Giugno 17th, 2024 Riccardo Fucile
SOLO IL 13% DEGLI INTERVISTATI DICHIARA DI UTILIZZARE FONTI DI STAMPA. SCEGLIE LA TV (65%), MENTRE L’82% SI INFORMA ONLINE (MA SOLO IL 17% PAGA UN ABBONAMENTO)… LA QUESTIONE FAKE NEWS: SEI PERSONE SU 10 NON RIESCONO A DISTINGUERE I CONTENUTI AFFIDABILI DA QUELLI CHE NON LO SONO
Il crollo di interesse per le notizie nel contesto della guerra in Ucraina e Medio Oriente, i deepfake, l’avanzare dell’intelligenza artificiale, l’ascesa dei video, la scarsa disponibilità a pagare per le news online, il calo di social tradizionali come Facebook e X per la fruizione dei contenuti. Nell’anno che vede un numero record di elettori chiamati alle urne in tutto il mondo, sono questi gli elementi che generano pressioni e incertezze nel mondo dell’editoria.
È il quadro che emerge dal Digital News Report 2024 dell’Istituto Reuters, che per il settimo anno consecutivo certifica l’ANSA prima in Italia per affidabilità tra le testate d’informazione. Secondo l’analisi annuale, condotta in 47 Paesi e arrivata alla tredicesima edizione, l’ANSA guida la classifica con la fiducia degli italiani che si attesta al 75%, seguono SkyTG24, Il Sole 24 Ore e il Tg La7.
ANSA.it è terzo tra i siti d’informazione: il 18% lo naviga ogni settimana. Primo sito è Fanpage, secondo TgCom24 online, quarto SkyTg24, quinto Repubblica.it. Tra tv e radio, i tg Rai sono primi seguiti da Mediaset, terza TgCom24, quarta SkyTg24. Secondo il Rapporto, in Italia rimane stabile al 34% la fiducia complessiva nelle notizie, mentre calano al 10% gli italiani che pagano per gli abbonamenti.
La fruizione delle notizie cartacee continua a diminuire: il 13% dichiara di utilizzare fonti di stampa (-3% su anno). Scende di quattro punti percentuali la tv (65%), mentre il 69% le fruisce online (-1% su anno). L’82% legge le notizie dallo smartphone. C’è una accelerazione della crisi dei giornali a causa di un “consistente calo delle copie vendute (-37% dal 2019 al 2023) e degli inserzionisti che preferiscono altre piattaforme”.
La pubblicità online (58%) ha preso il posto di quella in tv (29%) e carta stampata (5%). Ma la parte da leone (85%) la fanno Google e Facebook, con gli editori che generano solo una piccola parte (15%) dei ricavi pubblicitari digitali. A livello mondiale, il Rapporto Reuters registra un crollo record per l’interesse delle notizie e “i conflitti in Ucraina e Medio Oriente potrebbero aver avuto un impatto”. Fino al 39% degli intervistati afferma di evitare le notizie (+3% su anno) con aumenti più significativi in Brasile, Spagna, Germania e Finlandia.
In stallo gli abbonamenti: solo il 17% dichiara di aver pagato per le news. “Le prospettive di attirare nuovi abbonati restano limitate per lo scarso interesse e l’abbondanza di fonti gratuite. Il 55% di chi attualmente non è abbonato non pagherebbe nulla per le notizie online”, osserva la ricerca. Nell’anno in cui miliardi di cittadini sono chiamati nel mondo, sei persone su 10 (il 59%) sono allarmate perchè non riescono a distinguere online i contenuti affidabili da quelli inaffidabili, soprattutto su piattaforme come TikTok e X, l’ex Twitter.
E cautela viene espressa dai 100mila intervistati sull’uso dell’intelligenza artificiale generativa per le notizie, soprattutto le ‘hard news’ come la politica e la guerra. Solo il 23% negli Usa e il 15% in Europa è favorevole alla scrittura prevalentemente con l’IA e la supervisione umana. C’è più apertura a notizie scritte da giornalisti con l’aiuto dell’intelligenza artificiale generativa: favorevole il 42% in Usa e il 33% in Europa.
Cresce infine il formato video per la fruizione di notizie – il 66% accede ogni settimana, soprattutto i giovani – mentre i podcast restano “un’attività minoritaria”. Cala infine la fruizione delle news dai social tradizionali come Facebook e X. “Questo ecosistema più complicato e la crescente concorrenza nel catturare l’attenzione dei lettori costringono giornalisti ed editori a lavorare molto più duramente per catturare il pubblico e convincerlo a pagare per le notizie”, conclude Rasmus Nielsen, direttore dell’Istituto Reuters.
(da New York Times)
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Giugno 17th, 2024 Riccardo Fucile
UN’ALTRA FIGURACCIA DEL PARTITO DELLA MELONI, LA UE : “CONDANNIAMO LA SIMBOLOGIA FASCISTA”
“L’Ue condanna la simbologia fascista”. Ancora una stoccata a
Fratelli d’Italia e alle radici, mai del tutto rinnegate, del partito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Il pretesto è una risposta nel briefing quotidiano con la stampa del portavoce capo della Commissione Ue Eric Mamer – in pratica della presidente Ursula von der Leyen – a una domanda sull’inchiesta di Fanpage su Gioventù nazionale, il movimento giovanile FdI, rilanciata da Piazzapulita su La7.
I saluti romani e ragazzi e ragazze che inneggiano al Duce e intonano cori fascisti, non sono apprezzati a Bruxelles e rischiano di diventare un pesante fardello sulle aspirazioni e le rivendicazioni della premier italiana che ambisce quantomeno a un commissario per Roma.
La tempistica della condanna europea non lascia molti dubbi. Arriva alla vigilia del Consiglio europeo che designerà i cosiddetti “top jobs” – le cariche apicali dell’Unione – che saranno discusse nella cena informale di questa sera. E a pochi giorni dal precedente del cancelliere tedesco Olaf Scholz che al G7 di Borgo Egnazia ha di fatto relegato all’estrema destra la padrona di casa.
“Il punto di vista della Commissione europea e della presidente” Ursula von der Leyen “sulla simbologia del fascismo è molto chiaro: non crediamo che sia appropriata, la condanniamo, pensiamo che sia moralmente sbagliata. Siamo molto chiari su questo”. Le parole di Mamer.
(da agenzie)
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Giugno 17th, 2024 Riccardo Fucile
E A LAMPEDUSA NELLA NOTTE 173 ARRIVI SUI BARCHINI
Tragedia in mare tra Italia e Libia, in acque internazionali. Dieci migranti morti sono stati trovati nello scafo di una barca in legno: a bordo c’erano 61 persone e 51 si sono salvate, come spiega la ong Resqship.
Due tra i 51 che sono stati evacuati erano privi di sensi. Il gruppo di soccorritori è intervenuto anche con un’ascia per rompere lo scafo ed entrare all’interno del barcone.
Il veliero Nadir di della ong Resqship era a oltre 100 miglia dalle coste libiche, in acque internazionali a poco più di 40 miglia da Lampedusa, nei pressi dell’area Sar maltese.
Il giorno prima aveva raccolto una segnalazione di soccorso relativa a un altro barcone in pericolo, lanciata da Alarm Phone: a bordo c’erano 62 persone poi affidate alla guardia costiera.
Nadir ha dunque continuato a monitorare il mare fino alla tragica scoperta del natante con 10 morti all’interno dello scafo. I 51 sopravvissuti sono stati sottoposti alle prime cure sul veliero della ong tedesca in attesa della loro evacuazione medica sollecitata con urgenza.
E a Lampedusa continuano gli arrivi. Circa 173 naufraghi sono approdati sull’isola nella notte, a bordo di tre imbarcazioni differenti. Nel primo sbarco vi erano 103 persone, nel secondo 27 e nel terzo 43. Sono stati soccorsi dalla Guardia di finanza e dalla Guardia costiera. Si trovano adesso presso l’hotspot di contrada Imbriacola, gestito dalla Croce Rossa Italiana, dove complessivamente in questo momento sono 308 gli ospiti. In mattinata è previsto un trasferimento di 133 persone dal centro di accoglienza, con un traghetto, verso Porto Empedocle.
(da agenzie)
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Giugno 17th, 2024 Riccardo Fucile
UN SOLO CORPO RECUPERATO, IL NAUFRAGIO AVVENUTO IN ZONA SAR ITALIANA
Un solo corpo recuperato, quello di una giovane donna, ma ben 64
dispersi. Sarebbe altissimo il costo di vite umane di un altro naufragio avvenuto nel mare Jonio sulla rotta del mediterraneo orientale verso l’Italia, di una barca partita dalla Turchia.
A raccontarlo gli undici migranti superstiti soccorsi dalla Guardia costiera e sbarcati questa mattina nel porto calabrese di Roccella Jonica, per poi essere accolti nella tensostruttura della Croce Rossa. Tra loro anche una donna incinta.
Secondo il giornalista di Radio radicale Sergio Scandura che monitora i tracciati in mare e in cielo, il naufragio sarebbe avvenuto in acque Sar italiane a popò più di 100 miglia da Roccella Ionica.
A bordo dell’imbarcazione naufragata soprattutto afghani, iraniani e curdi.
Al momento uno il corpo recuperato mentre gli undici sopravvissuti sotto choc salvati da una motovedetta della Guardia costiera sono stati sbarcati a Roccella.
Da questa notte la Guardia costiera è alla ricerca dei dispersi. La segnalazione della barca che stava affondando è arrivata da alcuni diportisti francesi a circa 120 miglia dalle coste calabresi, al limite tra le acque Sar italiane e quelle greche.
Sono stati proprio i diportisti a recuperare i 12 sopravvissuti al naufragio. Ricevuto il “mayday” con la barca di migranti ormai semiaffondata, la sala operativa di Roma prima ha dirottato sul posto due mercantili vicini in attesa dell’arrivo di due motovedette della Guardia costiera calabrese mentre un Atr sorvolava la zona dall’alto. I superstiti prima portati a bordo di uno dei due mercantili, sono stati poi trasbordati sulla motovedetta della Guardia costiera che li ha portati a terra. La donna è morta subito dopo lo sbarco.
(da agenzie)
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Giugno 17th, 2024 Riccardo Fucile
AUMENTEREBBE IL DIVARIO TRA REGIONI RICCHE E POVERE, PENALIZZANDO SANITA’ E SCUOLA
L’autonomia differenziata divide gli italiani: il 45% è contrario ed il 35% favorevole. Tra chi risiede al Sud il sentimento più diffuso è quello di un provvedimento “punitivo”, più che separatista, che danneggia le aree già in difficoltà, aumentando la differenza tra Regioni più ricche del Nord e quelle più povere del Meridione.
È per questo che nella formazione del diverso giudizio espresso dall’opinione pubblica prevale più l’area di residenza che l’appartenenza politica. A tal proposito non è da sottovalutare un altro dato emerso, cioè che chi risiede al Centro esprime un parere sull’autonomia differenziata più in linea con le convinzioni del Sud che non del Nord. Sono queste le principali evidenze dello studio condotto dall’Istituto demoscopico Noto Sondaggi per Repubblica.
Alla domanda secca, favorevole o contrario, prevalgono coloro che si dichiarano contrari (45% contro 35%) alla legge sull’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario. Se si analizza il dato per distribuzione geografica, però, solo al Nord si verifica un’inversione del giudizio ed i favorevoli diventano maggioranza (42% contro 35%). Al Centro i contrari arrivano al 50% mentre al Sud raggiungono il 57%, quasi 6 cittadini su 10.
Per quali ragioni si è favorevoli e per quali ci si oppone? La valutazione ruota tutta attorno al tema delle risorse, la nuova norma consentirà alle Regioni che ne facciano richiesta di ottenere autonomia legislativa su determinate materie, trattenendo di conseguenza il gettito fiscale che oggi viene invece ridistribuito a livello nazionale in base alle esigenze. Da qui i vantaggi, percepiti in particolare al Nord. In primis la possibilità di legiferare in base alle effettive esigenze del territorio (33% che diventa 40% nel Nord), aumentando l’efficienza dei servizi (31% che diventa 36% nel Nord) e consentendo anche di sperimentare nuove politiche a livello locale (19% che diventa 26% nel Nord). Ma, allo stesso tempo, nella percezione degli italiani il nuovo sistema potrebbe comportare problematiche per le Regioni che possono contare su risorse limitate (44%). Questa però è una considerazione particolarmente sentita nel Mezzogiorno (66%) e nel Centro (54%), ma non negata nemmeno al Nord (38%).
Nella percezione della Legge sull’autonomia differenziata prevale quindi il concetto che chi ha più risorse sarà avvantaggiato, a prescindere dalla possibilità di impiegarle in maniera più puntuale. Tra l’altro non è stato sedimentato dai cittadini il messaggio più rassicurante del governo, cioè che l’autonomia ha l’obiettivo di ridurre le disparità tra le Regioni (11% che diventa 16% nel Nord e appena l’8% nel Sud), un concetto questo che convince poco anche gli elettori della maggioranza di governo (FdI 10% e FI 19%), salvo quelli della Lega (37%).
Se si analizzano verticalmente i due settori primari in cui le Regioni potranno vantare una forte autonomia, come la Sanità e la Scuola, prevalgono i timori di un impatto negativo. In particolare, paventando l’aumento del divario sui livelli di servizio sanitario (44% che diventa 63% al Sud)) e la creazione di disparità nella qualità dell’istruzione pubblica (42% che aumenta al 62% nel Sud). Anche queste paure, quindi, risultano prevalenti al Sud e al Centro, ma bisogna anche dire che non spariscono fra i residenti del Nord, anche se in questo caso si attribuisce un giudizio più di beneficio personale che non collettivo a livello nazionale.
Nel complesso, la possibilità di contare sull’autonomia di gestione di un gettito fiscale regionale è ritenuta dagli italiani più un discrimine che un vantaggio ed il timore è che possa impattare nell’aumentare le diseguaglianze fra i territori
(da repubblica.it)
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Giugno 17th, 2024 Riccardo Fucile
LA PUBBLICAZIONE DEL REPORT SULLO STATO DI DIRITTO E’ STATA RINVIATA PER NON METTERE IN DIFFICOLTA’ IL GOVERNO ITALIANO
Le trattative per la composizione della prossima Commissione
europea stanno per entrare nel vivo. Alla cena informale del Consiglio europeo in programma per oggi, lunedì 17 giugno, i leader dei 27 Paesi Ue discuteranno tra le altre cose proprio di chi guiderà l’esecutivo Ue per i prossimi cinque anni. La grande favorita è Ursula von der Leyen, attuale inquilina di Palazzo Berlaymont, che da mesi corteggia potenziali alleati – sia a destra che a sinistra – per incassare il via libera a un suo secondo mandato. In campagna elettorale, von der Leyen ha rivendicato l’asse con la premier italiana Giorgia Meloni, lasciando intendere che potrebbe chiedere i voti anche alla sua delegazione di 24 europarlamentari.
Per non compromettere questa trattativa, rivela Politico, la presidente della Commissione europea avrebbe insabbiato un report che critica il governo italiano e il suo rapporto con la stampa.
Tutto rinviato a dopo l’estate
Secondo quanto riportato da quattro funzionari Ue, un’indagine della Commissione avrebbe evidenziato un peggioramento dell’indice della libertà di stampa in Italia da quando Giorgia Meloni è approdata a Palazzo Chigi nel 2022.
Il report, che viene pubblicato con cadenza annuale, esamina nel dettaglio in che misura i 27 Paesi Ue rispettano lo stato di diritto. La data di approvazione del documento era fissata per il 3 luglio, ma – rivela Politico – Bruxelles ha deciso che se ne riparlerà solo dopo la nomina della prossima presidente della Commissione europea, ossia tra fine luglio e metà settembre. Si tratta di una tempistica insolita e, spiegano i funzionari Ue, «politicamente motivata». Secondo Politico, Von der Leyen teme che la pubblicazione del report possa incrinare i rapporti con Meloni in un momento chiave per la decisione su chi guiderà il prossimo esecutivo comunitario.
Cosa dice il report Ue
Secondo quanto ricostruito da Politico, il report della Commissione avrebbe evidenziato un aumento delle interferenze del governo italiano sui media, diventate una prassi comune negli ultimi due anni. In particolare in Rai, dove i sindacati hanno protestato più volte per chiedere indipendenza e autonomia giornalistica. Secondo un funzionario Ue, «c’è una chiara volontà di frenare su tutte le questioni che riguardano l’Italia e il rispetto dello stato di diritto». Questa situazione avrebbe creato qualche disagio ai dipendenti di Palazzo Berlaymont, anche se Olof Gill, portavoce della Commissione, smentisce questa ricostruzione: «I report sullo stato di diritto – ha precisato a Politico – sono ancora in fase di preparazione. Copriremo gli sviluppi dell’ultimo anno in modo fattuale e oggettivo, come abbiamo sempre fatto».
(da agenzie)
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Giugno 17th, 2024 Riccardo Fucile
CONTRO L’IGNORANZA C’E’ POCO DA FARE
L’iter di approvazione della Legge sul ripristino della natura, uno dei provvedimenti-simbolo dell’agenda verde europea, ha raggiunto il traguardo finale.
Oggi, lunedì 17 giugno, il Consiglio Ue ha adottato il regolamento, mettendo fine a uno stallo di oltre due mesi. Decisivo il voto dell’Austria, che con un ripensamento dell’ultimo minuto si è unita al blocco dei Paesi favorevoli al provvedimento. A votare contro l’adozione è il governo italiano, con il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto che già in passato aveva criticato la Nature restoration law e si era detto preoccupato del possibile impatto sul settore agricolo. Oggi al Consiglio era presente la viceministra Vannia Gava, che ha spiegato così il voto contrario dell’Italia: «Per quanto siano stati introdotti miglioramenti, l’accordo finale resta per noi insoddisfacente. Non possiamo accettare che si vadano ad accrescere gli oneri economici e amministrativi per il settore agricolo»
I negoziati, l’approvazione e lo stallo
La votazione di oggi in Consiglio è passata grazie al voto favorevole di 20 Paesi. Hanno votato contro il provvedimento Italia, Ungheria, Polonia, Paesi Bassi, Finlandia e Svezia, mentre il Belgio si è astenuto. L’intesa tra Parlamento, Commissione e Consiglio Ue sulla legge per il ripristino della natura è stata raggiunta a novembre 2023. A febbraio 2024, l’eurocamera ha approvato il provvedimento in via definitiva e ci si aspettava che il Consiglio avrebbe fatto lo stesso poco più tardi. Il ripensamento dell’Ungheria di Viktor Orbán ha creato invece uno stallo nelle istituzioni europee, con la presidenza belga che si è ritrovata senza una maggioranza in grado di far passare il regolamento. Le elezioni europee hanno contribuito a rallentare ulteriormente la discussione, con alcuni Paesi che temevano un contraccolpo politico in vista dell’appuntamento elettorale. Il Consiglio Ue di oggi ha sbloccato la situazione nell’ultimo vertice utile dei ministri dell’Ambiente prima che la presidenza di turno passi dal Belgio all’Ungheria.
Cosa prevede la Nature restoration law
La particolarità della Nature restoration law consiste nel fatto che si tratta di un provvedimento che punta non solo a proteggere le aree naturali a rischio, ma anche a ripristinare le aree che già sono degradate.
Secondo le stime della Commissione europea, ad oggi l’80% degli habitat europei versano in condizioni di degrado. In base al regolamento adottato oggi dal Consiglio, i Paesi Ue dovranno ripristinare almeno il 20% delle aree marine e terrestri entro il 2030, il 60% entro il 2040 e il 90% entro metà secolo.
Secondo Bruxelles, raggiungere questi obiettivi porterà a un beneficio non solo ambientale, ma anche economico. Le stime dell’esecutivo comunitario dicono infatti che ogni euro investito nel ripristino degli ecosistemi si tradurrà in almeno 8 euro guadagnati. A vigilare sull’effettivo rispetto del regolamento sarà l’esecutivo Ue, a cui il Consiglio ha chiesto anche di presentare – entro un anno dopo l’entrata in vigore del provvedimento – una relazione comprensiva delle risorse economiche disponibili a livello comunitario per finanziare tutti gli interventi richiesti.
(da Open)
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Giugno 17th, 2024 Riccardo Fucile
MEGLIO LASCIAR CORRERE CHI HA QUALCHE POSSIBILITÀ DI DARE FILO DA TORCERE A LE PEN
La maggioranza presidenziale macroniana non presenterà candidati
in una ventina di circoscrizioni in cui ci sono candidati uscenti della destra Républicains, dei socialisti o del gruppo centrista LIOT giudicati “costruttivi”, si è appreso oggi durante la procedura di presentazione delle candidature per le legislative anticipate.
Inoltre, sempre secondo quanto si apprende questa sera alla procedura di presentazione delle candidature in prefettura, l’ex presidente François Hollande, che si presenta a sorpresa nel suo feudo elettorale in Corrèze, nel centro della Francia, non avrà candidati della maggioranza contro di lui al primo turno. Questo, dicono fonti della maggioranza macroniana, “per rispetto di quelle che sono state le sue funzioni”.
Da stasera a mezzanotte parte ufficialmente la campagna elettorale per rinnovare l’Assemblée Nationale francese. Una campagna lampo: tredici giorni e si saprà se la scommessa di Macron di sciogliere il parlamento dopo la batosta alle europee si trasformerà in un boomerang per lui e una rivoluzione per il Paese. Ieri è scaduto il termine per la presentazione delle candidature delle 577 circoscrizioni, che già disegnano un paesaggio politico completamente terremotato. Spariti i partiti, tre i blocchi che vanno allo scontro, con qualche sbavatura nelle alleanze dichiarate
(da agenzie)
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Giugno 17th, 2024 Riccardo Fucile
LA PREMIER NON RIESCE A NASCONDERE IL LIVORE, IN EUROPA L’ARROGANZA NON PAGA
«Se pensano di isolarmi, sbagliano di grosso». Sabato pomeriggio, piscina di Borgo Egnazia. Giorgia Meloni, nel momento di riposo ritagliato fra la fine del G7 e la conferenza di pace di Lucerna, è contrariata. Di più: chi l’ha sentita, dice di avere colto un’autentica furia. La premier ha preso come un’offesa le parole di Olaf Scholz che l’hanno collocata senza mezzi termini «all’estrema destra dello spettro politico» e fuori da qualsiasi alleanza per il governo dell’Europa. Un risentimento, quello della premier, amplificato dal fatto che il cancelliere tedesco ha sferrato il suo attacco ancora sotto gli ulivi pugliesi, senza neppure attendere di tornare in patria. «Sono venuti a tramare a casa mia ma l’Italia, a Bruxelles, avrà quel che le spetta», ripete la prima ministra ai suoi pontieri europei alla vigilia della cena dei 27 capi di governo nella capitale belga.
Nel mirino di Meloni c’è Scholz ma anche Emmanuel Macron, che durante il vertice non ha mancato di far notare le proprie distanze dalla leader della destra italiana in tema di diritti, cominciando a scavare il fossato. Insieme, Scholz e Macron si sono riuniti con Ursula Von der Leyen, proprio a Borgo Egnazia. Altro dettaglio urticante, per la presidente del Consiglio.
Macron, Scholz: è stato il colpo d’ala delle “anatre zoppe”, di partner frettolosamente ritenuti fiaccati dal vento di destra spirato nelle urne. Ma capaci di macchiare, se non di rovinare, il G7. In grado di spingerla di nuovo verso l’irrilevanza.
Meloni non ci sta. Ha sentito alcuni colleghi di governo, in Svizzera ha parlato a lungo con il ministro degli Esteri, e vicepresidente del Ppe, Antonio Tajani. A lui ha detto che la maggioranza-fotocopia della precedente, dai popolari ai verdi, non garantisce a Ursula von der Leyen la matematica certezza della rielezione in Parlamento. È convinta che a Ursula servano anche i voti di FdI per liberarsi dal rischio dei franchi tiratori.
Ma a questo punto Meloni è davanti a un bivio. Cosa farà stasera a Bruxelles? Tenterà di aggregarsi a una coalizione Ursula, pur di strappare qualche casella di peso, oppure cederà a un azzardo sovranista, salto nel buio, sfida a Bruxelles e Washington? Deve decidere come muoversi, come gestire il veto esplicito dei socialisti e liberali sul suo nome. Deve valutare se mettersi di traverso, rallentando un accordo lampo su von der Leyen, oppure dare il via libera — nonostante gli europeisti non la vogliano come alleata — alzando il prezzo delle richieste italiane.
La situazione ideale, in realtà, sarebbe questa: Macron o settori del Ppe che prendono tempo, facendo slittare le scelte sui top jobs a dopo le legislative francesi. In quel caso, la premier avrebbe il vantaggio tattico di poter eventualmente sfruttare una vittoria di Marine Le Pen — e l’ulteriore indebolimento del Presidente francese — per favorire soluzioni diverse alla guida della Commissione, a partire da Antonio Tajani. Se invece il francese dovesse prevalere, come sembra, allora chiederebbe un buon portafoglio in cambio di un accordo su Ursula. Quale? Uno non solo di peso, ma soprattutto “identitario”. La prima opzione sarebbe quella di entrare nel gioco delle alte cariche, reclamando l’Alto commissariato per la politica estera. Che, però, al momento sembra opzionato dai liberali. E dunque la premier potrebbe pretendere un commissario ad hoc per i flussi migratori. Vorrebbe affidarlo a Elisabetta Belloni, che da capo del Dis ha gestito il G7 come sherpa, proponendola per un commissariato ad hoc che si occupi dei flussi migratori. Da creare per l’occasione. L’alternativa è quella di ottenere almeno gli Affari interni, che comunque gestisce quel capitolo tanto caro a Palazzo Chigi. Il problema è che von der Leyen faticherebbe molto a convincere i socialisti ad assegnare una poltrona così delicata e politicamente sensibile e caratterizzata a un governo di “estrema destra”, come l’ha bollato Scholz. Piano B: un commissario influente sul fronte economico. Un nome in pole è sempre quello di Raffaele Fitto, ma è possibile mandarlo a Bruxelles rinunciando al suo contributo da ministro sul Pnrr? Difficile, anche se l’ipotesi resta sul tavolo. L’altro sogno è la Concorrenza, decisiva per le procedure di infrazione, a partire dai balneari. Ma è complesso immaginare che l’Europa consegni questo dossier a Roma. Più facile che conceda il mercato interno, da affidare a un profilo tecnico. Si è parlato dell’ex ministro Daniele Franco (che era il candidato di Roma per la Bei), ma qualche possibilità in più l’avrebbe Roberto Cingolani, che dovrebbe però lasciare la guida di Leonardo. E si torna al punto di partenza: senza questo scalpo, può Meloni regalare il proprio consenso a Ursula?
(da La Repubblica)
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