Aprile 5th, 2011 Riccardo Fucile
IL CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE PASSA CON 314 A FAVORE DEL GOVERNO E 302 CONTRARI (CON APPENA 4 VOTI IN PIU’ DEL RICHIESTO) E LONTANO DALLA QUOTA 330 CHE IL PREMIER SOSTENEVA DI AVER RAGGIUNTO…AL PARTITO DEI VENDUTI SI SONO AGGIUNTI LA MELCHIORRE E TANONI DOPO UNA VISITA STAMANE A PALAZZO GRAZIOLI
Sul caso Ruby la maggioranza annaspa ma si salva.
La Camera ha infatti approvato, con dodici voti di scarto, la richiesta avanzata dalla maggioranza di sollevare davanti alla Corte Costituzionale un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.
L’obiettivo è quello di trasferire il processo al Tribunale dei ministri, dal momento che uno dei reati contestati al premier Silvio Berlusconi, la concussione, sarebbe di natura ministeriale.
Per la votazione i banchi del governo erano al gran completo.
Presenti tutti i ministri tranne il presidente del Consiglio: alla poltrona da lui usualmente occupata c’era il ministro Michela Vittoria Brambilla, tra i ministri Umberto Bossi e Franco Frattini.
I banchi erano talmente pieni di ministri e sottosegretari che i ministri La Russa e Meloni non hanno trovato posto ed hanno dovuto accomodarsi ai banchi da deputato.
Con la maggioranza hanno votato anche i deputati liberaldemocratici Daniela Melchiorre e Italo Tanoni, reduci da una visitina mattutina a Palazzo Grazioli.
“Contro di me è in atto un vero brigatismo giudiziario”. E’ quanto avrebbe detto il premier Silvio Berlusconi parlando nel corso del vertice a Palazzo Grazioli con i capigruppo di maggioranza, secondo quanto riferiscono diverse fonti.
Da Dario Franceschini sono arrivate pesanti critiche al voto. «Mi pare che questa sia un’altra pagina davvero vergognosa», ha spiegato il capogruppo del Pd. Il conflitto di attribuzione – ha voluto poi sottolineare l’esponente democratico, è passato per 12 voti di differenza tra la maggioranza (314) e le opposizioni (302).
La maggioranza in aula era fissata a quota 311, considerando gli astenuti, quindi l’asticella è stata superata solo per 4 voti.
«I 330 Berlusconi se li è sognati di notte. Sono arrivati a 314 e quindi i 330 sono un miraggio del premier che come tutti i miraggi si allontana». ha detto Franceschini.
“Oggi è stato un altro giorno di ordinaria follia, come ce ne sono stati altri: il Parlamento ha deliberato qualche minuto fa che Ruby è la nipote di Mubarak” hanno dichiarato sia Di Pietro che la Bindi.
“Il fatto che il parlamento faccia causa alla magistratura fa oggettivamente ridere, è una forzatura operata dalla maggioranza e che è andata male anche dal punto di vista dei numeri perchè hanno avuto solo 12 voti di scarto”.
Lo ha detto il capogruppo di Fli alla Camera, Italo Bocchino, riferendosi al voto dell’aula di Montecitorio sul conflitto di attribuzione in merito al caso Ruby, passato per 12 voti.
“Non ci sono le condizioni per il prosieguo della legislatura, sono molto meglio le elezioni anticipate – ha aggiunto Bocchino – Berlusconi ha deciso di sostituire una componente politica raccattando deputati qua e là : ne può recuperare anche altri 30 ma il problema resta”.
I deputati che hanno cambiato casacca?
“Sono mossi da alti ideali legati alla storia delle poste italiane”, ha concluso Bocchino, riferendosi al caso di Maria Grazia Siliquini, confluita in Fli e poi tornata nel Pdl, di recente nominata nel cda delle Poste
Il pomeriggio resta ad alta tensione.
Infatti, toccherà poi al processo breve che scatenò la bagarre settimana scorsa.
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Aprile 5th, 2011 Riccardo Fucile
TRE TELEFONATE DEL PREMIER AGLI ATTI DELLA PROCURA: UN COLLOQUIO CON LA MINETTI E UN FESTINO IN VIVAVOCE CON IRIS BERARDI…LE CONVERSAZIONI CON BARBARA FAGGIOLI E LA POLANCO
Sono tre le telefonate in cui è rimasta registrata la voce del presidente del Consiglio e che, tra le 20mila pagine depositate agli atti da settimane sul caso Ruby, sono sopravvissute nei brogliacci agli omissis apposti dai pm a tutela dello status parlamentare del premier.
Nelle conversazioni Berlusconi, per legge non intercettabile senza previa autorizzazione delle Camere, è interlocutore di ragazze (Nicole Minetti, Marysthelle Polanco e Raissa Skorkina) che invece in quel momento avevano i telefoni posti legittimamente sotto controllo dal gip.
Agosto, «indagano su Ruby»
«Ma i nostri testi diranno…»
Berlusconi: «Come sta la mia consigliera bravissima? Mi parlano tutti così bene di te, amore. Tutti, quelli della Lega, i nostri (…) Così poi quando ci sono le elezioni vieni in Parlamento».
Nicole Minetti è il consigliere regionale pdl che Berlusconi – avvertito il 27 maggio 2010 a Parigi sul suo cellulare dalla prostituta brasiliana Michelle della presenza in Questura a Milano della 17enne marocchina Karima «Ruby» el Mahroug per una denuncia di furto di tremila euro – aveva immediatamente fatto catapultare di notte in Questura.
Il 1 agosto 2010, cioè 10 giorni dopo il terzo verbale di Ruby, due giorni prima dell’ultimo ai pm, e quasi tre mesi prima dell’emersione dell’inchiesta, è al telefono con Berlusconi.
E dai complimenti passa presto ad altro.
Minetti: «Ma lo sai che l’altro giorno è venuto da me in Consiglio regionale Giuliante a parlarmi della storia della Ruby?».
Berlusconi: «E Giuliante chi è?».
Minetti: «Giuliante è l’avvocato del Pdl nonchè di Lele (Mora, ndr), è venuto in Consiglio e praticamente m’ha raccontato tutta la storia, che c’è questo pm di nome Forno che sta seguendo il caso (…) e che secondo lui, non adesso, ma a settembre (il pm Forno, ndr) mi chiamerà perchè comunque sia la Ruby che l’altra str… della Michelle hanno fatto il mio nome. Hanno aperto un’indagine su questa Michelle, perchè in effetti è vero che la Ruby l’ha denunciata».
Berlusconi: «Cioè, la Ruby ha denunciato Michelle?».
Minetti: «Sì, per induzione alla prostituzione».
Berlusconi: «Una si dà la patente di puttana?».
Minetti: «Te lo giuro» (ride).
Berlusconi: «Ma roba da matti».
Fin qui il premier sembra stupito o disinteressato.
Ma quando anticipa a Minetti quella che sarà poi la linea difensiva, mostra di sapere già bene di che tratti l’indagine, altrimenti non si comprenderebbe il senso del preciso richiamo all’età minorenne o meno della ragazza.
Berlusconi: «Vabbeh, quello che è importante è che ci siano diverse persone che testimonino come a noi (Ruby, ndr) aveva detto che aveva l’età diversa da quella che aveva insomma. Una volta che succede quello, non succede più niente. L’abbiamo soltanto aiutata perchè ci faceva pena».
Minetti però riferisce un dato che disorienta Berlusconi.
Minetti: «Si, perchè (Giuliante, ndr) m’ha detto che ‘sto Forno c’ha anche delle foto in mano, che gli ha dato la Michelle».
Non è vero. Si è ora capito che era la bugia che Ruby raccontava a Giuliante quasi per giustificarsi del fatto di non aver potuto negare nei verbali le proprie presenze alle notti di Arcore.
Ma già la sola prospettiva di foto, benchè non vera, incrina la sicurezza del premier.
Il brogliaccio lo segnala ammutolito: «5 secondi di silenzio».
Berlusconi: «Ho capito. Mmh, vabbeh, speriamo che non venga fuori un casino. Sai, basta poco perchè quando si tratta di me, eh, tutti i giornali son contenti…va beh, comunque noi non abbiamo fatto niente di male, eh…».
Alla luce di questa inedita telefonata dell’1 agosto acquista interesse anche quella che il 22 ottobre 2010, quattro giorni prima che Il Fatto sveli l’esistenza di Ruby, parte da Palazzo Grazioli (residenza romana del premier) per Barbara Faggioli, una delle ragazze delle feste di Arcore.
La segreteria del premier:
«C’è da costruire un verbale»
A chiamarla è la segretaria di Berlusconi per convocarla alle indagini difensive dell’avvocato Ghedini. Ma l’argomento le è posto in modo tutt’altro che neutro, più simile a una anticipazione di quanto la ragazza dovrebbe dire.
Segretaria: «Buongiorno, è la segreteria del presidente Berlusconi, noi la volevamo convocare perchè è veramente indispensabile la sua presenza per cercare di costruire e verbalizzare le normalità delle serate del presidente Berlusconi… Lunedì 25 a Milano presso lo studio Vassalli alle 17».
Faggioli: «Vengo da sola?».
Segretaria: «Si presenta da sola e deve chiedere dell’avvocato Niccolò Ghedini».
Faggioli: «Ah, Ghedini».
Segretaria: «Sì, sì, sempre lui».
Raissa: «Ho finito la benzina»
Silvio: «Ok, vai da Spinelli»
La seconda telefonata del premier sopravvissuta agli omissis è del 26 settembre 2010. Raissa Skorkina, ospite russa delle notti di Arcore, chiama Villa San Martino e in 31 secondi le viene passato il presidente, dal quale cerca l’ok a ottenere «benzina» dal tesoriere personale di Berlusconi, il ragionier Spinelli.
Raissa: «Amore ciao ciao, tutto bene, e tu?».
Berlusconi: «Abbastanza, sono pieno delle cose politiche che è una cosa pazzesca».
Raissa: «Eh, immaginato. Però ho tanta voglia di parlarti, ti prego! (…) E poi volevo chiederti… mi stanno finendo la benzina».
Berlusconi: «Come?».
Raissa: «Mi sta finendo la benzina».
Berlusconi: «Ah, ho capito. Va bene, lo dico a Spinelli. Va bene?».
Il casting tv di Marysthelle?
«Te l’ho procurato io»
La terza telefonata rimasta negli atti è con la dominicana Marysthelle Polanco ed è del 4 ottobre 2010, tre mesi dopo che il premier ha sicuramente saputo dell’arresto del suo convivente per traffico di 12 chili di cocaina.
Anche qui è una donna da Palazzo Grazioli che le passa il premier.
La conversazione ha ampi tratti privati, e inserimenti di un’altra ragazza (Aris) accanto a Marysthelle, a base di scherzosi e reciproci «cattivona tu»/«no, cattivissimo tu».
Qui si darà conto solo del segno di un intervento di Berlusconi a favore di Marysthelle nel mondo della tv.
Marysthelle: «Sono a Roma, oddio sono venuta a fare il casting con Pingitore. Ti ricordi?».
Berlusconi: «Sì, quella che ti ho procurato io, no?».
Marysthelle: «Sì, amore» (ride).
Berlusconi: «Adesso mi hanno chiesto se possono fare qualche numero per le nostre reti. Sto tentando di convincere mio figlio».
E uno dei bunga-bunga va in vivavoce per caso
Agli atti c’è anche una sorta di casuale viva voce di un bunga-bunga di Berlusconi.
Capita infatti che uno spasimante di Aris Espinoza, indispettito per le presenze ad Arcore di Aris e dell’amica Iris, la notte del 25 settembre le chiede via sms un favore particolare: «Rispondimi per ascoltare… quando sei con lui».
«Ok», gli promette la ragazza.
E mantiene, annotano i brogliacci: «Come richiesto nel sms, l’interlocutore chiama e l’utente (la ragazza, ndr) risponde senza parlare. In sottofondo si sente Iris che dice “sono già ubriaca”, Aris le chiede “hai bevuto?”, poi si sente la voce in sottofondo di un uomo, presumibilmente Silvio Berlusconi».
Luigi Ferrarella
Giuseppe Guastella
(da “Il Corriere della Sera“)
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Aprile 5th, 2011 Riccardo Fucile
D’ORA INNANZI QUALSIASI MINISTRO POTRA’ INSULTARE LE ISTITUZIONI E CAVARSELA CON UNA LETTERINA DI CENSURA… IL PARTITO DEGLI ACCATTONI FA PASSARE LA DECISIONE A MAGGIORANZA, INVECE CHE SOSPENDERE 15 GIORNI LA RUSSA DAL VOTO COME PARLAMENTARE: IN PASSATO QUESTA ERA STATA LA PENA SOLO PER UN SEMPLICE GESTO
L’Ufficio di presidenza della Camera ha approvato, a maggioranza, la proposta del collegio dei questori di sanzionare il comportamento del ministro Ignazio La Russa, nel corso della bagarre in Aula la scorsa settimana, con una lettera di censura.
La lettera sarà inviata, per conoscenza, anche al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
Un provvedimento che viene giudicato insufficiente da parte di molti esponenti dell’opposizione.
Mentre la maggioranza ha sostenuto la proposta dei deputati questori, il centrosinistra al voto si è spaccato: Silvana Mura di Idv ha votato contro, Rocco Buttiglione e Renzo Lusetti dell’Udc e Donato Lamorte di Fli si sono astenuti e Rosy Bindi e Giampaolo Bocci del Pd sono usciti dalla sala per non partecipare alla votazione: una scelta dettata dalla loro non condivisione della proposta dei questori e per venire incontro al presidente Fini che aveva chiesto massima coesione.
Per il capogruppo dell’Idv, Massimo Donadi, «la sanzione irrisoria comminata a La Russa è un vero e proprio atto di codardia da parte dell`ufficio di presidenza» che in qualche modo sancisce che «i ministri sono liberi di offendere le istituzioni».
«Il ministro La Russa avrebbe dovuto avere, come membro della Camera, oltre che del governo, l’interdizione almeno dalla partecipazione al voto sul provvedimento. Siamo peraltro in assenza di scuse…» ha invece commentato Rosy Bindi, esponente del Pd e vicepresidente della Camera.
Per la Bindi la censura è «troppo poco», «è una sanzione che è stata applicata per fatti molto meno gravi: ricordo – ha insistito – che il deputato Evangelisti (Idv) è stato sospeso per quindici giorni solo perchè aveva fatto dei gesti. Qui siamo in presenza di un ministro che ha offeso e provocato l’aula, ha offeso il capogruppo del principale partito di opposizione, ha offeso la presidenza…».
La Russa si era reso protagonista di un battibecco in aula con gli esponenti dell’opposizione e con il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che lo aveva richiamato ad un comportamento più consono all’Aula, al quale aveva rivolto un gesto di stizza da più parti interpretato come un «vaffa» all’indirizzo del numero uno di Montecitorio.
La sfuriata del ministro era stata però criticata duramente dall’opposizione e molte perplessità erano state sollevate anche all’interno della maggioranza e del Pdl, partito di cui La Russa è uno dei coordinatori, in particolare dalla componente ex dc che fa capo a Claudio Scajola.
Oggi è stato deciso che insultare le istituzioni è permesso, al massimo si rischia una censura.
Un altro passo avanti verso le liberalizzazioni (dell’insulto), dopo quelle della macchina del fango.
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Aprile 5th, 2011 Riccardo Fucile
GELO TRA IL PREMIER E MARONI, ACCUSATO DI AVER CREATO IL CAOS… LA LEGA, STRETTA TRA L’IMPOSSIBILITA’ DI RIMPATRIARE I TUNISINI E IL TIMORE DI TENDOPOLI AL NORD, PRIMA MINACCIA LA CRISI POI SI CALA LE BRAGHE.. 62 DEPUTATI PDL: NO AI CAMPI DI ACCOGLIENZA SOLO AL NORD
Dopo fallimento della missione di ieri in Tunisia, che avrebbe dovuto portare a un accordo “nero su bianco” per i rimpatri, il rinculo dentro la maggioranza è enorme.
Scende il gelo tra il Cavaliere e il ministro dell’Interno mentre Umberto Bossi, ospite di Berlusconi a cena, minaccia di far saltare il governo nel caso non si trovi una soluzione “chiara e immediata” al problema dei clandestini.
Da palazzo Grazioli filtra invece tutta l’irritazione del premier nei confronti del ministro dell’Interno, accusato di non aver facilitato il raggiungimento di un’intesa politica con la leadership tunisina.
“La Lega – è il ragionamento degli uomini vicini a Berlusconi – non può continuare a essere di lotta e di governo, è ora che ciascuno si assuma le proprie responsabilità e faccia il proprio dovere”.
Il premier, dopo oltre due ore di trattativa serrata sotto i mosaici dell’ex palazzo del Bey, è tornato ieri a Roma senza aver ottenuto altro che una generica “disponibilità a discutere dei rimpatri”.
Furente, ha preteso che Maroni ci mettesse la faccia, insistendo per farlo tornare oggi stesso a Tunisi.
Una trasferta che si potrebbe anche prolungare, se necessario, fino a domani. Nel frattempo gli sherpa italiani (guidati da Rodolfo Ronconi, il direttore centrale della polizia di frontiera) proveranno a convincere i tunisini ad accettare almeno di bloccare nuove partenze.
Perchè soltanto di questo si tratta, visto che la questione dei rimpatri di massa è stata esclusa dal premier Beji Kaid Essebsi.
Il Cavaliere, prima di alzare le mani, ha tentato di tutto, tirando anche in ballo la televisione: “I turisti italiani – ha spiegato a tavola con le autorità tunisine – quando vedono nei tg queste migliaia di giovani che fuggono dal vostro paese, pensano: ma questi scappano come disperati e noi dobbiamo proprio andare in vacanza lì? Pensateci bene, conviene anche voi fermare un esodo che dà una brutta immagine della Tunisia”.
I commensali annuivano, ma quando si è passati a discutere dei numeri dei clandestini da riportare a casa, i tunisini hanno iniziato a fare melina, cambiando discorso.
Niente da fare. La delegazione italiana ha dovuto constatare la “fragilità ” politica del governo provvisorio, che “non può dare garanzie di sorta – spiega uno dei partecipanti al summit – perchè è seduto su un vulcano. Se qualche centinaio di clandestini inscenasse manifestazioni contro di loro per essere stato rimpatriato, il governo probabilmente sarebbe travolto”.
Insomma, a Tunisi la situazione è appesa a un filo.
E tuttavia anche Roma le fibrillazioni dovute alla migrazione di massa stanno portando la maggioranza sull’orlo del baratro.
Raccontano che il vertice di ieri notte a via del Plebiscito, con il Cavaliere rimasto da solo a fronteggiare l’intero stato maggiore del Carroccio, sia stato molto teso. Bossi è preoccupato per le prossime amministrative e non lascia molti margini alla trattativa diplomatica: “Se si perdono le elezioni si va tutti a casa”.
Da via Bellerio la parola d’ordine è una soltanto: fuori i clandestini dall’Italia.
“La soluzione è blocco delle partenze e rimpatri. La Lega non può accettarne altre, altrimenti salta il governo”.
Una rigidità che rende ancora più difficile il lavoro del ministro Maroni, alle prese con l’allestimento dei nuovi centri di raccolta dei clandestini tunisini.
Dopo il vertice a palazzo Grazioli la soluzione che emerge – dato il rifiuto della Tunisia a riprendersi in massa i suoi emigranti – è quella di risolvere l’emergenza clandestini concedendo a tutti un permesso temporaneo di soggiorno.
Una sanatoria di massa insomma, finora rifiutata dalla Lega, sulla quale Bossi avrebbe infine concesso un sofferto via libera.
E intanto 62 parlamentari del Pdl hanno firmato una lettera aperta per chiedere a Berlusconi di redistribuire i clandestini anche nelle regioni guidate dalla Lega, “senza continuare a gravare soltanto sul Sud”.
Prima firmataria Barbara Saltamartini, vicina al sindaco Alemanno.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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Aprile 5th, 2011 Riccardo Fucile
LO SCRITTORE POSSIBILE CAPOLISTA AL COMUNE DI LATINA: “ALLEANZA FASCIOCOMUNISTA, PROVIAMOCI”…”GLI EREDI DI QUESTE DUE STORIE HANNO IL DOVERE DI PROVARE A CACCIARE BERLUSCONI”…”SE IO CARICO UNA PUTTANA ARRIVA LA POLIZIA E MI METTE DENTRO, AD ARCORE LA POLIZIA CARICA LE PUTTANE E LE SCORTA DA BERLUSCONI”
“Guarda, io c’ho avuto due infarti, c’ho tre bypass… Se faccio ‘sta cosa rischio de rimanerci secco. Sarei più contento se non si facesse, così resto a casa a scrivere libri. Mia moglie spera che non si faccia: ma se ci fa ce sto… L’obiettivo è rimuovere il tumore che sta avvelenando il paese”.
Antonio Pennacchi cammina con il bastone, distribuisce qualche “vaffa” al telefono, firma autografi, parla con Camilla, angelo custode della Mondadori. Ha appena concluso una diretta internet a Repubblica (uno show in lingua intellettual-vernacolare).
Avrebbe la promozione del suo ultimo libro, Mammuth.
Ma “’sta cosa” è più forte di lui.
‘Sta cosa è l’idea di una alleanza inedita, centrosinistra più Futuro e libertà , a Latina, per cacciare “il vecchio blocco di potere dei razziatori della cosa pubblica.
‘Sta cosa è la passionaccia, il vizio della politica che torna: “Latina è una metafora, hai capito? Latina è l’Italia. Latina, come l’Italia è finita in mano ai banditi che fanno razzìa della cosa pubblica, che se fanno i cazzacci loro in spregio a ogni legge. Quindi, malgrado questo core spappolato, malgrado i libri, se posso ‘sta cosa la provo”.
Allora Pennacchi, ti candidi?
Momento… ho detto: se si fa l’alleanza con il centrosinistra, faccio il capolista. Se Fli vuole andare per cazzi suoi faccio tutti gli auguri, ma non mi candido a capolista.
Perchè?
Ahò, l’hanno capito tutti tranne quelli d’apparato! Il Novecento è finito: i muri so’ caduti. A Latina il centrodestra fa sembrare Attila un lord.
Un esempio…
(Ride) Un esempio? Ma qui serve un libro, altro! Basta questo: hanno distrutto il cuore di Latina, la sua idea di fondo.
Cioè?
Se so’ magnati er piano regolatore, hanno smantellato le barre frangivento, hanno divorato il canale… Hanno messo, sempre, l’interesse privato davanti a quello pubblico.
Se ti toccano la città diventi una belva.
(Ride ancora) Senti, Latina l’abbiamo fatta io e Mussolini.
Come come?
Nun fa er finto tonto! Hai capito benissimo. Lui ha tirato su la città dal nulla, in mezzo alle paludi, io ho costruito il mito, con i miei libri. Latina/Littoria, come la chiamo io, è un compromesso che si fonda su due idee forti.
Quali?
La terra tolta ai ricchi per darla ai poveri, e l’interesse pubblico sopra l’interesse privato. Se togli queste cose, come hanno fatto, la città si dilegua nel nulla da cui è venuta.
Cosa pensi del sindaco di centrodestra?
Volemo ride? So’ come Alì Babà e i quaranta ladroni!
Cioè?
Se so’ divisi in due, se so’ menati come zampogne, c’hanno regalato un anno di commissario prefettizio, e mo’ so’ tornati d’amore e d’accordo per il voto. Fai un po’ tu…
Quindi, dici, bisogna unire la sinistra perbebe e la destra perbene per cacciare Ali Babà !
Ma certo. I fasci, quelli veri, so’ entusiasti! Vedi: io due idee ho messo, in 1/4 di secolo di libri. Il fasciocomunismo, e l’identità de questa città . Ora che tutte e due si possono realizzare, per salvà ‘sto paese, faccio tutto quello che posso per provarci.
Ci sono delle difficoltà ?
Mi hanno detto che quel povero coglione di Urso — ma non mettere coglione che pare offensivo, metti solo il povero Urso, che è più caritatevole — si è messo di mezzo, che dice: “Fermi! l’Alleanza con la sinistra è innaturale”…
E a te dispiace.
Noooh!… ma che stai a ddì? Se il povero Urso si butta per terra nello studio di Fini e lo convince a dire niet, io sospiro di sollievo, faccio contenta mi moje e me torno a casa.
Potete vincere contro un blocco di potere radicato?
Senti, la gente non aspetta altro. Almeno di provarci: alleati con Fini, con Gesù bambino, con chi volete voi.
Dal “milazzismo” al “Pennacchismo”…
Non ce provà ! Era la metà del secolo scorso. Il milazzismo, e non era nemmeno un’idea sbagliata, era un progetto poitico pensato mentre il comunismo e il fascismo, per i rispettivi adepti, erano il miglior mondo possibile.
E ora?
Sappiamo che il mondo migliore è tutto da inventare, ma non è il capitalismo. Gli eredi di queste due storie hanno il dovere di provare a cacciare Berlusconi.
Sei diventato antiberlusconiano? Dicevi ‘Travaglio non lo reggo’…
Ho una differenza. Non è Berlusconi che ci ha messo nella merda in cui ci troviamo. E’ il crollo della Prima Repubblica che ci ha portato la piaga di Berlusconi, le puttane, i ladroni, eccetera, eccetera.
Ti diranno: tu che non sei mai stato moralista…
E io mica sono moralista! Io so’ morale! Vuoi un esempio? Se vado sulla Pontina e carico una puttana, arriva la polizia e mi mette dentro. Ad Arcore la polizia carica le puttane e le scorta da Berlusconi!
Ma la gente lo pensa?
Santoddìo! il paese è stufo, stu-fo! Siamo in una situazione indecente, hanno stuprato la coscienza civile: io la notte mi sogno che i francesi ci invadono e ce lo portano via…
Ma se accettano le tue condizioni, e fai il capolista, poi in consiglio ci vai Senti: io spero che il povero — scrivi povero — Urso si metta di traverso, non se ne va nulla, e io, co’ sti tre bypass sto a casa bello bello a scrivere…
E se Urso non si mette per traverso?
Allora me tocca faticà . Ma almeno ci proviamo.
Luca Telese
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 5th, 2011 Riccardo Fucile
PREZZI E AFFITTI ALLE STELLE, COSTI DI MANUTENZIONE TRIPLICATI…IN DIECI ANNI AUMENTI DA 241 A 707 EURO AL MESE… ALLARME DELL’ASSOCIAZIONE CONSUMATORI…MA LE CASE PER LE GIOVANI COPPIE, PROMESSE NEL PROGRAMMA DI PDL E LEGA, DOVE SONO FINITE?
Case sempre più care, affitti alle stelle e costi di manutenzione che sono triplicati in dieci anni.
Ormai per comprare un’abitazione media, 90 metri quadrati in zona semicentrale di una grande area metropolitana, bisogna mettere da parte più di 18 anni di stipendi.
Sempre dal 2001 a oggi i costi per la casa, dalle bollette alle tasse, dai canoni di locazione ai mutui, sono aumentati di 241 euro al mese per una casa di proprietà e di 707 euro per un’abitazione in affitto.
A fare i calcoli sono le associazioni dei consumatori Federconsumatori e Adusbef.
In particolare l’Osservatorio Nazionale della Federconsumatori, che ha elaborato i dati, evidenzia che dal 2001 al 2011, ci sono stati aumenti vertiginosi in tutte le voci di uscita della casa: dalla manutenzione (+308% per una casa in affitto e +260% per una casa in proprietà ) al condominio (+87% in entrambi i casi), dalla nettezza urbana al riscaldamento.
Solo le spese per il telefono hanno visto in dieci anni un calo: -9% (però dal 2010 al 2011 sono aumentate del 7%).
«Lo studio conferma che i costi relativi alla casa – sottolineano Federconsumatori e Adusbef – continuano a pesare fortemente sui bilanci familiari».
Ad aggravare la situazione – proseguono le associazioni guidate da Rosario Trefiletti e Elio Lannutti – contribuiscono gli ulteriori rincari previsti per le spese connesse alla casa: dalla luce al riscaldamento, dal gas alla nettezza urbana. In media, rispetto al 2010, vi sarà un aggravio del +4%, pari a 57,80 euro al mese, per chi ha un appartamento in affitto, del +7%, pari a 64,90 euro al mese, per chi ha un appartamento di proprietà .
«Il confronto appare impressionante – rilevano ancora le associazioni dei consumatori – spostando il termine di paragone al 2001: per la casa in affitto i costi sono cresciuti dell’83%, ovvero +707,15 euro al mese, pari a 8.485,80 euro l’anno; per la casa di proprietà i costi sono aumentati del 33%, ovvero +241,35 euro al mese, pari a 2.896,20 euro l’anno».
Le due associazioni sollecitano allora «urgenti provvedimenti rivolti da un lato a ridurre il costo dell’abitazione, soprattutto per i ceti più deboli, dotando il Paese di un serio piano per l’edilizia residenziale e, dall’altro, a sostenere il potere di acquisto delle famiglie, attraverso una detassazione per il reddito fisso».
Nel famoso programma del centrodestra, spesse volte citato a sproposito dai suoi massimi esponenti, sarebbe interessante chiedersi che fine abbia fatto l’impegno di costruire appartamenti a prezzo agevolato e sociale per le giovani coppie.
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Aprile 5th, 2011 Riccardo Fucile
SESSANTA PARLAMENTARI ANCHE DEL PDL SCRIVONO ALLA GELMINI…IL BLOCCO DEI TRASFERIMENTI TRAVOLGE I DEPUTATI MERIDIONALI… I SINDACATI: “LE SENTENZE VANNO APPLICATE, NON AGGIRATE”
Monta la polemica politica sull’aggiornamento delle liste provinciali dei supplenti.
Sessanta deputati di tutti gli schieramenti politici chiedono al ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, di investire il Parlamento della complessa questione dei precari della scuola.
Mentre la maggioranza è intenta a cercare una soluzione per evitare di essere travolta dalle richieste di risarcimento danni e di immissioni in ruolo forzose imposte dai giudici del lavoro di mezza Italia.
In ballo ci sono 4 miliardi di euro, ma forse anche sei.
Tre giorni fa, per cercare una via d’uscita, si è svolta una segretissima riunione tra quattro ministri e un rappresentante sindacale
La questione sta letteralmente facendo impazzire i parlamentari meridionali, pressati dalle migliaia di supplenti in servizio al Nord che fra qualche settimana saranno costretti a fare le valigie alla volta di casa, restando senza lavoro e stipendio.
Tra i firmatari, spiccano i nomi di quasi tutti i deputati del Pdl eletti nelle circoscrizioni meridionali.
Ovviamente, la questione non è semplice nè di facile soluzione. Per tale ragione – scrivono piuttosto infastiditi i rappresentanti del popolo – siamo convinti della necessità di un pieno coinvolgimento parlamentare volto ad istruire al meglio il percorso”.
Migliaia di supplenti, forse 20/30 mila, temono che la strada tracciata dal ministero per il prossimo aggiornamento delle graduatorie dei precari sia proprio quella delineata nella lettera inviata due giorni fa dai tecnici del ministero all’Avvocatura dello stato per un parere legale.
L’ipotesi è quella di aggiornamento del punteggio nella sola graduatoria di merito, senza possibilità di trasferimento di provincia, e cancellazione delle cosiddette graduatorie di “coda”, dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale.
Ma la complessa decisione, oggi, si intreccia con le migliaia di richieste di stabilizzazione e risarcimento danni avanzate dai supplenti.
Non ultima la megaclass-action di 40 mila precari di scuola e università annunciata dal Codacons.
A fare drizzare letteralmente i capelli al ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, la sentenza del giudice del lavoro di Genova che ha condannato il ministero a pagare quasi mezzo milioni di euro a titolo di risarcimento danni in favore di soli 15 precari.
Ma anche le centinaia di richieste di assunzione avanzate ai giudici per il semplice fatto di essere stati in servizio continuativo per tre anni.
E le richieste di integrazione di ore di sostegno da parte dei genitori degli alunni disabili.
Per disinnescare la bomba ad orologeria accesa dai giudici, che secondo calcoli ministeriali riguarda almeno 65 mila precari, il ministero ha ipotizzato un piano di assunzioni.
C’è chi parla di 50 mila immissioni in ruolo diluite in quattro/cinque anni, chi si spinge fino a 65 mila e c’è chi ne chiede almeno 30 mila da settembre.
Ma salterebbero i vincoli di bilancio.
Per prendere tempo, viale Trastevere intenderebbe impugnare i provvedimenti dei giudici del lavoro, ma il problema verrebbe spostato soltanto di alcuni mesi.
Intanto, i precari pressano.
E si sono creati due partiti: i favorevoli all’inserimento a pettine e al trasferimento di provincia e i contrari a tale ipotesi. I
n gioco c’è il posto di lavoro per i prossimi due anni.
Due supplenti su 3 iscritti nelle graduatorie provinciali sono meridionali, ma la maggior parte dei posti vacanti è nelle regioni settentrionali.
Nel 2007, con l’intento di eliminare il precariato della scuola, l’allora ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni trasformò le graduatorie “permanenti” in graduatorie “ad esaurimento”, bloccando i trasferimenti di provincia e, al contempo, varando un megapiano di 150 mila assunzioni in tre anni.
Quando a Palazzo della Minerva arrivò la Gelmini e in via XX settembre Tremonti, il piano di stabilizzazione dei precari venne cancellato, mentre il blocco dei trasferimenti di provincia restò in vigore.
Per addolcire la pillola alle migliaia di precari meridionali alla disperata ricerca di una cattedra e uno stipendio, la ministra di Leno inventò le graduatorie “di coda”: una specie di lista secondaria, che seguiva la cosiddetta graduatoria di merito.
Due anni fa i precari della scuola ebbero la possibilità di aggiornare il punteggio – per il biennio 2009/2010 e 2010/2011 – nella provincia in cui si trovavano inseriti ai tempi di Fioroni e, in più, poterono scegliere altre tre province in cui inserirsi in “coda”.
La trovata consentì a migliaia di insegnanti delle regioni del Sud di lavorare al Nord.
Ma il mese scorso i giudici della Consulta hanno dichiarato illegittime “le code”.
“In attesa della risposta dell’Avvocatura – osserva Maristella Curreli, presidente nazionale dei Comitati insegnanti precari – la situazione dei precari della scuola è di fatto bloccata”. “Il ministero – spiega – ora si propone di avviare l’aggiornamento delle graduatorie considerando solo un’iscrizione e facendo decadere l’opzione per le altre tre province. Ripeto attualmente ‘non sappiamo di che morte morire'”. “Per fronteggiare una pioggia di ricorsi – conclude – il ministero sta pensando a una soluzione che prevede anche un piano di assunzioni. Per ridurre al massimo i ricorsi – rimarca la Curreli – sarebbe meglio che il ministero facesse una bella immissione in ruolo”.
Mentre la Flc Cgil ribadisce “che le sentenze e le direttive vanno applicate e non ‘aggirate’ per nascondere l’incapacità e l’inadeguatezza del ministro di turno”, Cisl e Uil scuola, affiancate dallo Snals, chiedono al governo “una soluzione politica della questione di precari della scuola”.
Intanto, i bene informati sono certi che il governo per uscire dal guado opterà per un decreto-legge, possibilmente condiviso anche dalle opposizioni.
Salvo Intravaia
(da “La Repubblica“)
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Aprile 5th, 2011 Riccardo Fucile
IN GIAPPONE SONO BASTATI SEI GIORNI PER RICOSTRUIRE UN’AUTOSTRADA, ALL’AQUILA DIECI MESI PER AVERE UN’AUTORIZZAZIONE A RICOSTRUIRE…SONO ANCORA 37.733 LE PERSONE ASSISTITE, DI CUI SOLO 23.000 NELLE CASE PREFABBRICATE…RICOSTRUZIONE FERMA E SPESE GONFIATE
«Ma perchè gli aquilani si lamentano?».
Se lo chiedono in molti, a volte con aria infastidita, ricordando il «miracolo» delle casette costruite a tempi record e fornite, con tanto di champagne in frigo, ai terremotati.
Il problema è che c’è una ferita che ancora sanguina, da quella notte tra il 5 e il 6 aprile del 2009, quando alle 3.32 del mattino, un boato agghiacciò l’anima e poi tutto venne giù assieme ai muri: gli affetti, le case, le storie, il futuro.
È che il centro, cuore pulsante sociale, culturale, economico dell’Aquila, ma anche dei piccoli paesini attorno, è rimasto com’era.
A parte i puntellamenti di legno che sono costati moltissimo, anche per case che forse dovranno essere demolite, e che ora, dopo due anni di pioggia e neve e assenza di lavori, sono già destinati alla sostituzione.
Per la gioia delle imprese appaltanti e la rabbia dei terremotati.
Fuori dalla zona rossa, in periferia, i cantieri aperti si vedono.
Sono quelli delle case meno danneggiate. Si è partiti da quelle.
E già c’è una pioggia di esposti.
Imprese che, magari con l’assenso degli inquilini, gonfiano i costi dei progetti con lavori non necessari.
O lavori fatturati molto ma compiuti male.
«Devono venire a controllare. Non l’hanno fatto all’inizio e c’è chi se ne è approfittato. Almeno lo facessero ora. Perchè qui sono milioni di euro, mica uno scherzo» protesta Luciano, autore di un esposto. «A casa mia c’era solo una piccola crepa, ma la volevano far passare per gravemente danneggiata».
A due anni di distanza, sono ancora 37.733 (15 mila in meno rispetto al 2010) le persone assistite. Poco meno di 23mila risiedono in alloggi Map (le famose casette), in 19 new town; circa 13 mila sono beneficiarie del contributo di autonoma sistemazione (200 euro a persona ogni mese) e 1.328 sono ancora in strutture ricettive abruzzesi e nelle caserme.
In questi giorni sono tutti in fermento. Si attende l’ordinanza.
L’ennesima che dovrebbe finalmente chiarire tutti i dubbi su come debbano essere i progetti da presentare all’approvazione, per aver poi i rimborsi.
Da due anni la burocrazia ha infierito sugli aquilani.
E se in Giappone sono bastati 6 giorni per costruire un’autostrada qui ci sono voluti in media 8-10 mesi, con punte di un anno e due mesi, per avere il via libera a ricostruire.
Con l’ordinanza i 15mila della fascia E (i proprietari delle case più danneggiate) potranno presentare le richieste.
Ma ad attenderle nell’ufficio comunale che deve valutare la correttezza formale delle pratiche ci sono un impiegato, spesso fuori per incombenze, e una ragazza con contratto a tempo determinato sempre in scadenza.
Peggio ancora nell’ufficio ricavato nella caserma della Finanza.
Un corridoio angusto con la parete fasciata da migliaia di progetti accatastati. Per fortuna è di vetro. Così gli impiegati possono leggere dal cortile i numeri delle pratiche.
La cartolina che ritrae la ricostruzione che non decolla arriva da Cagnano Amiterno, appena 15 km dal «cantiere più grande d’Europa».
Qui sorge lo storico cementificio Sacci: dovrebbe essere un fermento di produzione.
Invece dal prossimo gennaio almeno 12 operai saranno messi in mobilità . Perchè – ha spiegato l’azienda nella lunga trattativa con i sindacati – «non c’è lavoro a sufficienza».
Da queste parti la disoccupazione è balzata dal 7,5% di prima del sisma all’attuale 11%, dato che però, come spiega Umberto Trasatti, segretario provinciale della Cgil, «non comprende i lavoratori in cassa integrazione, mobilità o comunque che usufruiscono di ammortizzatori sociali».
Altre migliaia di persone rimaste senza lavoro.
Il prodotto interno lordo è fermo: bloccato sulla crescita zero.
«Altro che ripresa», incalza la Cgil, «e dal governo tante promesse, ma poche azioni concrete».
E per una volta anche gli industriali sono in sintonia con il sindacato. «Nell’emergenza – dice Antonio Cappelli, direttore di Confindustria – sono state fatte cose straordinarie. Poi però tutto si è fermato. Aver dato un tetto alla gente realizzando una periferia diffusa non vuol dire rilanciare l’economia. La ricostruzione “pesante” non è neanche partita».
Oltre 1.200 piccole aziende e imprese artigianali del centro storico hanno chiuso: rappresentavano una delle ricchezze svanite della città .
«Il sistema-università , fra affitti di fuorisede, consumi, servizi, generava un flusso finanziario compreso fra i 220 e i 230 milioni di euro all’anno. Adesso si è quasi azzerato», aggiunge Antonio Cappelli.
Gli iscritti sono scesi da 27 mila a poco più di 21 mila, nonostante l’azzeramento delle tasse universitarie.
Sono venuti a mancare proprio i fuorisede che erano quelli che movimentavano più denaro.
Paolo Foschi e Virginia Piccolillo
(da “Il Corriere della Sera“)
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Aprile 5th, 2011 Riccardo Fucile
CON UNA MANO IL GOVERNO TAGLIAVA 149 MILIONI DI EURO AL FONDO PER LO SPETTACOLO, CON L’ALTRA NE REGALAVA 128 ALLE FERROVIE DELLO STATO…SI FINANZIA UN SETTORE CHE HA PERSO IL 40% DEL MERCATO E CHE E’ SCESO DAL 10% al 7% …UN FINANZIAMENTO NASCOSTO SCOPERTO DA UN DEPUTATO DI FLI
Mentre con una mano il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, tagliava 149 milioni di euro al fondo unico per lo spettacolo provocando una mezza sommossa tra attori, registi e musicisti, con l’altra elargiva con sorprendente prodigalità 128 milioni di euro alle Ferrovie di Mauro Moretti per un servizio che ormai è un simulacro: il trasporto pubblico delle merci.
à‰ una vicenda esemplare, la dimostrazione di che cosa significa, nel concreto, esortare il governo a tagliare con la testa e non con i piedi, così come ripete spesso il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Com’è andata a finire con il fondo unico dello spettacolo è noto.
Dopo la protesta nei cinema, teatri e piazze d’Italia, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, in extremis e alla vigilia di uno sciopero del settore, il 23 marzo si è presentato davanti ai giornalisti a palazzo Chigi per annunciare con toni suadenti quella che per lui era la buona novella, ma che in realtà per gli italiani e soprattutto gli automobilisti era il solito giochino delle tre carte.
In pratica il governo ha reintegrato lo stanziamento facendolo però pagare ai cittadini con la benzina: “Un piccolo sacrificio di uno o due centesimi al litro” ha detto Letta facendo finta di non sapere che la super è aumentata del 13 per cento in un anno.
La storia del generoso sussidio al trasporto merci di Trenitalia (Fs), invece, è una perla ancora da raccontare.
La causale formale dello stanziamento a favore delle Ferrovie è il contratto di servizio tra lo Stato e Trenitalia Divisione Cargo per il trasporto delle merci su tutto il territorio nazionale.
Sulla carta si tratta di questo: siccome ci sono alcune zone del paese, come le isole per esempio, dove per le Fs trasportare le merci via treno non è conveniente, allora interviene lo Stato per coprire la differenza tra i costi sopportati e i ricavi incassati.
L’idea su cui questa pratica si basa si chiama servizio universale, ed è un principio sacrosanto.
Il fatto incongruo, però, è che quel servizio, in pratica, non esiste più o quanto meno non è più universale da tempo avendo le Ferrovie dello Stato rinunciato quasi del tutto a trasportare merci in Sardegna e in Sicilia e poco in tutto il Sud e nel resto d’Italia.
Negli ultimi anni il trasporto merci delle Fs è andato a rotoli, con una perdita complessiva di circa il 40 per cento dei volumi trasportati dal 2006 al 2010.
In seguito a questa debacle il totale delle merci che viaggia su rotaia è ulteriormente sceso da circa il 10 per cento al 7.
E sarebbe diminuito ancora di più se dal 2004, cioè dall’anno in cui il settore è stato completamente aperto al mercato, non fossero entrate in pista numerose aziende private o miste, imprese piccole, medie e grandi che ora danno lavoro a migliaia di dipendenti e che si sono fatte largo arrivando a trasportare un volume di merci di circa il 27 per cento sul totale della rotaia.
In pratica, a mano a mano che le Fs si ritiravano dal cargo accumulando perdite spaventose (300 milioni di euro nel 2009, 270 nel 2008, 366 nel 2007) si facevano avanti queste nuove realtà imprenditoriali convinte di avere i numeri e le potenzialità per coprire un vuoto.
Nonostante la liberalizzazione, il ministro Tremonti e il suo collega dei Trasporti, Altero Matteoli, hanno ugualmente deciso di foraggiare Trenitalia Cargo a scapito degli altri.
I 128 milioni di euro elargiti all’azienda Fs equivalgono a un sussidio di oltre 3 euro a chilometro mentre a tutte le altre imprese del settore lo Stato ha riconosciuto un bonus molto più modesto, il cosiddetto Ferrobonus, 27 milioni di euro in totale, in pratica 0,70 euro a treno/chilometro nonostante inizialmente fossero stati promessi 2 euro.
Il sussidio a Trenitalia Cargo è stato concesso in sordina e forse sarebbe passato del tutto inosservato se un deputato di Futuro e Libertà , Daniele Toto, non avesse presentato un’interrogazione sul bilancio dell’area merci di Trenitalia.
Nella risposta il sottosegretario ai Trasporti, Bartolomeo Giachino, ha parlato in maniera assai fumosa dell’esistenza di “pagamenti” statali per il servizio universale senza però fornire dettagli e tanto meno cifre.
Al Fatto Quotidiano il ministero dei Trasporti ha confermato l’esistenza del sussidio e l’entità , 128 milioni di euro, appunto.
FerCargo e Assoferr, cioè le associazioni che raggruppano le aziende concorrenti di Trenitalia Cargo, sono molto contrariate per questa storia.
I presidenti delle due organizzazioni, Giacomo Di Patrizi e Guido Nicolini, hanno scritto una lettera durissima al ministro Matteoli ricordandogli che “tutte le tratte sono aperte al mercato, Trenitalia Cargo ha ormai praticamente abbandonato tutte le attività giudicate non economicamente sostenibili (Sud, Sardegna, traffico diffuso) quindi non si riesce, onestamente, a comprendere a cosa si riferiscano questi contributi”.
Protesta Giorgio Spadi, l’amministratore di Nordcargo, una delle concorrenti più forti di Trenitalia, posseduta da Deutsche Bahn e da Ferrovie Nord della Regione Lombardia: “Se le Fs hanno deciso di abbandonare il settore merci, facciano pure, ma non pretendano sussidi. Invece di regalare soldi a chi poi non svolge il servizio, il ministro metta a gara le tratte abbandonate da Trenitalia e le affidi a chi vuol lavorare sul serio”.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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