LA VERITA’ DI GUIDO ALPA: “IL MIO ALLIEVO CONTE VUOLE RESTARE NEUTRALE, MA SI DOVRA’ SCHIERAREâ€
INTERVISTA AL “MAESTRO” DEL PREMIER, ORDINARIO DI DIRITTO CIVILE ALLA SAPIENZA, UNO DEI PIU’ QUOTATI AVVOCATI ITALIANI
«Giuseppe Conte vuole sempre mantenere il ruolo di super partes nelle coalizioni di cui è stato premier, ma prima o poi sarà costretto a schierarsi». Guido Alpa, uno dei più importanti avvocati italiani, l’ex presidente del Consiglio nazionale forense, ordinario di diritto civile alla Sapienza, è considerato il “padre” professionale del premier. Una delle persone, da sempre, a lui più vicine.
Anche oggi, i due continuano periodicamente a sentirsi. «Lui – racconta Alpa – è molto impegnato. Però rivelo una cosa: mi chiama la domenica, per chiedermi come sto, come mi vanno le cose. Non gli do alcun consiglio, non ne ha bisogno».
La politica è un argomento di conversazione?
«No, non ne parliamo mai. Anche perchè la pensiamo diversamente, io sono sempre stato socialista e morirò socialista».
Però oggi Conte guida un esecutivo dalle tinte diverse dal passato: fuori la Lega, dentro il Pd.
Alpa ne è convinto: «Ad un certo punto – ribadisce – si dovrà schierare». Sin dall’inizio della carriera politica del premier le attenzioni dei detrattori si sono concentrate proprio sui suoi rapporti con Alpa. Anche nelle ultime settimane, con la vicenda del parere legale per l’affare Retelit, che s’intreccia con le attività del finanziere Raffaele Mincione e con la vicenda Carige.
Ma in precedenza con le polemiche sul curriculum di Conte, sul suo concorso universitario, per arrivare ai rapporti dello stesso Alpa con la Link, l’Università messa in piedi dall’ex ministro democristiano Enzo Scotti, salita agli onori della cronaca mondiale per la scomparsa di uno dei suoi soci, Joseph Mifsud, uomo chiave del Russiagate.
Qual è la sua impressione sulle polemiche che coinvolgono il suo nome?
«La più semplice è che vogliano colpire me, per colpire il premier. Ma è penoso vedere come siano costruite ad arte fake news sulla base di una tecnica semplicistica, l’associazione casuale di immagini e parole. Questa tecnica è stata condannata dalla corte di Cassazione, già dal 1984»
Accostamenti suggestivi, dice..
«A questo punto, ci sono diverse cose che vanno chiarite. A partire dall’assistenza che ho prestato al dottor Mincione nella vicenda relativa alla acquisizione di una posizione di maggior peso nel cda di Carige».
Partiamo dai rapporti con Mincione. Prima della questione Carige vi conoscevate già ?
«Fino a poche settimane precedenti l’assemblea di Carige (il 20 settembre 2018, ndr) non conoscevo Mincione, non l’avevo mai incontrato nè avevo avuto modo di interessarmi alle sue attività ».
Come andò il vostro incontro?
«Mincione mi chiese assistenza professionale e io lo aiutai, sia in giudizio, vista l’opposizione del socio di maggioranza alla sua partecipazione all’assemblea con un numero di voti superiore a quelli direttamente detenuti, acquisiti per delega, sia nel corso dell’assemblea stessa, in cui si esprimeva l’intenzione del voto».
I vostri rapporti sono proseguiti?
«Dopo quella vicenda non l’ho più incontrato. È del tutto improprio quindi accostare il mio nome a Mincione nella vicenda degli acquisti immobiliari a Londra da parte del Vaticano».
Conte ha detto di non aver mai avuto contatti diretti con i vertici del fondo di Mincione nella vicenda Retelit. Qualcuno ha sospettato che la pratica possa avergliela girata lei.
«Non è andata così. Per una circostanza chiara. Io ho conosciuto Mincione due settimane prima dell’assemblea di Carige. L’incarico a Conte è precedente. Poi c’è un altro elemento».
I rapporti passati tra lei e Conte sono da tempo studiati al microscopio. Quando vi siete conosciuti?
«Quando fui chiamato a Roma, alla Sapienza nel 1991, ebbi modo di apprezzare il professor Conte, allora assistente di un collega, e di coinvolgerlo nelle ricerche e nelle attività della mia cattedra».
Poi però c’è il concorso universitario sul quale si accentrano le attenzioni degli oppositori del premier…
«Al concorso la commissione era stata estratta a sorte: era composta da me e da altri quattro membri. Data la mia giovane età , sto parlando dell’inizio del Duemila, non ne ero il presidente. Conte ebbe l’unanimità dei giudizi positivi. Anche se non lo avessi votato, avrebbe avuto quattro voti e gli altri candidati ne ebbero zero: Conte avrebbe vinto egualmente. Quindi tutte le illazioni sul concorso sono assolutamente infondate».
(da “il Secolo XIX”)
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