INCALZA, LO SPECIALISTA NEL BOOM DEI COSTI
PER LUPI È UN MANAGER CHE “L’EUROPA CI INVIDIA”… COME NO? IL “SUO” TAV È IL PIÙ “LENTO” E PIÙ CARO DEL MONDO
Era il migliore nel suo campo. La scelta di conservare Ercole Incalza alla guida della struttura tecnica di missione del ministero dei Trasporti ha una spiegazione: aveva 18 procedimenti giudiziari alle spalle, ma “è uno dei tecnici più stimati nel settore, in Europa ce lo invidiano”, ha spiegato ieri il ministro Maurizio Lupi a Repubblica.
Secondo la Procura di Firenze, invece, è il ras del sistema corruttivo che gonfiava i costi delle Grandi opere.
In principio fu la legge obiettivo di Silvio Berlusconi e Pietro Lunardi — anno 2001 — per semplificare le procedure per le grandi infrastrutture.
Lunardi chiama Incalza a tessere la tela dalla cabina di regia.
Risultato? A 14 anni di distanza, degli 285 miliardi di opere inserite, quelle ultimate valgono solo l’8,6%, mentre i costi sono saliti del 40%.
Stesso incremento stimato dai pm di Firenze per le opere affidate alla direzione del suo braccio destro, Stefano Perotti, anche lui arrestato.
Ma è come manager che Incalza dà il meglio di sè.
Nel 1991 lascia il vertice del ministero dei Trasporti — dove era arrivato grazie allo storico leader della “sinistra ferroviaria”, il socialista Claudio Signorile — per guidare Tav Spa, la controllata delle Fs che deve realizzare le nuove linee veloci.
Assieme a Lorenzo Necci è l’artefice dell’affidamento senza gara ai tre general contractor (Iri, Eni e Fiat) del gigantesco appalto.
Secondo l’ingegnere di Brindisi, questo avrebbe evitato i contenziosi: “Se si sono sbagliati è colpa loro”, spiegava nel ’92.
Per garantire il “contratto chiavi in mano” si inventa il project financing, il miracoloso sistema che apparentemente fa finanziare le Grandi opere dai privati, solo che alla fine paga comunque lo Stato. E così avviene.
Le tratte dovevano costare 18.400 miliardi di lire nel 1991, saranno 90 miliardi di euro a fine lavori: oltre 5 punti di Pil che rendono il nostro uno dei più grandi generatori di debito pubblico.
A fine ’96, travolto dall’inchiesta che porta in carcere Necci, si dimette dalla Tav, e tocca all’ad delle Fs Giancarlo Cimoli svelare il bluff: sarà lo Stato a pagare tutto.
I dati a consuntivo fanno paura.
La Torino-Milano, per dire, doveva costare 1,74 miliardi: saranno 8,3 a fine lavori.
E così per la Milano-Bologna: 7,9 miliardi (1,4); Bologna-Firenze (a dirigere i lavori c’è il fidato Perotti): 6,7 miliardi (1,74 da contratto, con contenziosi per altri 500 milioni); Roma-Napoli: 7,2 miliardi (ne doveva costare uno solo).
La radiografia del disastro l’ha stilata a febbraio 2014 l’Ue: “L’Alta velocità italiana è tra le opere più costose”.
In cifre: 47,3 milioni di euro al chilometro nel tratto Roma-Napoli, 74 tra Torino e Novara, 79,5 fino a Milano e 96,4 milioni tra Bologna e Firenze, contro gli appena 10,2 milioni al chilometro della Parigi-Lione, i 9,8 della Madrid-Siviglia e i 9,3 della Tokyo-Osaka.
In media: 61 milioni al chilometro, contro i 20 dell’Ue. Peggio ancora è andata con i tempi. I contratti prevedevano circa 70 mesi di lavori: la Roma-Napoli viene conclusa nel 2007, cioè 17 anni dopo, le altre tra il 2010-2011, a distanza di oltre 20 anni.
La tratta più lunga d’Europa, la Madrid-Siviglia (490 km) è stata completata in 4,8 anni, la Parigi-Lione in 5 e la Tokyo-Osaka in 4,2.
Secondo uno studio americano, la Milano-Verona, dove Incalza riesce a piazzare Perotti, costerà 60 milioni a km: “Record mondiale per una tratta in pianura”.
Ci vuole talento.
Carlo Di Foggia
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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