LA BASE PD AVVISA SCHLEIN: “RENZI CI FA SOLO PERDERE, RISPEDIAMOLO IN ARABIA, QUELLO CHE TOCCA SI SECCA”
NON SOLO CONTE E IL M5S, ANCHE FRATOIANNI CONTRO MATTEONZO – “LA DISCUSSIONE SU RENZI È RIDICOLA, GOVERNA CON LA DESTRA. IL TEMA NON SI PONE”
L’altra sera alla Festa nazionale dell’Unità di Reggio Emilia è bastato che Pier Luigi Bersani nominasse Matteo Renzi perché dalla platea si levasse un coro di mugugni e borbottii infastiditi. Sì, perché nella base del Pd, quella che da 20 giorni lavora per garantire lo svolgimento dell’evento (fino all’8 settembre), praticamente nessuno lo vuole come compagno di ventura nella costruzione dell’alternativa al centrodestra.
“Se la Schlein apre a Renzi allora sono io a uscire dal partito: quello è un gallo cedrone, vuole esserci solo lui”, dice Angelo Rinaldini, uno dei 400 volontari impegnati tutte le sere nei ristoranti, nei bar e nei servizi generali della festa, nella grande area del Campo Volo, alla periferia della città. Rinaldini è in buona compagnia. Non una delle persone impegnate nelle cucine o destinate al servizio ai tavoli dei cinque punti di ristoro, che sono stati allestiti insieme a due bar presenti, risparmia critiche velenose all’indirizzo del fondatore di Italia Viva. “Un’alleanza con lui? Quello che tocca Renzi si secca – dice Claudio Manghi, 63 anni, volontario al ristorante Gente di Mare –. E credo che tutti gli italiani se ne siano accorti, almeno lo spero. È un novello Berlusconi, anzi è il delfino del Cavaliere”.
Alle 18, i volontari – molti sono pensionati ma ci sono anche giovani – sono già al lavoro, pronti ad accogliere gli avventori che iniziano ad arrivare. Ma se gli chiedi cosa pensano di una alleanza tessuta senza veti e senza ambiguità – parole di Bersani –, se evochi la figura dell’ex segretario del partito tutti si fermano. E il giudizio è corale, tra commenti che si accavallano.
“Renzi ci ha già fatto perdere troppi voti e con lui le cose possono solo peggiorare”, dice Loretta Sabattini, 72 anni, una che ha cominciato a 16 anni a mettersi a disposizione del partito, quando si trattava di allestire stand o tirare la sfoglia.
Nessuno gli perdona la legge che ha cambiato la normativa sul lavoro, il Jobs Act. Né, persino, il vecchio viaggio ad Arcore per incontrare Berlusconi (sono trascorsi quasi 14 anni eppure quell’incontro per tanti vecchi militanti del Pd pesa ancora come un’onta) o gli elogi, più recenti, spesi per il primo ministro dell’Arabia Saudita Mohammad bin Salman. “Ecco, che se ne torni là, in Arabia Saudita: glielo faccio io il passaporto, vada là e non si faccia più vedere”, sbotta Manghi, secondo il quale la Schlein “dovrebbe ascoltare la base, che proprio non lo vuole”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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