DIETRO IL MASSICCIO ATTACCO RUSSO NEI CONFRONTI DELL’UCRAINA C’E’ L’ESIBIZIONE DI FORZA DI PUTIN E LA NECESSITA’ DA PARTE DI “MAD VLAD” DI CONSOLIDARE IL CONSENSO INTERNO
SOLO METÀ DEI RUSSI APPOGGIA LA SUA GUERRA CHE COSTA UN MILIARDO DI EURO AL GIORNO: CRESCONO I PACIFISTI E MONTA LA RABBIA DELLE MOGLI DEI RISERVISTI
Insalata russa e missili. Vladimir Putin sta offrendo ai russi il menù di Capodanno che preferiscono, l’unico che sa cucinare: alle cene degli avanzi dell’interminabile ponte festivo, tra uno sguardo a qualche concertone pop – dal quale sono state cautamente censurate prima le star contrarie alla guerra, e ora anche quelle leali, ma colte in festini troppo disinibiti per la rigida morale del dittatore – e vecchie commedie sovietiche, lo spettacolo dei razzi sparati dall’aviazione russa contro le città ucraine dovrebbe riempire gli spettatori di patriottico orgoglio.
Un orgoglio che tra due mesi saranno chiamati a trasformare in un voto per Putin, in procinto di farsi riconfermare per un quinto mandato al Cremlino, che ai russi promette esattamente quello che offriva alle sue prime elezioni, 24 anni fa: la guerra.
Ciascuno tende a ripetere il trucco che gli riesce meglio, e con le bombe il presidente russo sta cercando di mettere a tacere tutto: le voci sulla sua malattia o addirittura morte, sui suoi sosia, sui suoi figli illegittimi, sulle sue barche ormeggiate in Liguria, i pettegolezzi sui complotti nel suo cerchio magico e i rimpianti sulla rivolta fallita dei Wagner di Evgeny Prigozhin. Sta cercando di silenziare la rabbia delle mogli dei riservisti, richiamati al fronte 15 mesi fa senza speranza di tornare a casa e dei soldati che non possono pagare mazzette per evitare le trincee. Sta attaccando quei russi – pochissimi, ma coraggiosi – che si ostinano, nonostante il pericolo, a portare i fiori ai monumenti ucraini in segno di condoglianze – criptate, ufficialmente proibite – per le vittime dei bombardamenti russi dell’Ucraina.
Ma, soprattutto, Putin sta cercando di consolidare quei russi che, secondo i sondaggi, appoggiano al 52% la sua «operazione militare speciale» in Ucraina, e al 70% la sua interruzione e l’apertura di negoziati con Kyiv, quel «partito del silenzio» che la sociologa Elena Koneva definisce in una intervista a Radio Svodoba come «ambivalente», ma accomunato dal desiderio di tornare a una vita pacifica.
Non c’è alcun altro senso nell’improvvisa intensificazione degli attacchi russi, nei giorni della festa più amata dagli ex sovietici, dopo mesi in cui il comando di Mosca aveva messo da parte missili, bombe e droni, per battere tutti i record e far precipitare l’Ucraina in un inferno.
Il senso militare dell’operazione appare prossimo allo zero: i Patriot e gli altri sistemi di contraerea forniti dagli occidentali hanno abbattuto la maggior parte dei razzi russi, che non sono riusciti nemmeno ad arrecare un danno grave alle infrastrutture civili. A differenza di un anno fa, gli ucraini rimangono con la luce e il riscaldamento, grazie alla loro incredibile resilienza e agli aiuti del mondo intero. Il senso politico è semmai controproducente per Putin: nulla guarisce meglio le divisioni di un nemico comune, e la società ucraina che si avviava a entrare nel 2024 con un fardello crescente di dubbi, scoraggiamento, dolore, depressione e sfiducia, ha recuperato sotto la pioggia di bombe russe la rabbia e la solidarietà fieramente combattiva di due anni fa.
Il senso diplomatico è l’opposto di quanto il Cremlino sperava: cancellerie e opinioni pubbliche occidentali stanno mettendo da parte la famosa «stanchezza della guerra», che alla vigilia di Capodanno riempiva i titoli dei giornali. I commentatori ed esperti che soltanto una settimana fa ipotizzavano – chi con rassegnazione, chi con profondo allarme – il rischio di dover scendere a compromessi con Putin, ora constatano – chi con delusione, chi con sollievo – l’impossibilità di un negoziato di tregua con un leader che riempie il suo arsenale appositamente per bombardare le sue vittime a Capodanno.
È la visione del mondo putiniana, e putinista, quella che dopo due anni di invasione dell’Ucraina l’Occidente stenta ancora a volte a comprendere, cercando una logica razionale in quello che è un principio semplice e diretto come un missile. Volodymyr Zelensky prova a spiegarlo nella sua intervista all’Economist: «Putin è un animale, fiuta il sangue», colpisce dove sospetta una debolezza per mostrare la sua forza. In un Paese che, con gli zar come con i comunisti sovietici, per tradizione equipara la forza alle armi e considera la guerra la massima manifestazione di potenza, bombardare i vicini non è un orrore, non è nemmeno un errore.
Non è un caso che il leader russo non solo non nega più di colpire le città ucraine, ma se ne vanta, e promette di «aumentare gli attacchi». E non è un caso che lo faccia proprio nel giorno in cui la Russia assume la presidenza dei Brics, e in cui l’organizzazione si allarga a nuovi membri, tra cui alleati di Mosca come l’Iran e l’Egitto: uno sfoggio di “forza” con il quale il Cremlino forse spera di fare colpo sul “Sud globale”.
(da la Stampa )
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