“VOGLIONO ELIMINARE ME E LETTA, MA IO NON FARO’ CADERE IL GOVERNO», PRESIDIO PDL AL QUIRINALE
“SE CONFERMANO LA CONDANNA E ‘ UN COLPO DO STATO, NON SO SE MILIONI DI ITALIANI RIMARRANNO INERTI”
«Sono innocente, ma vedrete che non perderanno l’occasione storica di farmi fuori dalla vita politica». Silvio Berlusconi atterra a Roma avvolto da una nube nera di pessimismo.
L’intero pool di avvocati che con Ghedini e Coppi lo circonda dalle 18 fino a sera inoltrata, a Palazzo Grazioli, non contribuisce affatto a mutare lo stato d’animo del leader.
E non solo perchè i margini per chiedere un rinvio ad apertura di udienza questa mattina si sono ristretti fino a dissolversi del tutto.
Il fatto è che qualsiasi via di «fuga» per ottenere l’accoglimento del ricorso sembra d’improvviso ridotta a un lumicino.
«Voglio vicini solo i miei figli, nessun altro» si sono sentiti ripetere ieri sera alcuni dei più alti dirigenti Pdl che sono riusciti a contattare il Cavaliere telefonicamente, nella residenza romana trasformata in bunker.
Il tono della voce rispecchia lo stato d’animo.
E si dà il caso infatti che per oggi a Palazzo Grazioli – già presidiato da telecamere di troupe italiane e straniere – diano per probabile l’arrivo dell’amatissima figlia Marina e, meno certo, di Pier Silvio, forse Barbara.
La famiglia di Arcore pronta a stringersi al patriarca nel momento forse più delicato della sua vita, non solo politica.
Tant’è che un blitz nella Capitale potrebbe farlo anche il braccio destro di sempre, Fedele Confalonieri.
Ne va del destino personale del padre, dell’amico di una vita, del capo.
Tutto, sotto l’asfissiante cappa di calore e umidità romana, appare ormai secondario, visto dalla corte di Palazzo Grazioli, adesso anche i destini del governo.
Fino a qualche giorno fa Berlusconi era pronto a garantire sostegno e fiducia, ora pensa ad altro, pensa a se stesso.
Il resto si vedrà . «Se confermano la condanna è un colpo di Stato, non so se milioni di italiani resteranno inerti» è lo sfogo ultimo dell’inquilino di Palazzo Grazioli, al quale ha fatto eco per tutto il giorno una selva di dichiarazioni di decine di parlamentari Pdl battenti proprio sull’assioma: condanna uguale attacco alla democrazia.
Detto questo, Berlusconi ai suoi predica comunque cautela, invita a mantenere la calma, «non saremo noi a far cadere il governo, ma vedrete che il Pd in caso di condanna non reggerà , saranno loro a staccare la spina».
Ne è convinto e nell’ora decisiva ancora di più.
L’uscita del presidente della Camera Laura Boldrini, che ha minimizzato sulle ricadute del processo, è stata accolta malissimo al quartier generale. Ecco perchè adesso si ripete che tutto può succedere dopo che (domani, con molta probabilità ) sarà pubblicata la sentenza.
E poco conta se in mattinata da Atene il premier Letta avesse rassicurato, dicendo di non intravedere «terremoti». Già in serata del resto a Roma gli umori a Palazzo Chigi erano diversi, se è vero che il ministro per gli Affari regionali, il renziano (non a caso) Graziano Del Rio confessava di essere «preoccupato: ma chi vorrà far cadere il governo lo dovrà poi spiegare agli italiani».
Tutti segnali negativi, nella lettura del radar di Grazioli.
Per tutto il giorno il tam tam sulla tempesta in arrivo ha tenuto banco nei capannelli in Transatlantico. I falchi Pdl sono tornati a volteggiare.
«Qui si tratta di dieci milioni di italiani che in caso dicondanna di Berlusconi rischiano di non avere più rappresentanza politica» attacca Daniela Santanchè.
Col sottosegretario Michaela Biancofiore che continua a rilanciare la tesi delle dimissioni di massa di ministri e parlamentari tutti.
Altri, dal ministro Lupi al capogruppo al Senato Schifani pronti a predicare prudenza, a dirsi fiduciosi.
È un partito spaccato a metà , che non sa dove andrà da qui a qualche ora. In cui tuttavia ad alzare la voce è di nuovo chi, come il senatore Augusto Minzolini – schietto interprete degli umori del capo – sostiene che con la conferma della condanna si avrebbe «una sorta di clausola di dissolvenza dell’attuale governo», nel senso che «per motivi diversi che possono riguardare Pd e Pdl, in un modo o nell’altro, si rischia di tornare alle elezioni».
È l’ala del partito pronto a trascinare tutto e tutti al voto a ottobre. Sebbene non sia lo scenario che Silvio Berlusconi sembri prediligere, in questo momento.
Detto questo, tra i banchi pidiellini a Montecitorio mentre in aula si votava di Ecobonus, si è parlato per tutto il pomeriggio delle possibili azioni «eclatanti» da intraprendere, se tra 24 ore il responso della Cassazione dovesse essere quello temuto. Al di là delle dimissioni, ritenute da molti poco praticabili, restano sul tavolo dei pasdaran l’interruzione dei lavori d’aula, piuttosto che un presidio davanti le Camera, un nuovo Aventino.
Ma l’ultima carta che sembrerebbe prevalere, nel passaparola tra dirigenti di via dell’Umiltà , sarebbe la non meno audace ipotesi di un presidio dei parlamentari del Pdl davanti al Quirinale.
Per sensibilizzare il Colle sull’«attacco alla democrazia ».
La sede della Presidenza della Repubblica come il Tribunale di Milano mesi addietro. E si può immaginare con quanto entusiasmo il capo dello Stato vivrebbe questa sorta di pacifico, magari silente, ma senza precedenti «assedio » alla più alta carica dello Stato.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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