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IL MELONIANO LUIGI RISPOLI, VICEPRESIDENTE DI FDI A NAPOLI E CONSULENTE DEL MINISTERO DELLA CULTURA, PARAGONA SUI SOCIAL ELLY SCHLEIN A UNA DONNA DI NEANDERTHAL, POI SCARICA LA COLPA SU “QUALCHE COLLABORATORE”

Maggio 4th, 2024 Riccardo Fucile

GIA’ ANNI FA CAUSO’ IMBARAZZO LA SUA FOTO MENTRE FACEVA IL SALUTO ROMANO

Per Luigi Rispoli, vicepresidente di Fratelli d’Italia a Napoli, ovvero il numero due dopo Marco Nonno della federazione partenopea del partito di Giorgia Meloni, la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein sarebbe «separata alla nascita» con una donna di Neanderthal.
La convinzione dell’avvocato e politico napoletano di destra, storico esponente del Movimento Sociale prima, di Alleanza Nazionale poi e ora di Fdi, è espressa su due social, ovvero sul suo profilo Facebook e su quello di X (l’ex Twitter) dove Luigi Rispoli pubblica due foto, una ricostruzione della cosiddetta “Shanizar Z”, la la donna di Neanderthal, morta 75 mila anni fa, il cui cranio è stato rinvenuto nel 2018 nel Kurdistan iracheno e quella di Elena Ethel Schlein, conosciuta come Elly, 38 anni, leader del principale partito d’opposizione di centrosinistra italiano.
Rispoli non è nuovo a polemiche: qualche anno fa una fotografia ritraente lui ed un altro gruppo di ex militanti del Movimento Sociale Italiano intenti a fare il saluto romano suscità imbarazzi nel centrodestra meloniano.
“A volte la fiducia viene mal riposta e qualche collaboratore fa cose che non dovrebbe. Un post che voleva essere simpatico non lo è affatto e per questo chiedo scusa a @ellyesse”.
Sono le scuse che fa, via social, il vice presidente del coordinamento cittadino di FdI Napoli, Luigi Rispoli, alla segretaria del Pd, Elly Schlein oggetto – ieri – di un post su X nel quale erano messe una accanto all’altra l’immagine di un articolo sulla ricostruzione del volto di una donna di Neanderthal e quello della leader dem con la scritta “separate alla nascita”.
(da agenzie)

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UN GOVERNO OSTAGGIO DELLE LOBBY: IL CONTO LO PAGANO SEMPRE GLI ITALIANI

Maggio 4th, 2024 Riccardo Fucile

DAL NUCLEARE AI TAXI, AI SIGNORI DEGLI OMBRELLONI: L’ESECUTIVO MELONI BARCOLLA MA NON MOLLA

Aggirare i referendum con cui gli italiani hanno bocciato il nucleare. Colpire gli Ncc a vantaggio dei taxi. E studiare un nuovo piano per eludere la sentenza del Consiglio di Stato che obbliga a mettere le spiagge a gara. Ecco l’agenda del governo delle lobby.
Che queste destre al governo abbiano il pallino del nucleare lo dimostra anche la gara che i ministri, esponenti dei partiti di maggioranza, fanno nell’elogiarne le virtù. Da Matteo Salvini (Lega) ad Adolfo Urso (FdI). Fino naturalmente al ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica di Forza Italia, Gilberto Pichetto Fratin. Entro questa legislatura, il governo Meloni vuole varare tutta la normativa necessaria per reintrodurre il nucleare in Italia. Questo perché i primi reattori a fissione di 4/a generazione, quelli su cui punta l’esecutivo, dovrebbero andare in produzione alla fine del decennio. E per quella data, il governo vuole avere pronto il quadro giuridico per installarli e farli funzionare, ha detto Pichetto in una intervista a Radio 24. Alla domanda del giornalista se entro la legislatura potrà essere cambiato il quadro legislativo sul nucleare, Pichetto ha risposto “Sì. Io ce la metto tutta. Questo è il mandato del governo e del Parlamento”. Il ministro ha spiegato più volte che non vuole tornare alle grandi centrali, come in Francia, ma puntare sugli “small modular reactors”, il nucleare di 4/a generazione.
Ma i tempi per avere i piccoli reattori modulari, ha spiegato il ministro, “sono 2, 3, 4 anni, il prodotto non c’è ancora. Si parla di avere le condizioni di produzione di questi piccoli reattori alla fine di questo decennio. Vuol dire che in questa legislatura dobbiamo avere tutto a posto” dal punto di vista giuridico. Pichetto il 27 aprile ha incaricato il giurista Giovanni Guzzetta di costituire un gruppo di lavoro per ridisegnare tutta la normativa sul nucleare in Italia, in vista del ritorno delle centrali atomiche.
La questione non è secondaria. Dopo l’abbandono del nucleare, nel nostro Paese non c’è più una disciplina sulle autorizzazioni degli impianti e sul loro funzionamento. Senza leggi e regolamenti, non si possono riaprire le centrali. Ma gli italiani hanno detto no al nucleare due volte, con i referendum del 1987 e del 2011. Il governo sostiene che questi no non sono più validi, perché si riferiscono alle grandi centrali di 3/a generazione, e non agli small modular reactors. Ma l’opposizione all’atomo resta forte nel Paese: l’opposizione di sinistra è contraria, e così gli ambientalisti, convinti che il nucleare sia inutile e costoso, e che occorra invece puntare sulle rinnovabili.
DIFESA A OLTRANZA DEI BALNEARI. IN ESTATE SI RISCHIA IL CAOS
A un passo dall’inizio della stagione balneare ha fatto irruzione la sentenza del Consiglio di Stato che ha confermato la scadenza delle concessioni demaniali per le spiagge al 31 dicembre dello scorso anno, obbligando così le amministrazioni a disapplicare eventuali deroghe e si è richiamata “ai principi della Corte di Giustizia Ue” per dare “immediatamente corso alla procedura di gara per assegnare la concessione in un contesto realmente concorrenziale”. Nella sentenza si sottolinea che la risorsa spiaggia “è scarsa”, al contrario di quanto sostenuto dal governo nella mappatura inviata a Bruxelles e portata a motivo della mancata applicazione della Bolkenstein. La tesi del governo è peraltro stata già confutata dalla Commissione europea. Ma le destre non vogliono sentir ragioni, temporeggiano e continuano a difendere le ragioni delle lobby degli ombrelloni nella speranza che l’Ue sia più indulgente, ma di fatto scontentano tutti gli attori in gara.
“Il governo sta lavorando per cercare una soluzione in dialogo con l’Unione europea. Non voglio commentare, lo hanno fatto molti parlamentari italiani, le decisioni del Consiglio di Stato, però bisogna trovare una soluzione, sia pure nel rispetto delle normative comunitarie, che non penalizzi migliaia di imprese che hanno già investito e che hanno dei mutui”, ha detto il vice premier e leader di Forza Italia, Antonio Tajani. “Bisogna fare prevalere il buonsenso – ha aggiunto Tajani – e fare comprendere la specificità italiana alla Commissione europea: sette mila chilometri di costa che sono la frontiera meridionale dell’Ue”.
Rilancia il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio: “È stata fatta una mappatura per dimostrare che le nostre coste non sono una risorsa scarsa e quindi la direttiva Bolkestein non va applicata alle concessioni Balneari. I giudici di Palazzo Spada invece la ignorano e dicono il contrario, non si sa sulla base di quali numeri”. Insistono i meloniani: “Stiamo facendo quello che nessuno ha mai fatto, cioè una mappatura che ti dà l’idea che in Italia quella risorsa, la risorsa spiaggia, non è così scarsa come invece viene dipinta”, dichiara Salvatore Deidda di FdI. Non la pensano così i partiti dell’opposizione. “La tanto sventagliata mappatura del governo Meloni è del tutto fasulla. Per tenere vivo il fuorviante mantra delle ‘spiagge risorsa non scarsa’, si è finito sostanzialmente per ritenere assegnabile mediante concessione ogni metro di costa italiana. Incluse le aree portuali, il demanio militare, i chilometri di rocce a strapiombo sul mare, le aree protette e le aree da bonificare”, dichiara il vicepresidente del M5S, Mario Turco.
Fatto sta che la strategia del governo, ovvero prendere tempo con l’Europa e nello stesso tempo difendere le lobby degli ombrelloni, sta determinando una situazione di stallo inaccettabile. A spiegarlo è Legacoop Romagna. “Una gara per ogni spiaggia, con regole diverse per ogni Comune, è lo scenario da incubo che rischia di concretizzarsi se il Governo non si deciderà a mettere mano in modo urgente alla materia delle concessioni, con un atto politico che fornisca linee guida nazionali a tutto il settore”, ha spiegato. “Il massimo grado della magistratura amministrativa ha sancito che la risorsa spiaggia è scarsa, le gare vanno fatte, le deroghe sono nulle. Il re, in sostanza, è nudo”. E, in un simile quadro, “non è possibile scaricare sulle amministrazioni comunali l’onere di definire i bandi con le attuali norme e le attuali dotazioni. Il risultato sarebbero disparità inaccettabili da una località all’altra e carichi di lavoro insostenibili per gli enti locali. Il caos, in breve”.
DAI DECRETI DI SALVINI L’ENNESIMO REGALO AI TASSISTI. I PROVVEDIMENTI DEL VICE PREMIER SCATENANO LA RIVOLTA DEGLI NCC
La Lega, come si sa, ha il pallino non solo dei balneari ma anche quello dei tassisti. Ovvero ha a cuore la loro sorte e ne difende a spada tratta gli interessi a scapito delle categorie contigue, come quella degli Ncc. E anche questa volta il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, nonché leader della Lega, Matteo Salvini, ci è ricascato. La bozza dei tre decreti che ha illustrato a una platea di oltre 60 associazioni di categoria il 3 aprile ha fatto andare su tutte le furie gli Ncc. “Se quei decreti non cambieranno li impugneremo”, dice a La Notizia Francesco Artusa, presidente di Sistema Trasporti, associazione per il trasporto privato di Ncc e bus turistici.
La verità è che Salvini è rimasto sordo perfino ai richiami della Consulta e del Tar Lazio. Che, con alcune recenti sentenze, hanno sostanzialmente confermato come la legge che regola taxi ed Ncc sembra fatta allo scopo di favorire i primi sulla pelle dei secondi. Tra le norme dei tre decreti in lavorazione, contestate dalle associazioni del settore, c’è la raccolta e la conservazione dei dati degli utenti del servizio Ncc, in palese violazione delle norme sulla privacy. Nel mirino c’è poi il “waiting time” tra due servizi portato a 30 minuti. Nel corso del question time al Senato del 18 aprile, Salvini ha detto che “i decreti non prevedono alcun lasso di tempo obbligato, alcuna pausa tra una corsa e l’altra per gli Ncc”, anzi “abbiamo cercato di favorire la continuità nello svolgimento del servizio evitando il ritorno in rimessa in tutti i casi in cui vi siano più servizi collegati”. “Il ministro mente sapendo di mentire”, replica Artusa. Che spiega: “I 30 minuti non sono obbligatori se uno rientra in rimessa. Per una sentenza della Consulta, però, è diritto degli Ncc accogliere nuove prenotazioni fuori dalla rimessa attraverso le nuove tecnologie. Dunque, ogni volta che un Ncc volesse inserire un servizio al posto di uno cancellato, o accettarne uno nuovo mentre è fuori dalla rimessa, questo cliente dovrà aspettare 30 minuti. È un fatto. Fingere che non esista a beneficio delle telecamere del Senato non cambierà lo stato delle cose”.
I decreti in questione, peraltro, vanno visti in combinato con il codice della strada che è in discussione e che contiene una norma, anche questa un unicum in tutta Europa. Vale a dire gli Ncc sono l’unica categoria che viene fermata da due a otto mesi per qualsiasi tipo di infrazione. Stessa sanzione che si applica all’abusivo totale. Non c’è dubbio che il combinato di tutte queste disposizioni ci dicono quanto Salvini e le destre, in generale, siano sdraiate sui tassisti ai danni dell’intera collettività che paga pegno, come le immagini delle lunghe code all’uscita dalle stazioni in attesa di un’auto bianca ci dicono.
(da lanotiziagiornale.it)

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IMPRENDITORE FRIULANO MUORE E LASCIA LA SUA AZIENDA IN EREDITA’ AI DIPENDENTI

Maggio 4th, 2024 Riccardo Fucile

HA NOMINATO EREDI DELLA CANTINA VINICOLA I SUOI NOVE STORICI COLLABORATORI

Piero Pittaro, storico imprenditore vinicolo di Codroipo (Udine) è morto il 26 marzo scorso a 89 anni e ha lasciato un bel regalo ai suoi dipendenti: la sua cantina.
Il visionario del vino ha infatti mantenuto la sua vocazione di imprenditore originale e lungimirante fino all’ultimo giorno: nel suo testamento ha infatti lasciato in eredità ai suo storici nove dipendenti il suo impero.
Saranno loro a portare avanti l’impresa vinicola.
Per i fortunati è stata una vera sorpresa, un dono. I nove costituiranno ora una nuova società che porterà avanti la tradizione e la storia Pittaro.
L’azienda si estende su 85 ettari nelle Grave del Friuli e vende circa 300 mila bottiglie di vino all’anno, di cui 100 mila sono di spumante.
(da agenzie)

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“LA TENUITA’ DEL FATTO” PROSPETTATA NEL CASO FASSINO NON VALE PER I POVERACCI

Maggio 4th, 2024 Riccardo Fucile

COME DICEVA TRILUSSA: “LA SERVA E’ LADRA, LA PADRONA E’ CLEPTOMANE”… CHI HA PRESO 16 MESI DI CARCERE PER AVER RUBATO UN PEZZO DI FORMAGGIO

L’onorevole Piero Fassino, sorpreso con un profumo in tasca nel duty-free, parrebbe avviato, secondo un principe del Foro, all’assoluzione per “tenuità del fatto”. L’assoluzione per “tenuità del fatto” a cui, secondo un principe del Foro, parrebbe avviato l’onorevole Piero Fassino, sorpreso con un lussuoso profumo in tasca nel duty free dell’aeroporto di Fiumicino, potrebbe essere la nuova declinazione dell’antica regola di Trilussa: “La serva è ladra, la padrona è cleptomane”. Che è un modo elegante per etichettare la giustizia italiana, oggi come allora: forte con i deboli, debole con i forti.§
Giustizia indulgente, ad esempio, con uno dei più illustri beneficiari della “tenuità del fatto”, una causa di non punibilità introdotta dal governo Renzi nel 2015, ovvero l’ex sindaco Pd di Lodi, Simone Uggetti. Assolto così nel secondo appello dalle accuse di aver truccato una gara d’appalto con un bando su misura per affidare a una ditta amica la gestione di due piscine comunali, e nonostante la Corte avesse riconosciuto “la sussistenza del fatto, la sua illiceità penale, la sua corretta qualificazione giuridica, nonché l’accertamento che gli imputati lo hanno commesso”.
Giustizia spietata, invece, nei confronti di un 45enne di Palermo che nel 2016 provò a rubare dagli scaffali di un ipermercato un pezzo di formaggio nascondendolo nella maglia, con l’aggravante di aver superato la cassa: 16 mesi di condanna col rito abbreviato, che se avesse scelto il rito ordinario si beccava due anni. Peggio andò al napoletano 40enne che nel 2009 si prese 3 anni di carcere per il furto di un wafer da 1,29 euro: era recidivo e la ex Cirielli, severissima con chi ha precedenti, gli impedì di accedere a sconti, benefici e attenuanti. “Rapina impropria”, perché l’uomo, affamato, provò a divincolarsi dai carabinieri allertati dagli addetti alla sicurezza del discount. “Avevo vergogna”, provò a giustificarsi.
Quella vergogna che sembra mancare a chi alza le barricate quando in galera finiscono bancarottieri e corruttori e predicano il garantismo a senso unico, solo per i politici e i colletti bianchi. Mentre ci sono comuni cittadini a cui viene rovinata la vita per sciocchezze che si fa fatica a considerare reati.
Come quel professore della provincia di Milano licenziato per un decreto penale di condanna a 200 euro di multa, comminato per aver fatto la pipì di notte dietro un cespuglio. Si era dimenticato di comunicare il “precedente” nell’autocertificazione al ministero.
Le cronache sono piene di esempi di leggi applicate con ferocia per episodi minimali. A Roma una persona è stata rinviata a giudizio per aver spezzato e portato via un paio di fiori da una fioriera pubblica, voleva regalarli alla fidanzata. “Danneggiamento aggravato perché l’oleandro era esposto alla pubblica fede”, il capo di imputazione. Roba forte. Si rischiano tre anni di reclusione.
Ogni tanto torna virale una storia di Genova, vecchia ma vera, dell’anziana pensionata condannata a due mesi di carcere per aver rubato 20 euro di carne e biscotti da un supermercato. La signora non poté ottenere l’attenuante della fame e dell’indigenza perché il giudice sottolineò che tra la merce rubata c’erano anche un dolce e un limoncello
C’è poi il caso dell’ex annunciatrice Rai, con problemi di salute mentale e ridotta sul lastrico, condannata con il rito abbreviato a 14 mesi di carcere per aver imposto alla sorella di sborsarle 15 euro per riavere indietro le chiavi dell’auto. Tecnicamente, si chiama estorsione, e non è tra i reati per i quali si può invocare la “tenuità” della mazzetta.
Ma la storia più assurda e emblematica di una giustizia inesorabile solo per i poveracci arriva da Firenze, dove nel novembre del 2006 una persona fu bloccata e poi denunciata per il tentato furto di pochi alimenti, del valore di 5 euro e 20 centesimi, che furono pure restituiti. Gli venne riconosciuta l’attenuante della lieve entità, la Procura di Firenze chiese il rinvio a giudizio, ci furono i processi, quindi è arrivata la condanna in appello a 2 mesi diventata definitiva. E 17 anni dopo l’uomo, un clochard, è stato rintracciato in un centro di accoglienza per senza fissa dimora ed è finito in carcere a Bologna per espiare la condanna passata in giudicato. Nessuno dei suoi legali aveva chiesto una misura alternativa alla detenzione.
(da ilfattoquotidiano.it)

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PIERO, PERCHE’ CHANEL CHANGE? NON ERA MEGLIO IL CLASSICO N° 5?

Maggio 4th, 2024 Riccardo Fucile

LA DIFFERENZA NON E’ SOLO NEL PREZZO

Noi siamo garantisti fino al terzo profumo rubato e a quanto pare Piero Fassino ne ha rubati (pardon: intascati) solo due. Se la vedranno loro, inteso sia come Fassino con la Polaria, sia loro del Pd. Ci ha colpito, però, che il profumo oggetto dell’esproprio proletario di Fassino sia secondo i testimoni sempre lo stesso: Chance di Chanel, euro 130. Profumo commerciale, non di nicchia (e sì che al duty free si vendono profumi che costano anche il quadruplo, fatti con materie prime pregiate), diciamo che Chance è, per fare un paragone vinario, un prosecco di fascia media.
Fassino, famoso più per le sue catastrofiche profezie auto-avveranti che per le gesta politiche, ora rischia di passare alla storia per questa storia stramba, patetica e imbarazzante, stante la non circostanza di incapienza (anche se si lamentò dello stipendio misero di un parlamentare) e il fatto che il profumo non fosse per sé, dunque non il capriccio di un cleptomane, ma per “la moglie”, dunque un regalo, e si sa che se si ruba o si ricicla un regalo è per far bella figura risparmiandosi la spesa e tacendo il reato: “Cara, guarda cosa ho rubato per te” (Bersani fu linciato per aver comprato una sciarpa Vuitton alla moglie, ma l’aveva pagata!).
Ma che profumo è Chance? Essendo la profumeria la nostra vera passione e la politica il nostro trastullo, ne parliamo con contezza. Se proprio uno deve rubare un profumo da donare a una signora prende N°5, il classico (anche se riformulato) simbolo dell’eleganza francese, creato da Ernest Beaux nel 1921 per Coco Chanel ricalcando la piramide olfattiva del profumo russo Mosca Rossa, il profumo della Rivoluzione inventato da Auguste Michel; forse che di questi tempi rischiava di passare per putiniano?
Se N°5 è un signor profumo, con le aldeidi in apertura che ai russi ricordavano il ghiaccio della tundra polare e ai francesi le bollicine di champagne, Chance è il profumo della signora borghese che si sente ragazza, vive in appartamenti in stile parigino e veste in tweed Chanel. Claim: “Imprevedibile, in continuo movimento, CHANCE travolge in un vortice di felicità e fantasia. Appare, scompare, non si ferma mai, solo pochi istanti per coglierla. È imprevedibile e si presenta inaspettatamente. Ma con lei, tutto è possibile”. Praticamente il ritratto di Fassino. “‘Mi si offriva una chance, la colsi’. Mademoiselle Chanel sapeva che la vera chance è quella che ognuno di noi si crea, uno stato d’animo, un modo di essere”. E Fassino la colse.
(da ilfattoquotidiano.it)

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NEL DUTY FREE DI FIUMICINO OGNI GIORNO 5 LADRI CON LA VALIGIA

Maggio 4th, 2024 Riccardo Fucile

UN VIGILANTES RACCONTA: “NEGLI ULTIMI 20 ANNI ABBIAMO DENUNCIATO ALTI PRELATI, MAGISTRATI, AVVOCATI, INSEGNANTI IN GITA, DOCENTI DI DIRITTO COSTITUZIONALE, PITTORI E ARTISTI. È INSOPPORTABILE ASSISTERE A CHI GUADAGNA UNA BARCA DI SOLDI E RUBA DI TUTTO”

Il Duty Free 25 del terminal 1 di Fiumicino ormai è soprannominato «quello di Fassino». «È il primo dopo i controlli, è facile trovarlo», spiega un addetto alla sicurezza. Eccolo il mondo di creme e profumi di marchi di lusso, ma anche di stecche di sigarette, souvenir, cioccolata, lego, salsicce e bibite.
A osservare i clienti che attraversano con i trolley il serpentone di aeroporto che si snoda tra gli scaffali ci sono una quarantina di telecamere a 360 gradi. Solo quattro sono sistemate sopra la parete di Chanel, l’angolo della profumeria dove il deputato Piero Fassino ha portato via uno Chanel Chance da 130 euro.
Le dipendenti e i loro colleghi parlano pochissimo del «caso Fassino» ma una di loro sbotta: «È insopportabile dovere assistere quasi quotidianamente a chi guadagna una barca di soldi e ruba di tutto. Qui di raid ce ne sono continuamente. Fassino fa scalpore ma le assicuro che anche tante altre alte professionalità hanno lo stesso vizio».
Stasera, ad esempio, chi si occupa di sicurezza sa già che ci sarà almeno un furto di un certo valore. Si arriverà quasi sicuramente a un arresto perché il viaggiatore in arrivo dalla Romania è stato più volte beccato. Spiega chi si occupa di security: «Fa parte di una batteria di ladri che acquista biglietti low cost da Bucarest, da Cracovia e da altre città con l’unico intento di ripulire i Duty Free, sia negli aeroporti di partenza che in quelli di arrivo».
Ebbene, il viaggiatore è atteso dopo le 18 con un trolley che dovrebbe essere schermato perché, a differenza di Fiumicino, negli altri store di merce esente da tasse doganali c’è l’antitaccheggio. «Riempiono i trolley con minimo mille euro di merce, a fronte di un volo che costa poco meno di 100 euro», è il racconto di chi conosce bene le bande di ladri che girano negli aeroporti.
Ma, a parte quello delle batterie di ladri organizzate, qual è il profilo di chi ruba nel Duty Free di Fiumicino? «Il profilo è alto. Negli ultimi 20anni qui abbiamo denunciato alti prelati, magistrati, avvocati, insegnanti che portano le scolaresche in gita, docenti di diritto costituzionale, pittori, artisti» , è quanto spiega un addetto alla sicurezza di lungo corso. Ci sono anche muratori, ragazzini che si sfidano con gli amici, casalinghe.
«C’è un po’ di tutto, in realtà – dice un carabiniere di pattuglia vicino al Duty Free – ma saltano all’occhio i professionisti, non c’è dubbio». I poliziotti ogni paio di ore cercano di scoraggiare i malintenzionati con passaggi saltuari a bordo delle loro minicar. Le forze dell’ordine ogni giorno vengono chiamate dalle quattro alle cinque volte per denunciare i ladri. I colpi si aggirano intorno ai 150 al mese.
E un responsabile dell’area acquisti non nega: «Noi non guardiamo in faccia a nessuno, denunciamo chiunque perché qui si tratta di salvare non solo la merce ma anche l’azienda. Spesso si scusano dicendo che non avevano capito di avere raggiunto l’uscita. Ma le casse sono ben visibili, è una scusa che non regge». Gli interventi delle forze dell’ordine si concludono nel 95 per cento dei casi con una denuncia, la restituzione del prodotto rubato e un’informativa alla procura di Civitavecchia.
(da La Repubblica)

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L’OBIETTIVO DI PUTIN È PRENDER KHARKIV E CONSOLIDARE IL CONTROLLO RUSSO INTORNO AL DONBASS

Maggio 4th, 2024 Riccardo Fucile

QUANDO CI RIUSCIRÀ, GLI AMERICANI SPINGERANNO ZELENSKY A UNA TRATTATIVA DI PACE… MA SE KIEV PIANGE, MOSCA NON RIDE: L’ECONOMIA RUSSA SCRICCHIOLA (GLI UTILI DI GAZPROM, VERO FORTINO DEL CREMLINO, CROLLANO PER LA PRIMA VOLTA IN 24 ANNI)

L’obiettivo di Putin è arrivare in tempi rapidi all’occupazione di Kharkiv. È un obiettivo strategicamente rilevante, perché permetterebbe all’esercito russo di consolidare un cordone di sicurezza attorno al Donbass occupato.
Ci vorrà ancora un po’ di tempo per permettere ai tank russi di entrare nella regione di Kharkiv, ma quando questo avverrà, gli Stati Uniti spingeranno il sempre più riottoso, ma debole, Zelensky a chiedere una tregua per aprire una trattativa di pace.
Putin, che ora al fronte è in una posizione di forza dopo le loffie controffensive ucraine, potrebbe avere un duplice interesse a chiudere il conflitto: non solo perché si avvicina la conquista di quegli obiettivi territoriali (Donbass e Crimea) e politici (Ucraina mai nella Nato) che si era prefissato, ma anche perché l’economia russa inizia a mostrare i primi scricchiolii. Prova ne è il crollo, per la prima volta in 24 anni, degli utili di Gazprom, il colosso dell’energia, vero forziere del Cremlino.
Inoltre, se da una parte la Russia rischia con la guerra di finire al guinzaglio di Pechino, dall’altra “Mad Vlad” deve fronteggiare una crescente pressione della Cina a chiudere il conflitto: Xi Jinping, che sta costruendo la sua “narrazione” verso il sud globale come leader di un Paese pacificatore, che punta al soft power del commercio e non ai missili, ha bisogno di portare a casa un risultato, per poter dire, in soldoni: “Non siamo noi quelli che vogliono la guerra”.
(da Dagoreport)

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E SE FOSSE RAPHAEL GLUCKSMANN A RESUSCITARE LA SINISTRA FRANCESE? L’EX CAPOLISTA DEL PARTITO SOCIALISTA, LEADER DI “PLACE PUBLIQUE”, DOPO IL DIVORZIO DA MÉLENCHON, CRESCE NEI SONDAGGI RIPORTANDO A CASA GLI ELETTORI DI SINISTRA DELUSI DA MACRON

Maggio 4th, 2024 Riccardo Fucile

“I SIMPATIZZANTI STANNO TORNANDO A ESSERE ELETTORI SOCIALISTI. NEL 2019, SOLO IL 40 PER CENTO DI LORO ERA PRONTO A VOTARE. ORA SIAMO VICINI AL 90 PER CENTO”

E se fosse lui a resuscitare la gauche ? Il nuovo protagonista è Raphaël Glucksmann, capolista del fu glorioso partito socialista relegato ai margini nel 2017 dal ciclone Emmanuel Macron.
Sette anni dopo, Glucksmann pesca elettori di sinistra delusi dal governo. I macronisti scrutano l’ascesa nei sondaggi con terrore: ormai è tra il 13 e il 14,5 per cento delle intenzioni di voto, a pochi punti dalla capolista della maggioranza, Valérie Hayer, scesa in alcune rilevazioni fino al 16 per cento.
Il discorso di Macron sull’Europa della settimana scorsa non ha spostato gli equilibri in favore di Hayer, capogruppo a Strasburgo di Renew, che si batte principalmente contro Jordan Bardella, il capolista del Rassemblement Nationale, stabilmente sopra al 30 per cento nei sondaggi.
«L’Europa per me è la battaglia di una vita», ha ripetuto Glucksmann che può rivendicare un forte attivismo nell’Europarlamento e l’impegno su numerosi dossier. Rispetto a cinque anni fa, ha abbandonato l’eskimo che gli era stato regalato durante le barricate in piazza Maidan.
Prima di tanti altri ha allertato in Francia sul pericolo russo. Dal figlio di André Glucksmann, nouveau philosophe che più di vent’anni fa aveva visto segnali di nuovo totalitarismo nell’ascesa di Vladimir Putin, potrebbe sembrare scontato. Ma Raphaël ha accompagnato la battaglie delle idee a scelte di vita, partendo prima in Georgia per essere consigliere del presidente Mikheil Saakashvili, e finendo dentro alla rivolta arancione dell’Ucraina dieci anni fa
Si è anche impegnato contro la persecuzione degli uiguri. Non stupisce quindi che sia stato oggetto di una violenta campagna di disinformazione, orchestrata dalla Cina, che ha tentato di farlo passare per un agente della Cia.
Più a sinistra, il divorzio con i melenchonisti è consumato. Durante il corteo del Primo maggio, Glucksmann è stato aggredito verbalmente, poi con lancio di uova e pittura, ed è stato costretto ad andarsene, accusando i militanti della France Insoumise: «Non sono dei veri democratici. Si vede dalla loro violenza».
In realtà, i rapporti con Jean-Luc Mélenchon non sono mai cominciati. Glucksmann aveva creato alle europee del 2019 Place Publique, il suo movimento con esponenti della società civile, nell’obiettivo di unire la sinistra. L’egemonia di Mélenchon ha impedito qualsiasi accordo. Troppo lontani sulla Russia, sull’Europa, e persino sul conflitto israelo-palestinese.
«L’80 per cento degli attacchi politici contro di noi vengono dalla France Insoumise», osservano nell’entourage di Glucksmann, a conferma che il duello nella gauche è in corso. Gilles Finchelstein, del think tank Fondation Jean-Jaurès, vede «una chiara dinamica» in favore di Glucksmann: «I simpatizzanti socialisti stanno tornando a essere elettori socialisti». «Nel 2019, solo il 40 per cento di loro era pronto a votare Ps. Ora siamo vicini al 90 per cento». Il primo a crederci, è lui, 44 anni, cresciuto con un padre che lo addormentava leggendo Voltaire e l’Odissea. «Siamo riusciti a infilarci in uno spazio ormai soffocato da Macron e Mélenchon», osserva Glucksmann.
«Spingiamo i muri, riportiamo ossigeno ». Per Brice Teinturier, vicedirettore generale dell’istituto Ipsos, cresce sulla debolezza dei rivali, tra cui la France Insoumise e gli ecologisti
Il suo successo alle europee potrebbe chiudere la stagione populista di Mélenchon e segnare un ritorno della sinistra liberale e riformista che per qualche anno è stata assorbita da Macron. «Prima del 15 maggio i sondaggi non contano», commentano i macronisti. Nel 2019, Glucksmann era già candidato per il Ps e Place Publique ma alla fine raccolse solo il 6 per cento. La speranza segreta dei rivali è che sia una bolla che esploderà di nuovo nelle urne. Ma molte cose sono cambiate. Macron, la cui stella brilla di meno, non potrà più ricandidarsi all’Eliseo nel 2027, governa senza una maggioranza assoluta in parlamento, e non ha un successore politico designato.
(da la Repubblica)

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I TORY SONO FINITI INCORNATI, I CONSERVATORI INGLESI HANNO PRESO UNA BATOSTA ELETTORALE ALLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE: RISCHIANO DI PERDERE ALMENO 500 ELETTI, TRA SINDACI E CONSIGLIERI, IN GIRO PER IL REGNO

Maggio 4th, 2024 Riccardo Fucile

PERFINO A “CASA” DI RISHI SUNAK, OSSIA A YORK, È STATO ELETTO UN SINDACO LABURISTA… PER IL PREMIER INGLESE SI METTE MALE MA IL PARTITO E’ RASSEGNATO: NON SI PUO’ CAMBIARE LEADER PRIMA DELLE ELEZIONI NAZIONALI IN AUTUNNO

Un esito «catastrofico» per i conservatori? «Non siamo troppo lontani», ha chiosato il professor John Curtice, il mago britannico dei sondaggi. Perché il partito al governo a Londra si avvia a incassare il peggior risultato da 40 anni a questa parte in una consultazione amministrativa: lo spoglio è ancora in corso, ma i conservatori potrebbero lasciare sul terreno anche 500 consiglieri locali, la metà di quelli che erano in palio.
I grandi vincitori di questa tornata, come largamente previsto, sono i laburisti: e così il loro leader Keir Starmer ha parlato di un evento «sismico», mentre il premier Rishi Sunak ha dovuto ammettere che si è trattato di un risultato «deludente». Perfino nel suo cortile di casa, ossia a York, la circoscrizione che lui rappresenta in Parlamento, è stato eletto un sindaco laburista.
Nella giornata di ieri spiccava anche il ribaltone a Blackpool South, città proletaria del Nord, storicamente laburista, che però nel 2019 Boris Johnson era riuscito a conquistare ai conservatori sull’onda della Brexit: ma il voto suppletivo ha ridipinto di rosso Blackpool con uno spostamento di voti del 26% a favore dei laburisti, la terza maggiore oscillazione elettorale della storia britannica.
Quel che è peggio, i conservatori hanno evitato solo per una manciata di voti di essere relegati al terzo posto dal Reform Party, l’ex Brexit Party di Nigel Farage, che ha capitalizzato i consensi dei ceti popolari delusi: e nel partito di governo c’è chi leggerà questo risultato come il segnale che bisogna spostarsi ulteriormente a destra per recuperare questi voti in uscita.
A livello nazionale, i laburisti hanno ottenuto il 34% dei voti, i conservatori il 25% e i liberal-democratici il 17%: proiettando questi risultati sulla composizione del Parlamento di Westminster in caso di elezioni politiche, secondo Sky News i laburisti otterrebbero 294 seggi, i conservatori 242 e i lib-dem 38 (con 66 seggi agli altri partiti minori).
Dunque il Labour vincerebbe le prossime elezioni, come tutti ormai danno per scontato, ma non otterrebbe la maggioranza assoluta: il che, nel sistema britannico, è un grosso problema (quella proiezione però non tiene conto del voto in Scozia, dove i laburisti sono in recupero sui nazionalisti).
Un campanello d’allarme per il Labour è arrivato dalle aree a forte presenza musulmana: lì il partito di Keir Starmer ha perso consensi, soprattutto a favore dei Verdi, a causa della posizione cauta tenuta sul conflitto a Gaza.
Dal voto amministrativo ci si aspettava soprattutto un verdetto sulla tenuta di Sunak: ebbene, il premier ne esce paradossalmente rafforzato, perché ha evitato una disfatta totale.
Nel Teesside, regione del Nordest, i conservatori hanno mantenuto il sindaco e lo stesso potrebbe accadere nelle West Midlands (i risultati qui si sapranno oggi): se si aggiunge il fatto che il Reform Party non ha mai superato i Tories, non si sono verificate quelle condizioni che avrebbero fatto scattare una ribellione interna e la defenestrazione del premier.
Ormai all’interno dei conservatori si ritiene improponibile fare un cambio in corsa e ci si rassegna ad andare al voto nazionale (probabilmente in autunno) sotto la leadership di Sunak.
(da Il Corriere della Sera)

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