LA LEGA A CACCIA DELLA PARCELLA DI ALPA CHE PUO’ FAR CADERE CONTE
DOPO AVER GOVERNATO CON LUI 14 MESI STANDO ZITTI, I LEGHISTI ORA SCOPRONO IL POSSIBILE CONFLITTO DI INTERESSI DI CONTE
La Lega è ancora a caccia della parcella di Guido Alpa che può far saltare Giuseppe Conte.
Da quando Matteo Salvini l’ha eletto a nemico pubblico numero uno, il Carroccio punta ripetutamente il dito sulla vicenda del concorso vinto nel 2002 all’Università di Caserta dall’attuale premier quando tra gli esaminatori c’era il suo mentore, tirata fuori da Repubblica un anno fa quando però alla Lega non interessava.
Luca Fazzo sul Giornale racconta che tutto ruota intorno alle richieste di pagamento che Alpa e Conte inviarono nel 2001 al Garante della privacy, che avevano difeso insieme in una causa contro la Rai. Vedendo quelle carte si scoprirebbe finalmente se Alpa e Conte erano due professionisti autonomi,o erano invece soci:
Entrambi, però, hanno rifiutato ostinatamente di renderle pubbliche, proibendo anche al Garante di consegnarne una copia ai giornalisti (di Repubblica e delle Iene) che le avevano chieste l’anno scorso.
Ma ora dalla Lega parte una interrogazione allo stesso Conte, che in sostanza lo sfida a tirarle fuori, chiedendo «se il presidente del Consiglio può escludere che esistano progetti di parcella firmati da entrambi e su carta cointestata riferiti ai patrocini prestati al Garante; se, in caso contrario, come ciò possa conciliarsi con la più volte ribadita autonomia e se reputi opportuno che un presidente del Consiglio, nell’escludere un conflitto, ricostruisca i fatti omettendo di esplicitare elementi decisivi».
Il tono, come si vede, è quello di chi quelle carte le ha già potute leggere.
Per liberarsi dal sospetto di un concorso addomesticato, Conte ha scelto una strada precisa: negare di essere stato socio di Alpa e di avere mai avuto uno studio in comune con il professore genovese. Non ha potuto negare di avere assistito il Garante insieme ad Alpa, ma ha sostenuto che si trattò di una collaborazione occasionale, gestita da ciascuno autonomamente. Tanto che, scrisse, «abbiamo fatturato al nostro cliente ciascuno per proprio conto».
La storia di Conte e Alpa soci ma anzi no
Conte rispose all’epoca con una lettera aperta a Repubblica, respingendo ogni accusa e spiegando che lui ed Alpa non avevano uno studio professionale insieme, ma il suo studio legale si trovava nello stesso stabile e al piano superiore di quello di Alpa, ed entrambi gli studi condividevano la stessa segreteria. In una lettera inviata a Repubblica all’epoca Conte cercò di tamponare anche l’altra e principale accusa di Repubblica, cioè di aver così stretti rapporti con Alpa da averci lavorato insieme per difendere il Garante della privacy in un giudizio contro la Rai.
Il presidente del Consiglio sostenne che il lavoro sua e quello di Alpa per il Garante erano del tutto indipendenti, allo stesso modo giustificò come normale attività , senza nulla di illegale, la pubblicazione dei suoi articoli nei volumi curati da Alpa e l’assegnazione del progetto di corsi via internet.
(da “Huffingtonpost”)
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