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I RISCHI DEL POTERE CENTRALIZZATO

Aprile 5th, 2024 Riccardo Fucile

SE CI FOSSERO CONTROLLI PIU’ EFFICIENTI NELLA FASE DI EROGAZIONE PER I PROGETTI DEL PNRR AI PRIVATI, CI SAREBBERO MENO TRUFFE MILIONARIE ALLA UE

Il ministro Raffele Fitto sul Pnrr sta giocando un ruolo di centralizzazione, dopo aver creato una mega struttura di missione a Palazzo Chigi, impossessandosi di poteri di controllo che sono stati sottratti ad altri ministeri e pure alla Corte dei Conti. Tanto che i magistrati contabili gli hanno contestato pochi giorni fa che questo potere ispettivo “non appare coerente con i compiti di mero coordinamento attribuiti dall’articolo 95 della Costituzione alla presidenza del Consiglio dei ministri, presso la quale la predetta Struttura è allocata”. Un atto della centralizzazione del Pnrr che la premier Giorgia Meloni ha perseguito fin dall’insediamento, sottraendo gli strumenti al ministero dell’Economia, il cui responsabile, Giancarlo Giorgetti, non ha fiatato.
Fitto vuole gestire la fase dell’avanzamento dei lavori, ma così come è stata strutturata sembra che faccia fatica a funzionare.
La Ragioneria del Mef lo scorso gennaio aveva lanciato un allarme sulla lentezza degli accertamenti dei lavori e sui controlli sulle truffe e le frodi ai potenziali conflitti di interessi. Aveva lanciato un segnale di allarme. E quindi il ministro per gli Affari europei, per le politiche di coesione e per il Pnrr ha ricordato che esiste un comitato anti frode. Forse anche per questo motivo che la portavoce della Commissione Ue Lea Zuber interpellata nel briefing con la stampa sulla maxifrode scoperta dagli investigatori veneti e dai magistrati della procura europea, ha ricordato come «il Pnrr contiene un quadro di controllo molto solido che si basa sui sistemi di controllo nazionali degli Stati membri», che «devono garantire un’efficace prevenzione e individuazione di corruzione e frodi». I piani presentati includono «anche questo sistema di controllo e la Commissione ha valutato che forniscono effettivamente garanzie sufficienti». Insomma, tocca ai Paesi membri. E Fitto per mettere a posto le carte si è limitato ad allargare questo comitato inserendo altre figure che in passato non erano presenti. Nulla di tutto ciò però evita le infiltrazioni e le truffe e non velocizza le pratiche o il controllo capillare dei progetti finanziati. L’accentramento a Palazzo Chigi crea una sorta di imbuto, che provoca ingolfamento, con la conseguente reazione di Regioni e Comuni che criticano questa scelta. Così si rischia di disperdere l’opportunità di crescita che è stata data all’Italia con il Piano. Non si può non notare che ancora una volta la Corte dei conti ha dovuto mettere in evidenzia che questo accentramento rischia di ledere i diritti e i poteri delle autonomie locali e dei soggetti attuatori dei progetti. E qui si apre un nuovo scontro tra Fitto e la Corte sui tagli alla sanità e agli investimenti delle regioni evidenziati dai magistrati contabili, portando alcuni governatori ad attaccare il governo. Il ministro “irritato” ha risposto punto su punto, provando a sostenere che sulla sanità non ha fatto marcia indietro, spiegando le cifre evidenziate dalla Corte, ma i numeri non si possono modificare. E così dopo che il governo Meloni ha spuntato alcuni poteri alla Corte dei conti, adesso si vuole prorogare lo scudo erariale, ovvero l’esclusione della perseguibilità delle condotte commissive gravemente colpose.
Se ci fossero controlli più efficienti nella fase dell’erogazione dei finanziamenti per i progetti del Pnrr ai privati, oggi ci sarebbero meno truffe milionarie alla Ue che i magistrati della procura europea stanno accertando.
La falla sta proprio nei controlli ex post.
L’Italia ha ricevuto fino adesso 101 miliardi su circa 194 che deve impiegare, e quindi spendere entro il 30 giugno 2026. Fino allo scorso dicembre della somma ricevuta ne sono stati spesi circa 45 miliardi che in gran parte sono andati per il Superbonus e per gli sgravi fiscali alle imprese. Si tratta di spese automatiche che non hanno implicato grandi progetti.
Questa stagione del Pnrr renderà evidente a tutti che la sorte delle attività economiche non dipende soltanto dal modo in cui operano i soggetti d’impresa, ma la sorte delle attività economiche dipende anche dal modo in cui operano le istituzioni. È stato un economista, il premio Nobel Douglass North, a dire che il cambiamento istituzionale influenza l’evoluzione dei processi sociali ed è la chiave per comprenderli. È una consapevolezza dalla quale nasce la responsabilità di tutte le istituzioni, che va dalla politica alla magistratura.
Non solo, c’è anche il nuovo Codice degli appalti approvato lo scorso anno e voluto dal ministro Matteo Salvini che limitava in maniera indebita la concorrenza. Nel mirino di Bruxelles era finita la decisione di alzare la soglia dell’affidamento diretto o negoziato, cioè senza gara, fino a lavori da cinque milioni di euro. Una soglia così alta da comprendere la grande maggioranza delle gare pubbliche bandite in Italia. Su questo punto la Commissione si è impuntata e il negoziato con il ministro Raffaele Fitto si è sbloccato solo dopo l’impegno italiano, già anticipato in una ambigua circolare del ministero delle Infrastrutture, di correggere la norma: le amministrazioni potranno ricorrere a procedure aperte e competitive anche per le gare sotto i cinque milioni. Non solo: la Commissione ha respinto anche l’ipotesi italiana di “ammorbidire” gli obiettivi di riduzione dei tempi di completamento dei lavori, che viene solamente spostato in avanti.
È bene ribadire che il Pnrr è un piano di spesa parcellizzato, che racchiude migliaia di progetti, territorialmente diffuso, e questa frammentazione è complicata controllarla con una piccola struttura concentrata a Palazzo Chigi che ogni giorno deve spendere i finanziamenti ricevuti ma evitare le truffe e le frodi. Vista da qui è una missione impossibile, che può essere — se non si sta attenti — un vantaggio al malaffare che approfitta dell’ingolfamento per infiltrarsi e succhiare milioni di euro di soldi pubblici. Un vantaggio per i criminali.
(da agenzie)

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IL PNRR DOVEVA ESSERE UNA GRANDE OCCASIONE, E INVECE È LA SOLITA FIGURA DI MERDA PER L’ITALIA: L’86 PER CENTO DELLE INCHIESTE SULLE TRUFFE RELATIVE AI FONDI DEL “NEXT GENERATION EU” È NEL NOSTRO PAESE

Aprile 5th, 2024 Riccardo Fucile

L’OMBRA DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA E LA MAXI FRODE SCOPERTA A VENEZIA TRA ROLEX, VILLE E INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Il prestanome di Matteo Messina Denaro all’ufficio tecnico del Comune di Limbiate, Lombardia. Le grandi opere da realizzare a Roma, oppure in Emilia Romagna. Le incompiute tra la Calabria e la Sicilia. I progetti per l’accoglienza dei migranti in Puglia. L’efficientamento energetico in Friuli. I lavori privati spacciati per pubblici nelle Marche, i 640mila euro di frode già contestati in Veneto.
Abbiamo appena cominciato, eppure dagli “allarmi” si è già passati ai fatti: Next generation Eu, il maxi piano da 750 miliardi nato per risollevare l’Europa dalla crisi pandemica, è già diventato la preda principale per truffatori, facilitatori e criminalità organizzata.
L’inchiesta di Venezia è infatti la più importante fin qui realizzata, ma certamente non sarà l’ultima. A documentarlo è proprio l’Eppo, la Procura europea che si occupa di tutti i reati ai danni dell’Unione, che nelle scorse settimane ha pubblicato un dossier con numeri inquietanti per il nostro Paese.
Al 31 dicembre 2023, infatti, la Procura aveva avviato 206 inchieste sul Pnrr: 179 di queste, l’86 per cento, sono in Italia. Un dato che, certo, va messo in fase con la circostanza che l’Italia è comunque il primo Paese a beneficiare dei fondi del Recovery (per ben 194,4 miliardi).
Ma che, a maggior ragione, non può che allarmare per il futuro. La partenza non è stata delle migliori. «E il numero delle frodi — spiega la Procura europea — non può che aumentare nel contesto dell’attuazione accelerata dei finanziamenti Next generation Eu. Tanto più che dall’anno scorso è emerso come i gruppi della criminalità organizzata siano coinvolti in questo tipo di attività fraudolente, legate ai progetti dei Piani nazionali di ripresa e resilienza».
Il valore complessivo degli affari già in fase avanzata d’inchiesta supera il mezzo miliardo, ma le indagini più delicate sarebbero appena partite. A Repubblica risulta che ce ne siano almeno due particolarmente problematiche perché testimonierebbero un rapporto di contiguità tra gli enti appaltatori e le società che hanno ottenuto gli incarichi.
Che significa? Spiega una fonte che sta lavorando ad alcuni dossier: «Che, forse anche per rispettare i tempi, che nel caso del Pnrr sono strettissimi pena la perdita dei fondi, a proporre le infrastrutture da realizzare sono state alcune grandi aziende che avevano i progetti già pronti. Parliamo di opere particolarmente importanti con ripercussioni notevoli sui piani occupazionali. Qualcosa che piace molto alla politica».
I numeri sono impietosi. Perché, se da un lato certificano, in qualche maniera, l’efficacia dei controlli italiani, dall’altro documentano come il problema dell’assalto ai fondi europei riguardi l’Italia in modo preminente. È il nostro Paese, infatti, a detenere il record assoluto di fondi sotto indagine: dei dodici miliardi di euro oggetto d’inchiesta in tutta Europa, ben sei sono in Italia. Il triplo di quelli del 2022, con un record negativo principalmente per le truffe sull’Iva . Complessivamente, i fascicoli aperti sull’Italia sono 618 su 1.927:poco meno di uno su tre. Centotrenta riguardano indagini di criminalità organizzata, 42 invece i casi di presunta corruzione.
(da la Repubblica)

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FRODE PNRR, TRA GLI ARRESTATI ANCE L’EX SCIATORE ALEX MAIR

Aprile 5th, 2024 Riccardo Fucile

LE MANETTE SCATTATE MENTRE SI TROVAVA A BRATISLAVA… NON SI TRATTA DEI PRIMI GUAI CON LA GIUSTIZIA PER L’ATLETA ALTOATESINO

L’ex campione di sci altoatesino Alex Mair, ritirato dalle gare nel 1995, risulta tra gli arrestati nell’ambito dell’inchiesta delle Fiamme gialle di Venezia per una maxi frode ai danni della Ue con i fondi del Pnrr. Si dovrebbe infatti trattare dell’imprenditore altoatesino residente a Verona che – secondo il quotidiano Dolomiten – è stato arrestato a Bratislava in Slovacchia.
Nel mirino 23 persone
La Guardia di finanza ha eseguito misure cautelari nei confronti di 23 persone su richiesta di Eppo, la procura europea, e sequestri preventivi per oltre 600 milioni di euro. Per Mair, originario di Bressanone, non si tratta dei primi guai con la giustizia. Nel 2022 fu accusato dal tribunale di Ferrara di riciclaggio e falso per una supercar immatricolata nella città emiliana. Nel 2007 patteggiò invece a Bolzano per un caso di auto a noleggio, “sparite” all’estero.
Perquisizioni in Europa
Tra le misure cautelari personali 8 in carcere, 14 arresti domiciliari e 2 interdittive a svolgere attività professionale e commerciale. Le operazioni hanno interessato diversi Paesi europei, con il coinvolgimento delle forze di polizia slovacche, rumene e austriache; sul territorio nazionale oltre 150 finanzieri hanno eseguito perquisizioni in Veneto, Lombardia, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Lazio, Campania e Puglia, anche con l’ausilio di unità cinofile cash dog.
I finti bonus facciate
Le attività di frode, allo stato delle indagini attribuite al sodalizio criminale con il coinvolgimento di svariati prestanome e l’ausilio di 4 professionisti, hanno in una prima fase riguardato iniziative progettuali per decine di milioni di euro, finanziate a valere sul Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), nell’ambito della Digitalizzazione, innovazione e competitività nel sistema produttivo ed erogati da Simest (società partecipata da Cdp con l’obiettivo di sostenere le imprese italiane nel percorso di internazionalizzazione), che ha corrisposto tempestivamente alle richieste dell’Autorità giudiziaria fornendo collaborazione alle indagini. Le investigazioni hanno poi permesso di far emergere come la medesima organizzazione, utilizzando spesso le stesse società, fosse dedita anche alla creazione di crediti inesistenti nel settore edilizio (bonus facciate).
(da agenzie)

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I TRUFFATORI DEL PNRR, FONDI EUROPEI USATI PER COMPRARE VILLE, SUPERCAR E GIOIELLI

Aprile 5th, 2024 Riccardo Fucile

LA GDF DI VENEZIA SEQUESTRA BENI PER 600 MILIONI, 24 MISURE CAUTELARI… TRA GLI ARRESTATI ANCHE IL PATRON DELLA PISTOIESE

Primo step: creazione di bilanci falsi, su società vere, in modo da poter avere i requisiti per partecipare a bandi. Secondo: presentazione di progetti di internazionalizzazione delle aziende per decine di milioni di euro, tutti da finanziare con fondi del Pnrr che dovevano essere erogati da Simest, società di Cassa depositi e prestiti che si occupa appunto di supportare la crescita delle società italiane all’estero. Terzo: incassare subito il 50 per cento del finanziamento, pari a 150mila euro. Quarto: spostarli immediatamente su conti correnti esteri, in modo da renderli irrintracciabili. Quinto, ed ultimo: farli sparire con investimenti e spese nel lusso, dai viaggi ai gioielli. Ma anche reinvestendoli in altre truffe, come quelle sui bonus edilizi. Risultato: un giro d’affari illecito da 600 milioni, ieri sequestrati.
Funzionava così forse la prima grande truffa italiana sui fondi del Pnrr che ieri ha portato i militari della Guardia di Finanza di Venezia, in un’indagine coordinata dalla procura europea (Eppo) all’arresto di 22 persone: 8 sono state portate in carcere, 14 ai domiciliari, mentre per due è scattata l’interdizione. Nel corso delle perquisizioni, i finanzieri hanno anche sequestrato appartamenti, ville signorili, orologi di pregio, oro e automobili di lusso. L’accusa è appunto di aver creato un’associazione a delinquere guidata da due insospettabili — un imprenditore altoatesino e la sua compagna ucraina — che, grazie all’aiuto di una serie di professionisti (tra gli indagati ci sono anche tre commercialisti e un notaio), ha bucato i sistemi di controllo italiani ed europei.
Lo ha fatto con la complicità di imprenditori, tra gli arrestati c’è per esempio il presidente della Pistoiese, Maurizio de Simone. E attraverso sistemi sofisticati. Per parlare il gruppo criminale utilizzava vecchie sim, apparentemente dismesse, e che invece dalla Romania rimbalzavano attraverso reti vpn e server cloud. «In questa maniera — spiega il colonnello Marco Stella, che ha condotto l’indagine — i criminali informatici utilizzavano reti informatiche private, che permettono di simulare la connessione da un Paese distante migliaia di chilometri rispetto alla reale posizione di chi le utilizza». Per bucare i sistemi di controllo della Simest sono stati poi utilizzati dei sistemi «implementati dall’intelligenza artificiale» spiega ancora il colonnello Stella, «con software avanzati che permettevano di ridurre a zero il tempo di realizzazione e falsificazione dei documenti per le richieste di finanziamenti».
«Si trattava — si legge nelle 88 pagine di provvedimento di custodia cautelare emesso dalla procura europea — di un software che permetteva la creazione dei documenti in 3d, in grado di riprodurre anche lo spessore». «Le segnalazioni alle autorità competenti sono arrivate anche da parte nostra, grazie ai controlli interni» precisa Simest. «A oggi i fondi bloccati prima dell’erogazione sono di 17 milioni, a 80 imprese, su un totale di fondi deliberati pari a 2,7 miliardi di euro a sostegno di 6.900 aziende italiane».
(da repubblica.it)

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