Aprile 12th, 2024 Riccardo Fucile
RENZI-BONINO, AZIONE, VERDI-SINISTRA A RISCHIO QUORUM ALLE EUROPEE… NON HA FIDUCIA NEL GOVERNO IL 60,6% DEGLI ITALIANI, HA FIDUCIA IL 39,4%
Il percorso calante di Fratelli d’Italia, pur nella condizione invidiabile del primato in solitaria, quello ascendente del M5s, pur tenuto ancora a distanza dal senior partner del Pd, il sorpasso di Forza Italia sulla Lega. E ancora il cammino precario di Verdi-Sinistra, Azione e Stati Uniti d’Europa (cioè il cartello elettorale ItaliaViva-PiùEuropa) lungo il flebile filo teso della soglia di sbarramento del 4 per cento. E’ la sintesi del sondaggio mensile dell’Istituto Ixè quando mancano poco meno di 2 mesi alle elezioni europee.
Il governo Meloni si avvicina all’appuntamento elettorale sostenuto dalla fiducia del 39 per cento, un dato stabile dopo un significativo smottamento avvenuto tra febbraio e marzo. Resta in ogni caso il valore più basso per l’esecutivo di destracentro. Specularmente chi non ha fiducia nel governo è quantificabile nel 60 per cento circa degli intervistati. L’altro aspetto interessante di questa tendenza è che questa imponente sfiducia nel governo non produce affatto una fiducia nelle forze di opposizione. Secondo Ixè infatti, sì, questo indice è leggermente aumentato nell’ultimo mese ma resta inchiodato alla soglia del 25 per cento, il 23,3 del quale non si sbilancia a indicare “molta fiducia” ripiegando in un più cauto “abbastanza“: le vicende pre-elettorali della Basilicata e di Bari aiutano molto nella comprensione di questo dato
Grossa parte della fiducia nel governo arriva evidentemente dal consenso che ancora raccoglie il partito della presidente del Consiglio. Fratelli d’Italia, nello storico dei dati di Ixè, registra il terzo ribasso dall’inizio dell’anno: da gennaio a oggi Fdi ha perso 3 punti. Il primato non è in dubbio al momento, tuttavia. Il Pd continua a ballare intorno alla linea del 20 per cento: questo mese è poco sotto, con un lieve calo nell’ultimo mese. La terza forza resta il M5s che nell’ultimo mese riprende quota e torna sui valori di gennaio, tra il 16 e il 17.
Sotto alla soglia del 10 per cento succede che anche Ixè – dopo altri istituti – conferma il sorpasso tendenziale di Forza Italia sulla Lega: i berlusconiani salgono all’8,4 (con un incremento dello 0,7 da marzo), il Carroccio scende all’8 (-0,2 nello stesso periodo).
Più in basso si accende la corsa rocambolesca per superare la soglia del 4 per cento che permetterà di avere un eletto a Strasburgo. Nessuno degli aspiranti è sicuro di farcela, come indicano anche gli altri istituti di sondaggio. Per Ixè la prima di questo gruppetto è l’Alleanza Verdi-Sinistra che però lascia sul terreno in un mese lo 0,4 per cento. A seguire la lista Stati Uniti d’Europa (renziani e +Europa) che non va oltre il 4 per cento. Infine Azione che al momento non supera il 3,7 sia pure in tendenza positiva (+0,5). Al momento sembrano non avere speranze gli altri piccoli partiti, compreso Pace Terra Dignità di Michele Santoro che fa fatica a staccarsi dall’1 per cento. Secondo Ixè ci sarebbe una fetta consistente di indecisi (il 40 per cento), mentre chi è certo che si recherà alle urne totalizza il 52 per cento, in calo del 5 rispetto all’affluenza delle Europee 2019.
(da agenzie)
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Aprile 12th, 2024 Riccardo Fucile
I PARLAMENTARI PADANI INSORGONO: “PROPORRE UN’ALLEANZA CON LUI NEL GIORNO DEI 40 ANNI DELLA LEGA E’ UN INSULTO”
Trovarsi con la prospettiva di un’alleanza con Totò Cuffaro, proprio nel giorno dei 40 anni della Lega di Bossi, è stato qualcosa di più di un affronto. «Un insulto», urlano i parlamentari padani nelle loro chat, dove scorre il solito risentimento che non sfocia in dichiarazioni ufficiali.
Ma ieri, davvero, il corto circuito ha innescato una mezza rivolta, fra incontri certi e smentite frettolose. È successo che l’ex governatore siciliano condannato per mafia sia giunto a Montecitorio intorno all’ora di pranzo. Cuffaro ha in stand-by un patto con Renzi ma l’incontro con l’ex premier non c’è stato. Ha visto invece alcuni esponenti dell’Udc — che ha un patto elettorale con il Carroccio — e ha anche sentito Lorenzo Cesa al telefono.
Si è parlato di «possibili convergenze elettorali », per usare un termine democristianissimo che lo stesso segretario della Dc siciliana ha adottato a fine riunione.
Il fatto è che Cuffaro alla Camera ha parlato anche con Nino Minardo, deputato della Lega e presidente della commissione Difesa della Camera. Che peraltro è il regista dell’alleanza fra il partito di Salvini e l’Udc per le Europee. Lo stesso Cuffaro, d’altronde, in un’intervista al Riformista aveva ammesso un dialogo con il vicepresidente del Consiglio.
Ora, Cuffaro in realtà non ha deciso il suo destino (dialoga anche con Forza Italia attraverso Noi Moderati di Lupi e Saverio Romano), ma la sola ipotesi di un’intesa fra la Lega e l’ex potente e chiacchierato padrone del voto siciliano (140 mila voti per la sua Dc alle ultime elezioni) ha messo subito in imbarazzo i vertici del partito di Salvini. Claudio Durigon, commissario della Lega in Sicilia, ha subito messo le mani avanti: «Non esiste nessun accordo con Cuffaro, né ci sono i presupposti. Non è stato un incontro ufficiale con la Lega».
Però lo stesso Durigon avrebbe incontrato nei giorni scorsi, nell’isola, l’ex presidente della Regione. E Cuffaro intrattiene ottimi rapporti con un big della Lega siciliana, il catanese Luca Sammartino. Insomma, il matrimonio non è certo ma il flirt esiste. E nella Lega è già rivolta.
(da La Repubblica)
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Aprile 12th, 2024 Riccardo Fucile
NEL PARTITO GUIDATO DA TAJANI. UN’OPA NEI CONFRONTI DI VIA BELLERIO
Una colonna leghista dentro Forza Italia. Con tanto di simbolo che ricorda quello degli azzurri e con una spruzzata di verde al posto del rosso. Ecco Forza Nord che non vuole essere una mera corrente dentro il partito guidato da Antonio Tajani. «È qualcosa di più», è la frase d’ordinanza. Un’Opa nei confronti di via Bellerio? Sembrerebbe, visti i protagonisti.
Regista e frontman di questa operazione è Flavio Tosi, già sindaco di Verona, già leghista della primissima ora, oggi plenipotenziario di Forza Italia nel Nord-Est. Da mesi Tosi arruola ex compagni di via Bellerio all’interno del partito guidato da Tajani.
Il reclutamento è iniziato in Veneto e adesso si è spostato in Lombardia, dove c’è il cuore del potere leghista, essendoci cinque ministri e un presidente di Regione.
La presentazione di Forza Nord avverrà il 28 aprile a Milano. Titolo dell’incontro: il Nord torna protagonista. Padrone di casa, va da sé, Tosi. Ci saranno ex leghisti come Max Bastoni e Gianmarco Senna, o come l’ex senatore del Carroccio Tony Iwobi. Porteranno i loro saluti altri due ex di via Bellerio, come Roberto Cota, già presidente del Piemonte e Marco Reguzzoni.
Anche in questa chiave si deve leggere il percorso di avvicinamento di chi come Reguzzoni ha preso la tessera leghista nel 1986 e oggi si candida da indipendente nelle liste di Forza Italia per le Europee. «La mia scelta di candidarmi con Forza Italia è perché fa parte del Ppe». Aderirà a Forza Nord? «Andrò a vedere» taglia corto Reguzzoni, la cui candidatura da indipendente sarà presentata oggi a Milano, dove ci saranno anche Letizia Moratti e il segretario regionale di Forza Italia Alessandro Sorte.
(da Corriere della Sera)
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Aprile 12th, 2024 Riccardo Fucile
LA SCELTA ERA STATA CRITICATA PERCHÉ IL CURRICULUM DI LOPUNZONE, TITOLARE DI UNA FARMACIA A BARI, ERA APPARSO INADATTO AL RUOLO. AL SUO POSTO UNA FUNZIONARIA DEL MINISTERO DELLA SALUTE
Vincenzo Lozupone ha detto no. Con l’apertura dell’attività della Commissione scientifica ed economica di Aifa, a fine marzo, si è chiusa (almeno per ora) la carriera pubblica del farmacista di Bari, amico del sottosegretario Marcello Gemmato, che a sorpresa era stato scelto per l’organismo regolatorio appena rinnovato e si era detto “pronto a ricoprire l’incarico”.
La nomina è stata una delle tante con le quali il centrodestra al governo sta occupando il mondo della sanità, spesso tenendo in poco conto le competenze del prescelto per il determinato ruolo (cosa avvenuta in modo eclatante nel caso specifico).
L’Agenzia del farmaco, dopo un lavoro durato mesi, è stata riformata e Lozupone, titolare di farmacia nel capoluogo pugliese, aveva ricevuto una nomina per la quale ai più era subito apparso inadatto e che sembrava esclusivamente legata ai suoi rapporti con il sottosegretario ed esponente di spicco di Fdi.
In effetti si deve essere reso conto anche lui, quando sono iniziate ad arrivargli le carte di Aifa in vista della prima riunione, di non essere in grado di ricoprire il ruolo, così si è fatto da parte e non si è presentato al primo incontro, dove gli altri nove membri hanno posato per la foto di rito.
Visto che il farmacista era stato nominato dal ministero, come detto dal sottosegretario pugliese nello specifico, verrà sostituito sempre da una figura scelta allo stesso modo. Il nome è quello di Bruna Vinci, farmacista formatasi a Pisa, ha lavorato nella spa delle Farmacie comunali. Di recente è passata al ministero alla Salute e viene anche lei considerata una figura vicina a quella di Gemmato, il cui peso all’interno di Aifa è importantissimo
Aifa dunque accoglie il nuovo presidente, Robert Giovanni Nisticò nominato dopo l’uscita poco serena di Giorgio Palù, con una commissione leggermente rinnovata. E anche con una presa di posizione critica delle Regioni sulla prima presa di posizione dell’agenzia.
Come previsto in Finanziaria alcuni farmaci per il diabete sono passati dalla distribuzione cosiddetta “per conto” (cioè dopo essere acquistati dalle Asl venivano consegnati ai pazienti alle farmacie) alla classe A (cioè diventano come gli altri medicinali, acquistati direttamente dai farmacisti poi rimborsati dallo Stato).
La manovra, che secondo il suo grande sponsor Gemmato, dovrebbe essere a costo zero per il servizio pubblico e migliorare il servizio ai cittadini, secondo le Regioni, che hanno mandato una lettera sul tema, rischia di far spendere invece di più allo Stato.
(da La Repubblica)
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Aprile 12th, 2024 Riccardo Fucile
POCHE SETTIMANE FA SIE RA CHIUSA LA TRANCHE DI INDAGINE PER TRUFFA AGGRAVATA ALL’INPS
Dopo 18 mesi di indagini, la Procura di Milano ha chiuso il filone di inchiesta sul dissesto dell’azienda Visibilia, che vede coinvolta tra gli indagati la ministra del Turismo Daniela Santanché. Le accuse a suo carico riguardano il falso in bilancio: Santanché è infatti stata presidente di Visibilia Editore fino al gennaio 2022. Insieme a Santanchè nell’avviso di deposito degli atti, in vista della richiesta di processo, risultano indagati anche il compagno Dimitri Kunz e la sorella Fiorella Garnero.
Le accuse
Nello specifico i pm scrivono nell’avviso di chiusura delle indagini che la deputata di FdI, assieme ad altri ex amministratori, consiglieri e sindaci di Visibilia Editore, tra il novembre 2014 e il dicembre 2021, ossia quando è stata prima consigliere, poi ad e presidente «nonché soggetto economico di riferimento del gruppo Visibilia», con «più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso» avrebbe, con gli altri a vario titolo, «consapevolmente» esposto nei «bilanci di esercizio della società riferibili agli anni 2016, 2017, 2018, 2019, 2020, 2021 e 2022» fatti «materiali rilevanti non rispondenti al vero» per «un ingiusto profitto».
Le vicende societarie
La società è finita in amministrazione giudiziaria il primo marzo scorso su disposizione del Tribunale civile di Milano. In passato, come ricostruire il Corriere, aveva venduto spazi pubblicitari per il quotidiano Il Giornale nell’era Berlusconi, per poi rilevare dalla Mondadori nel 2013 il periodico Ville & Giardini, e a seguire Ciak nel cinema, Pc Professionale nell’informatica, fino ad arrivare a riviste di cronaca popolare come Novella 2000 e Visto. Nonostante fosse però entrata in Borse nel listino delle piccole imprese nel 2014, muovendo da un avviamento di 4,2 milioni, per sette anni di fila non era riuscita a chiudere un bilancio in utile. Anzi: aveva accumulato perdite per un totale di undici milioni.
«Gravi irregolarità»
L’inchiesta nasce dalle denunce di nove azionisti di minoranza detentori del 5,87% del capitale, i quali lamentavano «gravi irregolarità nella gestione della società» e «omissioni negli organi di vigilanza», che sarebbero state alla base delle «perdite nell’ultimo anno dell’89,6%, negli ultimi tre anni del 99,5% e negli ultimi cinque del 99,9%». Gli inquirenti hanno avuto modo di verificare che già a partire dall’esercizio 2017, per quanto riguarda i valori di «avviamento» e «imposte anticipate» il Cda nei bilanci avrebbe dovuto riportare valori largamente diversi da quelli deliberati.
Il caso Ruffino
Lo scorso 5 agosto, ad aver spiazzato l’opinione pubblica era stato il suicidio di Luca Ruffino, la cui società (Sif Italia) aveva acquistato oltre 1 milione e 700 mila azioni di Visibilia editore, di cui lo stesso era diventato presidente e maggiore azionista in ottobre, dopo aver rilevato le quote di Santanché. Per l’episodio la Procura aveva aperto un fascicolo, solo nominalmente iscritto per motivi tecnici, con l’ipotesi di istigazione al suicidio. Il tragico gesto però, secondo quanto accertato, non avrebbe avuto alcun nesso con la scalata alla società.
L’inchiesta parallela
Parallelamente, poche settimane fa è stata definita l’ulteriore tranche di indagine, sempre condotta dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Gdf, riguardo alla gestione non regolare dei fondi messi a disposizione dallo Stato durante il periodo del Covid-19 in Italia. La senatrice di FdI è in questo caso accusata di truffa aggravata all’Inps per la gestione della cassa integrazione nel periodo della pandemia. La società, questa l’ipotesi dei pm, ha fatto richiesta della Cig all’insaputa di 13 lavoratori, dal 2020 al 2022, per poi incassarne l’assegno, per un totale di oltre 126mila euro versati dall’ente previdenziale per oltre 20mila ore di Cig non dovuta.
(da Open)
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Aprile 12th, 2024 Riccardo Fucile
“NOI MODERATI” DI MAURIZIO LUPI E’ NETTAMENTE CONTRARIA, S’OPPONE FORZA ITALIA (“NOI VOGLIAMO LA RETTIFICA, NON IL CARCERE”) E PURE LA LEGHISTA GIULIA BONGIORNO DICE NO A PROVVEDIMENTO IN STILE ORBAN
A sorpresa, e senza accordo preventivo nella maggioranza che dovrà riunirsi per fare il punto, torna l’ipotesi del carcere per i giornalisti per il reato di diffamazione con pene fino a 4 anni e mezzo. È l’effetto di alcuni emendamenti presentati in commissione Giustizia alla Camera dal relatore del provvedimento sulla diffamazione Gianni Berrino, di Fratelli d’Italia.
Che introduce di fatto un nuovo articolo, il 13 bis: «Chiunque, con condotte reiterate e coordinate, preordinate ad arrecare un grave pregiudizio all’altrui reputazione, attribuisce a taluno con il mezzo della stampa» fatti «che sa essere anche in parte falsi è punito con il carcere da 1 a 3 anni e con la multa da 50 mila a 120 mila euro». Se si sa che l’offeso è innocente la pena aumenta da un terzo alla metà, cioè fino a 4 anni e mezzo di carcere.
La polemica esplode immediatamente, con la protesta vibrata delle opposizioni, ma anche dalla stessa maggioranza si sollevano dubbi se non contrarietà, sia da parte della Lega che da Forza Italia e Noi moderati. L’articolo 13 della legge sulla stampa era stato infatti dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale nel 2021 proprio perché prevedeva pene detentive. Il testo originario infatti includeva solo pene pecuniarie, che sono già state aumentate fortemente nel ddl in discussione. Ora, a sorpresa, si torna a proporre il carcere.
I primi ad esprimere sostanziale contrarietà sono appunto esponenti della maggioranza: «Il carcere per i giornalisti? Bisogna vedere se è conciliabile con la sentenza della Consulta. Noi vogliamo la rettifica, non il carcere», mette le mani avanti Pierantonio Zanettin, di FI. Ed è soprattutto Giulia Bongiorno, presidente della commissione eletta con la Lega, a frenare: «Come presidente della Commissione Giustizia ho sempre cercato di far trovare una posizione di mediazione tra maggioranza e opposizione, e ho sottolineato l’importanza di focalizzare l’attenzione sui titoli degli articoli e sulla tematica della rettifica»
Insomma, c’è un modo diverso per affermare i propri diritti senza punizioni esasperate, è la linea della Lega.
Se il leader di Noi moderati Maurizio Lupi pronuncia «un forte e deciso no», senza tentennamenti, al carcere per i giornalisti, Berrino difende la propria posizione: «Nessuno ha diritto di inventarsi fatti falsi e precisi per ledere l’onore delle persone. Quello non è diritto di informazione ma orchestrata macchina del fango, che lede anche il diritto alla corretta e veritiera informazione». Insorgono la Federazione nazionale per la stampa, l’Ordine dei giornalisti e le opposizioni. Il Pd attacca: «Questa maggioranza ha proprio un conto aperto con la libertà di informazione»
(da agenzie)
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Aprile 12th, 2024 Riccardo Fucile
RISTRUTTURARE GLI EDIFICI AVRA’ UN COSTO INIZIALE, MA SARA’ COMPENSATO DA UN AUMENTO DEL VALORE DEL 45% E DAL RISPARMIO DI 1.000 EURO L’ANNO DI BOLLETTE
La direttiva europea sulle performance energetiche degli edifici (Epbd), meglio conosciuta come «direttiva case green», è stata adottata. Il via libera definitivo al provvedimento è arrivato oggi all’Ecofin, il vertice dei ministri dell’Economia e delle Finanze che si è tenuto a Lussemburgo.
Gli unici due voti contrari sono stati quelli dell’Italia e dell’Ungheria, mentre Repubblica Ceca, Croazia, Polonia, Slovacchia e Svezia si sono astenute.
«È una direttiva bellissima, ambiziosa, ma alla fine chi paga?», commenta il ministro Giancarlo Giorgetti. «Abbiamo esperienze in Italia – precisa il titolare del Mef – in cui pochi fortunelli hanno rifatto le case grazie ai soldi che ci ha messo lo Stato, cioè tutti gli altri italiani e diciamo che è un’esperienza che potrebbe insegnare qualcosa». Ora la direttiva sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea e dopo 20 giorni entrerà in vigore. Da quel momento, i 27 Paesi membri avranno due anni di tempo per recepirla. La versione finale del provvedimento prevede che siano i singoli governi a presentare un piano dettagliato della propria strategia per la riduzione dei consumi e il raggiungimento dei target fissati dalla direttiva.
Cosa prevede la direttiva
A oggi gli edifici sono responsabili del 36% delle emissioni di gas serra e del 40% dei consumi energetici di tutta l’Unione europea. La nuova direttiva Ue fissa l’obiettivo per il settore edilizio di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050, in linea con la strada tracciata dal Green Deal, il pacchetto europeo di misure a favore dell’ambiente e del clima. Per gli edifici residenziali, i Paesi membri sono chiamati a ridurre i consumi energetici del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035. Dal 2030, inoltre, tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero. Per gli immobili di proprietà pubblica, oppure occupati da enti pubblici, l’obbligo scatta già dal 2028. A questo si aggiunge la questione dell’eliminazione graduale delle caldaie alimentate a combustibili fossili, che scatterà nel 2040. Già dal prossimo anno sarà vietata invece l’erogazione di incentivi per l’acquisto di caldaie inquinanti. I bonus messi a punto dai governi potranno essere destinati solo all’acquisto di sistemi di riscaldamento che usano una quantità significativa di energia rinnovabile.
L’obbligo di pannelli solari
La direttiva Ue prevede anche l’installazione di pannelli solari su tutti i nuovi edifici pubblici e non residenziali. L’obbligo sarà progressivo, dal 2026 al 2030, a seconda delle dimensioni dell’immobile. Per i nuovi edifici pubblici e non residenziali con una superficie coperta utile superiore a 250 metri quadrati la scadenza è fissata al 31 dicembre 2026. In ogni caso, il testo finale del provvedimento specifica che l’installazione progressiva degli impianti fotovoltaici sarà obbligatoria solo laddove «tecnicamente ed economicamente fattibile».
Quanti sono gli edifici da ristrutturare
In base alla nuova direttiva, gli Stati membri sono chiamati a ristrutturare il 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni energetiche entro il 2030 e il 26% entro il 2033, introducendo requisiti minimi di prestazione energetica. Sono esclusi gli edifici agricoli, gli edifici storici, gli edifici temporanei, i luoghi di culto e altri edifici dal particolare valore storico o architettonico. Stando ai dati di Enea, lo stock edilizio italiano conta circa 12,5 milioni di edifici residenziali, di cui il 72% è stato costruito prima della legge sull’efficienza energetica del 1976. Non esiste ancora una stima ufficiale del numero esatto di edifici che saranno da ristrutturare, ma i dati dell’Ance (l’associazione dei costruttori) stima che potrebbero essere circa un milione da qui al 2030. L’Italia parte infatti con il vantaggio degli anni del Superbonus, che tra il 2020 e il 2023 ha contributo a riqualificare 460mila edifici.
Il nodo dei bonus edilizi
Ora che la direttiva è stata approvata, l’Italia dovrà necessariamente rimettere mano ai bonus edilizi, fondamentali per stimolare gli investimenti e raggiungere gli obiettivi europei. Entro giugno, hanno assicurato a Open fonti del ministero dell’Ambiente, il governo arriverà a definire «le azioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica». L’adozione del provvedimento europeo arriva infatti in concomitanza con l’ennesima stretta sul Superbonus, che al 31 marzo 2024 ha raggiunto un costo complessivo a carico dello Stato di oltre 122 miliardi di euro. Da qui la decisione del governo di mettere un freno alla misura, attraverso una stretta sulla cessione del credito. Una volta definito il piano di azione, l’esecutivo dovrebbe comunicare anche la cifra che intende stanziare per il raggiungimento degli obiettivi della «direttiva case green».
I costi dei lavori e i risparmi in bolletta
In base agli interventi da realizzare, la spesa potrebbe oscillare da un minimo di 20mila a un massimo di 60mila euro a famiglia. Superato il costo iniziale dei lavori di ristrutturazione, la riqualificazione porterà a due principali vantaggi. Il primo: salire di almeno 2 classi energetiche consente di risparmiare circa il 40% in bolletta, ossia circa mille euro all’anno ai costi del 2022. Il secondo vantaggio ha a che fare con il valore stesso della casa. In media, infatti, un immobile ristrutturato vale il 44,3% in più di uno da ristrutturare. «Saranno i cittadini a beneficiare di questa Direttiva. L’efficienza energetica – spiega Francesca Andreolli, ricercatrice del think tank Ecco – può ridurre i costi energetici delle famiglie e contribuire a preservare il valore delle abitazioni».
(da agenzie)
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Aprile 12th, 2024 Riccardo Fucile
“INDAGINI INDEBOLITE E PRIVACY INDEBOLITA: ERA DIFFICILE FARE L’EN PLEIN, MA CI SONO RIUSCITI”… “I GIORNALISTI SICURAMENTE GRATI ALLA NUOVA LEGGE. MENO LO SARANNO LE VITTIME DI REATI SEMPRE PIÙ DIFFICILI DA PROVARE”
Indagini indebolite e, nel contempo, privacy indebolita per gli indagati e per i terzi interlocutori di mail, chat o sms sequestrati dai magistrati su telefoni e pc: era difficile fare l’en plein, per un legislatore che diceva di voler giustamente tutelare «la vita delle persone racchiusa ormai nei nostri cellulari», ma Parlamento e Governo ci sono riusciti nel testo di elaborazione congiunta approvato dal Senato mercoledì.
Anche a costo di disattendere le conclusioni dell’«indagine conoscitiva» proprio della commissione Giustizia del Senato presieduta da Giulia Bongiorno. Il 20 settembre 2023 raccomandava di far custodire i messaggi in una apposita partizione dell’ADI-Archivio Digitale Intercettazioni: quello cioè dove già da anni confluiscono tutte le intercettazioni segrete in corso, prima che soltanto quelle rilevanti per il processo [vengano depositate.
Ma il legislatore non lo ha fatto, perché il Ministero della Giustizia non è capace di (o non riceve dal governo i soldi per) rimediare all’attuale già quasi saturazione della capienza massima dell’ADI, lenita sinora con moduli aggiuntivi di memoria presto non più sostenibili dalla complessiva architettura dei server (sprovvisti peraltro di backup).
E siccome non è in grado di fare la cosa giusta, fa la cosa sbagliata: disegna una farraginosa procedura che — lungo tre necessari ok del gip per prendere il telefono, duplicarlo, e acquisirne i «dati comunicativi» rilevanti — impone di coinvolgere in una udienza non solo l’utilizzatore dell’apparecchio, e il proprietario se diverso, ma anche tutti gli indagati le parti offese, tutti i difensori e i consulenti, che con gip, pm, cancellieri e polizie sommeranno una folla di potenziali fonti per i giornalisti sicuramente grati alla nuova legge.
Meno lo saranno le vittime di reati sempre più difficili da provare. Salvo che l’assurdità ordinaria delle nuove regole venga disinnescata dall’ossimoro di un ordinario ricorso dei pm alla straordinarietà della procedura semplificata, dalla legge ammessa come eccezione in caso di «pericolo per l’incolumità di una persona o la sicurezza dello Stato», pericolo «concreto per le indagini» o «attuale per la dispersione dei dati».
(da Corriere della Sera)
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Aprile 12th, 2024 Riccardo Fucile
HA COINVOLTO 17.000 STUDENTI TRA GLI 11 E I 17 ANNI
Più di un 15enne su cinque (il 22%) in Lombardia ha fatto uso di cannabis almeno una volta. Lo rivela l’ultima edizione dello studio Health Behaviour in School-Aged Children, i cui risultati sono stati diffusi oggi sull’edizione milanese del Corriere della Sera.
Uno dei dati più rilevanti del rapporto riguarda proprio il rapporto dei più giovani con alcol e droghe. Più è ricca la famiglia da cui si proviene, rivela lo studio, più è probabile che i ragazzi bevano. Nella fascia più benestante, il 44% dei 15enni dichiara di essersi ubriacato almeno una volta. Lo studio è stato condotto su un campione ampio: 17mila studenti di 11, 13, 15 e 17 anni, che hanno risposto alle domande di un questionario.
Famiglia e alimentazione
L’80,23% dei giovani intervistati dichiara di avere buoni rapporti con almeno uno dei genitori, con la madre che viene indicata in tutte le fasce d’età come quella che meglio conosce il figlio o la figlia. Una delle aree di indagine dello studio riguarda poi l’alimentazione. Un terzo degli intervistati sostiene di non vedere mai o quasi mai legumi a tavola. Una percentuale che scende all’11% per la frutta, mentre circa il 50% dichiara di mangiare dolci tutti i giorni. C’è poi la questione del peso. Dei 17mila ragazzi lombardi intervistati, il 60% si ritiene grasso o sovrappeso, ma rientra in realtà nel range considerato «normale».
Social e sport
C’è poi il rapporto con i social. Il 37% dei giovani intervistati dice di passarci tre ore o più del proprio tempo libero. Per il 15,94% del campione preso in analisi, le ore passati davanti a pc, tablet o cellulare sono almeno 5. Diminuisce la percentuale di giovani che pratica uno sport almeno una volta alla settimana, mentre il 2,2% dei 15enni intervistati confessa di aver usato medicine almeno una volta nella vita per «sballarsi».
Una questione di status sociale
A incidere sui comportamenti più negativi, come un’alimentazione squilibrata o il maggior tempo trascorso in casa, incide soprattutto il contesto socio-economico. I ragazzi che vivono in condizioni disagiate, spiega il Corriere, sono quelli che sembrano avere più cattive abitudini. L’unico ambito in cui la situazione si ribalta è il consumo di alcol. In questo caso sono i ragazzi delle famiglie più benestanti a far registrare i dati più preoccupanti. Quasi due quindicenni su tre classificati come «status alto» dichiara infatti di aver consumato alcol almeno una volta negli ultimi 30 giorni. Una percentuale che tra i ragazzi più poveri scende al 45%.
(da agenzie)
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