Aprile 1st, 2024 Riccardo Fucile
PER GLI UMANI UN BIGLIETTO ANDATA RITORNO COSTA PIU’ DI UN ABBONAMENTO MENSILE: 32,50 EURO … E’ IL “MODELLO GENOVA” DELLA GIUNTA SOVRANISTA TOTI
Il cagnolino Charlie scodinzola, ma i suoi padroni sono un po’ meno allegri. Mostrano il biglietto del treno per visitare le Cinque Terre: 21 euro. Un bel biglietto, verde “Cinque Terre Card”, c’è scritto anche il suo nome a pennarello: Charlie.
Solo il giorno prima, però, fuori dal nuovo sistema di tariffazione turistica, il suo biglietto è costato poco più di due euro per “trasporto cane”. A denunciare il caso sono i promotori del Comitato Cinque Terre Unite che, proprio in questo ponte pasquale, dove le Cinque Terre hanno registrato il sold out di turisti, nonostante il meteo non del tutto favorevole, hanno organizzato una serie di azioni di protesta contro i recentissimi rincari delle tariffe ferroviarie delle Cinque Terre, contro la Regione, e hanno raccolto anche le lamentele dei padroni del beagle Charlie.
I padroni di Charlie mostrano i due biglietti: il 31 marzo, dalla Spezia a Manarola, il biglietto del treno del loro cane è costato 2,40 euro. Il 1° aprile, da Manarola, hanno deciso di proseguire la visita a tutti gli altri borghi, per cui hanno dovuto acquistare la Cinque Terre Card, in giorno “rosso”, secondo la nuova fascia tariffaria, riservata a turisti e non residenti, che la Regione Liguria ha fatto introdurre a Trenitalia e Parco nazionale delle Cinque Terre. E mentre i padroni hanno pagato 32,50 euro, a testa, al loro cane è stata applicata la tariffa “ragazzi”, dai 4 agli 11 anni: 21 euro.
Un’alta stagione salatissima, per i turisti delle Cinque Terre, iniziata il 16 marzo scorso: in tutti i giorni “rossi”, ovvero Pasqua, 25 aprile, 1 maggio poi tutti i week end e tutto il mese di luglio e agosto, le tariffe per salire sui treni e godersi i sentieri e i borghi sono passati, per un adulto (dai 12 ai 69 anni), da 19,40 a 32,50 euro, per la card di un giorno.
A protestare contro la decisione è il Comitato di residenti, guide turistiche e negozianti “Cinque Terre Unite”, che ha organizzato in questi giorni pasquali un volantinaggio per i turisti con le informazioni proprio sul caro tariffe. “Grazie per aver scelto le Cinque Terre per le tue vacanze” esordisce il volantino che, di fatto, informa i visitatori che sarebbe molto più conveniente, per loro, acquistare un abbonamento ferroviario mensile Monterosso-Riomaggiore piuttosto che una Cinque Terre Card da due o tre giorni, E’ proprio il Comitato Cinque Terre Unite a sottolineare come, dal 16 marzo 2024, “i biglietti e le Card del Parco nazionale delle Cinque Terre hanno subito aumenti fino al 100% a fronte dello stesso servizio erogato, a parte un paio di treni notturni in più nei fine settimana”.
In effetti i turisti che si sono rivolti ai banchetti organizzati dal Comitato si sono lamentati delle tariffe alte: “La maggior parte ha lamentato il caro-biglietti tanto che ha dovuto scegliere di visitare solo un paese rinunciando agli altri per le tariffe troppo alte, e diverse persone ci hanno assicurato che non torneranno più”, dicono i promotori del Comitato.
Una famiglia, con un ragazzino in carrozzina, ha rinunciato a prendere il treno per i prezzi troppo elevati e nessuna riduzione prevista per chi è disabile: “Abbiamo scelto di venire in auto, per protesta, anche se incrociamo le dita perché i parcheggi per disabili sono solo due”. E due turiste francesi lamentano “prezzi esorbitanti”.
(da Repubblica)
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Aprile 1st, 2024 Riccardo Fucile
IL VOTO FRA TRE SETTIMANE
Stanno circolando i sondaggi politici sulle elezioni regionali 2024 in Basilicata, che si svolgeranno il 21 e 22 aprile. Nelle rilevazioni risulta in vantaggio il candidato del centrodestra e presidente uscente, Vito Bardi (appoggiato anche da Azione e Italia viva), rispetto a quello di centrosinistra e Movimento 5 stelle Piero Marrese.
Il più recente sondaggio Winpoll riporta questi risultati nelle preferenze: Vito Bardi: 51,5%, Piero Marrese: 46,4%, Eustachio Follia: 2,1%
Insomma, tra il candidato del centrodestra e il suo principale sfidante ci sarebbero poco più di cinque punti. Una distanza significativa, ma non incolmabile, quando mancano circa tre settimane al voto.
Anche perché il nome di Marrese è emerso solo a metà marzo, per cui la campagna elettorale per ora ha avuto poco tempo di incidere.
Il sondaggio riporta anche le preferenze per i singoli partiti. Fratelli d’Italia sarebbe al primo posto con il 18,7%, seguito da Partito democratico al 16,3% e al Movimento 5 stelle al 15,9%, molto vicino ai dem. Forza Italia prenderebbe l’11,6% mentre la Lega arriverebbe appena al 5,7% confermando il suo momento difficile (nel 2019 prese il 19,5%, mentre alle elezioni politiche del 2022 nella Regione ha preso il 9% circa).
Il Carroccio sarebbe superato nella coalizione di centrodestra anche da Azione, con il 6%. Seguirebbero poi i Verdi-Sinistra (5,4%) che appoggiano Marrese.
Non è registrato il risultato di Italia viva di Matteo Renzi, anche lui schierato a sostegno di Bardi. Tra le liste civiche, il risultato più alto andrebbe a Basilicata Casa Comune di Angelo Chiorazzo, con il 6%. Volt, invece, prenderebbe il 2%.
(da Fanpage)
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Aprile 1st, 2024 Riccardo Fucile
L’ALTRO CANDIDATO ALLA PRESIDENZA EDOARDO GARRONE CONTA SUI VOTI DEL NORD-OVEST
Il numero uno dell’acciaio e presidente di Duferco, Antonio Gozzi, tra i due candidati rimasti in corsa per la guida di Confindustria alla vigilia del voto avrebbe scelto chi sostenere. Il Consiglio Generale è fissato per giovedì 4 aprile a Roma, Tra il patron della Erg, società che opera nel campo delle energie rinnovabili, e presidente del Sole 24 Ore, il ligure Edoardo Garrone, e l’amministratore delegato della Sistem Costruzioni e di Tino Prosciutti, l’emiliano Emanuele Orsini, Gozzi avrebbe deciso di stare dalla parte di Orsini.
“Bisogna che la prossima presidenza metta la manifattura al centro”, aveva detto Gozzi ai suoi sostenitori la scorsa settimana, dopo aver deciso di non fare ricorso. E altro nodo fondamentale è l’Europa. Per l’uomo che rappresenta l’acciaio in Italia e che ha criticato molte delle scelte prese a Bruxelles proprio sull’acciaio, e non solo, è fondamentale che ci sia da parte del prossimo presidente di Confindustria “un forte presidio sulle politiche europee”. Ed è questo il punto che ha permesso di arrivare ad una sorta di accordo tra Gozzi che, per i saggi di viale dell’Astronomia, non ha raggiunto il sostegno sufficiente per essere ammesso alla seconda fase del tortuoso percorso per scegliere il successore del numero uno attuale, Carlo Bonomi. Per il presidente di Federacciai si tratta invece di un’esclusione ingiusta. Ma Gozzi ha voltato pagina. E non è escluso che possa essere lui stesso a rappresentare la squadra di Orsini a Bruxelles sui temi delle regole che riguardano l’industria. O comunque una persona a lui vicina, magari che faccia parte dell’associazione, come Giuseppe Pasini, oppure un’altra figura.
Basterà questa intesa sull’Europa per spianare la strada a Orsini? Di sicuro incrementa le possibilità di elezioni per l’emiliano, anche se il blocco forte dell’industria del Nord-Ovest sta con Garrone. Non è un caso che la corsa del patron della Erg sia nata tra i grandi nomi dell’industria del Nord, ad iniziare da Marcegaglia. E il resto, soprattutto il Nord-Est e quello che rimane della Lombardia tolto Assolombarda, rappresenta più il modello della piccola e media impresa più vicina a Orsini. Blocco che non si sposterà in modo granitico. Si ipotizzano delle defezioni, molte. Con associazioni territoriali che ufficialmente lo appoggiano, ma poi all’interno sono divise e i componenti del Consiglio, nel segreto dell’urna, giovedì decideranno anche secondo coscienza cosa fare e non solo secondo l’ordine di scuderia.
Tra le associazioni indecise ci sono le territoriali di Brescia e Bergamo. Tensioni anche a Vicenza e nelle due territoriali del Veneto. E poi cosa faranno Federchimica e Farmindustria? Potrebbero decidere di astenersi, non favorendo Orsini.
(da agenzie)
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Aprile 1st, 2024 Riccardo Fucile
“SE L’EUROPA AVESSE AVUTO UN ESERCITO, LA RUSSIA NON AVREBBE AGGREDITO L’UCRAINA”… “E’ INCONCEPIBILE CHE IL NO DI UNO DEI 27 BLOCCHI TUTTI”
Meglio guidare la commissione europea o fare il presidente del Consiglio in Italia?
«Dipende dai momenti. A Bruxelles avevo la chiara idea che il nostro lavoro fosse destinato a passare alla Storia. E la Commissione, allora, era davvero il motore d’Europa. Non ho mai negato che lì mi sarebbe piaciuto restare. Ma con la fine del mio mandato terminò un ciclo. Il grande impulso a un’Europa organica svanì con il no dei francesi al progetto di una Costituzione europea».
Romano Prodi, com’era la sua vita a Bruxelles? Più “noiosa” che a Roma?
«Bisogna intendersi su che cosa significhi noiosa. Roma è un happening, un luogo dove tutto è soggetto a un mutamento continuo. Bruxelles è su un altro meridiano: diversa l’organizzazione, con orari fissi, procedure magari complesse, ma scandite da un ordine del giorno. L’agenda, lì, è definita. Bruxelles è il luogo ideale per lavorare bene, anche perché è una sorta di città aperta. Fatto non secondario per un politico europeo: non si avverte alcuna pressione dal governo belga».
Lei ha citato la Costituzione europea. Lo scontro fu anche sulle radici giudaico cristiane che mai la Francia avrebbe riconosciuto. Parigi ha appena inserito l’aborto in Costituzione. Lei concorda?
«Lo scontro vero per i francesi non fu sulle radici giudaico cristiane, ma si arrivò alla bocciatura della Costituzione per la combinazione fra l’opposizione popolare nei confronti del presidente della Repubblica, che era favorevole, e la grande spinta nazionalista che sempre alimenta gli ex imperi. Rispetto al tema dell’aborto, invece, una cosa è riconoscerlo come diritto, un’altra inserirlo in Costituzione».
Secondo l’ultimo dato dell’eurobarometro di Ipsos il 47 per cento degli europei tende a fidarsi della Ue contro il 45 che tende a non fidarsi. Il trend complessivo non è particolarmente negativo, ma certo non la si può definire una esplosione d’amore. Parafrasando Thomas Eliot, che parlava della Chiesa e dell’umanità, è l’Unione Europea che rischia di abbandonare gli europei o viceversa?
«La gente ama l’Europa quando l’Europa c’è. Quando a Bruxelles si comincia a cincischiare, a giocare sulle piccole cose, a esagerare con le mediazioni, allora le persone si chiedono: ma che cosa ci sta a fare l’Europa? A moltiplicare le regole? Ci vogliono ambizioni grandi. Io uso dire che l’Europa è un buon pane, il migliore che ci sia, ma è mezzo cotto e mezzo crudo. Se noi non lo cuociamo del tutto, la gente si stanca».
È un’Europa ingolfata anche dalle sue stesse regole.
«Certo. Quando una decisione deve essere adottata all’unanimità significa non adottarla. Sui problemi più importanti non si può pensare di essere tutti d’accordo. E’ inconcepibile che il no di uno dei 27 blocchi tutti gli altri Paesi. Nell’euro entrammo in 12 perché non occorse l’unanimità e siamo già arrivati a 20».
In questo contesto così contrastato, proprio il livello di gradimento per la moneta unica continua a mantenersi su livelli alti: il 71% di europei è favorevole.
«Per forza, perché l’euro c’è. Quando le cose si fanno, il gradimento corrisponde. La moneta e l’esercito sono i pilastri di qualunque struttura politica. Ricordo ancora i bilaterali con la Cina in cui al presidente cinese interessava solo l’euro e chiedeva: posso prendere la vostra moneta nella mia riserva? Così veniva riconosciuto il ruolo dell’Europa come uno dei grandi attori del mondo».
Ursula von der Leyen dice: la guerra non è impossibile, l’Europa si armi. Assistiamo a un’escalation oppure la guerra alle porte sta dando all’Europa, così come accaduto per il Covid, una nuova consapevolezza di sé stessa?
«Penso proprio, anche se non ne posso avere alcuna prova, che se l’Europa avesse avuto un esercito la Russia non avrebbe aggredito l’Ucraina. L’esercito europeo va fatto subito. La gente si chiede: quanto mi garantisce questa Europa? Se rimaniamo con 27 eserciti e 27 stati maggiori dove pensiamo di andare? Soldi buttati via».
Il presidente francese Emmanuel Macron è particolarmente attivo in questa fase. Al punto da ipotizzare l’invio in Ucraina di truppe occidentali. A che gioco gioca Parigi?
«Il presidente francese ama fare il primo della classe. Io dico: possiamo pensare a un esercito europeo in cui un Paese, la Francia, ha l’arma nucleare e il diritto di veto al Consiglio di sicurezza dell’Onu, e gli altri no? Non si può fare il primo della classe e rifiutarsi di comprendere quali sono i compiti del primo della classe».
Nel Pse, in primis la segretaria del partito democratico Elly Schlein, si minaccia di non sostenere Ursula von der Leyen se dovesse fare accordi con i conservatori dell’Ecr. Intese che non paiono così improbabili, visti gli ottimi rapporti della presidente della Commissione Ue con Giorgia Meloni.
«La posizione del nostro governo è meravigliosamente equivoca. Se c’è bisogno darà un appoggio a von der Leyen e lo farà pagare, ma al contempo sta con il signor Orbán. Von der Leyen rimarrà, io credo, presidente della commissione e agisce come tale. Va in giro, abbraccia e bacia».
Tutto quello che sta accadendo – la guerra in Ucraina, la spinta espansionistica di Putin, la crescita dei movimenti populisti e anti Ue in Polonia e Ungheria – sta dando torto o ragione a quell’allargamento a Est da lei fortemente voluto (e ottenuto)?
«I fatti di oggi mi danno ragionissima. Qualcuno mi diceva: hai esagerato con l’allargamento. E oggi invece le stesse persone si chiedono: se la Polonia fosse come l’Ucraina, come andrebbe a finire? La Polonia non la tocca nessuno perché è membro dell’Unione europea».
Ci dobbiamo paradossalmente augurare una vittoria di Trump n perché un’Europa più sola sia costretta a prendere in mano il proprio destino?
«L’Europa non può essere sola perché il Patto Atlantico è indispensabile per difendere il mondo democratico insieme. Però la Ue deve avere una voce nel Patto Atlantico. Non siamo mai stati uniti nelle grandi decisioni come la guerra in Iraq o gli interventi in Libia. Francia e Gran Bretagna, con l’incauto appoggio dell’Italia, non sarebbero neppure riusciti a sconfiggere Gheddafi, se non ci fossero stati gli americani che fornivano munizioni e l’appoggio di comunicazione e di logistica».
Perché un giovane europeo dovrebbe andare a votare?
«Perché se vincono gli euroscettici si continueranno a fare le piccolo cose. Mentre noi abbiamo bisogno di un’Unione che agisca».
(da Il Corriere della Sera)
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Aprile 1st, 2024 Riccardo Fucile
INSIEME ALL’ALTERNATIVA LAICA SI AFFACCIANO GLI ESTREMISTI
I risultati delle elezioni municipali in Turchia sono andati meglio del previsto per il principale partito di opposizione, il Chp. La forza politica laica e repubblicana, erede del fondatore della Turchia moderna Kemal Atatürk, ha visto i propri candidati riconfermati a Istanbul, Ankara e lungo le coste dell’Egeo, ma è riuscita a espandersi anche in aree in precedenza in mano all’opposizione.
Il Chp è sempre rimasto in testa e ha lasciato dietro il partito del presidente Recep Tayyip Erdoğan, l’Akp: è riuscito a mantenere le 14 municipalità vinte nel 2019 e ne ha guadagnate altre 12. “Purtroppo non abbiamo potuto ottenere il risultato che volevamo alle elezioni” ha ammesso il capo dello Stato.
L’avanzata del principale partito di opposizione segna una svolta senza precedenti da quando Erdoğan è al potere e fornisce indicazioni preziose sul futuro del paese e in particolare sulle prossime presidenziali, previste per il 2028.
Il presidente Erdoğan non potrà più presentarsi, avendo raggiunto il numero massimo di mandati previsti dalla legge, e non è stato ancora designato il suo successore, mentre è facile capire chi sarà il candidato del Chp.
Il partito è retto al momento da Özgür Özel, succeduto a Kemal Kılıçdaroğlu, uscito sconfitto dalle elezioni presidenziali di giugno 2023 ed estromesso dall’ala riformatrice e più giovane del partito. Özel ha parlato di un “risultato storico” perché “gli elettori hanno deciso di stabilire una nuova politica in Turchia”.
A prendere le redini del Chp, adesso, sarà con molta probabilità Ekrem Imamoğlu, sindaco di Istanbul appena riconfermato con più del 50% delle preferenze. Il primo cittadino della capitale economica del Paese è un personaggio ormai noto a livello nazionale e questa seconda riconferma, unita al generale successo su scala nazionale del partito, mettono in crisi l’idea di una Turchia sotto il totale controllo di Erdoğan e del suo partito.
L’Akp ha anche perso due municipalità, Şanlıurfa e Yozgat, in favore del Refah, un partito islamista guidato dal figlio di Necmettin Erbakan, mentore di Erdoğan. Il Refah aveva sostenuto il capo di Stato turco in occasione delle presidenziali, ma ha preferito presentare i propri candidati alle municipali dopo aver accusato l’Akp di non essere abbastanza fedele ai dettami dell’Islam. A sottrarre municipi a Erdoğan è stato anche l’Mhp, partito di estrema destra e parte della coalizione di governo di Erdoğan, che ha conquistato due nuove municipalità. Il risultato positivo dei partiti più estremisti dello spettro politico turco segna un punto di svolta rispetto al passato, evidenziando la polarizzazione dell’elettorato e un rafforzamento della componente nazionalistica e religiosa.
Di questa polarizzazione si erano già viste le prime tracce nelle elezioni nazionali: l’Mhp aveva inaspettatamente raggiunto il 10% delle preferenze e anche i partiti più estremisti – il Refah e lo Zafer – avevano conquistato dei seggi in Parlamento. Per le strade di Istanbul era poi facile imbattersi in gruppi di sostenitori di Erdoğan che festeggiavano alzando in alto le quattro dita, simbolo del nazionalismo turco.
In un solo anno, dunque, Erdoğan ha perso popolarità tra i suoi elettori, complice anche una crisi economica da cui il Paese non riesce a uscire.
Nonostante il cambio drastico imposto dal presidente alle politiche economiche dopo le ultime elezioni, l’inflazione ha quasi raggiunto il 70% e il valore della lira continua a svalutarsi. A poco sembra servito anche il tentativo di usare la guerra a Gaza: Erdoğan ha cercato di presentarsi come il protettore del mondo musulmano, facendo leva sul sentimento di fratellanza religiosa e alzando i toni nei confronti di Israele, ma le dinamiche nazionali sembra siano state preponderanti nelle scelte dell’elettorato.
Poco sorprendete invece il risultato nel sud-est a maggioranza curda. Il partito filo-curdo Dem, in precedenza noto come Hdp, si è riconfermato in tutti i distretti tranne uno, finito sotto il controllo dell’Mhp. Nel corso della giornata elettorale, però, sono arrivate diverse denunce di brogli e nel distretto di Sur, a pochi chilometri dalla capitale curda Diyarbakir, un militante del partito è stato ucciso durante uno scontro in uno dei seggi. Resta poi il dubbio sulla longevità dei nuovi sindaci nel Sud-Est. Centinaia di primi cittadini sono stati rimossi forzatamente con l’accusa di terrorismo e sostituiti da personaggi fedeli a Erdoğan e al governo e in molti temono che questo copione possa ripetersi. In ogni caso, i risultati delle municipali riaprono la partita per le prossime presidenziali e dimostrano che l’opposizione ha ancora una possibilità di vittoria dopo la sconfitta di giugno.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Aprile 1st, 2024 Riccardo Fucile
L’INTERVISTA A LONDRA PER IL DEBUTTO DEL SUO TOUR ALLA ROYAL ALBERT HALL
A dirlo è Zucchero, intervistato a Londra dopo il debutto del suo tour ‘Overdose d’Amore World Wilson Tour’ alla Royal Albert Hall.
Parole chiare. “In Russia? Io ci andavo volentieri a suonare. I russi, fin dal tempo del mio concerto al Cremlino nel 1990, erano un popolo molto attento, che ama l’arte e la cultura. Ho sempre avuto da loro delle reazioni molto buone per il mio lavoro”.
A dirlo è Zucchero, intervistato a Londra dopo il debutto del suo tour ‘Overdose d’Amore World Wilson Tour’ alla Royal Albert Hall.
“Non ci siamo mai più andati, e anche se fossi invitato ora non ci andrei -aggiunge il bluesman- Ma lì si apre un discorso enorme, perché ora non andrei neanche da Netanyahu, e neanche da Trump. Il cerchio si restringe”.
“A Sanremo sono io che ho sempre detto che non so se ci andrei. Quest’anno l’ho visto a pezzettini… ma veramente ha straccato i maroni!”. Ironizza così Zucchero, interpellato sul festival di Sanremo dai giornalisti in occasione della presentazione del tour ‘Overdose d’Amore World Wide Tour’, partito dalla Royal Albert Hall di Londra.
“Se ci andrei? Ma a far cosa? È l’unico Paese al mondo dove c’è ancora la gara come i cavalli da soma, c’è ancora chi vince e chi perde su delle canzoni -aggiunge il bluesman- Io lo trovo allucinante, ma piace al popolo. Siamo rimasti ai tempi degli antichi romani”
(da Globalist)
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Aprile 1st, 2024 Riccardo Fucile
“IMPRESSIONATA DALLA RAPIDITA’ DELLA RISPOSTA IN PRIMA PERSONA”
«Sono molto contenta, ringrazio davvero il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Mi ha molto impressionato che abbia telefonato lui in prima persona e che lo abbia fatto con questa rapidità. Lo ringrazio davvero tanto per il suo coinvolgimento»: così Ilaria Salis ha voluto ringraziare il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che sabato scorso ha contattato il padre Roberto. Ilaria Salis è in carcere da più di 13 mesi a Budapest con l’accusa di aver partecipato a due aggressioni nei confronti di militanti di estrema destra
Il padre della 39enne docente milanese ha spiegato che «Ilaria sta bene e si sta riprendendo»: all’udienza di giovedì scorso è stata respinta la richiesta di passare ai domiciliari avanzata dai suoi legali: «È stata una brutta botta – ha proseguito – perché ci contava molto, ma ha un piglio abbastanza forte e non ho dubbi che sopporterà bene questa prova di resistenza». «Quanto successo giovedì – ha aggiunto – con la sentenza per Ilaria e con quella per Gabriele Marchesi ha rafforzato l’impressione che c’è qualcosa che non va bene e che c’è chiaramente una disparità nell’attuazione dei principi costituzionali».
Si aspetta ora l’esito dell’appello presentato contro la mancata concessione dei domiciliari «che se non altro verrà giudicato da un’altra corte e non sarà più nelle mani del giudice Jozsef Sós che ha un evidente pregiudizio nei confronti di Ilaria e che in Italia sarebbe già stato ricusato».
(da agenzie)
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Aprile 1st, 2024 Riccardo Fucile
RINVII, INDENNITA’ DIFFICILI DA OTTENERE E ASSISTENZA DOMICILIARE CANCELLATA DI FATTO: FAMIGLIE E ANZIANI TRADITI
Il governo Meloni è finito nel mirino per il decreto welfare, la decisione di fatto di risparmiare sui non autosufficienti ha tradito famiglie e anziani che contavano su quelle risorse.
Piovono critiche da parte delle associazioni di settore: “Servirebbero 5-7 miliardi”. L’esecutivo non ha rispettato i patti, tra rinvii e indennità difficili da ottenere, oltre ad una riforma dell’assistenza domiciliare che di fatto è stata cancellata. Osservazione – si legge su Repubblica – che non viene negata dal governo: la sottosegretaria al Welfare Maria Teresa Bellucci, responsabile della riforma, ha spiegato in più occasioni come la legge 33/2023 sia ancora in piena attuazione, è prevista la messa a punto di numerosi altri decreti, alcuni dei quali sono di competenze del ministero della Salute. “Non posso che esprimere preoccupazione per la scarsa attenzione al tema della residenzialità. – obietta però Franco Massi, presidente di Uneba, una rete di organizzazioni che lavorano nel settore socio-sanitario – Eppure dopo la pandemia c’è stato un aumento significativo delle liste d’attesa, che ricade sui 215 mila posti letto per gli ospedali per i malati acuti”.
“Le premesse per questa legge erano grandi, – dice Mario Possenti, segretario generale della Federazione Alzheimer Italia a Repubblica – e ci siamo ritrovati con una montagna che ha partorito un topolino”. Delusione per il decreto attuativo della riforma del Welfare, appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Perché per gli 1,4 anziani affetti da demenza in Italia, di cui il 50/60% soffre di Alzheimer, le carenze della rete di assistenza sono un problema doppio: “La mancata riforma dell’indennità di accompagnamento pesa in particolare sui familiari delle persone con demenza, che di solito non ottengono mai alla prima richiesta l’assegno”, spiega Possenti.
(da affaritaliani.it)
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Aprile 1st, 2024 Riccardo Fucile
PIU’ DELLA META’ DELLE PENSIONI INPS INFERIORE A 750 EURO AL MESE
Oltre la metà delle pensioni Inps vigenti a inizio 2024 escluse quelle dei dipendenti pubblici e dei giornalisti ha un importo inferiore a 750 euro. E’ quanto emerge dall’Osservatorio Inps sulle pensioni che guarda alle singole prestazioni (sia previdenziali che assistenziali) e non al complessivo reddito da pensione dei pensionati che spesso si basa su più assegni. “Analizzando la distribuzione per classi di importo mensile delle pensioni – si legge nell’Osservatorio – si osserva una forte concentrazione nelle classi basse. Infatti, il 53,7% delle pensioni ha un importo inferiore a 750,00 euro.
Questa percentuale, che per le donne raggiunge il 64,7%, costituisce solo una misura indicativa della “povertà”, per il fatto che molti pensionati sono titolari di più prestazioni pensionistiche o comunque di altri redditi”.
Delle 9.543.973 pensioni con importo inferiore a 750 euro, solo il 43,9% (4.193.239) beneficia di prestazioni legate a requisiti reddituali bassi, quali integrazione al minimo, maggiorazioni sociali, pensioni e assegni sociali e pensioni di invalidità civile.
In questo contesto il divario tra i due sessi è accentuato; infatti, per gli uomini la percentuale di prestazioni con importo inferiore a 750 euro è al 40,0% e se si analizza la situazione della categoria vecchiaia, si osserva che questa percentuale scende al 17,0%”.
Per le donne le singole pensioni dai 3mila euro al mese sono solo l’1,1% del totale a fronte del 7,5% tra gli uomini. Tra i 1.500 e i 3mila euro sono il 32,5% delle singole prestazioni degli uomini e appena il 9,6% di quelle delle donne. Tra i 750 e i 1.500 euro ci sono il 20% delle prestazioni degli uomini e il 24,6% di quelle delle donne. Dal calcolo sono escluse le pensioni dei dipendenti pubblici che sono in media più alte di quelle del settore privato e delle prestazioni assistenziali.
(da agenzie)
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