ASPETTI DI INCOSTITUZIONALITA’ ANCHE PER IL REDDITO DI CITTADINANZA
I DIECI ANNI DI RESIDENZA RICHIESTI PER GLI STRANIERI PENALIZZANO GLI ITALIANI CHE SONO RIENTRATI DALL’ESTERO
La legge sul reddito di cittadinanza si va a infilare in percorsi sempre più a rischio di incostituzionalità .
Nei mesi scorsi Di Maio ha sostenuto la fregnaccia dell’esclusione degli “stranieri” dalla platea di percettori del sussidio di disoccupazione anche di fronte all’evidenza che fosse un metodo (piuttosto miserabile, come spesso accade per le scelte elettorali del M5S) per raccattare consensi.
Quando ha dovuto arrendersi all’evidenza della fregnaccia, ha inventato la categoria dei lungosoggiornanti per non dire in pubblico la parola “stranieri” e salvare la faccia con la regola dei dieci anni di residenza continuativa in Italia per percepire il reddito di cittadinanza.
E proprio qui casca l’asino.
Spiega oggi Ilario Lombardo sulla Stampa che il vincolo dei dieci anni include, calcoli alla mano, 250 mila stranieri residenti (il 5% della platea totale dei beneficiari, che per una curiosa coincidenza corrisponde a quanti sono gli stranieri regolarmente residenti in Italia: sempre 5 milioni, tra comunitari ed extra).
Ma la norma ha un effetto collaterale curioso e interessante: al comma a. dell’articolo 2 che norma i beneficiari si specifica che la residenza deve essere in forma «continuativa» per 10 anni.
Un modo per allontanare i rientri di convenienza. Il che esclude però tanti italiani che hanno vissuto all’estero e cittadini comunitari.
Come evidenzia in una manciata di tweet il professor Andrea Bernardi da Oxford: «E’ una clausola xenofobica. Si dichiara guerra allo straniero anche nelle politiche sociali. È un precedente mostruoso. Immaginiamo se il principio fosse esteso a ospedali e scuole…».
(da “NextQuotidiano”)
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