PROFUGHI, ACCORDO VICINO: 6.500 EURO PER RIFIUTARE UN PROFUGO
E L’UNGHERIA RINUNCIA A TRASFERIRE I SUOI 54.000
Alla vigilia del nuovo Consiglio dei ministri dell’Interno e della Giustizia europei del 22 settembre per la distribuzione dei 120mila profughi da Grecia, Italia e Ungheria, l’accordo sulle quote di rifugiati sembra più vicino.
La Commissione aveva proposto un sistema di redistribuzione di cui avrebbe beneficiato anche l’Ungheria, alle prese nelle scorse settimana con decine migliaia di profughi provenienti dalla Serbia lungo il corridoio balcanico, ma se Budapest, come sembra, non parteciperà , la quota di 54 mila richiedenti asilo da spostare dall’Ungheria dovrà essere ripensata.
Il Consiglio e l’esecutivo europeo stanno lavorando su due opzioni: se spostare i 54mila da Italia e Grecia o se usare la quota per altri Paesi, specialmente i governi dell’Est contrari all’accoglienza dei rifugiati.
Per l’Italia, fa notare un funzionario europeo, i numeri degli arrivi sono molti elevati, ma la situazione non è drammatica.
Invece la Grecia avrebbe bisogno di un sollievo immediato, ma ancora non funzionano gli hotspot per la registrazione dei migranti, condizione necessaria secondo la Commissione europea per cominciare a distribuire i profughi in arrivo sulle coste greche e italiane.
La seconda opzione prevede di permettere ad alcuni Stati, che dovranno farne richiesta, di beneficiare della quota. Si sta pensando ai Paesi dei Balcani occidentali, ma su questo “non c’è ancora accordo”, spiega la fonte.
Le trattative stanno andando avanti e la situazione è “ancora fluida”. In ogni caso, aggiunge la fonte, “si va verso una soluzione molto flessibile”.
Uno degli strumenti studiati in queste ore è una sorta di multa di 6500 euro che i governi dovranno versare per rifiutare l’accoglienza di ciascun profugo, fino a una quota del 30%.
Ma questa soluzione non piace alla Germania, che si era già detta contraria alla multa proposta dalla Commissione per quei Paesi che dovessero rigettare il sistema delle quote: una penale che doveva corrispondere allo 0,002% del Pil.
L’altra possibilità in discussione è permettere al Paese che lo chiede di ritardare i ricollocamenti di sei mesi.
Ciò che risulta ormai chiaro, è che qualsiasi Paese diventi beneficiario dei ricollocamenti, dovrà organizzare gli ‘hot spot’ sul proprio territorio.
Cosa che molti Stati membri, a partire da Croazia e Ungheria non vogliono.
Tra i punti che potrebbero andare a favore di Roma, il fatto che per i 120mila ricollocamenti possano essere presi in considerazione i profughi arrivati in Italia e Grecia fino a sei mesi prima della presentazione della proposta della Commissione Ue (quindi sei mesi prima del nove settembre).
Il 23 settembre il tema dei rifugiati sarà affrontato dal summit straordinario dei capi di Stato e di governo dell’Unione europea, al quale parteciperà Alexis Tsipras, confermato domenica premier della Grecia.
Il paese ellenico per mancanza di fondi è al collasso sull’accoglienza dei richiedenti asilo che continuano a sbarcare sulle isole vicine alla Turchia.
In vista del vertice, Tsipras ha discusso di politiche delle migrazioni oggi con il ministro ad interim Yannis Mouzalas. La linea che intende seguire è quella adottata finora: premere per una condivisione dei profughi e della gestione dei flussi con il resto dei membri dell’Ue.
(da “Huffingtonpost”)
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