Agosto 1st, 2024 Riccardo Fucile
CHI L’HA DEFINITA “UN UOMO” O “TRANSGENDER” (SALVINI IN PRIMIS) ORA FA RISCHIARE ALL’ITALIA CHE L’ALGERIA ABBANDONI GLI ACCORDI COMMERCIALI
Si chiama Imane, è una pugile algerina, è una donna, ha una malattia (l’iperandrogenismo)
che le causa livelli di testosterone più alti del normale, è il nuovo caso politico delle Olimpiadi di Parigi.
Imane Khelif si è dovuta difendere da una valanga di fango che il governo italiano (per voce del vicepremier Matteo Salvini, del ministro dello Sport, Andrea Abodi e delle sue colleghe Eugenia Roccella, Daniela Santanchè e diversi esponenti della Lega e di Fratelli d’Italia) le ha riversato contro.
L’accusa è di essere una “transessuale”, di “essere nata uomo” tanto che, in tutte le dichiarazioni, parlano di lei sempre al maschile: «Non è olimpico che un uomo combatta contro una donna», dice Salvini.
Si tratta di una bugia. Imane Khelif non è mai stata un uomo.
Repubblica ha avuto accesso a diverse fonti e ha consultato atti che parlano chiaro: i documenti sportivi, ma anche i passaporti depositati al Cio dal suo paese, l’Algeria (che tra le altre cose non consente nemmeno il cambio di sesso), certificano che Khelif è una donna. Ieri alcuni media algerini sono stati persino costretti a pubblicare una foto della pugile da bambina «per fermare l’onda di fake news e di odio che arriva dall’Italia» hanno scritto, citando Salvini e persino Elon Musk che ha rilanciato un tweet su questa vicenda.
«Siamo sconvolti» ha detto il Comitato olimpico algerino in una dichiarazione ufficiale, «per gli attacchi immorali che Imane sta subendo: tutte menzogne, del tutto ingiuste, in un momento cruciale».
Il problema nasce da quanto accaduto lo scorso anno: quando Khelif è stata squalificata dai Mondiali di Nuova Delhi. Aveva combattuto per l’intera competizione ed era giunta in finale: i test medici effettuati dall’Iba, la Federazione di boxe (che non è all’interno del Cio e in continuo contrasto con il comitato olimpico internazionale) però «non soddisfacevano i criteri di ammissibilità richiesti per partecipare in una competizione femminile».
Imane non aveva presentato ricorso ma aveva gridato al «complotto», sostenendo che lei era una «donna e con le donne devo boxare». Il presidente dell’Iba, il russo Umar Kremlev aveva detto all’agenzia di stampa russa Tass che la pugile non era una donna: «Abbiamo trovato cromosomi XY nelle sue cellule», facendo intendere quindi che fosse nata uomo.
Una bugia: Imane soffre di iperandrogenismo, cioè ha una maggiore presenza di testosterone nel corpo. Un caso raro, ma non unico.
(da agenzie)
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Agosto 1st, 2024 Riccardo Fucile
“LA POLEMICA POLITICA? NON AVEVO DUBBI”… “, LA SCIENZA E LO SPORT STABILISCANO UN LIMITE”
«Prima che una questione di genere c’è un problema di regole: se una competizione esclude un’atleta e un’altra la ammette, bisogna mettersi d’accordo». Giovanna Motta, endocrinologa all’Ospedale Molinette di Torino, commenta così il caso di Imane Khelif, la pugile algerina
Quando si parla di alti livelli di testosterone in un corpo di donna il terreno, anzi, il ring, si fa scivoloso: come se ne esce? Imane è sempre stata donna e ha presentato al Comitato olimpico i suoi documenti anagrafici, oltre alla cartella medica.
«Allora siamo di fronte a una persona intersex: una donna con livelli alti di ormoni maschili. Al fine della competizione sportiva non c’è una grossa differenza: servono criteri omogenei che stabiliscano un limite al livello di testosterone».
Qual è il vantaggio di un eccesso di ormoni maschili?
«Innanzitutto il potenziamento della muscolatura. I livelli ammessi per una donna non devono essere superati, altrimenti la competizione non è più corretta. La polemica scatta nel momento in cui le regole cambiano all’improvviso da una competizione importante come i campionati mondiali, ai Giochi olimpici, che sono l’evento sportivo più simbolico».
La scienza che cosa può fare?
«Stabilire un cut off, un valore limite che renda corretta una gara. Ma non è facile e in certi casi neppure sufficiente».
Parla della tendenza umana a sfruttare le norme fino a infrangerle?
«Qualcosa del genere: stabilire un limite ai livelli di testosterone non rivela quando né per quanto tempo il limite è stato superato. Mi spiego: se per una cura o per cause naturali il testosterone di una donna sarà su livelli maschili fino ai 17 anni, lo sviluppo fisico avverrà di conseguenza. Situazione opposta se l’eccesso di testosterone termina a 12 anni».
Una donna corre dei rischi per la propria incolumità se viene presa a pugni da una intersessuale?
«No. E poi non credo che la boxe sia uno sport così violento».
(da La Stampa)
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Agosto 1st, 2024 Riccardo Fucile
SILVIA CAMPORESI, UNA DELLE MASSIME ESPERTE MONDIALI DI SCIENZA ED ETICA DELLO SPORT, RISPONDE ALLE FALSITA’ SOVRANISTE
“La pugile Imane Khelif è una donna, quindi non vedo problemi alla sua partecipazione a
competizioni femminili». Non ha dubbi Silvia Camporesi, bioeticista, una delle massime esperte non solo in Italia di scienza ed etica dello sport. Professoressa di Sports Ethics & Integrity all’università belga KU Leuven, è stata responsabile del Bioethics & Society Programme al King’s College di Londra. Fa parte dei quattro External Expert Advisors di Etica della Wada, l’Agenzia antidoping, ed è autrice di «Partire (s)vantaggiati. Corpi bionici e atleti geneticamente modificati nello sport» (Fandango).
Eppure anche autorevoli membri del governo la descrivono come uomo.
«Da quello che leggo, è una persona con “variazioni delle caratteristiche del sesso”, Vcs/Dsd, che possono comportare anche iperandrogenismo, cioè una produzione di ormoni superiori a una ipotetica media femminile. Capita per diversi fattori».
Per esempio?
«La sindrome dell’ovaio policistico. Colpisce fra l’8 e il 13 per cento delle donne. Sarebbero da escludere anche loro? Si stima che le persone con Vcs/Dsd invece siano fra lo 0,018 e l’1,7 per cento».
Ci potrebbero essere vantaggi.
«Ogni persona è diversa da un’altra. Qui poi si tratta di condizioni naturali e produzione endogena, non doping».
Allora perché queste polemiche?
«C’è un po’ di sessismo. I vantaggi genetici endogeni vanno bene solo per la categoria maschile, a quanto pare. Ma c’è anche altro, forse… Le donne sottoposte a questi test genetici vengono tutte dal Sud del mondo. Speriamo sia solo un caso».
Ci sono soluzioni?
«La scienza può aiutare, ma non ne offre. La questione è etica. Lo sport, come la società, deve cercare l’inclusione, non l’esclusione».
(da agenzie)
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Agosto 1st, 2024 Riccardo Fucile
LA SITUAZIONE ORMONALE PER GLI ORGANIZZATORI NON LA FAVORISCE… MAI VISTO RITIRARSI UN PUGILE AL PRIMO PUGNO RICEVUTO
Al Comitato Olimpico Internazionale si possono imputare tanti difetti: è un circolo chiuso ancora sensibile al fascino di reali e nobili, è implacabile nel bloccare chi diffonde sui social i video di uno spicchio di Olimpiade (a meno che non si paghino a peso d’oro i diritti tv) e lentissimo a innovare su temi importanti.
Ma un fatto è ben noto a chi si occupa di sport: quando gli olimpici decidono su un argomento sensibile, dopo aver consultato decine di esperti e ragionato con mille prudenze, difendono con unghie e denti i principi postulati.
Ecco perché la valanga di proteste arrivate negli ultimi giorni dalla politica italiana (molto meno dallo sport) sulla vicenda del match di boxe tra la nostra Angela Carini e l’algerina Imane Khelif sono rimbalzate al mittente senza che Thomas Bach e soci muovessero un muscolo. É stata l’atleta azzurra che. clamorosamente, dopo 36″ si è ritirata. Il primo pugno di Khelife, un destro che «mi ha fatto male». La polemica politica ora si sposta sul gesto di Carini
Torniamo a ieri. Al contrario di quella in vigore in federazioni come World Athletics, la normativa del Cio sugli atleti Dsd e transgender è di grande modernità e tolleranza. E ha permesso appunto a due pugilesse, Khelif e la taiwenese Lin Yu-Ting di gareggiare ai Giochi laddove l’algerina era stata brutalmente esclusa nel 2023 dalla finale dei Mondiali di Nuova Delhi dall’International Boxing Association (Iba) per un tasso di testosterone troppo elevato.
Come Caster Semenya, Imane non è transgender (genere peraltro ammesso dal Cio) ma persona con differenza dello sviluppo sessuale ovvero con un tasso di testosterone più elevato di quello medio di una donna.
In India la 25enne nata a Tiaret sui Monti dell’Atlante (combatte da quando ne aveva 16 e faceva 10 km a piedi per raggiungere la palestra) era finita nel mirino dell’Iba e del suo presidente, il russo Umar Kremlev, fraterno amico di Putin con l’abitudine di disporre di arbitri e denari del Cio con disinvoltura. Caso raro nella storia, lo scorso anno all’Iba è stata tolta per malversazioni assortite e il supporto all’invasione dell’Ucraina dei suoi dirigenti l’organizzazione del torneo olimpico, gestito direttamente dal Cio che sugli atleti Dsd applica le sue norme, quelle che per le federazioni internazionali sono solo linee guida.
Al contrario dell’atletica che non ha mai nemmeno discusso le vibranti proteste sulle sue scelte, il Cio ha messo in primo piano «l’equilibrio mentale e psicofisico delle atlete», vieta espressamente l’ispezione degli organi sessuali (giudicata umiliante, come ha raccontato più volte Semenya), non istiga all’uso di sostanze farmacologiche che abbassino il testosterone provocando malesseri e depressione, non presume che valori alti di testosterone diano automaticamente vantaggi nelle prestazioni ma richiede che questi vantaggi vengano dimostrati nell’ambito specifico della disciplina: insomma, si inverte l’onere della prova.
Gli esami vengono svolti in modo riservato, la privacy tutelata e la vecchia regola della soglia di testosterone che deve rimanere inferiore alle 10 nmol/L nei 12 mesi precedenti al torneo e per tutta la durata delle competizioni è applicata con raziocinio.
Se Imane Khelif gareggiasse in qualunque competizione dell’atletica leggera dovrebbe abbassare la soglia sotto le 10 nmol/L assumendo anti-adrogeni o gareggiare tra i maschi o ancora — il massimo dell’umiliazione — in una categoria speciale che include persone Dsd come lei. Sulla base di abbondante documentazione medica presentata, ha spiegato Mark Adams, portavoce del Cio, gli organizzatori hanno certificato che Imane non dispone di alcun vantaggio derivante dalla sua situazione ormonale. Al contrario di Semenya (che sovrastava le avversarie) Imane Khelif ha perso un match su quattro dei 36 finora disputati esattamente come la bravissima poliziotta napoletana Carini che ieri, con saggezza, ha zittito le polemiche politiche. Però ai tanti che si aspettavano, e auspicavano, la sua vittoria ha risposto ritirandosi praticamente subito dopo il gong.
Sostegno totale a Imane da parte del Comitato Olimpico Algerino che ha parlato di «diffamazione e menzogne verso un’atleta che incarna resilienza e determinazione del nostro popolo. Fieri di sostenere e proteggere da chi disturba e l’attacca solo per la sua eccellenza atletica».
(da agenzie)
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Agosto 1st, 2024 Riccardo Fucile
NON E’ OBBLIGATORIO RINCORRERE IL VOTO DEGLI IGNORANTI
Pare che la campagna di Kamala Harris sia più spigliata, e anche più derisoria, di quella di
Biden. Con uso frequente dell’aggettivo weird, “strambo”, per definire la destra trumpista. Tanto che una firma autorevole del New York Times, Thomas Friedman, ha vivamente sconsigliato questo tipo di approccio, perché il proletariato bianco, quello che vota Trump perché si sente disprezzato dalle élite istruite e liberali, sarebbe ulteriormente infastidito da questo nuovo stigma: siete “strambi”.
È un bel problema, ma non sono sicuro che il NYT abbia ragione. Perché se un tizio seminudo, indossando un elmo cornuto, assalta il Campidoglio e orina sulle scrivanie dei congressisti; e se un altro tizio o tizia dice che la Terra è stata creata da Dio circa settemila anni fa, come è ben spiegato dalla Bibbia, e dunque bisogna mettere al bando dalle scuole i testi evoluzionisti; e se il candidato repubblicano alla vicepresidenza dice che le donne senza figli sono «gattare dalla vita inutile»: come fai a non definirli “strambi”? Considerate le circostanze, “strambi” è un affettuoso eufemismo.
Vero, bisogna essere inclusivi. Capire la ragioni degli altri. Ma non al punto di rinunciare al principio di realtà per non urtare la suscettibilità di chi ha deciso che la realtà non fa il suo gioco, e dunque va cancellata.
Detestare le élite democratiche che vivono sulle due coste è legittimo. Ma non è chiaro il nesso tra questa ostilità (legittima, ripeto) e la glorificazione dell’ignoranza.
Tra le due cose (essere di destra, sparare cazzate) il nesso non è per niente automatico. Dunque, non è inutile farlo notare. Se qualcuno si offende, pazienza. Se per recuperare il suo voto bisogna mentirgli, facendo finta che le sue cazzate siano degne di attenzione, meglio rinunciare al suo voto.
(da repubblica.it)
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Agosto 1st, 2024 Riccardo Fucile
UN RISULTATO STRAORDINARIO, ESULTANO LE OPPOSIZIONI.. SCHLEIN: “UN’ALTERNATIVA A QUESTA DESTRA E’ POSSIBILE”
Non hanno voluto aspettare l’ufficialità del dato. I leader del centrosinistra hanno fatto partire la batteria di dichiarazioni per rivendicare il risultato raggiunto: 500 mila firme, la soglia necessaria per chiedere l’indizione del referendum abrogativo. La legge contro cui si oppongono è quella dell’autonomia differenziata. Sommando le sottoscrizioni raccolte online – oltre 350 mila – a quelle dei banchetti fisici – più di 150 mila – si supera il quorum necessario per la Corte di Cassazione.
Il numero sembrerebbe destinato a crescere nell’ordine delle decine di migliaia già prima del weekend: l’obiettivo, nemmeno troppo taciuto, è quello di chiudere la campagna referendaria con almeno un milione di firme.
Schlein: «Una legge sbagliata e pericolosa»
Intanto è già festa tra i capi dell’opposizione. Per Elly Schlein, questa è la dimostrazione che «un’alternativa a questa destra è possibile». La segretaria del Partito democratico ha sottolineato che con la battaglia referendaria sono «riusciti ad unire un largo schieramento che ha visto insieme partiti, forze sociali ed associazioni che si sono mobilitati e organizzati contro una legge che spacca l’Italia. Si tratta di un risultato politico importante e non scontato». E ha concluso: «Il Paese è convinto che quella legge sia sbagliata e pericolosa. Non ci fermeremo qui».
Conte: «Non vogliamo vivere in un’Italia divisa»
Stessi toni quelli usati da Giuseppe Conte: «Un segnale potentissimo, una grande ondata di partecipazione che ci ha portato alle 500 mila firme in pochissimi giorni contro la legge sull’autonomia differenziata». Secondo il presidente del Movimento 5 stelle, «i cittadini non si fanno ingannare e stanno aderendo in massa all’appello per l’abrogazione. Non vogliono vivere in un’Italia divisa, frammentata in tante regioni e in tutte le materie, dalla sanità all’istruzione, dai trasporti al commercio. Hanno compreso che ci rimetteremmo tutti, nessuno escluso. Non ci fermeremo qui, è solo l’inizio».
Magi: «È solo l’antipasto della batosta che aspetta Meloni»
Il leader di Sinistra italiana Nicola Fratoianni ha voluto porre l’accento sullo «straordinario afflusso» ai banchetti, come «risposta del Paese alla controriforma della destra». Per il numero uno dei Verdi Angelo Bonelli, c’è «una fortissima volontà popolare di bloccare questo spacca-Italia». Riccardo Magi di +Europa ha affermato: «In dieci giorni, tra firme cartacee e digitali, mezzo milione di italiani ha già detto no all’Autonomia differenziata, un successo incredibile che è solo l’antipasto della batosta che aspetta Giorgia Meloni quando i cittadini saranno chiamati a pronunciarsi su questa riforma».
(da agenzie)
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Agosto 1st, 2024 Riccardo Fucile
“AFFERMAZIONE RIPUGNANTE”… L’AVANZO DI GALERA CERCA DI SFUGGIRE AL CONFRONTO TV, COME TUTTI I VIGLIACCHI
«Per molti anni ho creduto che Kamala Harris fosse indiana, perché parlava solo delle sue
origini indiane. A un certo punto è diventata nera». Lo ha dichiarato il candidato repubblicano Donald Trump, durante un’intervista alla National Association of Black Journalists (Nabj), l’associazione di giornalisti afroamericani più rilevante negli Usa.
Parole che hanno scatenato fischi, urla e polemiche immediati.
Non è tardata ad arrivare la replica della Casa Bianca: la portavoce Karin Jean-Pierre ha definito i commenti «offensivi» e «ripugnanti». E ha sottolineato: «Nessuno ha il diritto di dire a qualcuno chi è. Lei è la vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris. Dobbiamo portare un po’ di rispetto al suo nome, punto».
Ma sono molte le affermazioni fuori dalle righe fatte da Trump si è lasciato andare. «Sono stato il miglior presidente per i neri dai tempi di Abraham Lincoln», ha detto il tycoon, raccogliendo lo sdegno del pubblico presente. E in un passaggio è arrivato a parlare di «lavori (ad hoc) per i neri», sebbene subito dopo si sia corretto.
Kamala Harris sfida Trump sul duello tv
I toni tra Harris e Trump si erano già scaldati, seppur a distanza, durante il comizio della vicepresidente degli Usa ad Atlanta. In quella occasione, Harris ha attaccato il candidato repubblicano paragonandolo a truffatori e predatori sessuali, oltre che sul tema dell’immigrazione.
A tal proposito, Harris ha promesso di rilanciare «l’accordo sul confine che Trump ha ucciso in Congresso, perché non gli interessa la sicurezza del nostro Paese, ma se stesso». Nel comizio in Georgia, lo ha anche deriso per il passo indietro sul duello tv di settembre, dopo essersi impegnato a farlo con Joe Biden e auspicando che «riconsideri di incontrarmi sul palco del dibattito». «In galera, in galera», hanno risposto i sostenitori di Harris, riferendosi a Trump. Nel frattempo, quest’ultimo non ha perso tempo a rimodulare la sua retorica contro la sua avversaria, con epiteti di stampo razzista.
(da agenzie)
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Agosto 1st, 2024 Riccardo Fucile
IL GENERALE FAILLA: “SIA UN SEGNALE PER TUTTI: DA NOI PER CHI SBAGLIA NON C’E’ SCAMPO”
È stato il generale Gabriele Failla, comandante della Scuola per Ispettori della Guardia di Finanza di Coppito in provincia de L’Aquila, a dire all’allieva di denunciare i quattro ufficiali per violenza sessuale.
In un’intervista al Corriere della Sera Failla dice che gli accusati «hanno stravolto il rapporto che ci deve essere fra istruttori e allievi. La loro presenza nella nostra Scuola era incompatibile con il mandato che avevano avuto e con i nostri valori. In più, i tre capitani trasferiti dopo il loro collega indagato per violenza sessuale, non si sono fatti avanti per raccontare il contenuto delle chat offensive nei confronti delle allieve, nonostante abbiano avuto un mese di tempo per farlo. Sono stati una delusione».
Una delusione
Failla dice di aver agito «subito, senza imbarazzo e senza voler nascondere nulla. Anche per mostrare a potenziali malintenzionati che per chi sbaglia non c’è scampo». È stato un duro colpo: «Sì, mi sono arrabbiato. L’impatto della notizia degli abusi sull’allieva è stato forte. E poi c’è stata la delusione successiva per i tre ufficiali che parlavano in chat con il capitano indagato inviandosi messaggi di scherno e dileggio nei confronti delle allieve. Quando li ho convocati in ufficio per notificargli il trasferimento immediato mi sono sembrati colti di sorpresa. Non se l’aspettavano».
Mentre il capitano indagato «era sconvolto, prostrato. L’ho incontrato subito dopo aver disposto il ritiro dell’arma d’ordinanza. Al netto del trasferimento deciso dal Comando generale su mia proposta in appena cinque giorni, se le accuse dovessero essere confermate rischia il posto di lavoro. Ma ciò di cui è accusato è di una gravità inaudita. Per gli altri tre invece l’accusa di maltrattamenti in famiglia potrebbe essere una macchia indelebile sulla loro carriera».
I quattro ufficiali
I quattro ufficiali, spiega Failla, «erano qui dal 2022. Buoni istruttori che non avevano mai dato problemi. Del resto tutto è successo in libera uscita». Poi racconta come ha convinto la ragazza a denunciare: «L’allieva è rientrata la sera del 27 maggio scorso dalla libera uscita. Era sconvolta. Si è confidata subito con la marescialla istruttrice di turno, che l’ha assistita, poi l’ho affidata a una tenente che si è occupata di lei con molta sensibilità. Quindi la notizia della violenza a casa del capitano ha seguito la linea gerarchica fino a me. Era un caso da codice rosso. Il giorno successivo ho deciso di far accompagnare l’allieva dalla stessa tenente presso gli uffici della Squadra mobile in Questura, che ha una sezione specializzata, per sporgere denuncia. Le indagini coordinate dalla Procura sono scattate subito e così anche i nostri provvedimenti».
Il capitano
L’accusato «ha confermato di aver invitato l’allieva nella sua abitazione fuori dalla Scuola e il fatto della scorretta anticipazione degli argomenti di un esame che lei doveva sostenere». L’allieva è invece ancora a scuola: «Dopo alcuni giorni di riposo — anche per evitare che potesse incontrare di nuovo l’ufficiale indagato — è rientrata in servizio e viene seguita con attenzione. Ci teniamo che possa completare il ciclo di studi, anche se siamo attenti al contraccolpo psicologico degli ultimi giorni dopo la pubblicazione della notizia dell’inchiesta. Ma siamo comunque convinti che continuerà proficuamente tutto il suo corso di addestramento».
(da agenzie)
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Agosto 1st, 2024 Riccardo Fucile
ESEGUITA SU MANDATO DEI DUE RELIGIOSI PER COPRIRE ABUSI SESSUALI
I carabinieri di Afragola in provincia di Napoli hanno arrestato sei persone nell’ambito di
un’indagine su una rapina. Tra questi anche due frati. Si tratta di padre Domenico Silvestro, parroco della basilica di Sant’Antonio di Afragola, in provincia di Napoli, e padre Nicola Gildi, all’epoca dei fatti di stanza nella stessa parrocchia e oggi rintracciato dai carabinieri nel convento “Santa Maria Occorrevole” di Piedimonte Matese (Caserta).
Il primo è ritenuto il mandante della rapina del 26 aprile ai danni di due uomini, uno dei quali extracomunitario. Secondo la procura di Napoli la rapina sarebbe stata eseguita su mandato dei due religiosi per coprire abusi sessuali nei confronti di due vittime. Le quali avevano memorizzato «immagini e chat a dir poco imbarazzanti che avrebbero potuto creare seri problemi ad alcuni frati dei monasteri in cui avevano lavorato le stesse vittime». Obiettivo della rapina esclusivamente i cellulari.
L’inchiesta è affidata al pubblico ministero Cesare Sirignano.
(da agenzie)
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