BOSSI, UN’ESTATE DI SOLITUDINE, FORSE VACANZE DA BERLUSCONI
“NON DIVIDERO’, MA SORVEGLIO MARONI”… IL VECCHIO LEADER NON MOLLA
Adesso che il “Capo” non è più il capo, adesso che i più maligni tra i rottamatori leghisti lo chiamano «Bossy Solo» – non in onore dei suoi trascorsi canori – raccontano che, per uscire dal cono d’ombra, Umberto Bossi voglia giocarsi la carta Berlusconi.
Sì, perchè la solitudine di un (ex) numero primo, se è Bossi, oltre che da una tavola deserta può passare anche dalla pianificazione di una vacanza (mai state una priorità le ferie).
«Basta montagna, quest’anno forse vado in Sardegna… C’è giù la mia nipotina, la Lavinia (figlia di Riccardo). Faccio un po’ il nonno, e poi Silvio mi ha invitato…», ha raccontato il destituito druido padano a una festa verde in quel di Soncino, Cremona.
E già , Silvio di villa Certosa come il mago Silvan.
E il vulcano finto, magari. Roba che all’Umberto non gliene è mai importato di meno (dopo il blitz pre-ribaltone in canotta nel ’94 non ci ha più messo piede, delegando il Trota che nel parco di Punta Lada si divertiva a derapare con la macchina da golf), ma che di questi tempi, un po’ colpo di teatro, un po’ suggestione da mozione affettiva, potrebbe avere il suo perchè.
«Mi hanno lasciato solo» ha certificato il Senatur. E’ vero.
Però i leghisti 2.0 non gradiscono che si dica, chè non è elegante, anzi, fa proprio brutto, e infatti ieri sera a Bergamo (dove partì la rivolta delle scope padane) l’ex segretario federale è stato accolto con meditato calore da tutto lo stato maggiore orobico, Calderoli in primis. «Visto che non l’abbiamo messo da parte?», ha chiosato un maroniano doc.
Sic transit gloria mundi. Addio corti e cerchi magici, basta processioni fuori dalla porta, e capo qua e capo là .
Eccolo il nuovo Presidente Ad Affectum («il suo ruolo è solo affettivo, non ha poteri» lo ha sistemato Bobo neosegretario). Fino a ieri gli bastava sollevare il sigaro per concedere udienza o fare tacere; adesso lui fuma e gli altri trattano e decidono. Altrove. A prescindere dal “Vate” o dal «vangelo», per dirla con la pasdaran bossiana Paola Goisis.
Gemonio, sei e mezza della sera. «Capo, i sigari… Quanti ne prendiamo?», gli chiede Giambattista, uno degli uomini ombra, il meno calvo ma anche il meno atletico della paranza orobica che da anni bada al fondatore della Lega.
La voglia di fumarsi Garibaldi, inteso come sigaro, al Senatur non gli è mai passata: figurarsi in questi mesi tribolati.
Assieme alle amate nuvole di fumo Umberto convive con una nuova compagna di viaggio: la solitudine. Sconosciuta. Detestata.
«Se ne sono fregati, nessuno dei dirigenti era seduto con me al tavolo», ha commentato l’impietosa foto di Trescore: lui piantato lì, e neanche un cane a fargli compagnia. Uno che in due decenni non ha passato un pranzo, una cena, una pausa caffè senza avere attorno una corte che di due o 200 persone.
«Prima venivano tutti da me, adesso mi vogliono pensionare ma io non mollo. Voglio vederli tutti in faccia – ha confidato a chi era con lui quella sera – capire chi è stato ed è sincero, e chi era ed è solo un lecchino».
La maggior parte.
Molti già riposizionati nel nuovo corso leghista. «La Lega deve restare unita – ragiona Bossi tra uno strappo e una toppa – . Niente scissioni, niente divisioni. Ce ne sono già state troppe. Ma guardo come uno si comporta, controllerò che tutti facciano bene le cose, che righino dritto…». Tutti.
Segretario federale compreso. Quello a cui il Senatur ha assestato un altro fallo di frustrazione («il capo sono io, i cani piccoli abbaiano ma non spaventano»).
Al funerale di Cesarino Monti l’altro giorno Bossi e Maroni secondo qualcuno si sono salutati freddamente e con imbarazzo; secondo altri ci sono stati invece affetto, cordialità , battute.
La verità forse sta nel mezzo, e non ha nulla a che vedere con la parvenza di un rito funebre. La racconta uno che c’era prima e c’è adesso. «Bossi in questo momento dentro la Lega solo». Le abitudini le ha mantenute tuttE.
In ufficio tutti i giorni, mai troppo presto.
Ma la geografia del potere in via Bellerio è cambiata: i dirigenti vanno tutti da Maroni, al primo piano.
Quelli che prima aspettavano ore fuori dalla porta dell’anziano leone, su al secondo piano della palazzina, hanno lasciato il posto ai militanti, ai soldati semplici. La “base” passa, saluta il “presidente”. Commentano con discrezione. «L’ufficio di Renzo l’hanno dato all’addetto stampa di…», «Riccardo non si è più visto».
La “sua” Lega cambia i simboli, il linguaggio sotto i suoi occhi; la faccina di Bossi sull’home page del sito è lassù, schiacciata a destra, sul bordo; esce quasi fuori dallo schermo.
Lui abbozza, poi attacca di nuovo. «Io e Berlusconi potremmo tornare, il capo sono ancora io».
La sera tardi Bossi lo trovi sempre lì, nel suo “dehor”. Il bar Bellevue di Laveno, sul lago, a due passi da Gemonio. Mastica discorsi amari, a volte aspri, beve Coca Cola e acqua e menta e, intorno, atterrano gli “aerei di Mussolini”.
Li hanno ribattezzati così: sono gli ultimi cortigiani. Gli adulatori fuori tempo massimo. Q
uelli che «Umberto il capo sei sempre tu, per noi non è cambiato niente». Lo prendono da parte e gli soffiano nelle orecchie.
Li ha lanciati lui: poltrone, carriere a pioggia. Senza di lui sono finiti. Leonardo Carioni, già presidente della provincia di Como, i deputati Desiderati, Meroni, Chiappori, Torri, Goisis (la pasdaran veneta che ha lanciato in aria la tessera al congresso che ha eletto Maroni). Più una mezza dozzina tra impiegati e addetti stampa.
I nuovi colonnelli li irridono: «Si incontrano a Roma, come i carbonari…».
Piazza Navona, esterno notte. Riecco l’espulsa Rosy Mauro, relitti di cerchio magico e lui al centro, depotenziato eppure sempre tirato per la giacchetta. Dopo le immagini della rimpatriata hanno preso a girare voci.
Che l’ex “badante” starebbe facendo il diavolo a quattro per convincerlo a entrare nel nuovo movimento “Siamo gente comune” (uguale suicidio politico; «chi esce dalla Lega fa una brutta fine», sentenziò).
E se non lui almeno la moglie Manuela, e magari Renzo e altri epurati, e poi si vedrà . Che Bossi stia aspettando il primo insuccesso di Maroni per prendersi la rivincita. L’autostima è intatta. «La gente mi vuole bene, sono qui da sempre e molti, da destra a sinistra, parlano ancora con me».
Chi lo conosce bene scommette che non andrà ai giardinetti.
E che, vecchia volpe, sulla nuova condizione di padre nobile-isolato ci stia marciando un po’ su. Si ritorna alla tavola di Trescore. «E’ arrivato alle sei e mezza anzichè alle otto e mezza, ovvio che non ci fosse un’anima», spiega un testimone. «Il dubbio che quel vuoto sia stato organizzato ad arte, viene».
(da “La Stampa”)
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