Aprile 4th, 2011 Riccardo Fucile
ENNESIMA PROPOSTA IN COMMISSIONE: NON PIU’ NEI FASCICOLI PROCESSUALI E DUNQUE NON PIU’ PUBBLICABILI… COSI’ GLI ITALIANI NON AVREBBERO MAI SAPUTO NULLA DEL CASO RUBY
Le intercettazioni non saranno più “mezzi di ricerca della prova”, ma semplici strumenti di investigazione.
E, come tali, non finiranno nei fascicoli processuali e non saranno pubblicabili. E’ l’ultima proposta targata Pdl, in tema di riforme della giustizia, depositata alla Camera, il 3 marzo scorso, dal deputato Maurizio Bianconi e assegnata pochi giorni fa alla commissione Giustizia.
Mercoledì scorso, infatti, la proposta del parlamentare pdl, presentata “a titolo personale”, è stata messa tra i proveddimenti da inserire nel calendario dei lavori.
La soluzione è la seguente, e la spiega Bianconi stesso nella premessa della legge: “Collocare il tema nel codice di procedura penale all’interno delle fonti di investigazione semplice, ‘cassandolo’ dalla collocazione nel testo vigente dei mezzi di ricerca della prova”.
Così, continua il deputato berlusconiano, “si taglierebbero alla radice altri problemi, oltre a quello dell’utilizzo distorto delle intercettazioni in fase processuale”. In nome della “tutela della privacy”, infatti, gli ascolti di conversazioni o comunicazioni telefoniche, essendo a solo uso degli investigatori, non potrebbero far parte di fascicoli contenenti atti pubblicabili.
Con la proposta Bianconi, quindi, mai più “casi Ruby”, con centinaia e centinaia di stralci di intercettazioni delle ragazze dell’Olgettina a rivelare all’opinione pubblica i particolari delle feste nelle ville del premier.
Al comma 7 dell’articolo 2, il deputato di maggioranza specifica: “In ogni caso, gli elementi acquisiti attraverso le attività preventive non possono essere utilizzati nel procedimento penale, fatti salvi i fini investigativi. In ogni caso le attività di intercettazione preventiva di cui al presente articolo, e le notizie acquisite a seguito delle attività medesime, non possono essere menzionate in atti di indagine nè costituire oggetto di deposizione nè essere altrimenti divulgate”.
Il parlamentare precisa che “questa iniziativa legislativa è prettamente personale”, tanto è vero che non ha richiesto la sottoscrizione ad alcun collega. E tuttavia, alla luce dell’intenzione della maggioranza e del governo di tornare sul tema intercettazioni, la proposta Bianconi, che fa il paio con l’altra presentata dal collega di partito Vitali (che ‘punisce’ i pm e i gip che non hanno competenza territoriale), potrebbe essere associata agli altri ddl sul tema in caso di ripartenza dell’esame alla Camera.
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Aprile 4th, 2011 Riccardo Fucile
IL GOVERNO ITALIANO RASSEGNATO SUL VERTICE DI OGGI, ALLA FINE GIUSTIFICHERA’ I PERMESSI TEMPORANEI COME TUTTE LE PERSONE SANE DI MENTE AVREBBERO GIA’ FATTO UN MESE FA…E PER LA LEGA SARA’ UNA CAPORETTO DI FRONTE ALLA SUA BASE XENOFOBA
Un viaggio a Tunisi per Berlusconi e Maroni, ben sapendo che la soluzione all’emergenza non passerà di lì.
Semmai la si troverà nelle Questure che potrebbero rilasciare a breve permessi temporanei ai clandestini approdati in Italia ma diretti all’estero per raggiungere i propri familiari.
Palazzo Chigi, parlando della possibilità di verificare “se il nuovo governo, che non è forte, nè eletto, potrà trovare il modo per evitare nuove partenze”, di fatto mette le mani avanti su un possibile fallimento della missione, sia per quanto concerne la richiesta di bloccare il flusso dei migranti che per quanto riguarda l’ipotesi di rinviare in patria un centinaio di tunisini al giorno.
Quel “non c’è nulla di scritto” diffuso dal governo tunisino è la conferma ufficiale di quanto il governo italiano sapeva da tempo: con gli accordi attuali non si possono rimpatriare più di 4 tunisini al giorno, tutto il resto sono chiacchiere.
Non restava che mettere sul piatto della bilancia degli aiuti economici e la cooperazione su altri fronti,in cambio di un innalzamento della quota dei rientri e del pattugliamento delle coste?
Sarà anche uno schema ragionevole, ma che mette a nudo l’inefficacia del “mandiamoli a casa” che ha premiato in passato elettoralmente la Lega.
E che, a un passo dalle amministrative, vanificherebbe il tentatvo del Senatur di passare all’incasso.
Così Maroni ha prodotto un piano per l’emergenza tutto giocato sull’equivico tra lo status di profugo e di clandestino, gestito dal Viminale in maniera caotica e insulsa, sistemando gli immigrati solo al Sud e generando persino le dimissioni di Mantovano.
Il “ghe pensi mi” di Maroni si è rivelato un pauroso flop e ora non resta che concedere i permessi temporanei da rifiugiati ai clandestini, soluzione di buon senso e gradita anche da Berlusconi, ma che rappresenta la fine della grandeur leghista.
E se permessi saranno, sarà in ogni caso un contendersi il merito tra il premier e la Lega, mentre rappresenteerbbe di fatto solo la dimostrazione che non ne hanno azzeccata una fino ad ora e si sono alla fine dovuti arrendere alla proposta civile che tutte le persone con la psiche stabile avevano suggerito da subito.
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Aprile 4th, 2011 Riccardo Fucile
ESPLODE LA CRISI DELLA LEGA, CON MARONI CHE NON SA CHE PESCI PRENDERE SUL TEMA PIU’ CARO, L’IMMIGRAZIONE.. ALTRO CHE FUORI DALLE BALLE, NON SANNO NEANCHE TRATTENERLI DIETRO UNA RETE… UN CONTO SONO I COMIZI A PONTIDA, ALTRA COSA GOVERNARE: IL CARROCCIO E’ ORMAI SOLO UN PARTITO DI SOTTOGOVERNO
La crisi della leadership berlusconiana a stento riesce a mascherare un’altra crisi che sta esplodendo in questi giorni: la crisi della Lega.
È la crisi che è raffigurata come meglio non si potrebbe dalla foto di quella rete del campo profughi di Manduria, semiabbattuta e superata d’un balzo da centinaia di tunisini poi dispersisi nei dintorni.
Con l’incisività perentoria delle immagini essa mostra l’impotenza di un ministro leghista dell’Interno, Maroni, che, molto bravo ad arrestare mafiosi e camorristi, non sa invece che pesci pigliare proprio sul tema forse più caro alla propaganda e all’ideologia del suo partito: quello dell’immigrazione.
Bossi ha un bel dire agli immigrati «fuori dalle palle».
Il suo ministro non è capace neppure di trattenerli dietro una rete: non dico neppure, naturalmente, di respingerli in mare lasciandoli al loro destino, così come invece, ascoltando le grida di Bossi, qualche ingenuo e feroce leghista forse si è immaginato che potesse accadere.
Ma evidentemente un conto sono i comizi a Pontida, un altro conto fare seguire alle parole i fatti.
La verità è che quanto accade in questi giorni sta mostrando l’impossibilità /incapacità della Lega ad essere un vero partito di governo.
Con l’ideologia leghista si può essere ottimi sindaci di Varese e perfino di Verona, ma non si riesce a governare l’Italia.
Non si riesce, cioè, a pensare davvero i problemi del Paese in quanto tale (non solo nella sua interezza, ma anche nella complessità dei suoi rapporti internazionali), e tanto meno immaginarne delle soluzioni.
Con l’ideologia leghista al massimo si può stare al governo, che però è cosa del tutto diversa dal governare.
Si può al massimo, cioè, essere alleati gregari di una forza maggiore e occupare dei posti: ma al solo scopo, in sostanza, di chiedere mance e favori per i propri territori.
Il limite della Lega è per l’appunto questo: a chiacchiere essere contro «Roma ladrona», ma poi essere condannata a comportarsi nei fatti come un tipico partito di sottogoverno.
Questa posizione sostanzialmente subalterna della Lega è l’inevitabile conseguenza di quel vero e proprio bluff ideologico che è l’evocazione della Padania (con implicito sottinteso separatista).
Non si può governare nulla che riguardi l’Italia, infatti, tanto meno un problema come l’immigrazione, volendo essere solo «padani».
Quello della Padania, in realtà , è un bluff che solo la stupida timidezza delle forze politiche «italiane» non ha fin qui avuto il coraggio di «vedere», e che Bossi adopera all’unico scopo di marcare il proprio impegno territoriale e il proprio feudo elettorale.
Ma che per il resto è di un’inconsistenza assoluta presso lo stesso elettorato leghista.
Lo dimostrano con il loro comportamento gli stessi amministratori locali della Lega, i quali, molto saggiamente, quando è il momento della verità non se la sentono quasi mai di onorare davvero il bluff «padano».
Come si è visto ad esempio – uno solo tra i tanti – quando nei giorni scorsi il governatore Cota, dovendo scegliere tra il partecipare solennemente alle celebrazioni dell’Unità d’Italia e del ruolo in essa avuto dal suo Piemonte, e in alternativa avallare invece le idiozie anti italiane delle «camicie verdi» restandosene a casa, non ha esitato a scegliere.
Ben consapevole che, qualora se ne fosse restato a casa, molto probabilmente si sarebbe giocata la rielezione.
Ernesto Galli Della Loggia
(da il “Corriere della Sera“)
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Aprile 4th, 2011 Riccardo Fucile
NELL’ULTIMO ANNO GLI ITALIANI HANNO PERSO 166.000 POSTI DI LAVORO, GLI STRANIERI NE HANNO GUADAGNATO 179.000…NEGLI ULTIMI TRE ANNI GLI ITALIANI HANNO PERSO UN MILIONE DI POSTI DI LAVORO, GLI STRANIERI CONQUISTATI 600.000…NON SOLO GLI STRANIERI SONO DISPOSTI A FARE LAVORI CHE GLI ITALIANI SI RIFIUTANO DI FARE, MA SONO MOLTO PIU’ DISPOSTI A FARE SACRIFICI… CAMERIERI, PIZZAIOLI, AUTISTI, BADANTI, MURATORI CONTINUANO A SERVIRE
La situazione a Lampedusa si complica.
Il mare grosso impedisce l’arrivo di nuovi migranti, ma anche il trasferimento sul continente delle migliaia di persone sbarcate nelle ultime settimane.
Le navi che dovevano assicurare «in 48-60 ore» (parole di Berlusconi) lo sgombero dell’isola non riescono nemmeno ad attraccare, mentre i tunisini ammassati nella tendopoli pugliese di Manduria fuggono (o sono lasciati fuggire?) scavalcando esili reti di recinzione, o passando attraverso varchi lasciati aperti.
Quanto alle Regioni che avevano dato la loro disponibilità a gestire i nuovi arrivati, una dopo l’altra fanno marcia indietro, o come minimo costellano di innumerevoli paletti e distinguo la loro volontà di accoglienza: sì ma solo i rifugiati politici, sì ma non nelle tendopoli, sì ma solo se nessun’altra regione si tira indietro.
Bruttissime figure, dunque, sono in arrivo per il governo in generale (l’ennesima promessa tradita) e per la Lega in particolare, pronta a fare la faccia feroce in campagna elettorale, ma impotente – come chiunque – al momento di affrontare il problema dell’immigrazione.
Già , ma qual è il problema?
In questi giorni ho sentito due versioni.
Una dice: se l’Europa se ne lava le mani, e noi italiani non riusciamo a rimandarli indietro rapidamente, il segnale di impotenza che inviamo a tutti i disperati del Nord Africa avrà conseguenze catastrofiche, perchè i 20 mila migranti di questi mesi (tanti ma non tantissimi) potrebbero rapidamente diventare 50 mila, 500 mila, 1 milione.
Per non parlare dei problemi di legalità : uno Stato serio non può accettare che sul proprio territorio circolino o transitino migliaia di persone non identificate, non tutte alla ricerca di un lavoro con cui campare.
C’è anche una seconda versione, che capita di ascoltare soprattutto in casa leghista: li vogliamo rimandare a casa perchè in Italia c’è la crisi, manca il lavoro, e quel poco che c’è non basta nemmeno agli italiani.
Insomma, i tunisini li vogliamo mandare via non perchè siamo razzisti, ma perchè c’è la disoccupazione.
La prima versione del problema immigrati – un Paese ha diritto di limitare gli ingressi e far rispettare le leggi – pone un mucchio di problemi morali, giuridici, pratici, ma è comprensibile, al limite del puro buonsenso.
Sulla seconda versione, che sottolinea la mancanza di lavoro, ho invece molti dubbi.
Sembra logica anch’essa, ma lo è meno di quanto appaia a prima vista.
Giusto ieri l’Istat ha comunicato i dati definitivi sull’andamento dell’occupazione nel 2010, nonchè i dati provvisori dei primi due mesi dell’anno.
Ebbene, quei dati ci forniscono un quadro del mercato del lavoro tutt’altro che sorprendente per gli studiosi, ma in forte contrasto con molte credenze diffuse nel mondo della politica e dei media.
Proviamo a sintetizzare.
Nei primi tre anni della crisi, ossia fra la fine del 2007 e la fine del 2010, l’occupazione in Italia è diminuita di circa 400 mila unità (senza contare la cassa integrazione).
Quella variazione, tuttavia, è il saldo fra un crollo dell’occupazione degli italiani, che hanno perso quasi 1 milione di posti di lavoro, e un’esplosione dell’occupazione degli stranieri, che ne hanno conquistati quasi 600 mila.
Nel 2007, prima della crisi e dopo quasi vent’anni di immigrazione, gli stranieri occupati in Italia erano circa 1 milione e mezzo, tre anni dopo erano diventati 2 milioni 145 mila, quasi il 40% in più.
Un boom di posti di lavoro nel pieno della più grave crisi dal 1929.
Come è possibile?
In parte lo sappiamo: gli italiani, pur non essendo molto più istruiti degli stranieri regolarmente residenti in Italia, non sono disposti a fare tutta una serie di lavori che gli stranieri invece accettano.
Ma questa non è una novità .
La novità è che durante la crisi l’occupazione straniera è esplosa, e continua a crescere a un ritmo elevatissimo.
Anche nell’ultimo anno, con i primi timidi segnali di ripresa, gli italiani hanno perso qualcosa come 166 mila posti di lavoro, mentre gli stranieri ne hanno guadagnati ben 179 mila (+9,1%).
È possibile che una parte dei nuovi posti di lavoro siano state semplici regolarizzazioni, soprattutto relative a «badanti» già occupate.
Ma questo meccanismo può spiegare solo una parte dell’aumento, visto che – nonostante la drammatica crisi dell’edilizia – l’occupazione degli stranieri maschi è aumentata di quasi il 30% in soli 3 anni, e continua ad aumentare anche in questi mesi.
La realtà , forse, è un’altra, più difficile da digerire per noi italiani.
Nella crisi, il nostro sistema produttivo è diventato ancor meno capace di prima di generare posti accettabili per gli italiani.
È per questo che gli immigrati regolari stanno lentamente, ma implacabilmente, diventando uno dei segmenti più dinamici e attivi della società italiana, come mostrano l’andamento del tasso di disoccupazione (in calo per gli stranieri ma non per gli italiani), il contributo al Pil, il valore delle rimesse verso i Paesi d’origine, il moltiplicarsi in ogni parte d’Italia delle partite Iva e delle micro-imprese gestite da immigrati: negozi, bar, officine, aziende di trasporti e di servizi.
È triste ammetterlo, ma gli stranieri occupati in Italia sono diversi da noi non già perchè «loro» sono meno istruiti e meno ricchi, ma perchè somigliano a quel che noi stessi eravamo negli Anni 50: un popolo uscito da mille difficoltà e determinato a conquistarsi un futuro a colpi di sacrifici e duro lavoro.
Visto da questa angolatura il problema dell’immigrazione assume contorni un po’ diversi.
Sul versante del mercato del lavoro, il problema dell’Italia – per ora – non è di essere invasa dagli stranieri, ma di essere più adatta agli stranieri che agli italiani.
Il nostro guaio non è che gli stranieri ci portano via i posti di lavoro, ma che ci ostiniamo a creare posti che nè noi nè i nostri figli sono disposti a occupare. Camerieri, pizzaioli, fattorini, autisti, badanti, muratori continuano a servire al sistema Italia.
Molto meno ingegneri, tecnici specializzati, ricercatori, tutti mestieri per i quali – se si è davvero bravi – forse è meglio guardare alle opportunità che si creano negli altri Paesi avanzati che sulla scuola, la ricerca e la cultura hanno puntato più di noi.
Luca Ricolfi
(da “La Stampa“)
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Aprile 4th, 2011 Riccardo Fucile
DOPO IL CASO DELLA FOTOMODELLA HOARA, SCOPPIA IL CASO DI PAOLINA… SI TRATTA DI UNA TRENTENNE SOTTOTENENTE MEDICO-MILITARE APPENA CHIAMATA A FAR PARTE DEL COMITATO ETICO DELLA DIFESA….CON ANNESSI VIAGGI IN AEREO DI STATO ACCANTO AL MINISTRO
Non bastava Hoara Borselli, la fotomodella e attrice assunta con una “collaborazione coordinata e continuativa” nella segreteria del ministro della Difesa con un imprecisato incarico relativo ai grandi eventi e alle manifestazioni del 150° anniversario dell’Unità nazionale.
Accanto a Ignazio La Russa ora compare anche un’altra bella ragazza, appena promossa al ‘Comitato Etico’ del medesimo ministero della Difesa.
Si tratta del sottotenente Paolina Coppola, 30 anni, capitano medico dell’Esercito, che era già stata vista con La Russa in qualche occasione ufficiale: come la sfilata dei bersaglieri a Milano, nel maggio scorso, dove era nella tribunetta autorità insieme al ministro e a Vittorio Emanuele di Savoia, presentata dall’Esercito come «la prima militare-medico d’Italia, il volto nuovo delle Forze Armate».
Ma adesso, grazie alla promozione, è sempre con Ignazio nostro: lo accompagna perfino a Palazzo Chigi quando lui va al Consiglio dei ministri.
E ultimamente la bella Paolina si è presentata in uniforme, destando la curiosità e l’ammirazione del pubblico e delle autorità .
Fino a poco tempo fa la Coppola prestava servizio in una caserma di Motta di Livenza, vicino a Treviso.
Troppo lontano da Roma: ora i suoi impegni infatti sono tutti nella capitale e qualche volta (in borghese) è stata vista anche alla Camera, sempre al fianco di La Russa, e perfino a bordo degli aerei di Stato che il ministro utilizza per i suoi spostamenti.
Intanto non si placa la polemica sulla consulenza di Hoara Borselli alla Difesa.
Il parlamentare Andrea Sarubbi ha inviato un’interrogazione per chiedere a La Russa in base a quali criteri il ministro interrogato abbia assegnato questa collaborazione alla sig.ra Hoara Borselli e quali siano esattamente le mansioni attribuitele», visto che «il ricco curriculum della collaboratrice – dal Bagaglino al film ‘Provaci ancora prof’ – non sembra sovrapporsi alle competenze necessarie per espletare quanto richiesto dalla collaborazione posta in essere dal ministro della Difesa».
A questo punto resta solo da scoprire perchè, nonostante tanta giovane e piacente compagnia, il ministro La Russa continui a essere tanto nervoso e irascibile.
(da “L’Espresso“)
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Aprile 4th, 2011 Riccardo Fucile
LA SPESA DEL CENTRO DI GORIZIA: 15.000 EURO L’ANNO A TESTA ED ESPULSIONI AL 33%…A LAMPEDUSA IL MANTENIMENTO DI UN IMMIGRATO COSTA 75 EURO AL GIORNO, IL NOLEGGIO DI UN AEREO DA 30.000 A 100.000 EURO, DI UN TRAGHETTO DAI 50.000 AI 100.000 EURO, UN AGENTE 140 EURO AL GIORNO…E QUALCUNO SI LAMENTAVA DELLA PROPOSTA DI FRATTINI DI REGALARE LORO 1500 EURO PER TORNARE IN TUNISIA
Sarà una calamità naturale, come dice Berlusconi, anche sotto il profilo delle spese.
Esiste già un’ordinanza di Protezione civile del governo che ha stanziato ventidue milioni di euro per le prime spese da sostenere «in relazione all’eccezionale afflusso».
Ovvero 15 milioni di euro per la Croce Rossa che dovrà montare e gestire le tendopoli, 1 milione per le spese impreviste, 340 mila per i mezzi di trasporto, 5 milioni e mezzo per le operazioni collegate alla Bossi-Fini.
Ma queste erano previsioni di quaranta giorni fa, già superate dagli eventi.
La verità è che le operazioni di accoglienza, trasferimento, mantenimento degli immigrati costano carissime al ministero dell’Interno: mezzo miliardo di euro all’anno.
Per avere un’idea dei prezzi, il solo Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d’Isonzo (dove sono transitati circa 900 stranieri nel corso del 2010) l’anno scorso è costato 5,5 milioni tra vitto, alloggio, personale di guardia, spese aeree per riportare a casa gli espulsi.
I conti li ha fatti con una certa rabbia Giovanni Sammito, segretario generale del Siulp di Gorizia: «In pratica, analizzando i costi del Cie della nostra regione, si scopre che ogni “trattenuto” ci è costato 15 mila euro. Ma solo un terzo sono stati espulsi sul serio, con accompagnamento alla frontiera o nel Paese d’origine. Gli altri hanno avuto il canonico foglio di via al termine del periodo di trattenimento. E se si calcola la spesa reale per “espulso” si scopre che è costato oltre 40 mila euro a testa. Una spesa insostenibile sul medio e lungo periodo».
Va da sè che se si convincessero ad andare via con 1700 euro in tasca, come ipotizzava Frattini, ci sarebbe solo da guadagnarci.
Il sistema dei Cie, insomma, sarà pure strategico secondo il ministero dell’Interno, ma impone costi altissimi.
Il mantenimento costa in media 75 euro al giorno.
Considerando che d’un colpo sono arrivati ventimila tunisini, il conto è presto fatto: solo in vitto se ne vanno 1,5 milioni di euro al giorno.
Gli aerei noleggiati per sgomberare l’isola, poi, costano cari: da trenta a centomila euro.
Lo stesso dicasi per i traghetti, che non scendono sotto i centomila euro di nolo al giorno.
E peraltro il Viminale ha dovuto ingoiare pure il maltempo: le navi sono state pagate per 48 ore, ma non ce l’hanno fatta ad attraccare e ieri due traghetti sono tornati vuoti.
A gestire tutta questa marea dolente sono stati mobilitati duemila tra agenti e carabinieri. «Ciascuno di essi – spiega Felice Romano, segretario generale del Siulp – costa all’amministrazione circa 140 euro al giorno tra indennità di missione e rimborso forfettario».
E sono altri 280 mila euro bruciati al dì a cui andrebbero sommate le spese di carburante, usura di mezzi, annessi e connessi.
E’ evidente che di questo passo i 22 milioni di euro stanziati a fine febbraio e messi a disposizione del commissario straordinario, il prefetto Giuseppe Caruso, finiranno presto.
Ci sono molti fondi europei, come da Bruxelles hanno fatto notare: 80 milioni di euro (Gestione della solidarietà ) più 47,5 (Fondo per l’integrazione) da spendere in un biennio.
Ma anche questi stanziamenti non sono infiniti.
Per fortuna non si è speso un euro per acquistare le tende, che provengono dagli stock accantonati.
Finora sono infatti circa duemila le tende già montate o in via di ultimazione, in grado di ospitare 16-20 mila persone.
Il ministero dell’Interno ha utilizzato circa mille tende delle sue, intaccando tra l’altro una parte consistente della propria dotazione di riserva per catastrofi naturali e terremoti: 400 sono quelle montate a Manduria, 70 per ciascuna nelle tendopoli di Trapani, Caltanissetta, Potenza e Caserta; 300 quelle preventivate per il campo che si stava allestendo nell’Arena Rock di Torino. Altre tende arrivano invece dal dipartimento della Protezione civile, che ne ha messe a disposizione mille, leggermente più grandi, omologate per ospitare una decina di persone.
Di queste, 500 sono state prelevate dal deposito di Roma e altrettante da quello di Piacenza.
Anche il dipartimento della Protezione civile sta utilizzando la scorta per le emergenze nazionali, che è di circa 6 mila tende.
Francesco Grignetti
(da “La Stampa“)
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Aprile 4th, 2011 Riccardo Fucile
“NON MANCANO I SEGNALI POSITIVI: DALLA PIAZZA DELLE DONNE ALLE PROTESTE DELLA CULTURA”… MONTEZEMOLO E’ ORMAI DENTRO LA POLITICA: “ASSISTIAMO AL DISFACIMENTO DELLE ISTITUZIONI NEL SILENZIO DELLA SOCIETA’ CIVILE CHE TEME LA MACCHINA DEL FANGO USATA CONTRO FINI”….L’ASSURDO DI UN GOVERNO SEDICENTE LIBERALE CHE CANCELLA LE LIBERALIZZAZIONI FATTE
Ricominciare dalla società civile. Perchè questo è il “serbatoio” per ricostruire una classe dirigente e anche una nuova classe politica.
Luca Cordero di Montezemolo è ormai dentro la politica.
Venerdì a Napoli al congresso del sindacato di Polizia ha fatto un altro passo in avanti.
Per il prossimo – probabilmente – bisognerà aspettare le elezioni politiche, quando ci saranno.
“Ci vuole un ricambio”, ripete guardando al bilancio “disastroso” della seconda Repubblica, quella nata proprio sotto la spinta di un nuovo protagonismo della società civile, contro Tangentopoli, contro la corruzione, le clientele. Contro la partitocrazia.
E’ da lì che si deve ripartire perchè con questo governo Berlusconi “la società civile è sparita”, diventata “suddita”.
Sostiene Montezemolo: “Assistiamo a un indecoroso e inaccettabile disfacimento del senso delle istituzioni e della responsabilità pubblica. Il tutto accompagnato dal silenzio assordante della società civile, delle associazioni di rappresentanza e della classe dirigente del paese, che rischia di diventare complice del degrado”.
E’ il sostanziale silenzio della Confindustria, delle grandi banche, degli intellettuali, degli imprenditori di peso, delle stesse fondazioni bancarie, ricche e potenti.
Dalla retorica della società civile al disimpegno.
E’ la grande ritirata della società civile, appunto, dalla scena della politica. Con praterie sconfinate a vantaggio dei politici di professione.
Quelli che ormai – secondo Montezemolo – non rendono più conto delle proprie scelte: non nell’economia, non nei temi istituzionali, non nella politica estera. Irresponsabili.
“Non ci sono più argini se non quello del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano”, dice Montezemolo.
Anche se qualche segnale positivo qua e là è affiorato.
Il presidente della Ferrari pensa alla manifestazione delle donne del 13 febbraio scorso, alle proteste del mondo della cultura contro i tagli lineari decisi dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, alla “rivolta” di Diego Della Valle contro le vecchie pratiche che governano pezzi del nostro asfittico capitalismo finanziario, infine al marchionnismo.
Ma certo c’è da domandarsi il perchè del silenzio dei ceti dirigenti. Italia Futura, la fondazione di Montezemolo, è nata anche per ridare ruolo alla società civile, per ritrovare spazi di discussione, per avanzare proposte come fanno da sempre i think tank nelle democrazie anglosassoni senza contrapposizioni con i partiti perchè le reciproche funzioni sono distinte.
E i collaboratori di Montezemolo che lavorano nella Fondazione dicono che è la “paura” il motivo del grande silenzio.
Paura di finire nella “macchina del fango”.
“Il caso Fini – spiegano – è emblematico. Un modo in cui il potere ha voluto manifestare la sua faccia feroce”.
Paura, probabilmente, che paralizza le associazioni di rappresentanza (Confindustria in testa) di fronte al dilagare dell’interventismo del governo nell’economia.
“Assistiamo al ritorno di un’influenza fortissima del governo nell’economia, mentre è calato il livello dell’indipendenza. Vale per le banche, come per le fondazioni stesse. Eppure avrebbero dovuto svolgere un’azione di compensazione rispetto allo strapotere di un presidente del Consiglio che controlla quote significative dei mezzi di comunicazione di massa”.
Di anomalia in anomalia.
Come quella di un governo “sedicente liberale” che ha cancellato molte delle liberalizzazioni fatte, che ripropone le tariffe minime e fa scrivere le riforme alle corporazioni delle professioni.
Montezemolo riflette sul caso Parmalat, sul ritorno dell’Iri attraverso lo snaturamento della Cassa depositi e prestiti che vuole e che celebra Tremonti da Cernobbio.
Eppure di fronte allo “yogurt diventato uno strategico interesse nazionale” dal mondo dell’economia non si è praticamente alzata una voce critica.
E’ anche questa quella sorta “complicità con un blocco di potere conservatore, nel senso etimologico del termine, che rende silenti le elite italiane”.
Ma nello stesso tempo è “la sottomissione della società civile”.
A Italia Futura la chiamano la “nuova monocrazia”: non si decide in base alle esigenze delle imprese bensì in base alle esigenze del governo, o addirittura del ministro Tremonti.
Colpa anche dell’Europa che sembra aver esaurito la sua spinta modernizzatrice.
“Così – afferma l’ex presidente della Confindustria – mai come ora gli imprenditori che esportano si sono sentiti soli”.
Anche per questo gli argini non possono essere solo quelli di Napolitano e del cardinal Bagnasco.
Serve la società civile.
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