Aprile 1st, 2011 Riccardo Fucile
LA TUNISIA HA RIFIUTATO I RIMPATRI DI MASSA PER IL TROPPO IMPATTO CHE AVREBBERO, INUTILE DARE I NUMERI SENZA AVER PRIMA RAGGIUNTA UN’INTESA CON TUNISI…LE REGIONI: “LE TENDOPOLI SONO INGESTIBILI”…POI FINALMENTE QUALCUNO SI ACCORGE CHE ESISTE UN PERMESSO TEMPORANEO DI SOGGIORNO CHE FAVORISCE ANCHE I RICONGIUNGIMENTI FAMILIARI
Sull’emergenza immigrati il governo continua a prendere tempo.
L’incontro di stamani con le Regioni non ha prodotto alcun risultato, sebbene nei giorni scorsi il governo avesse ostentato un accordo certo.
L’ennesimo rinvio, al prossimo martedì, non fa altro che aggravare la situazione a Lampedusa e nelle regioni sulle quali è stato scaricato tutto il peso dell’accoglienza.
Altro che sgombero e soluzione del problema in 48-60 ore.
“L’Italia punta ad ottenere il rimpatrio di cento tunisini al giorno”: è quanto ha detto il premier Berlusconi nella riunione della cabina di regia convocata a Palazzo Chigi alla presenza dei ministri Maroni, La Russa, Fitto e ai rappresentanti di Regioni, province e comuni, oltre al capo della protezione civile, Franco Gabrielli.
La proposta alla Tunisia sui rimpatri, ha aggiunto Berlusconi, prevederebbe un supporto economico dell’Italia per il reinserimento dei migranti nel proprio Paese con costi definiti “sostenibili”.
Intanto il Governo, ha affermato Berlusconi, ha individuato i siti per accogliere migranti in ogni regione, che potrà indicare un sito alternativo dove allestire le tendopoli.
Per i centri di accoglienza provvisoria dei migranti saranno pronte 7 mila tende da destinare ai siti che saranno scelti nelle varie regioni.
Una conferenza stampa dai toni molto dimessi, dopo il caos di ieri, in cui il presidente del Consiglio si è lasciato scappare solo una battuta ad effetto.
La “via maestra”, ha poi detto Maroni, “è la collaborazione con la Tunisia”.
Ma le condizioni di quel governo, ha spiegato Berlusconi, “non permettono alle autorità scelte difficili da giustificare alla popolazione”.
Sulla gestione dei campi è invece scontro con le regioni.
Il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, ha giudicato “ingestibili” le tendopoli.
”Si deve partire dall’idea che questa e’ una emergenza umanitaria — ha detto Errani — e va gestita con senso delle istituzioni”.
No alle tendopoli, quindi, sì invece, a misure straordinarie di accoglienza per eventi eccezionali, come scritto nell’articolo 20 del testo unico sull’immigrazione.
In sostanza, quindi, si attiverebbe la possibilità di fornire protezione ai migranti e di incentivare i ricongiungimenti familiari in altri paesi d’Europa.
Si è spinto oltre, con dichiarazioni pesanti, Sergio Chiamparino.
Il sindaco di Torino ha ritirato la sua disponibilità a mettere a disposizione il sito Arena rock per l’emergenza immigrazione.
Lo ha detto lo stesso Chiamparino, a Bruxelles, a margine dei lavori del Comitato delle Regioni, affermando che il ministro degli Interni, Maroni, “è in evidente malafede”.
Il governo ha proposto agli enti locali di aggiornare la cabina di regia sul’emergenza immigrati a martedi’ prossimo, dopo il viaggio del premier Silvio Berlusconi a Tunisi.
Nel frattempo critiche pesanti sono arrivate dagli ispettori di Amnesty International, da alcuni giorni presenti a Lampedusa : “Siamo rimasti colpiti dal fatto che il governo non ha risposto adeguatamente, nè con l’urgenza dovuta, a questa crisi. Sono impressionanti le condizioni misere con cui sono tenute le persone in questo posto. La cosa che emerge chiaramente è che non c’è nessun piano. Non c’è qualcosa che ci aiuti a capire e andare nei dettagli. Ma soprattutto non è chiaro come l’italia intenda rispondere all’arrivo di emigranti e rifugiati dal nord Africa”.
Fa eco Msf: “Difficile pensare che siamo in Italia”.
Difficile pensare che solo oggi qualcuno ammetta che possa esistere anche un’altra soluzione, quella di applicare l’art. 20 della legge sull’immigrazione, così come si era fatto per i 25.000 profughi kossovari.
Ovvero concedere loro un permesso di soggiorno temporaneo (di sei mesi) in maniera da stabilizzare la situazione.
Il permesso darebbe loro la possibilità di circolare liberamente in Europa per realizzare quei ricongiungimenti familiari che molti di loro richiedono.
Stamane per la prima volta, dopo aver sbattuto per giorni la faccia contro il muro, Berlusconi e Maroni ne hanno fatto un parziale accenno.
Che qualcuno gli abbia fatto capire che per risolvere i problemi non servono più gli spot?
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Aprile 1st, 2011 Riccardo Fucile
LA PROPOSTA DEL VINCITORE DEL PREMIO STREGA AI FINIANI: “CORRIAMO INSIEME”…L’ANALISI DELLO SCRITTORE DI SINISTRA: “I VECCHI SCHIERAMENTI SONO SALTATI, OGGI LA DISCRIMINANTE E’ TRA CHI HA SENSO DELLO STATO E CHI, COME BERLUSCONI, PENSA SOLO AI FATTI SUOI: E I FASCISTI AVEVANO ECCOME IL SENSO DELLO STATO”
Da una parte Latina-Littoria, luogo dell’anima per la destra post-fascista che si riconosce in Gianfranco Fini.
Dall’altra uno scrittore, che nella città pontina ha le sue radici e nelle terre bonificate dal Duce ha ambientato il suo capolavoro: “Canale Mussolini”, premio Strega 2010.
Antonio Pennacchi e Fli si sono annusati e si sono piaciuti: alle prossime elezioni comunali l’alchimia produrrà una “lista Pennacchi-Fli per Latina”.
La scintilla è scoppiata la scorsa estate, quando al Lido di Venezia Fabio Granata, il pasdaran di Fli, si è presentato nella sala dove si svolgeva la premiazione del libro.
Pennacchi, da lontano, ha iniziato a indicarlo ad alta voce: “Ecco un vero fasciocomunista!”.
La sera erano già insieme al ristorante.
Da lì è stato un susseguirsi di incontri clandestini. Da una parte Pennacchi, dall’altra i finiani Granata, ma anche Flavia Perina e Antonio Buonfiglio.
Fitti conciliaboli, discussioni sul “patriottismo repubblicano”.
Il Secolo d’Italia, il 17 marzo, giorno dell’Unità nazionale, affida proprio allo scrittore di Latina l’editoriale di prima pagina.
Un mese fa il faccia a faccia più importante, quello tra Pennacchi e il presidente della Camera.
Giurano che nell’incontro non si sia parlato di candidature ma solo di cultura. Sta di fatto che il prossimo maggio, a Latina, l’autore di “Il fasciocomunista” (dal romanzo è stato poi tratto il film “Mio fratello è figlio unico” con Scamarcio) potrebbe impegnarsi in prima persona per la lista di Fini.
E qui, tuttavia, iniziano anche i problemi.
Perchè Pennacchi è uno scrittore ed è anche di sinistra (con trascorsi giovanili nel Msi prima della conversione marxista in “Servire il Popolo”).
Non gli piacciono i calcoli terzopolisti dei finiani, che non vogliono essere accusati da Berlusconi di essersi alleati con il Pd.
Ma è proprio questa l’idea di Pennacchi: “È vero, sto lavorando per costituire la lista Fli a Latina. Che potrebbe, se loro me lo chiedono, anche chiamarsi Lista Pennacchi-Fli. Ma ovviamente in appoggio al candidato sindaco di centrosinistra”, cioè il pd Claudio Moscardelli.
Ora, bisogna dire che a Latina il Pdl è da tempo dilaniato dal lotte intestine e scandali.
E quelli del Fli sperano di raccogliere molti delusi del centrodestra.
Ma lo scrittore non la pensa così: “I tatticismi non mi piacciono, è tempo di andare oltre questi “gestaltisti”, bisogna superare le vecchie forme che tengono ingessato il paese”.
Guardare indietro per andare avanti: “I vecchi schieramenti sono saltati, destra e sinistra non hanno più senso. L’unica differenza è tra chi pensa all’interesse generale, tra chi ha senso dello Stato, e chi, come Berlusconi, pensa solo ai fatti propri. E i fascisti avevano eccome il senso dello Stato”. Ecco l’appello dello scrittore: “È ora che i fasci veri tornino a casa, tornino a sinistra, superando la frattura del 1914. I fascisti tornino a San Sepolcro!”
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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Aprile 1st, 2011 Riccardo Fucile
LA DEPUTATA PD ILEANA ARGENTIN ANCORA SCOSSA: “ERANO ANNI CHE NON MI SUCCEDEVA”…”AVEVO CHIESTO AL MIO OPERATORE DI APPLAUDIRE POICHE’ IO SONO PARALIZZATA”….GLI INSULTI DEL LEGHISTA POLLEDRI E LE MINACCE DEL PDL NAPOLI… ALL’ESTERO UN QUALSIASI PARTITO LI AVREBBERO GIA’ ESPULSI
È ancora scossa, Ileana Argentin. «Erano anni che non mi sentivo dare dell’handicappata», sospira la deputata del Pd.
«Un insulto tanto più offensivo perchè pronunciato in un luogo sacro come il Parlamento».
Ci racconta com’è andata?
«Eravamo in aula, la maggioranza era in forte fibrillazione perchè non era riuscita a far passare il processo verbale e Fini aveva sospeso la seduta. Quando l’ha riaperta, è stata data la parola ai vari capigruppo. Durante l’intervento di Italo Bocchino ho chiesto al mio operatore di applaudire perchè stava dicendo cose che condividevo».
Poteva farlo?
«Naturalmente. Francesco è un ragazzo di 24 anni che mi accompagna sempre: oltre a votare per me, svolge tutte quelle mansioni che mi sono precluse perchè sono paralizzata, muovo a stento la mano sinistra e basta. Faccio persino fatica a sostenere la testa».
E a quel punto cosa succede?
«Mi si avvicina il collega del Pdl Osvaldo Napoli e con il dito alzato, in modo minaccioso, mi fa: “Gli devi di’ a questo che non deve applaudire, hai capito?”. Col leghista Polledri che urlava: “Ha ragione, ha ragione”. Io non ci ho visto più e ho chiesto a Fini di intervenire per denunciare il fatto che, non potendo muovere le mani, avevo il diritto di scegliere chi far applaudire al posto mio. È allora che dai banchi del Carroccio qualcuno ha gridato: «Non gli date la parola a quell’handicappata del cazzo!». Ma non so chi è stato, sono solo sicura che venisse da lì».
Cos’è che le ha fatto più male?
«Mi sono sentita quasi violentata perchè ho dovuto denunciare il mio limite, che pure è visibile a tutti. C’è questo di vergognoso: che mi abbiano costretta. Perciò ho rispedito indietro, senza neppure leggerlo, il bigliettino di scuse che Napoli mi ha fatto recapitare tramite un commesso».
Perchè?
«Doveva pensarci prima. Ma lui non ha desistito, quando sono uscita dall’aula mi ha raggiunta e, peggiorando la situazione, mi ha detto: “Io non ti ho mai guardato, quindi non lo sapevo che non muovi le mani”. Mi ha fatto una gran pena».
Lui che fa pena a lei?
«Sì perchè questi sono così. Anche la destra ha eletto un disabile, un colonnello che a Nassirya è rimasto in carrozzina, però lui è visto come un eroe, mentre io sono una sfigata. E per giunta comunista. È difficile far politica con questa maggioranza: loro si fermano a ciò che sei esteriormente, non si confrontano sulle idee, specie se a esprimerle è una donna».
Come si sente adesso?
«Orgogliosa di ciò che sono. Affetta da amiotrofia spinale sin dal nascita, ho preso due lauree, convivo con un uomo da tanti anni e mi ritengo una donna felice. Faccio politica perchè ci credo, sono stata 13 anni consigliere comunale e ora faccio anche il dirigente del Pd, delegata per i diritti dei disabili. Incarico che Bersani ha voluto darmi nonostante sia mariniana».
Giovanna Vitale
(da “La Repubblica“)
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Aprile 1st, 2011 Riccardo Fucile
L’OPPOSIZIONE NE HA CHIESTO LE DIMISSIONI, MA CHI LO VUOLE ROTTAMARE SONO GLI UOMINI DI SCAJOLA, STANCHI DEL POTERE CHE L’EX CAPORALE DI GIORNATA DI AN ESERCITA NEL PDL… LA RESA DEI CONTI SI AVVICINA ANCHE PER LUI
Il giorno più lungo e più brutto per Ignazio La Russa.
E non perchè a chiedere le sue dimissioni — dopo il vaffa-show in parlamento – sia un “nemico” come Massimo D’Alema.
E nemmeno perchè Umberto Bossi ha detto con tono lapidale: “Doveva stare zitto”.
E nemmeno perchè una interrogazione su una attrice assunta con contratto di collaborazione alla Difesa lo costringa a rispondere su questa consulenza per così dire rosa.
No, quello che mette in difficoltà il ministro, giunti a 48 ore dalla bagarre a Montecitorio che lo ha visto come protagonista è che la polemica non accenna a spegnersi.
E che lui si ritrova come bersaglio principale di un “fuoco amico” che non ha il suo epicentro tra gli alleati o tra gli avversari, ma che parte dalle fila dello stesso partito di cui è coordinatore, il Pdl.
Quello che sconvolge La Russa e i suoi uomini è che il ministro della Difesa continua ad essere vittima di un fuoco amico.
Ieri, attraversare il Transatlantico di Montecitorio era come solcare un campo di battaglia.
Capannelli, dispute, echi di continue polemiche in Transatlantico, giornalisti stretti intorno ai deputati in uscita dall’Aula per capire cosa diavolo fosse accaduto nel cono d’ombra dell’irriferibile, nei corridoi che circondano l’emiciclo dove sono volate parole grosse.
Uscendo dall’aula Giorgia Meloni scuote la testa: “Parliamoci chiaro… Tutto quello che sta accadendo non è originato dal discorso di Ignazio. Qualcuno sta giocando sporco perchè vuole approfittare di questa polemica per colpirlo”.
E quel qualcuno, su cui la Meloni glissa ha un nome e un cognome.
L’uomo che si era distaccato dal Pdl, e che quando è tornato lo ha trovato avvolto nella infaticabile rete organizzativa tessuta da La Russa in tutta Italia si chiama Claudio Scajola.
Se c’è una cosa che La Russa sa fare, infatti è muovere gli organigrammi promuovere le persone, fare squadra.
Di più: la quota del 30% degli incarichi dirigenziali si è molto accresciuta, anche dopo l’uscita dei finiani, facendo perdere posizioni preminenti agli ex di Forza Italia.
E così l’altro ieri Scajola era il suo accusatore più acerrimo.
Al punto che ieri ha dovuto provare a recuperare, fermando un tentativo di raccolta di firme tra i parlamentari pidiellini per chiedere le sue dimissioni dall’incarico di coordinatore del Pdl e di ministro.
Così l’affaire La Russa si sta rivelando un vero e proprio guaio per la maggioranza.
Anche perchè il caos in Aula delle ultime 24 ore ha portato allo slittamento del voto sul processo breve, cioè a quello che Berlusconi considera più vitale per se stesso.
E ieri è arrivata la ciliegina sulla torta.
Il ministro ha dovuto rispondere ad un’interrogazione caustica del deputato democratico Andrea Sarubbi sulle sue consulenze ministeriali : “Dal 10 marzo di quest’anno — scrive Sarubbi – la soubrette Hoara Borselli è stata assunta nella segreteria del ministro della Difesa La Russa come collaboratrice per i grandi eventi, con particolare riferimento alle manifestazioni del 150/o anniversario dell’Unità nazionale. Certo, sembra un affare: lo stipendio – 16.120 euro annui – non è degno del lungo curriculum della signora che annovera prestigiosi riconoscimenti, che iniziano con il premio Miss Malizia del ’92, passano per varie comparsate nel cinema – Panarea, Per favore: strozzate la cicogna – ma soprattutto nel piccolo schermo con la partecipazione a CentoVetrine e Bagaglino, fino alla vittoria di Ballando con le Stelle. Qualche domanda, tuttavia, è lecito porsela”.
A sorpresa La Russa ha risposto con un comunicato ufficiale: “La signora Hoara Borselli, come risulta con totale e assoluta trasparenza dallo stesso sito del ministero della Difesa, è entrata a far parte degli uffici di diretta collaborazione del ministro (previsti per legge nel numero dei componenti e nelle relative retribuzioni) a partire dal 10 marzo scorso e già il giorno 17 ha presentato il concerto della fanfara del Comando artiglieria contraerei dell’Esercito in piazza di Spagna”.
Forse un modo per dire che preferisce gli attacchi diretti al “fuoco amico”.
Luca Telese
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 1st, 2011 Riccardo Fucile
IL PARTITO SFUGGE DI MANO AL PREMIER: SCAJOLA INVOCA IL CONGRESSO, LA CORRENTE DI GELMINI, FRATTINI E CARFAGNA VUOLE UN RIDIMENSIONAMENTO DEL RUOLO DI LA RUSSA, GLI EX AN IN TRINCEA PER DIFENDERE I POSTI
Un partito sull’orlo della crisi di nervi.
A un passo dal bum, raccontano i pidiellini più pessimisti, in Transatlantico. Comunque una creatura che – raccontano le ultime 48 ore – sembra sfuggita di mano a Silvio Berlusconi.
Furente, il premier, per la debacle in aula, proprio sul provvedimento che gli sta più a cuore. A
ncora una volta è lui a tenere unite le tessere del puzzle.
Chiama Scajola e lo rassicura. Bacchetta ma calma La Russa.
Comunque intenzionato a rimettere mano al partito.
L’incidente provocato dal ministro della Difesa ha fatto da detonatore.
Adesso, Scajola e gli scajoliani pronti a chiedere i congressi.
I lealisti vicini ai ministri Frattini, Carfagna e Gelmini (l’area di “Liberamente”) che invocano maggiore «equilibrio» nel partito per «evitare un’immagine troppo aggressiva: meglio tornare allo spirito del ’94».
Insomma, ridimensionare il ruolo del coordinatore La Russa, è il messaggio implicito.
Gli ex An – «siamo 54», avvertono – in trincea e pronti a dare battaglia con il loro ministro, se sarà necessario.
Sul vulcano in ebollizione, il coordinamento a tre composto da un Sandro Bondi, da giorni eclissatosi anche dal partito, dal La Russa sotto tiro, e infine da Denis Verdini.
È lui ad occuparsi a tempo pieno del partito, delle candidature e dell’imminente campagna elettorale.
Chi ha incontrato Berlusconi, a margine del Consiglio dei ministri e poi in serata a Palazzo Grazioli, lo definisce irritato per lo stop in aula.
Ma anche «stanco» per le continue fibrillazioni interne.
A La Russa, dopo il cdm, lo ha detto a brutto muso: «Fini è un provocatore e tu ci sei cascato». Poco dopo, intervenendo (ma solo telefonicamente) al congresso dei Cristiano popolari di Mario Baccini, ha fatto la consueta professione di ottimismo: «Abbiamo una nuova maggioranza. Con Casini e Fini non c’era possibilità di fare riforme istituzionali e della giustizia.
Oggi abbiamo una maggioranza più esile, ma la prossima settimana contiamo di avere 330 deputati».
È la tarda mattinata. E proprio durante la telefonata alla convention, in un hotel romano, dalla platea si alza e si allontana Claudio Scajola.
Perchè richiamato dai colleghi in aula, metterà le mani avanti lui, più tardi. Certo è che nell’intervento fatto in quella stessa assemblea, l’ex ministro torna sul caso La Russa per stigmatizzarlo.
Quell’incidente è stato «uno spettacolo indegno», spiega, lamentando la «frammentazione politica», le «divisioni continue»: uno «spettacolo istituzionale che non ci appartiene».
Poi, sul sito della sua fondazione “Cristoforo Colombo” aggiungerà : «Occorre senso e responsabilità istituzionale». Quasi una dichiarazione di guerra ai vertici di questo Pdl. I suoi minacciavano fuoco e fiamme già mercoledì sera dopo il “vaffa” di La Russa.
Adesso si preparano alla resa dei conti. «Il disastro di queste ore – spiega uno dei deputati più vicini a Scajola in Transatlantico – è la dimostrazione della paralisi in cui si ritrova il partito. Voteremo la legge e subito dopo chiederemo a Berlusconi regole chiare e la convocazione dei congressi, questa è la linea». Congressi, dunque, nei quali Scajola è sicuro di poter tornare a dire la sua con la forza dei numeri.
Il premier, nelle ultime ore, ha spiegato ai suoi di avere sondaggi che sconsiglierebbero il rientro al governo di Scajola, ancora «segnato» dall’affaire della casa vista Colosseo.
Ieri tuttavia ha chiamato l’ex ministro, rassicurandolo e promettendo un pieno coinvolgimento ai vertici del partito. Per lui, ex uomo macchina forzista, Berlusconi starebbe pensando a istituire una nuova figura di vertice, sorta di riferimento per tutti i dirigenti regionali e locali.
Ben più del «responsabile enti locali» già rifiutato da Scajola. Il vicecapogruppo Pdl Massimo Corsaro, assai vicino al premier, getta acqua sul fuoco. Riconduce le fibrillazioni alle «tensioni del momento provocate dall’esterno». Quanto a Scajola, «è una risorsa per il Pdl, darà il suo contributo ai vertici del partito, pur senza sostituzioni». I tre coordinatori, è il messaggio, non si toccano: «Hanno vinto tutte le competizioni elettorali degli ultimi anni».
Altri la pensano diversamente. È il caso dell’irrequieto Mario Pepe, pidiellino in prestito ai “Responsabili”. Si dice convinto che La Russa ormai sia «stanco, anche per via del doppio incarico: questo problema delle incompatibilità andrà risolto».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Aprile 1st, 2011 Riccardo Fucile
IL PREMIER È AL 22,5%, IN DISCESA LIBERA, PERDE 5 PUNTI IN TRE MESI… IL PDL E’ AL 23,8% E PERDE 4 PUNTI… IL GOVERNO SCENDE AL 21,9%…PER DIVERSI SONDAGGISTI, NEL DISAMORE DELL’ELETTORE VERSO IL CENTRODESTRA, PESA IL “GOVERNO DEL NON FARE”…SE SI ANDASSE AD ELEZIONI PROSPETTIVA SCONFITTA
Invincibile, ma non per sempre.
I sondaggi, un tempo tanto amati, cominciano a raccontare un momento di inedita difficoltà per Berlusconi.
L’ultimo studio è dell’Osservatorio Politico Nazionale Lorien, specializzato in analisi sociali e politiche.
Tra il 21 e il 23 marzo un campione di mille cittadini rappresentativi della popolazione italiana è stato intervistato col classico metodo Cati sull’impatto delle tematiche più urgenti: come incidono Libia, Giappone e riforma della Giustizia sulla credibilità dell’esecutivo?
Ha ragione Giorgio Napolitano quando dice, come ieri in un messaggio inviato al Consiglio nazionale forense, che “le tensioni istituzionali alimentano la sfiducia dei cittadini”?
Spiega il ricercatore Felice Meoli: “Abbiamo analizzato le tendenze dallo scorso dicembre a oggi, ed è chiaro il calo dei consensi per tutte le voci considerate: presidente del Consiglio, governo, Pdl”.
Il giudizio più pesante riguarda il premier, che dal 27,7% del 9 dicembre è sceso al 22,5 della fiducia.
Male anche il Pdl, che passa dal 27,7% al 23,8.
Peggio se la cava il governo che partiva dal 24,2% e plana al 21,9.
Un quadro grigio, che rivede in negativo le stime di altri istituti.
“Effettivamente il dato è pesante — ragiona Renato Mannheimer di Ispo —, però anche a me risulta un calo costante della fiducia nel premier.
“Non saprei dire se siamo davanti a uno scossone più serio dei precedenti — conclude Mannheimer —, anche perchè in Italia capitano momenti di crollo improvvisi. Imprevedibili per definizione, così come le loro conseguenze”.
La retromarcia sul nucleare (propagandato strumento di rilancio del sistema industriale) e sulla Libia (con relative implicazioni su economia e immigrazione) ha portato un senso di delusione anche nell’elettorato di destra.
Sarà forse per questo che Alessandra Ghisleri, la sondaggista preferita di Berlusconi, tace ormai dai primi di gennaio: lontani i tempi del consenso al 60%.
“Il momento è difficile, ma ricordiamoci che l’elettorato berlusconiano è tifoso, non ideologico. Se mi piace una squadra, la scelgo anche quando va in serie B — sottolinea Antonio Noto di Ipr Marketing —. Eppure i numeri contano: sei mesi fa la sinistra stava cinque punti sotto la destra, oggi sono appaiate al 40%.
I sondaggi dicono infatti che la coalizione del centrosinistra potrebbe prevalere se si votasse oggi: “In teoria sì — precisa Nando Pagnoncelli —, ma non mancano i problemi nell’opposizione: divisioni interne, un’agenda mediatica che annulla ogni iniziativa, scarsa capacità costruttiva nel superare quell’antiberlusconismo che ha polarizzato la politica e allontanato il 40% degli aventi diritto dalle urne”.
E il Pdl? “Il vero limite che sta evidenziando Berlusconi è il mancato governo del fare – aggiunge Pagnoncelli -. Più che Ruby o Gheddafi conterà Napoli o L’Aquila”.
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Aprile 1st, 2011 Riccardo Fucile
IL COMUNE DI PREGANZIOL AVEVA GIA’ MESSO ALL’INDICE I LIBRI DI SAVIANO NELLA BIBLIOTECA COMUNALE…ORA NEGA LA SALA, ORIGINARIAMENTE CONCESSA, AI GRILLINI PER LA PRESENTAZIONE DI “UMBERTO MAGNO”, SCRITTO DA LEONARDO FACCO, EX REDATTORE DELLA PADANIA… I BEONI NON DEVONO SAPERE GLI AFFARI DELLA LEGA DI POTERE
A gennaio il comune di Preganziol, guidato dal leghista Sergio Marton — al tempo stesso anche assessore all’urbanistica di Treviso — finì su tutte le prime pagine perchè la Biblioteca comunale aveva messo all’indice lo scrittore Roberto Saviano.
Ora a finire “dietro alla lavagna”, ufficialmente per problemi burocratici, è la presentazione del libro inchiesta sulla Lega “Umberto Magno” (Aliberti 2010) scritto dall’ex redattore della Padania Leonardo Facco, in programma oggi alle 21 in una serata organizzata dai Grilli Treviso-Movimento 5 stelle.
In un primo tempo l’autorizzazione all’uso dell’aula magna della scuola elementare “Granziol” era stata autorizzata regolarmente a Maurizio Aronica, militante dei Grilli Treviso.
Permessi per il 1 e 13 aprile datati rispettivamente 1 e 13 marzo per due diverse iniziative.
Ma ecco arrivare un fax dal comune che avvisa gli organizzatori che la sala è revocata in quanto i permessi erano stati rilasciati a Maurizio Aronica mentre l’iniziativa era da ricondursi alla associazione “Grilli Treviso”.
Tutto annullato, insomma.
Con il Comune leghista pronto a rimborsare i 36 euro della sala.
“Una cosa assurda e contro questa censura con scuse burocratiche mi imbavaglierò in consiglio comunale a Treviso” dice Borrelli. “Abbiamo ripresentato immediatamente domanda per la sala come Grilli Treviso — continua il consigliere comunale- se non ce la daranno per venerdì organizzeremo la presentazione del libro inchiesta sulla Lega in piazza ci stiamo muovendo con la Questura”.
Non è la prima volta che amministrazioni leghiste ostacolano la presentazione del libro inchiesta su Bossi e la Lega “Umberto Magno”.
“Una cosa simile è avvenuta a Cantù dove la presentazione era stata programmata nella sala civica da una lista locale — racconta l’autore Leonardo Facco — e la Lega non potendo più negare la sala ha organizzato una super convention a spese del contribuente in contemporanea. Risultato? Sala piena per la nostra iniziativa, vuota per i leghisti”.
Dal canto suo, il sindaco-assessore replica smorzando le polemiche: “Non ne so niente — dice ai cronisti — di queste cose si occupa l’ufficio unico”.
Ma la spiegazione non convince i Grilli, così come le addotte motivazioni burocratiche: “La scusa è veramente assurda — rimarca Borrelli — un cittadino, tra l’altro nostro attivista, non può prenotare la sala per presentare libri? Probabilmente hanno visto il titolo e di cosa tratta. Una ragione in più per andare avanti”.
“Aula magna o piazza, i grillini trevigiani presenteranno il libro venerdì e presto faremo un evento ancora più grande”.
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Aprile 1st, 2011 Riccardo Fucile
LE CONSEGUENZE DELL’ABBINAMENTO TRA PROCESSO E PRESCRIZIONE BREVE PORTERA’ BENEFICI SOLO A UN POPOLO DI FACCENDIERI E TRUFFATORI, STUPRATORI E BANCAROTTIERI… ALTRO CHE DESTRA DELLA SICUREZZA, QUESTA E’ LA BECERODESTRA DEL MALAFFARE
Una miscela esplosiva in grado di distruggere la macchina della giustizia.
Il combinato tra prescrizione breve e processo breve, gli ultimi due conigli estratti dal cilindro magico del legislatore italiano, sono un capolavoro a favore di chi è incensurato e dei colletti bianchi che in genere si macchiano di quei reati i cui tempi di prescrizione sono in media al di sotto dei dieci anni, ma i cui effetti sono tra i più odiosi per la comunità .
Un popolo vasto che vede tra i suoi componenti soprattutto politici, faccendieri, truffatori, in genere chi dilapida il denaro pubblico, svena le aziende e lascia in braghe di tela i consumatori.
La prescrizione, che colpisce secondo l’Anm 150 mila processi l’anno (e con la riforma questa cifra rischia di raddoppiare), oggi si calcola aggiungendo alla pena massima un ulteriore quarto, per cui se la pena è di otto anni, più un quarto diventa 10 anni.
Con il nuovo testo, invece di un quarto si deve aggiungere un sesto.
Il che significa che per quei reati la cui prescrizione è già breve, lo sconto sarà minimo, mentre aumenterà per quei reati la cui pena è maggiore.
Sconto che ovviamente verrà concesso a tutti gli incensurati dall’entrata in vigore del testo.
Ne beneficeranno quindi dallo stupratore, preso per la prima volta, che con gli aggravanti può arrivare fino a 10 anni al rapinatore che usa le armi (fino a 20 anni), ma anche il bancarottiere (fino a 15 anni) o chi turba i mercati finanziari (12 anni).
Il processo breve, invece, rischia di passare, sotto le mentite spoglie di una necessità europea, come la più grande depenalizzazione della storia italiana. Per molti esperti non sarebbe nient’altro che un nuovo colpo di spugna su quelli che si classificano come i reati dei colletti bianchi, in genere puniti con pene inferiori ai dieci anni.
Si tratta di truffe, corruzioni, reati ambientali, tutti i reati societari, come il falso in bilancio e il falso in prospetto, quelli tributari, diventati tanto di moda con lo scudo fiscale, la bancarotta preferenziale, la corruzione, l’appropriazione indebita.
Si salvano l’aggiotaggio e l’insider trading perchè le pene previste superano i dieci anni.
Il processo breve, infatti, si applica quando in dibattimento vengono trattati reati con pene inferiori ai dieci anni.
In questi casi il giudizio di primo grado deve arrivare entro tre anni, l’appello entro due e l’eventuale ricorso in Cassazione entro 18 mesi.
“Impossibile” dicono in coro magistrati e avvocati, che ogni giorno bazzicano le aule dei Tribunali.
Il principale ostacolo alla realizzazione di questi processi sono i tempi ristretti: è difficilissimo, partendo dalla richiesta di rinvio a giudizio, fissare l’udienza preliminare, svolgerla e concludere il dibattimento entro tre anni.
A volte passano diversi mesi dal solo rinvio a giudizio alla prima udienza.
A Milano, per condannare Calisto Tanzi in primo grado per aggiotaggio, ci sono voluti più di tre anni, da settembre 2005 a dicembre 2008, mentre il parallelo processo alle banche partito nel 2006 arriverà a giudizio non prima di aprile di quest’anno.
Salvo sorprese dell’ultimo minuto, tuttavia il processo breve non verrà applicato ai processi in corso, altrimenti si vedrebbero cancellati dalla storia della giustizia capitoli come quelli della Cirio, Antonveneta, Enelpower, Thyssen, Eternit e lo scandalo rifiuti della Regione Campania. Ma non solo.
Si sarebbero trasformati in una bolla di sapone anche tutti i principali processi per i crimini ambientali da quello dell’Ilva di Taranto a quello per la più grande discarica abusiva di rifiuti tossici a Bussi sul Tirino (Pescara).
E come in una roulette, sarebbero stati depotenziati, per la prescrizione dei reati con pene inferiori ai dieci anni, i processi della “Clinica degli orrori”, la Santa Rita di Milano, o il processo sui dossieraggi illeciti di Giuliano Tavaroli.
Salvati quelli in corso, però, i guai restano per i processi futuri.
Walter Galbiati
(da “La Repubblica“)
argomento: Berlusconi, criminalità, denuncia, emergenza, Giustizia, governo, la casta, LegaNord, Parlamento, PdL, Politica, radici e valori | Commenta »