
“Mio fratello in imbarazzo se dico queste cose? Me ne sbatto lo mando anche a fare in culo, ma in verità è molto più bravo di Salvini che invece dovrebbe uscire dalla politica”.
Poi si scatena contro il nuovo codice della strada recentemente fatto approvare sempre da Salvini: “Come si fa oggi come oggi a votare uno così; il nuovo codice della strada è assurdo, mi drogo poi tre giorni dopo mi metto al volante e se risulto positivo mi ritirano la patente. Salvini vai a rubare, non ti vogliamo, sei scandaloso”.
E sul tema della droga, uno dei pochissimi punti in comune con Matteo Salvini: “Quando ero ragazzino mi facevo qualche canna ma ora non ne faccio più uso e comunque tra due canne e due litri di alcol meglio quest’ultimo. Io sono contrarissimo alla droga non la legalizzerei mai”.
(da agenzie)
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Aprile 9th, 2024 Riccardo Fucile
ALLE POLITICHE DEL 25 SETTEMBRE 2022 IL 43.8% DEGLI ITALIANI VOTÒ PER IL CENTRO-DESTRA. GLI ALTRI PARTITI SI ERANO PROPOSTI DIVISI, MA LA LORO SOMMA ERA ASSAI PIÙ ALTA: ARRIVAVA A QUOTA 49,3%. UN ELETTORE SU DUE
I quattro litiganti – Conte e Schlein, Calenda e Renzi – sono concentratissimi in queste ore nel rimpallarsi le accuse più crude […] tutte le forze di opposizione, se si dedicassero nella ricerca di candidati e programmi comuni, sarebbero ancora in grado di aggiudicarsi (in alcuni casi nettamente) quasi tutte le Regioni prossimamente al voto ed entrambi i grandi Comuni in ballo nelle prossime settimane, Bari e Firenze.
Questo netto, seppur potenziale, vantaggio delle opposizioni è un dato curiosamente rimosso dalla discussione pubblica ma il paradosso è grande: le minoranze hanno a portata di mano una possibile striscia di sconfitte delle forze di governo, ma questo scenario lascia sostanzialmente indifferenti i gruppi dirigenti di quei partiti. L’elaborazione de “La Stampa” su dati del Ministero dell’Interno, racconta assai bene la dissipazione in corso
A suggerire lo scenario delle “vittorie dissipate” non sono i consueti sondaggi, ma una bussola precisa : il voto degli elettori alle Politiche del 2022, vinte dal centro-destra col 43.8%. Da allora – come ha rilevato Alessandra Ghisleri, leader di Euromedia Research – pochissimi elettori si sono trasferiti da uno schieramento all’altro e proprio per questo i dati delle Politiche rappresentano un’eccellente pietra di paragone e di previsione.
Dati sostanzialmente infallibili: a leggerli bene, avrebbero consentito di anticipare tranquillamente la vittoria di Centro-sinistra e 5 Stelle in Sardegna, visto che sull’isola, le forze che appoggiavano Alessandra Todde partivano da un vantaggio di 6 punti, mentre in Abruzzo il centro-destra, sempre utilizzando il 2022 come base di confronto, partiva da un vantaggio del 2, 1% e infatti ha vinto.
Il quadro che si presenta ai leader è talmente incoraggiante che vale la pena dettagliarlo: sulla base dei dati 2022 il cartello di tutte le opposizioni (Pd-5-Stelle-Avs– Iv-Azione, Più Europa) è nettamente avanti sul centro-destra in Basilicata (più 22, 5%), in Campania (più 29, 2%), in Emilia-Romagna (più 15, 4%), mentre il vantaggio è più ridotto ma incoraggiante in Umbria, in Piemonte e nei due Comuni più importanti nei quali si voterà a breve giro: a Firenze (addirittura più 28. 9%) e a Bari (più 23, 3%).
Da quel momento i leader del Campo largo si dedicano con applicazione e con successo ad una pratica, il harakiri, per la quale avevano già fatto le prove generali un anno prima nel Lazio. […] alle Politiche del 25 settembre 2022 il 43. 8% degli italiani votò per le forze di centro-destra, legittimamente premiate dal sistema elettorale perché si erano presentate in coalizione. Gli altri partiti si erano proposti divisi, ma la loro somma – ce lo siamo dimenticati e se lo sono dimenticati pure loro – era assai più alta: arrivava a quota 49, 3%. Un elettore su due. Se gli “eroi” dell’opposizione continueranno a cantarsela tra di loro in modo pretestuoso, non dovranno stupirsi se prima o poi un nuovo Nanni Moretti si prenderà la parola e pronuncerà la più ovvia delle profezie: con questi capi non vinceremo mai.
(da La Stampa)
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Aprile 9th, 2024 Riccardo Fucile
“SONO RIMASTA STUPITA: MENTRE IO DENUNCIAVO LE POLITICHE DELLA DESTRA PIEMONTESE, I MIEI COMPAGNI DI PARTITO MI ATTACCAVANO. GUARDA CASO GLI STESSI FINITI NELLE CARTE DELL’INCHIESTA SUL SISTEMA DI FAVORI A TORINO”
A meno di una settimana dalle inchieste sulla corruzione elettorale che stanno sconquassando il Pd da Bari a Torino, la vicepresidente nazionale del partito Chiara Gribaudo, vicinissima alla segretaria Elly Schlein, guarda già oltre. Certo, ora c’è da affrontare la bufera e allora ben vengano i codici etici a regolamentare le candidature.
Ma è la politica, nei suoi modelli organizzativi complessivi e non limitati al perimetro del Partito Democratico, che deve cambiare architettura per evitare storture come quelle delle correnti. Anche tornando a forme di controllo e di finanziamento pubblico dei partiti.
Onorevole Gribaudo, a leggere le carte delle Procure crede che il Pd sia da rifondare?
«Non faccio riferimento alle inchieste giudiziarie, quelle naturalmente vedremo come andranno a concludersi. Ma non solo serve rifondare questo partito, abbiamo bisogno di una nuova attenzione alla selezione della nostra classe dirigente».
In che modo?
«Ce lo chiede la nostra gente, che fa parte di un grande partito serio e perbene, che dedica il proprio tempo libero alle Feste dell’Unità e che con grande generosità fa della politica il proprio volontariato. Di queste persone dobbiamo avere più rispetto. E la nostra classe dirigente deve essere formata da chi può garantire più coerenza rispetto a una questione morale che è viva in ciascuno di noi. Non possono essere sempre e solo i primi della classe o più ricchi a poter fare politica. Per questo serve una rifondazione della partecipazione, in ogni partito».
Ma con quale strumento?
«Se ci sono zone d’ombra è giusto fare chiarezza. Ma da solo un codice etico non basta. Andrò controcorrente, ma credo serva un controllo diffuso dei partiti e una regolamentazione politica vera, con delle strutture e delle regole. Serve una riforma attuativa dell’articolo 49 della Costituzione, riorganizzando le forme partitiche e tornando al finanziamento pubblico. Da troppi anni assistiamo a un dissolversi della politica organizzata, con il risultato di far vincere i personaggi e i personalismi».
Che garanzie darebbe invece il ritorno al finanziamento pubblico?
«Che la politica non si baserebbe solo più sulle donazioni di chi vuole sostenerti ma riacquisirebbe elementi di chiarezza. Altrimenti continueranno a farla solo chi ha i soldi o ha un potere, anche legittimo, da difendere».
Che poi sono i “cacicchi” e i “capibastone” di cui parla il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte?
«Il primo che parlò di cacicchi fu Massimo D’Alema, se non ricordo male. Il correntismo, quando diventa molto legato al personalismo, credo abbia poco a che fare con le idee. Il pluralismo va salvaguardato dal pensiero, non dalle filiere personali. La nostra gente di queste divisioni non ne vuole più sapere e Elly Schlein sta andando in questa direzione».
Quindi le correnti sono il primo male da estirpare, all’interno del Pd?
«Questo l’ho sentito dire da tutti i segretari che si sono succeduti in questi anni. Ma prima credo che occorra tornare a ragionare di politica e con una classe dirigente rinnovata e con la schiena dritta».
Sperava che il “suo” Piemonte, la regione in cui è stata eletta, fosse al riparo da queste dinamiche di malaffare?
«Certo che lo speravo. Ma quando avevo dato la mia disponibilità a candidarmi alla presidenza della regione, ammetto di essere rimasta stupita che mentre io denunciavo le politiche della destra piemontese dei compagni del mio stesso partito mi attaccassero. Guarda caso gli stessi finiti nelle carte dell’inchiesta sul sistema di favori a Torino».
Ora la candidata presidente del centrosinistra Gianna Pentenero ha annunciato di voler mettere mano a tutte le liste della coalizione attraverso l’applicazione del codice etico interno. Che speranze ha da questa operazione?
«I profili non ci mancano. Ma dobbiamo anche essere capaci di aggregare tutti coloro che hanno visto quanto questo centrodestra abbia malgovernato il Piemonte, impoverendo i nostri concittadini e senza aiutare gli svantaggiati. Innanzitutto serve un cambio di passo, partendo da sanità e trasporti e contro le politiche della destra antiabortista di Maurizio Marrone. Mi resta solo una nota di amarezza».
Quale?
«Io sostengo qualunque azione di Pentenero. Ma sarebbe stato meglio per tutti provare ad allargare il campo progressista alternativo alle destre piuttosto che prendere un paio di consiglieri in più. E con Gianna questo si poteva e si può ancora fare».
(da la Stampa)
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