PER IL GOVERNO L’OBIETTIVO PRIMARIO E’ ROMPERE I COGLIONI A CHI SALVA VITE UMANE, INVECE CHE LASCIARLE AFFOGARE
ARRIVA IL NUOVO DECRETO SOVRANISTA PER OSTACOLARE IL LAVORO DELLE ONG… POSSONO SALVARE SOLO UN GRUPPO DI NAUFRAGHI ALLA VOLTA, CHI ARRIVA SECONDO PUO’ AFFOGARE… LA RICHIESTA DI ASILO A BORDO POI E’ ILLEGALE
Un parto faticosissimo, la nascita del primo decreto Piantedosi. Sono stati interminabili giorni di discussione tra uffici legislativi di più ministeri per evitare nuove gaffe con il Parlamento e presentarsi con un testo malscritto. A sera, alla vigilia del nuovo Consiglio dei ministri, in programma oggi pomeriggio, una bozza era pronta, anche se il perimetro degli interventi sarà forse più ristretto delle attese.
«Il ministro dell’Interno – aveva ad esempio annunciato al mattino Matteo Salvini nella sua veste di vicepremier – sta lavorando ad un decreto complessivo sul tema sicurezza: dalle baby gang ai femminicidi, al traffico di clandestini. Conto che nel 2023 daremo le risposte che da qualche anno mancano».
Il decreto Piantedosi, invece, quando ormai il menù della giornata era in via di definizione, riguarderà quasi esclusivamente l’immigrazione. Troppo difficile armonizzare tante norme tra sé diverse. Ma allo stesso tempo il ministero dell’Interno nell’epoca del destra-centro ha una gran fretta di emanare una stretta contro le Ong.
Piantedosi ritiene che le Ong abbiano finora «strumentalizzato» le Convenzioni internazionali e perciò pretende di verificare, caso per caso, che siano state seguite tutte le regole. Di qui, l’idea di tornare a un Codice di condotta per le navi umanitarie come fu ai tempi di Marco Minniti. Solo che quello era un codice di autoregolamentazione a cui le Ong erano chiamate ad uniformarsi; questo sarà legge dello Stato.
E se qualche Ong violerà il Codice, scatteranno pesanti sanzioni. Attenendosi però alla lettera delle Convenzioni, il governo spera di non scatenare eccessive polemiche in sede europea.
Il primo dei comportamenti che le Ong sono chiamate a rispettare è il principio «un salvataggio, un porto di sbarco». Di fatto è già così da qualche tempo. Ultimo caso, ieri, la nave “Ocean Viking” che ha recuperato in mare al largo della Libia 113 persone, neonati compresi: hanno chiesto immediatamente all’Italia un porto sicuro per sbarcare e con la stessa prontezza gli è stata assegnata Ravenna. Il che comporta quattro giorni in più di navigazione, plateale effetto di ostacolo alla loro attività di salvataggio.§Ecco, se una nave di salvataggio non chiederà immediatamente il porto di sbarco per restare di pattuglia al largo della Libia, questa sarà considerata una violazione del Codice e scatterà un divieto di ingresso nelle nostre acque territoriali. Si potrebbe innescare a quel punto una spirale di azioni e reazioni.
Se la Ong insistesse nel chiedere un approdo o addirittura tentasse di entrare nelle nostre acque territoriali, sono previste un crescendo di sanzioni amministrative: multa, sequestro della nave, e perfino la confisca dell’imbarcazione. «Misure deterrenti», le definiscono al Viminale. Le uniche che secondo il ministero farebbero paura a chi non volesse piegarsi al Codice di condotta.
Naturalmente alle associazioni umanitarie resterebbe la possibilità di fare ricorso al Tar contro un’eventuale sanzione del prefetto.
È esclusa invece la via di creare un ennesimo reato, che fu già un fallimento quando ci provò Matteo Salvini con i suoi decreti Sicurezza del 2018.
Ed è facile prevedere che la politica s’infiammerà di nuovo come fu all’epoca per Salvini e poi per il contro-decreto Lamorgese. La maggioranza di destra-centro l’aveva scritto persino nel programma di governo che avrebbe ripristinato il sistema dei divieti e delle multe per le Ong. Ora ci siamo.
«Da alcune settimane si assiste ad una nuova, ridicola, saga della guerra Salvini-Piantedosi contro le Ong che salvano vite in mare. Un senso del ridicolo che si estende a quanti nel governo assistono inermi al nuovo copione – insorge ad esempio il senatore Antonio Nicita, Pd, dopo aver saputo che la “Ocean Viking” dovrà raggiungere la lontanissima Ravenna –. La nuova strategia del governo punta a punire chi salva vite e ad allungarne i tempi di sbarco, nonché a ritardarne il ritorno in acque internazionali al fine di poter salvare altre vite. Ci auguriamo che tali ritardi non debbano pesare sulla coscienza di chi opera scelte illogiche, inefficienti e politicamente infantili».
(da La Stampa)
Leave a Reply