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TERREMOTO NEL GOVERNO DI RENATO SCHIFANI: IL VICE PRESIDENTE LEGHISTA DELLA REGIONE, LUCA SAMMARTINO, È INDAGATO PER CORRUZIONE NELL’INCHIESTA DELLA PROCURA DI CATANIA SU PRESUNTE INFILTRAZIONI AL COMUNE DI TREMESTIERI ETNEO

Aprile 17th, 2024 Riccardo Fucile

L’ESPONENTE DI SPICCO DELLA LEGA SULL’ISOLA È STATO SOSPESO DAL GIP PER UN ANNO DALL’ESERCIZIO DI FUNZIONI PUBBLICHE…MISURE CAUTELARI NEI CONFRONTI DI 11 PERSONE TRA CUI POLITICI, FUNZIONARI COMUNALI E IMPRENDITORI ACCUSATI DI SCAMBIO ELETTORALE POLITICO-MAFIOSO

Carabinieri del comando provinciale di Catania stanno eseguendo un’ordinanza di misura cautelare nei confronti di 11 persone tra esponenti politici, funzionari comunali e imprenditori accusati, a vario titolo, di scambio elettorale politico – mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, corruzione aggravata, istigazione alla corruzione e turbata libertà degli incanti.
Tra gli arrestati il sindaco di Tremestieri Etneo, Santi Rando. Ai domiciliari il suo oppositore politico, Mario Ronsisvalle, poi suo alleato. Sospeso dalle funzioni pubbliche per un anno il vice presidente della Regione e leader della Lega Luca Sammartino.
Il vice presidente della Regione Luca Sammartino, che è anche assessore regionale all’Agricoltura, è uno degli esponenti di spicco (e non il leader, come precedentemente scritto) della Lega in Sicilia, è indagato per corruzione.
E per questa ipotesi di reato è stato sospeso dal gip per un anno dall’esercitare funzioni pubbliche. Il provvedimento è stato emesso nell’ambito di indagini del nucleo investigativo dei Carabinieri del comando provinciale di Catania condotte tra il 2018 e il 2011 e coordinate dalla Procura distrettuale etnea.
Dall’inchiesta, denominata Pandora, emergerebbero accordi illeciti tra alcuni amministratori del Comune di Tremestieri Etneo ed elementi vicini alla cosca mafiosa Santaopaola-Ercolano, riguardanti l’elezione nel 2015 dell’attuale sindaco Santi Rando, destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per scambio elettorale politico-mafioso e corruzione aggravata.
Ulteriori indagini avrebbero fatto luce su quella che la Procura definisce “la successiva ‘degenerazione affaristica’ dell’Ente, messa in atto dai funzionari infedeli mediante numerose corruttele, per concedere permessi e assegnare lavori agli ‘imprenditori amici'”. Emergerebbe inoltre, secondo la ricostruzione dell’accusa, “una strategia dei vertici comunali” finalizzata a “neutralizzare ogni forma di opposizione politica”. Per la Procura sarebbe stato “l’accordo corruttivo con lo storico consigliere d’opposizione Mario Ronsivalle, poi transitato tra i sostenitori di Rando per le amministrative del 2021”.
Ronsisvalle, titolare di una farmacia a Tremestieri, contesta la Procura “anche grazie all’intervento di Luca Rosario Sammartino, principale referente politico del sindaco, all’epoca dei fatti deputato regionale e attuale vicepresidente della Regione, sarebbe stato avvantaggiato attraverso la riduzione del numero delle farmacie presenti nella pianta organica comunale, promettendo in cambio il sostegno elettorale, per le elezioni europee del 2019, al candidato sostenuto dal Sammartino”.
(da agenzie)

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SANTANCHE’, IL TRUCCO AI DANNI DEL FONDO STATALE

Aprile 17th, 2024 Riccardo Fucile

GRUPPO VISIBILIA: PER GARANTIRE LA POPOLARE DI SONDRIO FU INGANNATA LA BANCA PUBBLICA MCC

A cosa serviva il giochetto sulla mancata svalutazione dei crediti nei conti del gruppo Visibilia? A due scopi: “abbellire” i bilanci per rinegoziare i pesanti debiti con le banche e tranquillizzare i soci preoccupati. Ovviamente, con il rischio di incorrere nell’ipotesi di reato di falso in bilancio. Ipotesi che l’11 aprile nell’avviso di conclusione indagini i Pm di Milano imputano alla ministra Daniela Santanchè, all’amministratore Antonino Schemoz e al sindaco Mario Cerliani. A parlare di questa pratica ci sono atti e testimonianze precise, come quella dell’ex direttore finanziario Federico Celoria che seguiva Visibilia Editore e Visibilia Srl. Secondo Celoria il valore delle fatture da emettere a inizio 2014 era già di 2.29 milioni: “Mi ritrovo a giugno 2014, data della mia assunzione, già con una cospicua entità di crediti esistenti” la cui mancata svalutazione era dovuta alla “necessità di avere un risultato d’esercizio non in perdita”.
Perché? Tra l’autunno 2014 e la primavera 2016 Visibilia Editore aveva tentato più volte di ottenere una rinegoziazione dei debiti, in scadenza a gennaio 2015, con la Popolare di Sondrio. Richieste respinte o accolte solo parzialmente, con concessioni di nuovi fidi per appena 30mila euro. Ma il 18 aprile 2016 la Sondrio aveva finalmente concesso un allungamento di 48 mesi del debito residuo di 969 mila euro. In sostanza, aveva concesso a Visibilia Editore una dilazione di 8 anni e mezzo, su 9 chiesti, con scadenza a fine luglio 2024 anzichè gennaio 2015. L’inversione di rotta era dovuta al fatto che la Sondrio non rischiava più nulla, perché il MedioCredito Centrale, banca pubblica, aveva accettato di fare da garante sul credito verso Visibilia Editore attraverso il suo Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Il 15 giugno 2016, il Comitato di gestione del Fondo Pmi aveva “confermato la garanzia per la maggiore durata di 142 mesi al 31 luglio 2024”. Lo attesta un documento di Mediocredito.
Il via libera era stato raggiunto dopo che i bilanci di Visibilia Srl erano stati ampiamente rinforzati sui crediti per fatture da emettere, come attestano numerosi atti e comunicazioni tra Celoria, Santanchè, il suo compagno Dimitri Kunz e l’ex compagno Canio Mazzaro e altri manager, tutti indagati per falso in bilancio.
Sui crediti, in quei mesi del 2016 anche Alevi, società di Paola Ferrari De Benedetti, aveva chiesto più volte chiarimenti a Santanchè e Visibilia tramite un sindaco di sua nomina, Gianfranco Vitulo. Non avendo ottenuto risposte convincenti, Vitulo aveva presentato un’opinione dissenziente sui conti 2015 del gruppo. Pochi mesi dopo, Alevi decideva di uscire da Visibilia.
(da ilfattoquotidiano.it)

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MENO MALE CHE ERANO PER LA CERTEZZA DELLA PENA: DOPO LE EUROPEE ARRIVA LO SVUOTACARCERI: PATTO SOVRANISTI-RENZI

Aprile 17th, 2024 Riccardo Fucile

SALE A DUE MESI OGNI SEI LO SCONTO DI PENA PER LA BUONA CONDOTTA… VARRA’ ANCHE A CHI E’ AI DOMICILIARI

“Indulto e amnistia sono sempre sconfitte per lo Stato. Assicureremo la certezza della pena dopo la condanna”, ripeteva all’insediamento il Guardasigilli Carlo Nordio.
E invece il suo ministero sta per dare il via libera a un indulto a tutti gli effetti, sebbene mimetizzato sotto un altro nome. L’emergenza suicidi tra i detenuti – già 29 dall’inizio dell’anno, un numero da record – ha convinto il governo a intervenire per contenere il sovraffollamento delle carceri: e il mezzo sarà il ddl che potenzia lo sconto di pena per buona condotta, presentato dal deputato renziano Roberto Giachetti e in discussione in Commissione Giustizia alla Camera.
Sul testo c’era già l’ok di Forza Italia, che con Pietro Pittalis ha dato un contributo decisivo a farlo incardinare: adesso, a quanto risulta al Fatto, è arrivato un parziale nullaosta anche da Fratelli d’Italia, tramite il sottosegretario di via Arenula Andrea Delmastro. Con una condizione politica: approvare il provvedimento, piuttosto impopolare nell’elettorato di centrodestra, soltanto dopo le Europee di giugno.
Nordio nel frattempo ha fatto sapere, come raccontato dal Messaggero, di voler trovare una soluzione strutturale: costruire più carceri e trovare 2.300 posti in più per evitare i suicidi. Ma per una soluzione del genere serve tempo e quindi nel mentre, soprattutto su pressing del viceministro di Forza Italia Francesco Paolo Sisto, si è deciso di dare il via libera alla norma Giachetti, sebbene riscritta.
In base all’intesa, diventerà legge solo il primo comma dell’articolo 1, che aumenta da 45 a 60 giorni ogni sei mesi il beneficio della “liberazione anticipata”, cioè l’abbuono per il condannato che abbia “dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione”.
Insomma, ogni anno di pena d’ora in poi potrà scendere a otto mesi. Rispetto al testo Giachetti ci sarà una limitazione: non potranno godere del maxi-sconto (ma solo di quello “standard”) i condannati per i reati ostativi, citati all’articolo 4-bis della legge sull’ordinamento penitenziario, dal cui regime, finora, era esclusa proprio la liberazione anticipata.
Nell’elenco si trovano le fattispecie di mafia e terrorismo e quelle tipiche della criminalità organizzata (tratta, sfruttamento della prostituzione…) ma non più i delitti dei colletti bianchi, cancellati a inizio legislatura da un emendamento di Forza Italia.
Se la proposta passerà, dunque, anche i (pochi) corrotti e tangentisti in carcere vedranno avvicinarsi il fine pena. E non solo loro: la norma, infatti, si applica pure a chi è ai domiciliari (nonostante l’intenzione dichiarata di ridurre il numero di detenuti).
Al testo sarà poi aggiunta un’altra precisazione, stavolta voluta da Delmastro: in nessun caso lo sconto potrà essere concesso ai detenuti responsabili di aggressioni ai danni della Polizia penitenziaria.
Il meccanismo dovrebbe essere quello di inserire un’eccezione per i detenuti che incorrono in sanzioni disciplinari, come prevederà un emendamento di Forza Italia. Nelle intenzioni del sottosegretario, la postilla ha lo scopo di disinnescare una presunta tendenza dei giudici di Sorveglianza a riconoscere la “buona condotta” anche a chi si macchia di episodi violenti nel corso del semestre.
Non passerà invece l’articolo 2 del ddl, che prevede una riduzione di pena ancora maggiore e soprattutto retroattiva: tutti i “bonus” concessi dal 1° gennaio 2016 a oggi (e fino a due anni dopo l’entrata in vigore della legge) diventerebbero automaticamente di 75 giorni. In pratica, da un giorno all’altro, “chi è stato sei anni in carcere avrebbe un anno di sconto”, come ha avvertito in audizione Sebastiano Ardita, procuratore aggiunto di Catania (vedi il pezzo sotto). E a guadagnarci di più sarebbero i detenuti con le condanne più lunghe: mafiosi, ma anche stupratori e stalker. Una prospettiva che il governo ha scelto di neutralizzare.
(da ilfattoquotidiano.it)

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I BILANCI DELLE FORZE POLITICHE SONO IN TILT: UN SALDO NEGATIVO COMPLESSIVO DI 106 MILIONI DI EURO

Aprile 17th, 2024 Riccardo Fucile

A TENERE IN PIEDI IL BARACCONE SONO IL 2 PER MILLE E I FONDI PUBBLICI INCASSATI DAI GRUPPI PARLAMENTARI – L’UNICA ECCEZIONE È FRATELLI D’ITALIA, CON 2,6 MILIONI DI PATRIMONIO

La cura dimagrante ha sfiancato i partiti, e a dieci danni dall’abolizione dei finanziamenti pubblici la discussione sul sostegno alle forze politiche torna d’attualità. Lo stato dei bilanci delle forze politiche è assai precario: il contributo del 2 per mille non basta quasi mai a coprire le esigenze e le donazioni dei privati – con il tetto di 100mila euro – non riescono a colmare quasi mai la differenza.
Basta scorrere gli ultimi rendiconti disponibili – quelli relativi all’esercizio 2022 – per avere un quadro d’insieme di grande difficoltà, fatta eccezione per Fratelli d’Italia: complessivamente i partiti hanno fatto registrare un patrimonio netto negativo di circa 106 milioni.
La nuova legge sul finanziamento imposta dal governo Letta nel 2014 ha colpito come uno tsunami. Bastano alcuni dati per avere un’idea: il Partito democratico nel 2009 aveva un patrimonio netto di 168 milioni, ridotto a 600mila euro nel 2022. I dipendenti del Nazareno nel 2013 erano ancora 180, ora sono 107, di cui solo 75 a carico del partito – gravati da contratti di solidarietà – mentre cinque sono in distacco e 27 in aspettativa.
Spiega il tesoriere Michele Fina: «A settembre scadono i contratti di solidarietà e dovremo capire se rinnovarli o se potremo farne a meno. Quando sono arrivato (un anno fa, ndr) i dipendenti erano circa 120, 95 dei quali a carico del partito. La riduzione è stata possibile grazie a pensionamenti, distacchi, incarichi nei gruppi parlamentari».
Già, perché i gruppi parlamentari ormai stanno soppiantando “il partito” nella gerarchia, ribaltando lo schema del passato. Camera e Senato infatti distribuiscono ancora una rilevante somma a sostegno delle spese dei gruppi: circa 52 milioni nel 2022 (30,8 da Montecitorio e 22 da Palazzo Madama). Soldi ripartiti in base alla consistenza dei gruppi e che possono essere usati solo per le attività istituzionali.
La drastica riduzione del personale ha riguardato anche Forza Italia, partito gravato da 98 milioni di debiti, perlopiù nei confronti della famiglia Berlusconi. Una situazione che ha costretto i vertici nel 2015 a licenziare una cinquantina di dipendenti su circa ottanta, con oneri per il personale calati dagli 1,8 milioni del 2013 agli 1,1 milioni del 2022.
Da un anno c’è un nuovo tesoriere, il manager Fabio Roscioli scelto da Antonio Tajani al posto dei politici che tradizionalmente occupano quella carica. Sono stati ripristinati i contributi carico di parlamentari e consiglieri regionali (900 euro al mese da ciascuno) e si lavora per aumentare la raccolta di donazioni private.
In tanti hanno cominciato a chiedere una somma “una tantum” ai candidati alle politiche, che grazie alle liste bloccate e ai collegi uninominali possono evitare o quasi la fatica della campagna elettorale. Bilanci difficili anche per la Lega del vicepremier Matteo Salvini, che pure si è sdoppiata. Ovvero in Lega Nord, cioè il “vecchio” partito, e “Lega per Salvini premier”.
Il Movimento 5Stelle, pur registrando un patrimonio netto di 415mila euro, accumula debiti per 1,1 milioni. Sorride solo Fratelli d’Italia della premier Giorgia Meloni, che nel 2022 ha 2,6 milioni di patrimonio netto e appena 259mila euro di debiti. Il Pd, infine, è in testa alla classifica delle donazioni grazie al 2 per mille: nel 2022 otto milioni di euro, seguito da FdI con 4,8 milioni. In totale, i contribuenti hanno concesso ai partiti con il 2 per mille 24 milioni.
Possono sembrare tanti, ma proprio il caso del M5s – che ha sempre combattuto i finanziamenti pubblici – dimostra che la politica ha bisogno di soldi: la struttura “leggera” del Movimento mostra i suoi limiti nelle elezioni amministrative e regionali, dove la mancanza di una rete capillare si riflette in risultati sempre peggiori di quelli delle politiche.
(da La Stampa)

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E’ FALSO SOSTENERE CHE “L’UNIONE EUROPEA E’ CONTRO IL CIBO ITALIANO E LA DIETA MEDITERRANEA”

Aprile 17th, 2024 Riccardo Fucile

LE BALLE SOVRANISTE A CUI CREDONO SONO GLI IGNORANTI: NEGLI ULTIMI 30 ANNI SONO STATI TANTI I PROVVEDIMENTI PER PROTEGGERE LA TRADIZIONE CULINARIA ITALIANA

«Alla faccia di quelli che vogliono la farina di insetti, i grilli, le cavallette. Di quelli che a Bruxelles combattono la dieta mediterranea». Così, poche settimane fa si apriva uno dei video pubblicati dal ministro delle Infastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini dal pastificio Rummo.
La narrativa secondo cui l’Unione Europea combatterebbe contro la dieta mediterranea e i prodotti tipici italiani è ben radicata. Nell’aprile del 2023 il ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani sosteneva che con il Nutriscore «l’Ue attacca la dieta mediterranea» e il vino italiano, come si leggeva sulle pagine di Repubblica. Due episodi che mostrano come questo sia un grande cavallo di battaglia elettorale, sostenendo che l’Ue danneggi intenzionalmente l’alimentazione italiana. Ma le cose stanno veramente così? L’Ue penalizza sul serio la dieta mediterranea? A favore di chi?
Cos’è e come funziona il Nutriscore
Partiamo dal Nutriscore. Si tratta di un’etichetta definita a semaforo, per via dei colori utilizzati, che è in realtà più simile a quelle che riportano l’efficienza energetica degli elettrodomestici con una scala che va dalla A alla E. Il sistema è utilizzato in Francia e altri Paesi europei come Spagna, Belgio, Svizzera, Germania. L’obiettivo è dare al consumatore che acquista un prodotto alimentare un’idea dei valori nutrizionali di quello che viene messo nel carrello senza che debba necessariamente essere letta l’intera etichetta degli ingredienti e dei nutrienti. La presenza di alcuni elementi nutritivi e ingredienti, come grassi saturi, sodio e zuccheri, portano a un abbassamento della valutazione. Altri, invece, come frutta, verdura, olio d’oliva, fibre e proteine, l’aumentano.
Gli alimenti penalizzati dal Nutriscore
Facciamo alcuni esempi. L’etichetta non è particolarmente clemente con i salumi, prodotti di carne processata, notoriamente cancerogena come certificato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. E non può esserlo nemmeno con le bevande alcoliche, anch’esse cancerogene. Lo è però con l’enorme varietà di frutta e verdura tipica dell’Italia, e con la pasta di buona qualità, spesso ricca di proteine e prodotta con giusto un paio di ingredienti. Open aveva già fatto un’analisi approfondita del sistema che si può leggere qui. Chiaramente, l’unico modo per capire quanto un prodotto sia sano o meno e cosa contiene, è leggere l’etichetta, e non basarsi su un’indicazione semplificata come il Nutriscore
Il Nutriscore premia la dieta mediterranea
È comunque sufficiente dare un’occhiata alla piramide alimentare della dieta mediterranea per rendersi conto che questa viene premiata lautamente dal Nutriscore. Alla base della dieta mediterranea ci sono frutta e verdura fresche, pane, pasta, riso, cuscus e altri cereali, possibilmente integrali. Si prosegue con olio d’oliva, latte e derivati a basso contenuto di grassi. Tra questi solo i formaggi sono valutati negativamente dal Nutriscore. Ottime valutazioni anche per la frutta secca, i legumi, il pollo e il pesce freschi e le uova.
A ricevere cattive valutazioni sono, quindi, quasi solamente i prodotti alla sommità della piramide. Ovvero quelli che dovrebbero essere mangiati meno spesso, come salumi, carne rossa e dolciumi, il cui consumo non dovrebbe eccedere l’una o le due volte a settimana. Ad ogni modo, nell’ottobre del 2023, la Commissione Europea ha reso noto che non presenterà proposte di legge per rendere obbligatorio il Nutriscore nella legislatura in corso fino al 2024.
L’Europa tutela la tradizione culinaria italiana: DOP, IGP ed STG
Inoltre, moltissimi prodotti tipici della dieta mediterranea sono protetti dai marchi DOP, IGP ed STG, rispettivamente Denominazione di Origine Protetta, Indicazione Geografica Protetta, Specialità tradizionale Garantita. Tutti e tre questi marchi sono stati introdotti dall’Unione Europea nel 1992 per proteggere e certificare l’autenticità dei prodotti alimentari tipici degli Stati membri e distinguerli dalle imitazioni. Certificazioni di questo tipo sono state assegnate a numerose pietanze e bevande di vari Paesi europei. Ma come spesso accade in ambito culinario, in questo campo a farla da padrone è l’Italia, che detiene il primato per essere il Paese con il maggior numero di prodotti certificati.
La nostra penisola vanta infatti ben 326 certificazioni per i prodotti alimentari e 529 per i vini, come riporta il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (Masaf). Nella stessa ottica, durante gli ultimi mesi del 2023 ha finalizzato il testo unico sulla qualità, per vietare all’interno del blocco quel fenomeno definito Italian Sounding, il quale descrive la pratica di affibbiare nomi che ricordano quelli dei prodotti tipici italiani ad alimenti ed ingredienti che in realtà non lo sono, come il Parmesan, il Prozek e altre imitazioni simili.
La dieta mediterranea muore
Nonostante le certificazioni e le raccomandazioni dei medici, sempre più italiani stanno abbandonando la dieta mediterranea. Secondo uno studio pubblicato nel marzo del 2023 dal Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria (Crea), organo che fa parte del Masaf, la dieta mediterranea è seguita al giorno d’oggi da appena il 13% degli italiani. Secondo il sondaggio, svolto da SWG per conto di Crea, a seguirla sono soprattutto le persone ben informate sull’importanza e la varietà degli elementi nutritivi. A livello territoriale, la migliore aderenza al modello alimentare si registra in Sicilia e Sardegna, assieme ad Emilia Romagna e Lazio. A seguire meno la dieta mediterranea sono invece le regioni del Nord-Est e la Campania.
In generale rispetto all’alimentazione tradizionale, oggi nel nostro Paese si mangiano troppi grassi saturi, troppa carne, e troppi grassi animali. Per garantire che l’aderenza riportata fosse più possibile accurata rispetto a quella reale, il sondaggio ha testato le conoscenze alimentari degli intervistati, oltre a chiedere informazioni circa gli specifici alimenti consumati. Difficile affermare, quindi, che il declino della dieta mediterranea sia dovuto alla farina di insetti che un anno fa era a malapena reperibile sul mercato.
Ma l’Ue vuole salvarla
Infine, se l’Unione Europea fosse veramente determinata ad attaccare e combattere contro la dieta mediterranea, difficilmente avrebbe stanziato oltre due milioni di euro per proteggerla e promuovere la sua adozione. Questo è infatti l’obiettivo dell’iniziativa Mediet4all supportata dal programma PRIMA dell’UE, con lo scopo di introdurre pratiche di agricoltura sostenibile e gestione delle risorse idriche nella regione euromediterranea. Nello specifico, Mediet4all punta a supportare le persone nella transizione dal consumo di grandi quantità di alimenti ultra-processati, che negli ultimi anni è aumentato moltissimo, all’adozione della dieta mediterranea. Nel pratico, verrà creato un database di ingredienti adatti alla dieta mediterranea e di dove reperirli, per poi usarli in ricette che dovrebbero essere adottate da hotel, mense, e da ristoranti per asporto.
(da ilfattoquotidiano.it)

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